CAPITOLO VENTINOVE

Capitolo ventinove: UNIVERSUM

"La mia mente

comprende cose che

il mio cuore

non è disposto

ad accettare."- on Pinterest.


"Non preoccuparti figliolo, estrarrò tutti questi ricordi dalla tua mente così che tu non possa ricordare nulla di lei. Lascia che porti la sua voce, il suo viso ed il suo profumo via dalla tua memoria per far si che tu divenga la bestia senza cuore che ho sempre sognato tu fossi."

Styrkur si era svegliato di soprassalto con il respiro bloccato in gola ed il sudore ad imperlargli la fronte. Cosa diamine era stato quello? Si era istintivamente portato una mano al cuore sentendolo battere ferocemente, come terrorizzato.

Era stato un sogno, solo un sogno, eppure si sentiva angosciato al solo pensiero. Doveva darsi una calmata e anche alla svelta, Styrkur la Serpe non poteva di certo spaventarsi per un sogno!

Ma quel senso di familiarità, di vuoto, continuava a perseguitarlo. Doveva continuare a ripetere a se stesso che quello era solo un dannatissimo sogno e che non vi era nulla di cui preoccuparsi.

Nonostante non fosse stato un sogno spaventoso lui continuava a sentirsi in pericolo, con il petto gonfio di un'immensa tristezza di cui non conosceva la fonte. Si era quindi preso il volto tra le mani, accorgendosi di star piangendo.

Contro le guance le sue lacrime parevano incandescenti, come l'ombra di un dolore che non capiva affatto. Con velocità si era affrettato ad eliminare ogni traccia di lacrime, alzandosi dal letto ed aprendo le finestre per prendere un po' d'aria: aveva caldo, caldissimo.

Gli bruciavano l'addome, le gambe e le braccia. Sembrava quasi di star andando a fuoco e la cosa lo spaventava. Aveva preso un respiro profondo, chiudendo gli occhi per una frazione di secondo.

"Muoviti, Styrkur!"

Aveva sentito una vocina giocosa urlargli nella testa, lasciando un fastidioso eco attorno a lui. Era solo, probabilmente se lo era solamente immaginato.

Eppure quella voce era ancora lì, accantonata in un angolo del suo subconscio a sussurrargli parole dolci, giocose, accondiscendenti. E poi le urla, tremende urla strazianti avevano preso a farsi strada nella sua mente, lasciandolo senza fiato.

"Fa male, fallo smettere, fallo smettere!"

Per quanto ci provasse Styrkur proprio non riusciva a capire da dove venissero quelle voci, quei ricordi che non gli pareva di possedere. Si era tappato le orecchie, correndo fuori dalla sua stanza con il fiato in gola.

Dove andare? Oh, lui sapeva benissimo dove recarsi.

Aveva aperto la prima porta davanti a lui senza pensarci troppo per poi sbattersela alle spalle. L'odore dolce di frutta l'aveva colpito immediatamente, rilassandolo un poco.

L'aveva svegliata? Era certo di si.

Shahrazād si era tirata su, lasciando che le coperte cadessero leggere sulle sue gambe mentre inclinava la testa di lato, confusa e stanca. Per qualche secondo si era domandata chi fosse lo sconosciuto nella stanza ma era le bastato captarne il respiro per riconoscerlo.

Shahrazād l'aveva riconosciuto dal respiro.

Era sicura fosse tardi, forse le due o le tre di notte, quindi cosa poteva mai volere Styrur a un'orario del genere?

Non era riuscita a chiudere occhio fino ad allora, quindi non l'aveva svegliata, ma era stanca; se le avesse parlato, non sapeva quanto sarebbe riuscita a capire. Aveva passato le ultime ore a fissare il niente, senza pensare realmente a qualcosa di completo.

Si era sentita vuota, di nuovo, e persa nel suo piccolo mondo inaccessibile dove non vi si trovava assolutamente nulla. Ed ora aveva la presenza di Styrkur a schiacciarla e a intossicarla con il suo odore, il suo potere, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era a quel senso di preoccupazione che provava.

Se il ragazzo si trovava lì, non era di certo per parlare del più e del meno. Doveva essere successo qualcosa.

"Stai bene?" Le parole erano uscite in modo sconnesso, trascinate a fatica fuori dalle sue labbra. Se solo avesse saputo quanto difficile fosse per lei, in quel momento, parlare. Ma non riusciva a lasciarlo solo, in piedi davanti al suo letto, senza dirgli nulla.

Era questo che si provava a preoccuparsi per un altro essere? Che terribile sensazione.

"Non lo so," la voce di Styrkur era sconnessa tanto quanto la sua, stanca e provata, tremante e debole. Non l'aveva mai sentito così vulnerabile.

Con una mano aveva colpito due volte il materasso al suo fianco, dandogli il permesso di sedersi. Sapeva che senza quel piccolo gesto di autorizzazione non si sarebbe mai fatto avanti.

E così Styrkur era sgusciato fuori dalle ombre della stanza, muovendosi velocemente verso il letto per sedervici sopra. Senza pensare ulteriormente aveva imposto alla sua coscienza di zittirsi mentre poggiava il volto contro le gambe di Shahrazād, stendendosi comodamente.

A lei pareva un bambino bisognoso delle rassicurazioni d'una madre e, nonostante questo, non l'aveva scostato.

Le mani di Styrkur si erano innalzate verso il suo volto, afferrandoglielo con veemenza per spingerla verso di lui. In quel preciso istante non gli importava di farle male o di essere rude, doveva assicurarsi che lei fosse lì, che non sarebbe sparita.

Sentiva una vocina nella testa che gli gridava che Shahrazād sarebbe scomparsa, che se il vento si fosse avvicinato troppo a lei se la sarebbe trascinata via, e le sue dita si sarebbero mosse freneticamente nell'aria nel vano tentativo d'afferrarla, di tenerla lì con se, per se.

Riusciva ad immaginarsi la scena, riusciva a vederla mentre gliela strappavano via, di nuovo aveva sussurrato la vocina invadente nella sua testa. Ma cosa voleva dire?

Shahrazād non aveva fiatato, troppo concentrata sul tremore delle mani di Styrkur contro il suo volto. La stava toccando come a volersi assicurare della sua presenza, tenendola ferma al suo posto.

Aveva quindi fatto l'unica cosa che le era venuta in mente: si era chinata verso di lui, sentendolo sobbalzare, mentre rafforzava la prese sul suo volto. Con le mani aveva fatto in modo di scostarlo, accompagnando l'azione con parole rassicuranti.

Lui aveva stretto i pugni lungo i fianchi, contraendo la mascella dalla rabbia, dalla delusione.

Non vuole che io la tocchi.

Era stata la sua unica conclusione.

Shahrazād gli aveva baciato il naso, le guance, la fronte e le palpebre, continuando l'assalto per minuti interi. Suo padre, quando aveva gli incubi, faceva così per calmarla.

Con le dita aveva preso a massaggiargli la testa, tirando di tanto in tanto qualche ciocca di capelli e assorbendone il profumo intenso. Era quindi passata a baciargli il mento e poi ancora il profilo della mascella fino a quando non l'aveva sentito rilassarsi contro di lei.

Le braccia di Styrkur erano tornate ad avvolgerla, questa volta con più calma e dolcezza, attirandola in un abbraccio che sapeva di disperazione; e lei si era lasciata stringere fino a perdere il respiro, gli aveva permesso di baciarle la fronte e poi le labbra senza sobbalzare quando la sua mano era andata a premersi contro la sua gola.

Non le stava facendo male, affatto, la teneva lì per sentire la pulsazione feroce di lei, il calore della sua pelle e per tenerla vicina. Un altro bacio era bastato per salvarlo dall'annegare, un bacio ancora e la vocina nella sua testa era svanita, un terzo bacio per calmarsi ed un quarto per ringraziarla.

Shahrazād ne aveva presto perso il conto mentre con le dita tracciava il punto in cui si trovava il cuore di Styrkur. Batteva così forte per lei o per la paura? La parte egoista e speranzosa della ragazza pregò fosse per lei.

La Serpe si era quindi distanziata per morderle teneramente una guancia, avvicinando le labbra al suo orecchio.

"Non lascerò che tu te ne vada."

Ed erano tornati ad annegare, assieme.

**

Kyà si era premurato, per modo di dire, di svegliare Shahrazād dal suo leggero sonno per portarla fuori dalla villa. Non aveva detto molto, un semplice "seguimi" era bastato per farla alzare dal letto.

Aveva fatto attenzione a non svegliare Styrkur che, con espressione pacifica e rilassata, aveva giaciuto assieme a lei. Ricordava ancora il suono della sua voce, così confuso e spaventato da averlo fatto sembrare un bambino.

Non riusciva ad immaginarsi che espressione avesse avuto quindi si era affidata a gli altri sensi che possedeva. Il tremore delle sue mani contro il suo volto le era rimasto addosso, come lo spettro di un segno negativo.

Kyà era stato, comunque sia, costretto a trasformarsi in umano per scortarla a dovere. Dove la stava portando? Ancora non glielo aveva chiesto e, con tutta onestà, non aveva intenzione di farlo. Pensava di potersi fidare abbastanza del gatto e, sopratutto, di potersi fidare di Vardande.

L'aria attorno a lei sapeva di fresco, di umido: aveva piovuto e lei se l'era persa, che tremenda delusione. Kyà aveva stretto un po' di più la presa contro il braccio di lei, tirandola verso sinistra per evitare che inciampasse su una radice troppo cresciuto.

Era piuttosto scocciato, lui, di camminare. Ancora non si era abituato completamente a quella forma e le sue gambe parevano esser troppo pesanti da trascinare; si chiedeva come facessero gli umani a farlo per così tanto tempo senza stancarsi.

"Prima di partire Vardande mi ha chiesto di istruirti." Le aveva quindi rivelato lui, stanco di quel così pesante silenzio. A lui piaceva parlare, di cosa non era importante.

Shahrazād  aveva aggrottato le sopracciglia lasciando che il braccio destro si allungasse davanti a lei per tastare un eventuale ostacolo.

"Istruirmi su cosa?" Non era sicura di cosa Vardande volesse da lei ne del perché l'avesse protetta in quel modo, affidandole persino Kyà.

Quest ultimo aveva roteato gli occhi, scoccandole un'occhiata che sapeva di rimprovero. Nonostante amasse parlare doveva ammettere che detestava spiegarsi.

"Sul mondo in cui vivi, ovviamente, e su qualche pratica magica che vorrebbe tu imparassi." Quando Vardande gliene aveva parlato lui era rimasto basito: non solo favoriva un'umana, ora voleva anche darle pieno accesso alla magia?

Non capiva cosa avesse di così speciale quella ragazza così sola e indifferente ma avrebbe comunque eseguito gli ordini perché, odiava dirlo, si fidava di Vardande.

"Pensavo che solo le streghe potessero praticare la magia." Da quanto ne sapeva ne esistevano poche di streghe, e nessuna aveva il potere di Vardande. Erano creature estremamente rare che non amavano mostrarsi apertamente all'uomo, ma lavoravano per le persone più influenti delle varie città in cambio di soldi.

"Non diventerai una strega, infatti. Dubito che ne avresti la stoffa, inoltre sei troppo debole per manipolare la natura e diciamo che i tuoi occhi non ti aiuterebbero granché nella ricerca di erbe. Ma potresti essere in grado di imparare a fabbricare delle pozioni, niente di troppo impegnativo per te."

A Shahrazād era sembrato di captare una nota di ironia e di derisione nella voce di Kyà, e la cosa la divertiva immensamente. Oh, quanto le ricordava gli Irosi! Ai suoi occhi Kyà era semplicemente un essere in cerca di attenzioni che si divertiva nel mettere gli altri con le spalle al muro.

"Spero di non divenire una serva di qualche strega, come hai fatto te." Aveva risposto lei, piccata. Non si sentiva offesa, era difficile mortificarla, ma non per questo avrebbe lasciato correre tutte le parole velenose di Kyà.

Il gatto l'aveva guardata, malevolo, dandole una lieve spinta con l'anca.

"E così sai anche rispondere! Ed io che pensavo di averti rubato la lingua," se l'era risa lui, allungando il passo per arrivare il prima possibile alla meta. Non gli dispiaceva la risposta che aveva ricevuto, lo trovava stimolante in una maniera piuttosto contorta.

Ma lei non si era disturbata a rispondergli, immersa nei suoi pensieri. Vardande voleva che imparasse a realizzare delle pozioni, ma a quale scopo? Non le sarebbero servite a nulla, giusto? Inoltre non capiva il perché si disturbasse così tanto per lei.

"Siamo arrivati!" Aveva gioito lui lasciandosi cadere a terra a peso morto. Le gambe gli dolevano e sentiva gli addominali tirati per quanto li aveva contratti; quella forma umana era davvero scomoda, a suo avviso facevano bene i bambini che gattonavano piuttosto che usare solo le gambe.

Shahrazād aveva voltato la testa in tutte le direzioni, annusando l'aria per capire dove si trovasse. Non riconosceva gli odori attorno a lei, eppure era sicura che non avessero camminato molto, questo voleva dire che erano ancora nei dintorni della villa.

"Arrivati dove?"

Kyà aveva grugnito, massaggiandosi le gambe doloranti mentre gattonava verso i cespugli più vicini dove Vardande aveva celato qualche libro e diverse scatole ripiene di materiale utile per la fabbricazione di pozioni.

"Ci troviamo al confine tra la barriera che divide il territorio dei Quattro dal bosco, ora siediti: se collassi non ti riporterò indietro, è già difficile trascinare il mio di corpo, figuriamoci il tuo." Ai suoi occhi Shahrazād aveva l'aria perennemente affaticata, forse dovuta al fatto che era sottopeso e che dormiva poco, davvero poco.

Riconosceva che, da quando abitava con Styrkur, aveva messo su un po' di peso, ma non abbastanza da permetterle di affaticarsi troppo. Kyà aveva aggrottato le sopracciglia, quasi preoccupato dello stato della ragazza.

Shahrazād gli aveva rivolto un debole sorriso, ubbidendogli mentre lasciava che il vestito le si alzasse sino alle cosce. "Sembri quasi in pensiero per me," gli aveva fatto una veloce linguaccia, lasciando ad occhi aperti.

Lei sapeva benissimo di suscitare stupore, negli altri, quando si mostrava troppo amichevole e scherzosa. Dopotutto era quasi sempre assente, persa nei suoi pensieri e nella sua noia, e poche volte le capitava di voler scherzare.

Avrebbe voluto vedere le loro espressioni e bearsene ma era costretta ad immaginarle silenziosamente.

Kyà aveva voltato di scatto la testa, evitando di guardarla mentre afferrava il libro che Vardande si era premurata di nascondere per Shahrazād.

"Non montarti la testa, pel di carota. Tieni," le aveva quindi passato il pesante volume rilegato in pelle. Dall'odore pareva vecchio e le pagine, ruvide contro le dita, sembravano conservate non troppo bene. Chissà quanti anni aveva.

Il titolo del libro era stato scritto in inchiostro viola, scolorito ai lati, e a caratteri grandi e chiari, diceva: UNIVERSUM.

Shahrazād aveva smesso di indagare sul libro per alzare la testa e cercare Kyà con lo sguardo.

"Ti ricordo che sono cieca, non posso leggere."

Per qualche secondo erano rimasti in silenzio sino a quando Kyà era scoppiato a ridere, colpendo il terreno con i pugni serrati. Lei aveva sorriso in risposta, aspettando pazientemente una qualche spiegazione.

"Vardande ha lanciato un incantesimo sul libro, prova ad aprirlo." L'aveva incoraggiata, curioso di vedere la sua reazione. Lei pareva riluttante mentre con la mano sinistra sfogliava le prime pagine in attesa che accadesse qualcosa.

"Universum, introduzione: caro lettore, se stai leggendo è perché, in qualche modo, sei riuscito a portarmi via il libro da me più ben custodito e amato. Spero tu sia pronto a ciò che scoprirai leggendo, sarai in grado di sopportare il peso del sapere?

Questo libro è stato scritto da me, giorno dopo giorno, con l'ausilio di un po' di magia. Ho la certezza di possedere, mio caro lettore, la verità assoluta del mondo e non condividerla pare alla mia anima un'assoluta sciocchezza.

Il manoscritto che tieni ora tra le mani è fonte di informazioni vitali in quanto mi sono premurata di scrivere tutti i segreti da me scoperti. Segreti sugli dei, sui loro regni e i loro figli, sui loro piani futuri e passati. Troverai, inoltre, piccole ma importanti nozioni di magia. Ti prego di farne buon uso e di custodire questo libro con quanta più cura possibile, rendilo una parte della tua anima.

Buona lettura, caro lettore."

Il libro si era chiuso da solo con uno scatto meccanico, prendendola di sorpresa. Shahrazād aveva puntato lo sguardo torvo sul volume che giaceva ora ai suoi piedi. Il dannato libro aveva parlato! L'aveva pensato più e più volte, sconvolta da ciò che era appena accaduto.

Kyà aveva ridacchiato mentre si portava le gambe al petto per poggiare sopra al ginocchio sinistro il mento. Vardande aveva fatto davvero un ottimo lavoro con quel trucchetto di magia, non c'era che dire.

"Ha lasciato scritto di leggere assolutamente il capitolo tre, il dodici ed il ventidue. Ma sono sicuro che le farebbe piacere se leggessi il libro per intero." Le aveva detto lui, giocando con i fili d'erba.

Shahrazād aveva annuito, ancora confusa per l'accaduto. Nell'ultimo periodo pareva che il suo mondo si fosse ricoperto di magia, di divinità. Era sicura che non fosse normale per un'umana come lei essere così vicina al mondo soprannaturale.

"Oh, Vardande ha affidato le sue carte a Styrkur di modo che te le consegnasse: l'ha fatto? Perché dalla tua espressione deduco di no, tsk solo perché sono figli di due dee non vuol dire che possano fare come vogliono! Ma non preoccuparti, concerò per le feste quella sottospecie di biscia mal riuscita e poi prenderemo le carte."

Kyà aveva soffiato all'aria, irato. Pareva che quei quattro ragazzini facessero di tutto per rendere il suo lavoro ancora più difficile, per non parlare del fatto che lui non li aveva mai particolarmente tollerati.

Pratda era l'unico che non detestava, semplicemente perché non gli rivolgeva la parola se non in casi strettamente necessari. Wesko era troppo amichevole e lo approcciava come un amico, irritandolo. Lui, il gatto meglio riuscito del mondo, che faceva amicizia con un cane? Mai, non sarebbe mai accaduto.

E poi c'era Styrkur, al solo pensiero era inorridito. A lui piaceva infastidirlo, pestargli la coda ed inseguirlo anche per metri solo per avere la soddisfazione di vederlo correre via, impaurito e arrabbiato.

Shahrazād aveva ridacchiata per poi concludere la conversazione con un vago gesto sbrigativo della mano. "Se ne sarà dimenticato, quando torneremo gliene parlerò."

Aveva quindi preso il libro tra le mani, pronta ad andare al capitolo tre, quando un rumore aveva attirato l'attenzione sua e di Kyà.

Qualcuno, oltre la barriera, stava ringhiando.

A N G O L O M E

Quale è il personaggio su cui vorreste un approfondimento?

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