CAPITOLO VENTUNO
Capitolo Ventuno: Legami.
"la sua chioma sulle sue braccia, le sue braccia piene di fiori,
e mi chiedo com'essi sarebbero stati insieme!
Avrei perduto un gesto ed una posa.
Questi pensieri a volte meravigliano ancora
la mezzanotte turbata e la pace del mezzodì."-La Figlia che Piange, T. S. Eliot
Nora era corsa da Shahrazād con un paio di notizie nuove, pronte a sfociare dalle sue labbra come un fiume in piena.
Nel duemila l'avrebbero chiamata pettegola, comare, ma Shahrazād si guardava bene dal darle nomignoli.
Sapeva che Nora era una creatura vivace e fedele, non avrebbe mai tradito la sua fiducia, nonostante non sapesse il perché.
Aveva aperto la porta della stanza lentamente, pensando stesse riposando, rimanendo scioccata alla visione che le si era posta davanti.
Un uomo era nella stanza di Shahrazād, intento a frugarle nei cassetti. Inizialmente aveva pensato ad un ladro, ma chi avrebbe mai rubato nella casa dei Quattro?
L'uomo si era repentinamente voltato, incatenando gli occhi grigi con quelli di Nora. Per qualche secondo si erano guardati, lei terrorizzata e lui infastidito.
Nora non aveva visto il coltello volarle contro sino a quando non le aveva colpito il volto, ferendole la guancia con un lungo taglio orizzontale.
Con il cuore stretto dalla paura aveva fatto due passi indietro, correndo via con il fiato bloccato in gola.
Doveva avvisare qualcuno, una guardia magari, o ancora meglio Styrkur.
Dopo gli ultimi avvenimenti sapeva che nessuna delle due Scelte erano al sicuro, forse nemmeno lei lo era più.
Per trovare Shahrazād e Styrkur non c'era voluto molto, li avevi visti varcare il portone della villa completamente zuppi, lei con indosso la giacca di Styrkur per coprirsi e lui con addosso solo i jeans.
"Oh dio, finalmente!" Aveva annaspato verso di loro, portando le mani a congiungersi mentre osservava l'amica.
Shahrazād aveva aggrottato le sopracciglia, percependo qualcosa di strano nel tono di Nora.
"Che succede?" Le aveva domandato, inclinando a testa per sentire meglio mentre Styrkur incrociava le braccia, aspettando.
"Qualcuno era nella vostra stanza, sono entrata per cercarti ed ho visto un uomo frugare nei tuoi cassetti." Aveva preso quindi un profondo respiro sentendo le mani tremare.
Shahrazād le aveva toccato il viso, sentendo Nora sobbalzare sotto al suo tocco. Le dita della rossa si erano bagnate di quello che, dall'odore, aveva tutta l'idea di essere sangue.
Aveva grugnito, spalancando gli occhi con una furia che né Styrkur né Nora avevano mai visto. Si era quindi portata le dita vicino al volto, per assicurarsi che quello fosse davvero sangue.
Nora aveva avuto paura, e ne aveva ancora.
Cosa sarebbe successo se Shahrazād fosse arrivata prima di lei?
La mano di Shahrazād era volata sulla spalla di Styrkur che, pronto a scattare, si era immobilizzato. "Lascialo a me,"
Il silenzio aveva invaso lo spazio tra i tre, il dubbio era palese sul volto di Styrkur. Eppure lei sembrava cosí sicura di se stessa mentre iniziava ad incamminarsi verso la stanza.
Il terreno pareva tremare sotto ogni suo passo, come se la natura circostante riconoscesse la sua rabbia e la inglobasse.
Qualcuno era entrato nella loro stanza, ma per quale motivo? Che fosse l'uomo che aveva assassinato Cassidea?
La rossa aveva quindi baciato i capelli di Nora, chiedendole di guidarla il più velocemente possibile verso la stanza.
"Oh no, non si può fare. La Serpe sistemerà tutto, è pericolo andare lì." Nora si stava agitando, chiedendosi quali idee malsane popolassero la mente di Shahrazād.
Styrkur aveva annuito, afferrando a sua volta il braccio di Shahrazād per fermare il suo cammino. Si era sentito gelare quando la rossa aveva voltato lo sguardo, incontrando i suoi occhi come se lo vedesse.
"Non importa, andrò da sola. Tu vai da qualche guardia, rimani al sicuro."
"Non posso lasciarti sola!"
Styrkur aveva fatto cenno a Nora di ascoltarla, mormorando che sarebbe andato lui assieme a Shahrazād. Di certo non l'avrebbe lasciata lì con un potenziale assassino.
Si erano mossi velocemente, come due macchine pronte ad uccidere, salendo le scale e spalancando la porta.
Shahrazād aveva sentito uno strano odore riempirle le narici, come di bruciato, un'odore che conosceva.
Era stato lì, nella sua stanza, ma ora l'odore era debole e la stanza vuota.
"Diamine!" Aveva sentito esclamare da Styrkur il quale, con gesto repentino, le aveva afferrato il fianco per gettarla sul letto. Aveva sentito il ronzio di qualcosa contro le orecchie, la puzza di polvere da sparo e poi il soffio della Serpe.
Qualcuno, da oltre la finestra, aveva sparato un colpo.
Ma Styrkur non era stupido, sapeva che il proiettile li aveva mancati volutamente, era stato un avvertimento.
Shahrazād era rimasta immobile, mobilitando solo il suo olfatto per annusare nuovamente il familiare odore. Non vi era più nulla, solo la polvere da sparo.
Inconsciamente aveva imprecato, maledicendosi per non averlo collegato prima a qualcuno. Sperava che Styrkur l'avesse riconosciuto.
Ma dentro di lei albergava ancora la rabbia, la voglia di vendicare l'amica ferita. Nora le era sempre stata fedele, e anche Shahrazād aveva imparato ad affidarsi a lei.
Erano tutti sentimenti estranei per lei, forse avrebbe preferito non provarli affatto. Il ronzio era ancora bloccato nelle sue orecchie, come a voler segnare un ricordo indelebile.
Non ne era rimasta spaventata, era tanto che non si sentiva in quel modo e non teneva a sperimentarlo di nuovo.
Styrkur le aveva rivolto qualche breve parola, poi la porta si era aperta, aveva sentito dei passi estranei e l'odore della Serpe si era allontanato.
Si era detta che, molto probabilmente, era corso ad accertarsi che l'uomo che aveva sparato non fosse ancora nei paraggi.
Come aveva fatto ad evadere la sorveglianza cosí facilmente? Se aveva riconosciuto l'odore era perchè, probabilmente, l'aveva già incontrato.
Ma dove?
"Signorina, si sente bene?" Le aveva chiesto una guardia, senza avvicinarsi troppo. Shahrazād aveva annuito mestamente, alzandosi dal letto per mettersi seduta.
"Potreste chiedere ad una cameriera di prepararmi un bagno caldo?" Si sentiva a disagio ad usufruire del personale, ma più volte le era stato ripetuto di non pensarci troppo.
La guardia aveva annuito, battendo il fucile a terra per far segno al collega di andare a chiamare qualcuno.
Shahrazād si era quindi sdraiata nuovamente, chiudendo gli occhi per concentrarsi. Anche lei voleva delle risposte, e nonostante aspettare non la infastidisse, lei le voleva in quell'esatto momento.
Aveva avvertito la porta aprirsi ed il rumore dell'acqua scorrere velocemente. "Desidera anche dell'incenso?" La voce era femminile, delicata e quasi timida contro le orecchie di Shahrazād.
Aveva annuito, sorridendo al muro nel tentativo di sembrare il più cordiale possibile.
La vasca si era riempita con una placida calma, lasciando che il vapore abbracciasse la stanza assieme all'odore di incenso.
La cameriera le aveva lasciato un cambio di vestiti sul mobiletto a fianco la vasca, lasciandola svestire da sola.
Aveva lasciato cadere a terra i vestiti sporchi, entrando con leggera fatica nella vasca. Aveva portato le gambe al petto, lasciando che la guancia si scontrasse contro il ginocchio.
Riusciva a sentire la consistenza del vapore contro la schiena, le gambe, mentre l'acqua calda pareva volerla trascinare sul fondo della vasca.
Si era lasciata trascinare, lasciando che solo il volto emergesse dalla superficie profumata.
"Come stai, bambina mia?"
Shahrazād aveva sorriso al sentire la voce, senza disturbarsi ad aprire gli occhi. Sapeva benissimo chi era.
"Sono confusa," la replica era stata lenta e biascicata, dentro di se aveva la certezza che Sover l'avrebbe udita in qualsiasi caso.
L'odore di incenso le stava dando alla testa, il corpo si stava rilassando talmente tanto da non sentirlo nemmeno più suo. Le sembrava di galleggiare tra il vapore profumato e le bolle di sapone.
"Usa ogni arma a tua disposizione per proteggerti." Sover fluttuava con la schiena premuta contro al soffitto, giocando a sua piacimento con il vapore.
Con l'indice aveva toccato l'acqua della vasca, facendola tornare calda. Shahrazād era sicura che si riferisse al meccanismo di uccisione che nella struttura dell'accidia le avevano insegnato.
Non si era mai manifestato così assiduamente in tutta la sua esistenza, forse era solo annoiato dalla monotonia della vita immortale.
Impicciarsi negli affari umani non era di sua consuetudine, ma con la rossa era diverso.
Aveva quindi afferrato una ciocca bagnata dei suoi capelli, strofinandoglieli con dello shampoo.
"Perchè mi permetti di parlarti?" Si sentiva onorata e allo stesso tempo confusa di tutta quella premura da parte del Dio.
Era sicura ci fosse qualcosa di strano, o per lo meno c'era qualcosa al quale lei non riusciva ad arrivare.
"Sei l'unica rimasta delle mie figlie ad esser rimasta viva sulla Terra, sarebbe insensato non farlo." Si era fermato a metà frase, dando l'impressione di voler dire di più ma senza realmente farlo.
Shahrazād aveva aperto gli occhi, fissando il Dio quasi come se potesse realmente vederlo.
"Che begli occhi che hai, bambina." Le aveva sorriso, muovendo l'acqua e facendo si che creasse piccole onde contro il corpo di Shahrazād.
Quest'ultima aveva sorriso, gratificata, inclinando la testa per poi tornare a sedersi nella vasca. Aveva fatto scontrare i loro nasi, sbarrando un po' di più gli occhi ed allargando il sorriso.
"Sono uguali ai tuoi, non è forse così?"
Vårdande era paralizzata mentre osserva la sua carovana ridotta ad un disastro. Molti dei suoi vasetti di vetro erano a terra, fatti a pezzi, lasciando il pavimento sporco di bulbi oculari, erbe e pozioni di ogni genere.
Kyà era silenzioso, raggomitolato contro la gamba della padrona. C'era un odore tremendo, da voltastomaco, ma non era ciò che più preoccupava la cartomante.
Styrkur era di fianco a lei che scrutava la carovana con aria assorta, la lingua biforcuta premuta contro il palato mentre i suoi pensieri viaggiavano.
Non c'erano dubbi che l'intruso che era entrato nella camera sua e di Shahrazād fosse anche colui che aveva distrutto la carovana.
"Quanto ti ci vorrà per completare la barriera?"
"Qualche ora ancora, ma se è già dentro non c'è molto che possiamo fare." Aveva sospirato lei, raccogliendo da terra i cocci di vetro.
Styrkur aveva annuito, aiutando come poteva la sorella che pareva sull'orlo di piangere. Quella carovana era la sua dimora da anni, teneva tutti i suoi preziosi ingredienti, i portafortuna e gli amuleti.
Ed ora le era rimasto cosí poco da sembrare inverosimile.
Se ne sarebbe dovuta andare da quel posto la settimana scorsa, prima di rimanere invischiata nei problemi dei fratelli.
"Mi dispiace, ti darò qualche denaro per comprare ciò che ti è stato distrutto." Styrkur si sentiva colto dai sensi di colpa mentre con la scopa ripuliva un angolo della carovana.
Tutto stava diventando troppo per lui.
Cassidea era morta, Prätda se ne stava rintanato nelle sue stanze ed ora qualcuno aveva fatto irruzione nella camera sua e di Shahrazād.
E infine c'era sua sorella, Vårdande, che improvvisamente gli pareva invecchiata e stanca.
La cartomante aveva scosso la testa, grugnendo.
"Oggi finirò la barriera e domani mattina partirò, mi bastano i soldi che mi erano stati promessi per il colloquio con le Dee."
Kyá aveva annuito, approvando le parole della padrona. Quel posto non era più per loro, dovevano continuare a muoversi.
"Dove andrai?"
Vårdande aveva osservato le carte, pensierosa.
"Vado a morire, caro fratello. I miei piedi solcano le strade terrene da troppo tempo ormai, è arrivato il momento che io mi riposi." Si era seduta su una seggiola scampata al disastro, accarezzando il gatto me tre con l'altra mano afferrava le carte.
"Non voglio avere niente a che fare con queste guerre, non più. Il mio cuore ha sofferto abbastanza dopo la scomparsa di Seth, dopo che tu ed i tuoi fratelli ve ne siete andati. Ed ora continuo a soffrire, cammino ma le mie gambe sono stanche, stanche di continuare a portare il mio corpo."
Styrkur aveva assunto un cipiglio preoccupato, forse rattristato mentre pensava alla morte imminente della sorella. Per anni non avevano avuto contatti, se non qualche sporadica lettera, ed ora si trovava a doverle dire addio.
La morte era accettata nella loro famiglia, certo, ma era dolorosa.
Kyá aveva nascosto il muso tra le zampe, come se volesse piangere e Vårdande aveva sorriso perchè,lo sapeva bene, quel maledetto gatto era un vero duro.
"Se questo è ciò che vuoi," non aveva completato la frase, lasciando che un silenzio familiare regnasse su di loro.
"Dà le mie carte a Shahrazād, ne avrà più bisogno di me." Aveva sorriso la donna, sfiorandole con le dita mentre le metteva in ordine.
Aveva un debole per quella ragazzina sin da quando l'aveva vista la prima volta. Forse si rivedeva in lei, o magari era solo pena, questo non lo disse mai.
"Gli umani non possono leggere le carte." Aveva replicato Styrkur, afferrandole con aria di disapprovazione.
Vårdande aveva ridacchiato, giocando con una delle sue collane fatte di perline.
"Sono sicura che lei ci riuscirà. Ora sparisci, ho del lavoro da portare a termine."
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