CAPITOLO TRENTACINQUE

Capitolo Trentacinque: Il vuoto che crea il caos

"Allora ben venga il caos, perché l'ordine non ha funzionato."- Charles Bukowski

P.s. : leggete l'angolo autrice per favore <3

Shahrazād non aveva paura, era certa che con Sover al suo fianco non ne avrebbe mai avuta, ma nonostante questo non riusciva ad impedire al panico di arrampicarsi nel suo corpo.

Non aveva mai avvertito la sua presenza con così tanta forza, questo la spingeva a chiedersi se fosse successo qualcosa.

Si era sentita toccare la guancia da mani nebbiose, inesistenti, fatte di sottile fumo profumato. Non aveva fatto nulla per fermare il contatto, assaporandone la consistenza e l'odore dolce che proveniva dal dio.

Styrkur aveva fatto un passo avanti, senza capire a pieno la scena che gli si era parata dinnanzi.
Cosa ci facevano lì due dei? Nessuno li aveva invocati, invitati nella sua dimora e nonostante questo i due s'erano manifestati lo stesso.

Sover e Wyulma erano ai piedi di Shahrazād, uno troppo occupato a tranquillizzare la ragazza e l'altra ad osservare l'ambiente circostante con espressione disgustata.

Wyulma avrebbe voluto sbrigare la faccenda con più velocità, senza perdersi in inutili dimostrazioni d'affetto. Ma Sover non la pensava così: aveva amato ogni suo adepto e amava Shahrazād allo stesso modo.

Era per lui naturale, quindi, coccolarla come fosse un'infante.

"Che diamine sta succedendo?" Aveva tubato Styrkur mentre Kyà aggrottava le sopracciglia con circospezione.

Conosceva gli dei grazie a Vårdande ed era certo che raramente si presentassero senza un'invocazione fatta a dovere. Per invocare un dio era necessario pregarlo e richiedere la sua presenza, cosa che loro non avevano fatto.

Doveva quindi trattarsi di un'occasione importante, giusto? Kyà aveva annuito a se stesso, poggiando la schiena contro il muro per continuare ad osservare silenziosamente la situazione.

Gli occhi grandi e indispettiti di Wyulma si erano spostati su Styrkur, guardandolo dall'alto al basso come se fosse un'animale indegno della sua attenzione.

Nessuno aveva il diritto di rivolgersi in quel modo ad una dea, figuriamoci a lei.
Aveva quindi sorriso, mostrando due file bianche di denti come ad avvertirlo di non avvicinarsi.

Non le importava un bel niente di quello che pensava Styrkur, lei era lì solo per volere del fratello e non avrebbe permesso a nessuno di intralciarlo.

"Devo parlare con Shahrazād." Gli occhi pallidi di Sover si erano mossi per guardare Styrkur.

Non lo osservava con diffidenza o astio, in realtà pareva che non lo stesse nemmeno vedendo tanto erano vuoti i suoi occhi.

Tutti i suoi movimenti erano lenti, studiati per non agitare gli umani in sua presenza e questo gli conferiva un aspetto regale e a modo.

Sover sembrava a tutti gli effetti un dio disinteressato il quale possedeva, però, un'aura talmente forte e asfissiante da scaturire un senso di impotenza e devozione.

"Riguardo cosa?" Styrkur aveva distolto lo sguardo dal dio per tenerlo puntato su Shahrazād.

Era preoccupato dell'episodio che aveva appena avuto; non l'aveva mai vista stare fisicamente male dopo un incontro con il dio ed ora si chiedeva cosa fosse cambiato.

Sover aveva però sorriso con le labbra nebbiose, prendendo posto a sedere dinnanzi a lei.

"Cosa posso fare?" Shahrazād si era protesa in avanti con le mani sul pavimento, per non perdere l'equilibrio, tentando di riempirsi i polmoni con l'odore rassicurante del dio.

Di cosa poteva mai parlarle? Continuava a chiederselo eppure, sotto sotto, sapeva che c'era qualcosa di più, che il dio aveva bisogno che lei facesse qualcosa per lui.

E l'avrebbe fatto, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui come la brava adepta che era.

Persino Sover era a conoscenza della dedizione di Shahrazād e ne andava fiero; sapeva che l'avrebbe aiutato e questo rendeva tutto più facile.

Il problema, per il dio, era quindi Styrkur.

"Temo di doverti narrare una storia, bambina mia, prima di esporti la mia richiesta."

Doveva spiegarle tutto, confidarle ciò che aveva scoperto e aprirle gli occhi sui possibili pericoli che incombevano su di lei e su lui stesso.

Kyà si era leccato le labbra, portando le mani alle ginocchia per un po' di sostegno in più mentre Styrkur si limitava ad osservare.

La ragazza aveva annuito, acconsentendo, tornando a poggiare la schiena contro il muro.

"Vi sono così tante cose che non conoscete, bambini miei. Conosci la leggenda della Pantera? Sarò breve, molto breve e riduttivo per non trattenerti troppo. La prima Pantera aveva una compagna la quale portava il tuo stesso nome."

Le aveva accarezzato i capelli, ridacchiando all'espressione di sconforto sul viso di Shahrazād.

Persino Styrkur era stato preso in contropiede.

"Död maledisse tutta la stirpe della donna con una malattia che ogni membro femminile della sua famiglia avrebbe, nel corso degli anni, contratto.

La stessa malattia che hai tu, Shahrazād."

Sover si era quindi zittito, aspettando una reazione dai presenti mentre Wyulma faceva saettare lo sguardo da un punto all'altro.

Erano tante le informazioni che doveva dare e il modo in cui dirle era difficile.

Sover, così come i suoi adepti, non amava conversare ed era quindi un'attività faticosa e noiosa per lui. Avrebbe preferito condividere con Shahrazād i suoi ultimi ricordi così da poterle passare le informazioni senza doverle divulgare a voce.

Ma nella stanza erano presenti altri due soggetti e nonostante ci tenesse a mantenere un certo riserbo doveva includere anche loro.

"La mia cecità è quindi colpa di Död?" Si sentiva infastidita, tradita per esser stata colpita senza una reale motivazione.

Lei non aveva fatto nulla alla dea eppure doveva pagarne le conseguenze, la sua unica colpa era quindi essere una lontana discendente della compagnia della prima Pantera.

Styrkur aveva stretto le labbra, incredulo.
Una parte di lui si sentiva in colpa per ciò che sua madre aveva fatto, in qualche modo pensava d'esserne responsabile anche lui.

"Si, lo è, ma non è l'unica cosa che Död ha fatto. Devi sapere che te e Styrkur vi siete incontrati molti anni fa, quando entrambi eravate dei bambini."

I due interpellati avevano trattenuto un respiro, bloccandoselo in gola con sorpresa.

Shahrazād aveva aggrottato le sopracciglia per poi inclinare di lato la testa, pensierosa.

"Non ricordo di aver mai visto Shahrazād prima di sceglierla." Styrkur era prontamente intervenuto, dubitando apertamente delle parole di Sover.

Quest ultimo si era aperto in un sorriso teatrale, quasi cattivo mentre girava lentamente la testa verso la Serpe.

Oh, Sover non vedeva l'ora di rovinare la perfetta e falsa immagine che Styrkur aveva di Död.

"Questo perché tua madre ha provveduto a cancellare ogni ricordo di quegli incontri. Non poteva lasciare che un altro dei suoi figli conoscesse la discendente della prima Shahrazād, giusto?"

Era stata Wyulma a parlare con tono ironico e di scherno. Riusciva a sentire l'astio percorrerle e scuoterle il corpo mentre osservava quel dannatissimo metà uomo.

Styrkur aveva fatto un passo in avanti, sotto shock e con un colorito talmente pallido da sembrare cadaverico. Sua madre non avrebbe mai fatto una simile oscenità a lui, il figlio prediletto, giusto?

"Hai delle prove a sostegno delle tue parole?" Sperava di ricevere un no come risposta, un sorrisetto o un 'era uno scherzo!' ma non fu così.

Sover aveva riso sguaiatamente mostrando i denti mentre la sua risata si dissipava in nuvole grigie di fumo, come note sbiadite adagiate in aria.

Le dita lunghe del dio si erano mosse in avanti, le punte di quest'ultime sparivano e si riformavano con lentezza snervante.

"Posso ridarvi ciò che vi è stato tolto, bambini."

E si era quindi girato a guardare nuovamente Shahrazād con espressione quasi paterna, più dolce rispetto allo sguardo che aveva riservato a Styrkur.

L'indice nebuloso del dio s'era mosso in aria, creando piccole nubi argentate sopra di esso.

Le pseudo nuvole avevano quindi iniziato a prendere la forma del viso della ragazza e poi di quello della Serpe; visi più giovani e calmi rispetto a quelli attuali.

Ricordi, le nuvole avevano preso la forma di ricordi.

"Come posso essere sicuro che non siano opera della tua magia? Potresti averli creati da solo per mentirmi, per aizzarmi contro mia madre."

Styrkur aveva bisogno di credere che non fosse reale, che ciò che il dio stava dicendo fosse solo un'enorme menzogna ma oh, quanto si sbagliava e quanto debole appariva agli occhi del dio stanco.

Un dio che disprezzava i rapporti di sangue perché fittizi e forzati ora si trovava costretto ad osservare alla tremenda sceneggiata di un figlio amorevole.

Ma Shahrazād non era debole come Styrkur, a lei non interessava del legame familiare né tanto meno aveva mai provato lealtà verso di esso e per questo Sover la riteneva forte.

A suo avviso la famiglia, l'amore materno o paterno, era inutile. Lui l'aveva amata come figlia non di sangue ma di spirito, lui aveva alleviato i dolori della sua anima, lui e non i suoi genitori.

"Non mi mentirebbe mai." Aveva borbottato lei, sorridendo amichevolmente verso il dio.

E aveva ragione: Sover non le aveva mai mentito e mai l'avrebbe fatto, non importava quanto la verità potesse esser sconveniente.

Così Styrkur aveva compiuto altri cinque passi in avanti, fidandosi di Shahrazād ma non del dio.

Si era seduto accanto a lei mantenendo una postura rigida, attenta, come a volersi preparare ad ogni evenienza mentre Sover muoveva l'indice.

La nube di ricordi si era scaraventata contro le loro menti aprendo i lucchetti che sigillavano la loro memoria per infiltrarsi subdolamente nell'inconscio.

"Tanto non mi prendi!" Le grida di una bambina e le risa di gioia, rumore di foglie calpestate e odore di vento fresco.

Riuscivano a vedere tutto chiaramente: le loro figure, più infantili e gioiose, che correvano, si inseguivano in un ciclo continuo fatto di gioco.

"Sei troppo lenta," mani e gambe, visi conosciuti e risate familiari avevano preso a vorticare attorno a loro.

Shahrazād aveva silenziosamente contemplato i centinaia di ricordi che avevano preso ad occuparle la mente, sconvolta.

Riusciva a vederli, letteralmente, davanti a lei.
Vedeva se stessa e Styrkur, osservava il paesaggio e se ne innamorava senza riuscire a credere ai propri occhi.

Ora, finalmente, ricordava gli occhi della Serpe e ricordava il suo aspetto. L'emozione di riuscire a vedere era tantissima, talmente forte da mozzarle il fiato e farla piangere.

Quando la sequenza di ricordi sarebbe terminata lei avrebbe smesso di vedere e la sua cecità le avrebbe riso in faccia ma per ora voleva solamente annegare in quel mare di colori.

Desiderava ricordare per sempre, concentrarsi su i due ragazzini che giocavano senza tornare alla realtà.

Nel mondo attuale vi erano così tanti problemi, così tante cose da fare e da dire da nausearla mentre nei ricordi che Sover le stava mostrando vi era solo un'infinità gioia e un'immensa ingenuità.

Styrkur, nei suoi ricordi, era così carino da farla sorridere. Lo vedeva rincorrerla e solleticarle i fianchi, si gettava in acqua e la sfidava a nuotare con lui.

Rammentava, solo adesso, il loro primo incontro.
I vestiti di lui zuppi di sangue non suo e lo smarrimento nei suoi occhi giallognoli.

Era come se ricordando si sentisse più vicina a lui, come se a legarli vi fosse un legame più spesso e duraturo adesso che entrambi sapevano d'essersi già conosciuti.

Il fatto che lui l'avesse scelta nonostante la perdita di memoria era un'assurda coincidenza e allo stesso tempo una strana consolazione.

In qualche modo lui aveva riallacciato i loro destini e per la seconda volta aveva fatto in modo di legarla a lui.

Uno strano scherzo del destino, no?

Styrkur, dal canto suo, non concepiva la sequenza di ricordi che gli scorrevano davanti agli occhi. Si rivedeva bambino, adolescente, e rimaneva meravigliato di quanto fosse cambiato.

Per anni era stato convinto di non aver mai avuto amici, di esser scappato da Città dei Santi e di esser stato solo fino all'arrivo di Vårdande ma non era così.

Shahrazād era sempre stata lì, l'aveva protetto dalla solitudine e poi era stata estirpata dalla sua memoria. Ma perché? Sua madre, Död, poteva davvero aver fatto un qualcosa di così egoista a lui, il suo stesso figlio?

La stessa madre che aveva ucciso la compagna della prima Pantera, la stessa dea a non aver consolato Prätda dopo la perdita di Cassidea, colei che per anni aveva deriso Wëskø perché senza Scelta e la stessa dannatissima entità ad aver manipolato la mente di Styrkur e di Shahrazād.

La Serpe provava rabbia, ribrezzo, e delusione.
Mai in vita si era fidato di qualcuno tanto quanto aveva fatto con sua madre, nemmeno con Liv aveva mai avuto un rapporto così stretto ed ora si sentiva tradito.

Per tutta la vita era stato ferito, abbandonato, ma questo-dio questo faceva ancor più male.

"Credo sia abbastanza." Aveva sussurrato Sover, osservando i due ragazzi svegliarsi dallo stato di trans in cui erano caduti.

Il dio perennemente stanco aveva lanciato un'occhiata a Wyulma, ricevendo un sorrisetto soddisfatto.

Aveva rivolto uno sguardo a Styrkur il quale stringeva la mano di Shahrazād con tale veemenza da preoccuparlo.

Quindi aveva osservato la rossa che in silenzio piangeva e si spezzava, finalmente, dopo anni di vuoto finalmente provava qualcosa di umano: tristezza, malinconia.

Sover non poteva biasimarla, dopotutto era stata costretta a ricordare il giorno in cui aveva perso la vista, in cui aveva perso uno dei pochi amici che aveva mai avuto: Styrkur.

Död le aveva portato via la vista e le aveva strappato ricordi preziosi ed ora tutto il suo corpo gridava vendetta.

Sover si era leccato le labbra, pienamente consapevole di quali pensieri avesse la ragazza mentre s'abbassava per baciarle le palpebre.

"Avrai giustizia per ciò che ti è stato tolto, bambina mia, ma ho bisogno del tuo aiuto."

Senza nemmeno rendersene conto Shahrazād aveva annuito, stringendo la mano di Styrkur con vigore mentre i suoi occhi si riempivano.

Alla Serpe, attenta ad ogni minimo cambiamento, pareva di star osservando alla creazione del mondo tramite gli occhi opachi di lei.

Il vuoto che si riempiva di caos, l'esplosione delle stelle e la formazione dei pianeti.

Shahrazād aveva smesso in quell'esatto momento d'esser vuota, di essere un'accidiosa, ed era divenuta una creatura straripante di emozioni e di pensieri.

"Cosa devo fare?"

A T T E N Z I O N E
Scusate il ritardo, è un periodo un po' difficile e nonostante non sia una scusa non riesco a concentrarmi come dovrei. Non voglio scrivere solo per aggiornare, voglio continuare ad essere "originale" senza pubblicare solo per mettere qualcosa online.

Se ci metto tanto é anche perché voglio che i capitoli siano fatti decentemente senza scrivere solo "giusto per". Il capitolo cortino, lo so, ma i prossimi saranno ricchi di informazioni quindi voglio placare un pochino le acque prima di distruggere gli argini. Grazie per essere ancora qui <3

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