CAPITOLO SEI

Capitolo Sei: Ti vedo.

"Io gli ho dato il mio cuore, e lui lo ha preso e lo ha stretto crudelmente fino a ucciderlo."- Cime Tempestose.

Quando Missnöjd, la madre di Shahrazād, tornò con il marito, Marthìn, a Città dei Peccatori rimase a bocca aperta dallo stupore.

Era uno spettacolo a dir poco osceno quello che si parava davanti ai suoi occhi. Quanto era passato dall'attacco? Forse sei ore, ma potevano essere di più.

Marthìn aveva spostato un corpo ridotto a brandelli, osservandone le fattezze. Pareva fosse stata una bestia a ridurlo così, ma entrambi sapevano la ragione.

"Shahrazād," aveva mormorato l'uomo, passandosi una mano sul volto, sconvolto. Era corso verso la fontana, e poi ancora più oltre sino a vedere la catapecchia da lui costruita.

La porta era spalancata, mezza scardinata ma per il resto pareva la stessa. Si era quindi affrettato verso la camera da letto, rischiando quasi di rimettere quando aveva visto il suo cuscino macchiato di sangue.

Era scivolato a terra, gli occhi talmente spalancati da dolergli. Le lacrime avevano iniziato a formarsi, gli si era tappato il naso e la gola aveva iniziato a dolergli e bruciargli. Si era reso conto solo dopo che stava urlando.

Sua moglie, la più calma in quel momento, era passata a rassegna ogni corpo, sperando di trovare qualcuno ancora in vita. Era ovvio che la città fosse stata saccheggiata, anche volendo non avrebbe trovato nulla di valore per andarsene da quel posto.

Aveva sentito, certamente, l'urlo atroce dal marito. Pareva volerle staccare la pelle dal corpo per l'intensità, ma non gli era andata incontro. Perchè si era recato li? Sapevano entrambi cosa avrebbero trovato, e di certo lei non avrebbe avuto cuore di vedere il possibile cadavere di sua figlia.

Missnöjd aveva aguzzato le orecchie, avvertendo dei flebili lamenti. Provenivano dal corpo rovinato di una vecchia dalla tunica grigia, la testa poggiata tranquillamente sulla spalla e la traccia di un sorriso sul volto.

Non ci volle molto per capire che quella povera donna era una Stanca, chi altro avrebbe potuto mai guardare alla morte con tale sorriso?

Si era quindi accovacciata davanti alla donna, estraendo la borraccia dal suo marsupio, pronta a darle da bere.

"Hanno portato via i bambini." Aveva sussurrato l'anziana, sentendosi versare gocce fredde d'acqua sulle labbra. "E poi hanno incendiato tutto."

La donna aveva riso, guardando il cielo. Cosa vi era di così divertente? L'anziana riusciva quasi a vederlo il Dio Sover che le sorrideva, allargando le braccia per portarla via con se.

La donna impiegò pochi secondi ad innescare quel misterioso meccanismo mentale al quale solo gli Stanchi potevano arrivare. Aveva chiuso gli occhi ed era acceduta alla sua mente, aveva sentito come un "clic" mentre il suo cuore fermava misteriosamente la sua corsa.

Aveva avvertito i suoi organi morire ed il suo corpo dissanguarsi lentamente. Ecco, finalmente era riuscita.

Anche l'ultimo abitante di Città dei Peccatori era morto, lasciando a Marthìn e Missnöjd il compito di portare avanti la loro tradizione.

Missnöjd provò, per la prima volta in vita sua, pena per il marito, per il suo dolore. Lei stessa che mai aveva mostrato affetto per la figlia si era chiesta dove fosse, perchè entrando in quella catapecchia aveva notato l'assenza di un cadavere.

Avrebbe voluto seppellirla tra i fiori coltivati dietro l'abitazione, lavarla prima di sotterrarla e magari concedersi un gesto d'affetto.

Le avrebbe baciato la fronte e avrebbe sentito il marito piangere, e per quanto fosse penoso non gli avrebbe detto nulla. Lei, di certo, non avrebbe pianto.

E invece finí così, entrambi inginocchiati ai piedi del giaciglio di Shahrazād, pregando di trovarla o quantomeno, di riuscire a rialzarsi.

Wëskø era stato sorpreso nel vedere Shahrazād in una forma così umana, finalmente dignitosa. Quasi non la riconosceva tanto era diversa e, dallo sguardo dei fratelli, capí che anche loro pensavano lo stesso.

Gli occhi di Shahrazād gli avevano fatto tremare le gambe a tal punto che era stato necessario sedersi per non perdere l'equilibrio.

"Siediti, piccola volpe." Le aveva detto Styrkur, posandole una mano sullo schienale della sedia. Shahrazād era stata veloce a sedersi, e Styrkur non aveva potuto fare a meno di ammirarla.

Ammirare qualsiasi cosa facesse, in realtà. Perchè nonostante la sua cecità pareva avere il controllo di tutto.

"Davanti a te è seduto Terso, l'Orso, e affianco a lui vi è Prätda, il Falco, mentre al tuo fianco vi è il Lupo: Wëskø." Si era premurato di spiegarle.

"Lo so."

Con quelle brevi parole era riuscita ad animare gli spiriti di tutti, lasciandoli senza fiato. Per un momento venne quasi da pensare che non fosse realmente cieca.

"Come?" Aveva domandato curioso il Falco, lui che di osservare se ne intendeva.

Shahrazād aveva sorriso, era piacevole superare le aspettative dagli altri, doveva darsene atto.

"Dall'odore. Terseo sa di terra bagnata, Prätda di pioggia e Wëskø di fiori." Aveva rammentato il primo incontro con i fratelli, e l'odore le era rimasto impresso.

L'olfatto, dopotutto, era riuscita a svilupparlo con gran successo. 
Vi era stato quindi un attimo di incredulo silenzio, accompagnato da sguardi confusi e interessati.

"Sembra proprio che tu avessi ragione, Styrkur. La ragazza pare benedetta." A Terseo era costato molto ammetterlo, ma riconoscere un segno delle Dee era di fondamentale importanza.

Shahrazād si era sentita nuovamente a disagio, riusciva ad avvertire lo sguardo di tutti i presenti sulla sua pelle e le parole dell'Orso l'avevano ulteriormente turbata.

"Benedetta, io? Oh no, deve esserci un'errore. Io non sono benedetta, semmai potrei affermare con estrema convinzione il contrario, cioè che ho subito una maledizione." Era l'unica cosa certa che sapeva di se stessa.

Per anni le era stato ripetuto quanto la sua condizione fosse a tutti gli effetti una maledizione. Ed era giusto così, perchè anche lei lo pensava.

"Maledizione, dici tu. Non ho mai visto una persona maledetta riuscire a riconoscere una persona con l'ausilio dell'olfatto." Aveva ribattuto con veemenza Styrkur, quasi offeso dal fatto che lei potesse pensare simili oscenità.

"Questo perchè non vi sarebbe alcun bisogno di usare l'olfatto se solo avessi la vista. Si tratta solo di sopravvivenza. Se fossi realmente benedetta avrei qualità fisiche come le vostre, non lacune sensoriali."

Shahrazād era irremovibile su quell'argomento, e parole sprecate sarebbero state quelle dei Quattro.

"Penso che per oggi sarà meglio abbandonare la discussione." Prätda era stato saggio a suggerirlo, incrociando le braccia sopra al tavolo con espressione di chi non vuole repliche.

Avevano quindi annuito tutti, lasciando che una cameriera servisse il pranzo.

"Ho una riunione a cui partecipare, devo introdurre i nuovi adepti con Prätda e parliamoci chiaro, lo chiedo a te perchè di Terseo non mi fido. Potresti badare a Shahrazād durante la mia assenza? Vorrei che le mostrassi il giardino." Wëskø era rimasto sorpreso dalla richiesta, ma non turbato.

La ragazza se ne stava seduta placidamente sulla sedia, l'espressione persa in chissà quali pensieri. Quasi gli faceva pena.

Aveva quindi annuito alla richiesta di Styrkur, sentendosi in qualche modo onorato di esser stato scelto per tale compito.

Styrkur aveva quindi accennato un sorriso, spostandosi verso la rossa.

"Sarò di ritorno tra qualche ora, Wëskø ti mostrerà il giardino: ho la sensazione che ti piacerà." Le aveva quindi rivolto una lieve carezza sulla fronte, pizzicandole il naso.

Shahrazād non aveva risposto, limitandosi a far vagare il suo sguardo per la stanza.

Una volta rimasti soli Wëskø si era sentito quasi intimidito dallo sguardo di lei, evitandolo come meglio poteva. Le aveva porto il braccio e l'aveva vista alzarsi con convinzione celata, allungando il braccio libero in avanti.

Durante tutto il tragitto Shahrazād aveva tenuto la mano incollata alle mure, tentando di ricordare in futuro la strada.

La porta, pesante, era stata aperta da Wëskø senza troppi problemi, scortandola poi verso l'immenso giardino fiorito.

"Parlami della casa, per favore." Era uscito lieve dalle sue labbra, una specie di preghiera mal pronunciata.

"È stata costruita nel 2037, un tempo era abitata da politici, per questo è divisa in strutture. Al tempo doveva essere un gran edificio moderno, sai? Possiede ancora un'impianto d'acqua e d'elettricità che però smette di funzionare con il mal tempo. Sai cos'è l'elettricità?"

Shahrazād aveva scosso la testa.

"Immagina dei fili dentro al muro che percorrono tutta la casa e si fermano in determinati punti. In questi punti vi sono dei buchi ai quali si collega un aggeggio di cui proprio non so il nome. Ecco, quando infili la presa in questi buchi le lampade si illuminano come una specie di fuoco che però non scotta, brilla solo." Wëskø si era scoperto emozionato nel spiegarle tutto ciò, desiderava renderla partecipe di tutto, così da farle comprendere il loro mondo.

Shahrazād si era impegnata per immaginare il tutto, le sembrava quasi una magia.

"Ed è la stessa cosa con l'acqua? Dei fili nel muro che trasportano acqua, fino a dei buchi dai quali esce?" Era affamata di conoscenza, in quanto Stanca quello le era permesso.

Agli Stanchi veniva insegnata la storia, per avvicinarli quanto più possibile alla conoscenza.

"Esattamente! Ma al posto dei fili vi sono dei tubi, molto più larghi e quindi spaziosi."

La conversazione era finita lì, Shahrazād aveva annusato quanto più poteva l'odore paradisiaco dei fiori. A Città dei Peccatori ve ne erano poche specie, le margherite e qualche primula, nulla di più.

"Posso toccarli?" Aveva chiesto al Lupo, strattonandogli leggermente il braccio. A Wëskø sembrò una bambina.

"Certo."

Shahrazād si era quindi chinata a terra, con l'aiuto di Wëskø, fino a mettersi a carponi, con il braccio allungato per toccare quei piccoli miracoli.

A Wëskø venne da ridere per la posizione stramba della ragazza, ma non disse nulla, la osservò sfiorare un girasole, con l'attenzione di chi ha paura di rompere qualcosa di prezioso.

Shahrazād stava praticamente gattonando tra quei fiori, senza curarsi dell'impressione che avrebbe dato. In quella posizione le era più facile raggiungere i girasoli, annusarli e studiarli.

Wëskø, dal canto suo, era piombato in uno stato di ammirazione e disagio allo stesso tempo. Dalla sua posizione riusciva a vedere le gambe snelle della ragazza, le cosce macchiate di rosso e la sua schiena nuda.

Styrkur l'avrebbe certamente ucciso.

Si era quindi spostato, tirando un sospiro di sollievo.
Shahrazād intanto aveva accarezzato un petalo, toccando poi con mano tremante la corolla dalla consistenza strana e successivamente lo stelo.

L'avrebbe paragonato ad una girandola, la forma del fiore gliene ricordava una.

"Come si chiama?"

"Girasole."

"E di che colore è?" Aveva domando, avvicinando nuovamente il naso ai petali.

"Giallo, come il Sole."

Shahrazād aveva spalancato gli occhi, ammirata, il fiore non solo aveva un nome piuttosto bello, ma possedeva anche un colore allegro.

"Che ne dici di vedere i crisantemi? Ne abbiamo molti." le aveva proposto Wëskø, eccitato.

Era stato lui stesso a contribuire alla crescita di quei fiori, e ne andava fiero. Shahrazād aveva annuito, non conoscendo quel tipo di fiori, si era quindi alzata cercando il braccio del Lupo.

Aveva iniziato poi a contare i passi: ventidue passi per arrivare ai crisantemi.

Questa volta si era seduta a gambe incrociate, inspirando a fondo. L'odore era pungente e molto forte, quasi fastidioso per l'intensità.

"E questo, di che colore è?" Shahrazād aveva toccato i petali con forse troppo impeto, staccando per sbaglio un petalo. Si era sentita mortificata, e non aveva potuto fare a meno di chinare la testa in segno di scuse.

"Non preoccuparti, è solo un petalo. Questo crisantemo è rosa." Wëskø ne aveva toccato uno a sua volta.

"Oh, come la pelle?" Era stata una domanda piuttosto sciocca, ma il Lupo non aveva avuto cuore di dirglielo.

"No, è un rosa molto più intenso, tendente quasi al rosso. Se la tua pelle fosse di quel colore, sarebbe un problema."

Shahrazād aveva riso, immaginandosi la scena.
"Bene, lo terrò a mente. Ma dimmi, hanno un significato questi fiori?" Aveva poggiato la testa sulle ginocchia, ora portate al petto, e aveva chiuso gli occhi, beata.

Wëskø ci aveva pensato su, annuendo subito dopo.
"In alcune parti del mondo li usano per i matrimoni, ma qui rappresentano la morte in quanto nascono ad ottobre."

A nessuno dei due parve però un significato macabro. Dopotutto entrambi, anche se in modi diversi, adoravano il culto della morte.

"Capisco, ti ringrazio."

Si era così sdraiata, lasciandosi sommergere dai fiori.

Styrkur aveva passato due ore a spiegare ad ogni novizio il loro compito e il significato del loro culto. Li aveva introdotti alle Dee e aveva narrato loro la storia della creazione.

Era stato in realtà piuttosto complicato tenerli a bada, ma aveva fatto leva sulla paura che lui e il fratello riuscivano a trasmettere.

Non era comunque sia stanco, nonostante il viaggio e il mancato riposo.

Si era diretto a passo spedito verso il giardino, per controllare che la ragazza e suo fratello fossero ancora là.

Shahrazād era distesa sulla schiena, gli occhi chiusi e decine di crisantemi a circondarle il corpo. Pareva quasi morta, ma in un modo spettacolare.

Era come se fosse calata in un senso di pace totale, pace che lui associava solo alla morte stessa.

Wëskø era seduto a qualche metro di distanza, una sigaretta tra le labbra e un libro tra le mani.
"Da quant'è che dorme?" Aveva domandato Styrkur, sedendosi accanto al corpo della donna. Wëskø aveva velocemente alzato lo sguardo dal suo libro, facendosi pensieroso.

"Direi un'ora."

A Styrkur venne da ridere, certo che quella ragazza dormiva molto! Si chiese quanto fosse stata privata, in passato, del sonno.

E solo allora si rese effettivamente conto di quanto lui non sapesse nulla di lei, nemmeno il nome. Glielo avrebbe chiesto quando si sarebbe ridestata.

"Fratello, le hai detto qual'è il suo compito in quanto Scelta?" La voce del Lupo aveva tremato, quasi con dolore.

Styrkur aveva lentamente scosso la testa, lasciando che la sua mano accarezzasse i capelli della ragazza. Le sfilò il il fermaglio e prese a giocare con quelle ciocche vermiglie, deliziato dalla forma dei suoi boccoli.

"No, e per ora non ho intenzione di farlo." Era stato un chiaro avvertimento, seppur velato. Voleva dire 'e questo comporta che non sarai nemmeno te a dirglielo'.

Wëskø non si sarebbe mai permesso, non era suo compito farlo, ma sapevano entrambi che il giorno sarebbe arrivato, e per allora sperava che Shahrazād l'avrebbe presa bene. Certo, per quanto possibile.

"Vi lascio soli." Aveva quindi borbottato il Lupo, allontanandosi.

Nella sua mente, il viso di Shahrazād gli era ancora impresso.

Shahrazād si era svegliata lentamente, le palpebre le sentiva ancora pesanti ma il suo corpo si rifiutava di dormire ancora. Per quanto tempo era stata incosciente?

Aveva inspirato un'ondata dolce di fiori, girandosi di lato, accoccolata tra l'erba. Il suo naso era entrato in contatto con qualcos'altro e per un attimo le era mancato un battito.

Con la mano aveva quindi toccato il braccio dello sconosciuto accanto a lei, scendendo verso la mano. Il palmo era mite e le dita lunghe e callose. Shahrazād aveva infilato la sua mano tra quella dello sconosciuto, riconoscendola subito: la mano di Styrkur.

Durante quei secondi non si era mosso, la ragazza ne aveva quindi dedotto che stesse dormendo.
Fece quindi un qualcosa che di norma non avrebbe mai fatto: gli toccò il viso.

Aveva desiderio di toccarlo, di conoscere le sue fattezze. Fece quindi un piccolo movimento del corpo, sovrastandolo senza appoggiarsi pienamente a lui.

Con la mano aveva preso a toccargli le spalle, larghe più del padre e rilassate, forse a causa del sonno. Con le dita gli aveva accarezzato il collo, non troppo lungo ma sicuramente più largo del suo. Riusciva a sentirne il battito: lento, lentissimo.

La mascella, sotto le sue dita, le parve ben squadrata e le orecchie erano piccole, nascoste da capelli lunghi e morbidi.

Era poi passata al naso: lungo e dritto, era sicura che gli desse un aspetto ancora più austero. Velocemente era arrivata alle guance, inspiegabilmente morbide. Le sue dita corsero quasi da sole verso gli occhi, si impose quindi di fare attenzione mentre ne toccava i contorni.

Erano strani, quasi deformi. A Shahrazād parve proprio la forma di quelli di un serpente.

E, infine, gli toccò le labbra.
Erano leggermente schiuse, di dimensione media e senza screpolature. A Shahrazād piacquero.

Passò un dito sul labbro inferiore, pizzicandoglielo leggermente. Sorrise, sussultando subito dopo.

Styrkur le aveva appena morso il dito.

"Cosa fai, piccola volpe?" Aveva la voce rauca per il sonno, ma i suoi occhi erano scattanti e attenti. Riusciva a leggere nella testolina rossa della ragazza: da quanto è sveglio?

Non le avrebbe mai rivelato che si era ridestato appena Shahrazād gli aveva toccato la mano, non voleva metterla in imbarazzo.

L'aveva osservata mentre lo accarezzava, passando le mani ovunque potesse, curiosa.

"Io stavo cercando di vederti."

"E ciò che hai visto ti è piaciuto?"

Shahrazād era arrossita, lasciando vagare lo sguardo ovunque. "Pare che tu abbia un bel viso."

Styrkur aveva sorriso, il dito di Shahrazād ancora all'angolo delle sue labbra. Gli venne voglia di morderglielo ancora, giusto per vederla saltare in aria.

"Oh tesoro, so benissimo di esser bello, anzi bellissimo! Chiunque mi veda cade ai miei piedi," aveva scherzato lui, mettendosi a sedere.

Shahrazād aveva riso, scuotendo la testa con aria di chi la sa lunga.

"Allora è un bene che io non veda!"

Per la prima volta dopo tempo, Shahrazād si era sentita a casa.

Fatemi sapere cosa ne pensate

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top