CAPITOLO VENTI

Capitolo Venti: fonte magica.

"I gesti del nuoto sono i più simili al volo. Il mare dà alle braccia quello che l'aria offre alle ali; il nuotatore galleggia sugli abissi del fondo."- Erri De Luca.

N.A: scusate il ritardo.

L'allenamento era continuato per due ore buone, fino a quando Shahrazād aveva perso il respiro, troppo stanca per continuare.

Secondo Gabriele aveva resistito anche troppo, si aspettava massimo mezz'ora di allenamento perchè a guardare il fisico di lei era difficile pensare che avrebbe tenuto duro.

Alla fine delle due ore Shahrazād era sicura di aver collezionato come minimo una decina di ematomi, maggiormente sull'addome e sulle gambe.

Si era seduta a terra con le gambe contro il busto, cercando di far tornare il suo respiro ad un ritmo normale.

Gabriele l'aveva osservata in silenzio, leccandosi le labbra con soddisfazione. Aveva trovato la ragazza cieca, ora doveva solo capire come portarla fuori dalla struttura.

Ma sopratutto doveva capire che ruolo avesse, lei, in quella struttura. Ricordava ancora gli occhi pieni di speranza di Marthìn quando gli aveva detto di aver notato una ragazza dalla chioma rossa.

Si chiedeva cosa avesse provato l'uomo, e cosa avrebbe provato nel sapere che era effettivamente sua figlia colei che aveva visto, che era viva e vegeta.

Intanto, in un angolino remoto della coscienza, Seth si agitava. Era cosí vicino ai suoi fratelli, eppure cosí lontano al tempo stesso. Ancora non aveva capito il piano di Gabriele, ma ci stava lavorando. Doveva trovare un modo di risalire in superficie, di prendere il controllo del suo corpo.

A guardare Shahrazād, poi, si era sentito mancare. Gabriele non c'era andato affatto leggero con la ragazza e vederla in quelle condizioni lo impietosiva.

"Tra quattro giorni si terrà la nostra seconda sessione di allenamento," aveva esordito Gabriele, infilandosi le mani nelle tasche.

Procurarsi una divisa da guardia era stato facile, forse fin troppo. Gli era bastato sgattaiolare all'interno della struttura, colpire alle spalle una guardia e spogliarla dei suoi indumenti per poi far sparire il corpo.

Nessuno avrebbe mai pensato che fosse un infiltrato, nessuno tranne i suoi fratelli. L'avrebbero riconosciuto? Dopo tutto erano passati decenni da quando si erano visti l'ultima volta, all'epoca era poco meno di un adolescente e con il passare degli anni il suo corpo era mutato.

Ciò che importava era portare a termine la sua missione, a qualsiasi costo.

Shahrazād aveva annuito, asciugandosi il sudore dalla fronte con il palmo della mano. Gabriele aveva sospirato, afferrando la sua sacca per poi piegarsi davanti alla ragazza.

Le aveva afferrato la mano, quasi strattonandogliela, per poi passarle una confezione semi circolare. "E' una pomata per i dolori muscolari, ti consiglio di usarla: domani starai maluccio."

Si era rigirata la scatola tra le mani, tastandola e annusandone l'odore. Sapeva di pino, con l'indice l'aveva toccata, sentendola gelatinosa e fredda contro il polpastrello.

"Grazie."

Era rimasta seduta, tamburellando le dita contro il pavimento mentre drizzava le orecchie: un rumore aveva catturato la sua attenzione. Gabriele l'aveva osservata con tacito interesse mentre la vedeva girare la schiena verso sinistra, gli occhi ridotti a due fessure e l'espressione concentrata.

"Sta arrivando Styrkur," aveva stabilito, tornando a sedersi con la schiena dritta.

"Come fai a saperlo?" L'aveva interrogata lui, preparandosi per andarsene il più velocemente possibile da lì. Shahrazād aveva sfoderato un piccolo ghigno, stringendosi nelle spalle con fare annoiato,

"Ho riconosciuto il rumore dei suoi passi."

Gabriele aveva sorriso, improvvisamente curioso, lasciandosi andare ad una leggera risata.

"Allora non sei completamente storpia," si era issato la sacca in spalla, aprendo la finestra della palestra per poi saltarvici attraverso.

Shahrazād era rimasta senza parole, senza sentirsi però offesa.

Aggrappandosi ad un termosifone si era issata in piedi, sentendo una fitta all'addome ed una al costato. Non era la cosa peggiore che avesse provato, non poteva quindi lamentarsi. Ricordava ancora le fitte allo stomaco per il digiuno, i cali di pressione, tutto ciò che ogni abitante di Città dei Peccatori aveva, almeno una volta, provato.

La porta della palestra di era aperta velocemente, senza stridere contro il pavimento, lasciando entrare Styrkur. Aveva guardato Shahrazād con apprensione, i capelli arruffati, il volto rosso e sudato e le gambe che le tremavano. La sua espressione non manifestava però dolore, questo l'aveva lasciato piuttosto confuso.

Le era andato incontro il più velocemente possibile, consapevole che lei lo avrebbe riconosciuto subito. "Ehi, piccola volpe." Le aveva baciato la fronte, incurante del sudore e del probabile cattivo odore che la sua pelle emanava.

"Sei stanca?"

Shahrazād aveva annuito, senza lasciarsi sfuggire nemmeno mezza parola, aveva la gola troppo secca per parlare. Si era quindi sentita sollevare da terra, la testa contro la spalla di Styrkur che, a passo lento, aveva iniziato a trasportarla verso la loro stanza.

Aveva fatto bene a permetterle di allenarsi? Si era chiesto lui, baciandole i capelli mentre con aria preoccupata adocchiava un livido sul collo. Aveva serrato la mascella, tenendo a mente che avrebbe dovuto informarsi sull'identità della guardia che l'aveva addestrata.

Con il pollice le aveva accarezzato un fianco, sorridendo a se stesso. Shahrazād aveva iniziato a prendere peso, le sue ossa prima sporgenti ora erano poco più che un ricordo. Il suo volto era ora più roseo, le guance leggermente paffute le donavano un'aria quasi sana.

Era incredibile il cambiamento che il suo corpo stava affrontando.

Fino a due mesi prima era uno scheletro pallido e stanco, che barcollava per la fatica, ora sembrava una donna.

"Vuoi riposare?"

Shahrazād aveva scosso la testa, lasciando che le gambe ciondolassero per aria. Era stanca, si, ma non aveva voglia di dormire. I muscoli le dolevano troppo per rimanere immobile, voleva fare qualcosa ma non sapeva cosa.

"Voglio mostrarti un posto, allora." Styrkur aveva continuato a camminare pacatamente per i corridoi infiniti della villa.

I camerieri schivavano la strana coppia, senza toccarli e senza guardare Styrkur, nonostante riuscissero a trovare il coraggio di guardare Shahrazād.

Non era più uno spettacolo nuovo, per loro. Si stavano abituando alla sua silenziosa presenza, qualche volta scambiando qualche parola con lei.

Shahrazād non aveva fatto domande a Styrkur, ascoltando ogni rumore per capire la direzione in cui si stavano avventurando.

L'aveva sentito chiedere ad un tuttofare della casa di aprirgli una porta, poi il Sole aveva iniziato a batterle sulla pelle.

Era rilassante, una specie di toccasana per i suoi dolori. Non sapeva per quanto avessero camminato, e al duecentesimo passo aveva smesso di contare.

Dagli odori aveva capito di non conoscere quella zona, alcuni di essi non li riconosceva, facendola agitare.

Shahrazād, a causa della sua cecità, si affidava alle sensazioni esterne, si affidava a ciò che conosceva per orientarsi. Il problema sorgeva quando si trovava in un luogo nuovo, la lasciava indifesa.

Styrkur si era piegato a terra, adagiandola sull'erba e sedendosi al suo fianco. "Togli le scarpe e i pantaloni, puoi tenere la maglia se vuoi."

Shahrazād si era irrigidita, confusa.
Cosa voleva fare?

Con le dita si era slacciata i lacci delle scarpe, sfilandosele assieme ai calzini per poi indugiare sui pantaloni.

La nudità non era un problema per lei, non lo era per nessuno a Città dei Peccatori. Capitava spesso di vedere un Lussurioso girare semi nudo per il centro, e ancor più spesso le persone si lavavano assieme alla fonte.

In quel momento, però, era dubbiosa.
"Fidati di me," aveva accennato Styrkur, togliendosi a sua volta le scarpe, per poi passare ai jeans e alla maglia, rimanendo in intimo.

Shahrazād aveva sentito gli spostamenti d'aria, capendo che anche lui si stava svestendo, e quindi l'aveva seguito a ruota sfilandosi i pantaloni comodi ma sudati della tuta.

Come già detto aveva tenuto la maglia larga, che andava a coprirla sino alle cosce. Aveva sentito i peli drizzarsi sulle gambe, ricordandosi di quando la sua cameriera le aveva chiesto se volesse toglierli. La sua risposta era stata un no.

Forse avrebbe dovuto.

A Styrkur non importava, comunque sia. I lividi sulle gambe di Shahrazād avevano attirato la sua attenzione, in un modo piuttosto negativo.

"La guardia c'è andata troppo forte con te." Aveva soffiato lui, passando la mano sul livido che si trovava all'altezza del polpaccio.

Shahrazād era sobbalzata per l'improvviso movimento, scuotendo subito dopo le spalle.

"Ho imparato molto, invece. Se ci fosse andato piano non avrei assimilato nulla."

Styrkur aveva grugnito in risposta, dandole una mano per alzarsi. Senza altre parole l'aveva condotta per due metri scarsi, lasciando che i piedi di lei toccassero la superficie cristallina dell'acqua.

Acqua.

Erano in un lago?

La serpe l'aveva guardata con un mezzo sorriso mentre agitava il piede nell'acqua, tentando di capire.

"È una sorgente termale magica, guarisce le ferite ed è calda, nuotarci dentro pare essere confortevole."

Shahrazād aveva spalancato gli occhi, sorpresa e quasi felice della nuova scoperta.

"Sai nuotare?" Aveva continuato imperterrito lui, volendone sapere di più. Per un attimo Shahrazād aveva pensato di rispondere solo con un cenno del capo, pentendosene subito dopo.

Voleva parlare.

"Quando ancora avevo la vista mio padre mi portava in questo lago vicino la città, mi ha insegnato a nuotare. Ci andavamo spesso, quasi tutti i sabati."

Le mancavano quei momenti, le mancava vedere l'acqua incresparsi e scortarlesi contro il corpo. Le mancava sentire qualcosa, provare emozioni.

Styrkur aveva sorriso, entrando in acqua con lei per galleggiare assieme. L'acqua era calda come lui le aveva detto, avrebbe potuto rimanere lì per ore intere.

"Quanto è grande?"

"Non molto, con cinque bracciate arrivi all'altra sponda."

E così Shahrazād si era immersa totalmente, nuotando a delfino, con una delicatezza che Styrkur ammirava. I suoi movimenti erano talmente delicati che l'acqua pareva sospingerla per aiutarla.

Lei, dal canto suo, amava quella sensazione. I capelli li aveva sciolti, lasciando che prendessero vita attorno al suo volto, galleggiando.

Con le punta delle dita aveva sfiorato il fondo, riemergendo per una veloce boccata d'aria. Tutto sembrava paralizzarsi sott'acqua, c'era solo lei e il buio.

Aveva toccato la sponda, poggiando le braccia sul terreno per adagiarvici la guancia sopra.

"Il delfino ti dona, piccola volpe."

Shahrazād aveva sorriso, girandosi verso di lui.
Il dolore ai muscoli era iniziato a svanire, si sentiva forte per la prima volta dopo tanto tempo.

Con due bracciate era quindi arrivata nel mezzo della fonte, toccando con le punte dei piedi mentre lasciava cadere la testa sull'acqua.

Styrkur l'aveva raggiunta facilmente, in stile libero, portandosi a qualche metro da lei. Era bellissima, talmente tanto da togliergli il fiato.

Non avrebbe lasciato che se ne andasse, che gli scivolasse dalle dita come fumo. Con le mani le aveva quindi cinto i fianchi, issandola su di lui.

La maglia le si era incollata al corpo, lasciando a Styrkur il tempo di osservare ogni parte di lei. Le efelidi sul suo corpo scintillavano al sole, tracciando costellazioni misteriose.

Avrebbe dato un nome ad ognuna di esse.

Era sua e allo stesso tempo non lo era, quindi l'aveva stretta al corpo per tenerla più vicina, cuore contro cuore.

Quello di lei andava placidamente, tranquillo e rilassato mentre quello di lui batteva ferocemente, come un'animale in gabbia pronto ad uscire.

Se glielo avesse chiesto, se lo sarebbe strappato letteralmente dal petto per metterlo nelle sue mani.

Shahrazād aveva poggiato il mento contro la spalla di Styrkur, tracciando con le dita la forma della sua schiena. Era grande, in alcuni punti la pelle pareva più liscia, innaturalmente liscia.

Cicatrici.

"Come te le sei fatte?"

Shahrazād si era chiesta il perchè la fonte non gliele avesse guarite.

"In guerra," con una mano le aveva cinto il retro del collo, accarezzandoglielo. Avrebbe potuto ucciderla, proprio lì, e nessuno lo avrebbe contradetto.

Era strano il solo pensiero, aveva tra le mani la vita di qualcuno e desiderava coltivarla.

"Perchè non guariscono?"

Shahrazād gli aveva accarezzato i fianchi, sentendolo grugnire sotto alle lievi carezze.

"Sono uno dei figli delle Dee, ho già i miei vantaggi. Sarebbe scorretto poter guarire come gli umani, ma qualcosa riesce a farla questa fonte. Guarisce le ferite più superficiali,"

Shahrazād aveva quindi alzato le mani, con un verso di protesta da parte di lui, posandogliele sul viso. Per qualche secondo l'aveva studiato minuziosamente, curiosa.

"Stai sorridendo."

"Anche tu."

Styrkur era quasi arrossito, in imbarazzo per la prima volta. Sembrava avere tutte le sue prime volte con lei.

Le aveva quindi morso una guancia, per distrarla dal suo viso. Non era riuscito nel suo intento.

"Vorrei vederti."

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