CAPITOLO QUARANTATRÈ
Capitolo quarantatré: ti sei fatto trovare
"Indossa l'odore di sangue e morte come fosse un profumo."
Styrkur aveva sentito un leggero pizzico alla mano, segno che Kyà aveva dato inizio al rituale.
Aveva avvertito il respiro di Shahrazād bloccarsi, pronta a pronunciare la formula, e così l'aveva seguita.
"Divide et impero." Nessuno dei due aveva sentito alcun cambiamento, né nell'ambiente né in loro stessi.
Tutto era rimasto uguale, immutato, demoralizzando la ragazza.
"Divide et impero."
Questa volta, aveva notato il semi-gatto, il tono dei due era uscito con più forza e veemenza. Le sue mani, ancora strette alle loro, avevano preso a formicolare.
Così aveva chiuso gli occhi, immaginando una sottile stringa allungarsi sempre di più. Nella sua mente, questa sfavillava di luce rossa, ma non era luce: si trattava di fuoco.
La corda, però, non bruciava affatto.
Più il fuoco si alimentava, prendendo forma e potere, e più la fune si inspessiva.
Gran parte della magia era basata sul potere mentale di una persona, sulla loro capacità di immaginare l'impossibile e di creare qualcosa dal semi-nulla.
Niente poteva infatti esser creato senza l'ausilio di qualcos altro; che fosse un atomo o un tocco di legno non importava.
Kyà aveva annusato l'aria, captando l'odore di noci e frutta. Per quella magia gli sarebbe bastato qualcosa di piccolo da usare come fonte di energia, per questo decise di usufruire dell'aria.
"Divide et impero."
La stringa era stata tirata ancora una volta, tremando per la forza con cui veniva strattonata e allungata.
Simboleggiava il legame che si stava creando e, a quanto pareva, era davvero fragile. Ma c'era.
L'ex gatto aveva sorriso, soddisfatto.
La maggior parte del lavoro, adesso, spettava alla coppia. Lui aveva fatto soltanto da tramite, ora erano loro due a dover usare la loro mente, riportando a galla ricordi e sensazioni.
Styrkur era tornato indietro, dopo la fuga da Città dei Santi, a quando aveva visto la ragazza per la prima volta.
La prima cosa che era venuta a galla erano stati gli odori: l'acqua e l'aroma degli alberi, poi la forma delle foglie e il rumore di quando, camminandovici sopra, erano state spezzate e piegate.
Il viso di lei era così chiaro, nei suoi ricordi, da far male. Non aveva mai creduto nel destino, eppure si erano rincontrati dopo la perdita delle loro memorie.
Magari qualcuno aveva davvero giocato con loro, unendoli indissolubilmente. Non che gli dispiacesse, comunque sia.
Portava i capelli più corti rispetto a ora e il suo viso, aveva ricordato lui con leggero piacere, non era ancora stato deformato dalla noia di vivere.
I suoi occhi scintillavano, inglobando ogni particolare possibile. Styrkur si muoveva nei suoi ricordi e, senza esser visto, le si era accovacciato vicino.
Fissava la Serpe di qualche anno prima con le palpebre talmente tirate da far ridere. Era davvero così sorpresa di vederlo? Beh, dopotutto si era presentato con i vestiti e il viso sporchi di sangue.
Il ricordo era talmente vivido da permettergli di sentire il sapore di Tommaso contro il palato e le sue urla, oh le sue urla gli erano rimaste bloccate nelle orecchie.
Non si vergognava del suo passato, né di aver ucciso. Era un'attività che gli aveva sempre consentito un certo rilascio, ecco, un completo senso di euforia e calma al tempo stesso.
C'era stato un tempo, lui lo ricordava bene, in cui il suo corpo avrebbe sofferto la mancanza di uccidere.
Il rosso era stato il suo colore preferito per anni, poi aveva incontrato Shahrazād e il bianco aveva riempito tutto.
Più osservava il ricordo e più si stupiva di quanto piccoli fossero. Lui stesso era stato un ragazzino scarne, ridotto a pelle e ossa, ma essere il figlio di due dee lo aveva avvantaggiato.
Un po' di fame non l'avrebbe ucciso, ma lo avrebbe fatto con la ragazza.
La memoria era stata scossa e, traballando, era cambiata. Ora si trovavano entrambi nel lago e giocavano a rincorrersi.
L'acqua bloccava i loro movimenti e Shahrazād, che ancora conservava un po' di vista, faceva del suo meglio per sgusciare via.
Lui si era tuffato dopo di lei, indossando dei bermuda neri, mentre lei era rimasta con una sporca canottiera bianca addosso.
Erano poco più di due adolescenti e lo scoprirsi, quindi, non li infastidiva particolarmente.
Styrkur si era avvicinato per osservarli meglio, sedendosi sull'erba e mantenendo una certa distanza.
Si era visto allungarsi in avanti e afferrare la ragazzina per il gomito, esultando con un "ti ho presa!".
Shahrazād aveva ghignato mentre lo spingeva sott'acqua con le mani, facendolo affondare.
Era stata una bambina competitiva, al tempo, totalmente diverse dalla Stanca che sarebbe poi diventata.
Lui stesso, lo notava solo ora, era stato un bambino entusiasta dalla compagnia altrui. Non pensava di aver mai giocato con qualcuno al di fuori di lei e Seth.
Si era visto emergere dall'acqua con i capelli bagnati a coprirgli un occhio mentre l'altro, scintillante e dalla forma animale, si era fissato sul modo in cui le labbra di Shahrazād si piegavano per le risa.
Era bella, lo era sempre stata.
A Città dei Santi, se lo ricordava bene, le bambine avevano sempre delle belle guance rosate e indossavano vestitini adatti a delle bambole.
Le madri spazzolavano loro i capelli e li acconciavano in code alte, morbide, fissate con graziose mollette.
La situazione era totalmente diversa a Città dei Peccatori; le persone so erano abituate alla miseria e i loro corpi, deprivati di cibo, erano deboli e malati.
Styrkur ricordava di averli visto trascinarsi per le strade con indosso vestiti logori.
Nel suo ricordo, anche Shahrazād aveva un aspetto malato. La sua carnagione era quasi grigia e le occhiaie sotto gli occhi le incavavano il viso.
Sembrava un ammasso di ossa.
Si era osservato mentre il sé bambino afferrava la ragazza per i fianchi, sollevandola in aria per poi gettarla in acqua
Aveva sorriso alla vista, rimpiangendo quei momenti di spensieratezza.
Shahrazād era riemersa con il respiro agitato, sorpreso, e gli si era aggrappata alla schiena nel tentativo di farlo cadere ancora.
La canottiere le si era alzata e Styrkur non era riuscito a fermarsi. Non la guardava in maniera maliziosa, no, ma con preoccupazione.
Le ossa del suo bacino sporgevano pericolosamente da sotto la pelle e le costole, forse ancora in maniera peggiore, erano totalmente visibili.
Sembrava non aver nemmeno un accenno di curve, ma forse era troppo presto per quello.
La Serpe si era chiesta come avesse fatto a sopravvivere alla fame per così tanto tempo.
Aveva scosso la testa, sorridendo.
"Ehi, non so nuotare!" Aveva esalato lei, sprofondando sott'acqua. Styrkur aveva visto il sé bambino corrucciarsi mentre, tappandosi il naso, la seguiva per riportarla a galla.
Le aveva strofinato gli occhi con i polpastrelli, preoccupato, e poi le aveva baciato la fronte. Le aveva fatto male? Non era stata premeditata, come cosa.
"Mi dispiace tanto."
La Serpe si era sentita percorrere da un brivido mentre ascoltava la sua voce. Non riusciva a credere che quella fosse davvero la sua voce, sperava che con gli anni fosse cambiata.
Però si era reso conto di quanto legato fosse stato a quella ragazzina, alla Shahrazād del passato, e a come le cose non fossero affatto cambiate.
Incontrarla di nuovo, dopo la perdita di memoria, era stato destino.
Nemmeno la magia di Död li aveva separati e lui ne era grato. Se quel giorno l'avesse uccisa, cosa sarebbe successo?
"Sei proprio scemo," aveva ridacchiato lei, scuotendo la testa e gonfiando le guance, "certo che so nuotare! Ti stavo solo prendendo in giro."
Gli aveva accarezzato i capelli con la mano ancora bagnata, ricevendo un grugno come risposta.
Dopodiché era stata nuovamente gettata in acqua dalla Serpe.
Styrkur, ancora seduto sull'erba, aveva sorriso al ricordo, lasciandosi trasportare da quella inebriante felicità.
Kyá, invece, aveva preso a osservare i due amanti con sguardo attento. Dall'espressione dell'uomo sembrava che stesse andando tutto liscio.
Aveva i tratti rilassati e le labbra tirate in un sorriso che comunicava malinconia. Si era chiesto cosa stesse ricordando di così piacevole.
Il semi-gatto aveva quindi roteato gli occhi, sentendo le mani iniziare a sudargli.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era a quanto il contatto umano gli facesse schifo.
Per distrarsi era tornato a guardare Shahrazād, sentendo la mascella contrarglisi.
Stava piangendo.
Istintivamente le aveva accarezzato il dorso della mano, confuso. Avrebbe dovuto riportare a galla solo i ricordi positivi, quindi perché sembrava così triste?
Possibile che la sua mente la stesse ingannando? Magari stava rivivendo eventi tragici. Se così fosse stato, la magia non avrebbe funzionato.
Ma Shahrazād non stava pensando a nulla di traumatico, anzi era concentrata su un ricordo piuttosto caloroso.
Era acceduta a uno dei giorni in cui, da bambina, si ritrovava con Styrkur per giocare. A quei tempi possedeva ancora un minimo di vista e vedersi, vederlo, sembrava provocarle troppe emozioni.
Non riusciva a concentrarsi su di lui perché troppo impegnata a squadrarsi.
Quel giorno era stata sgridata da sua madre.
Non voleva concederle il permesso di uscire e lei, imperterrita, le si era aggrappata alla veste per pregarla di farla andare al ruscello.
"Maledetta ragazzina," aveva borbottato la donna, pestando il piede a terra, "se esci, ti avverto, non cenerai."
Al tempo le era sembrato un accordo ragionevole e così era uscita, correndo il più velocemente possibile verso la radura.
Shahrazād si era vista inciampare e annaspare, durante la corsa, perché troppo piccola e senza forze. Era stato un miracolo vivere.
C'era stato un periodo in cui morire era tutto ciò che avrebbe voluto fare, eppure adesso non si sentiva affatto così.
Con passo veloce aveva raggiunto la bambina dei suoi ricordi, entrando quindi a contatto con uno Styrkur poco cresciuto.
Le sue labbra si erano schiuse nel vederlo e, senza pensarci, si era inginocchiata davanti a lui.
Non poteva vederla, dopotutto era solo un ricordo, ma lei poteva osservare lui.
Che begli occhi, non riusciva a pensare ad altro. Se solo fosse stata in grado di vederli di nuovo, questa volta dal vivo, si sarebbe sentita infinitamente gioiosa.
Ma era impossibile e la colpa era di Död.
Aveva analizzato il ricordo e i due bambini che, spensierati, giocavano a rincorrersi. Solo ora realizzava quanto Styrkur si fosse trattenuto, con lei, durante le loro sessioni di gioco.
Shahrazād aveva sorriso nel capire che la stava lasciando vincere, che l'aveva sempre lasciata vincere.
La gola le si era seccata mentre una strana sensazione di torpore e fastidio le annegava lo stomaco.
Era gelosa del ricordo, della bambina, di sé stessa.
Voleva tornare a quelle giornate di sole, di gioco, e poter essere in grado di vederlo di nuovo.
Voleva che la sua malattia svanisse, che qualcuno le concedesse di tornare indietro nel tempo.
Più guardava la Shahrazād bambina e più la odiava.
Avrebbe dovuto guardarlo di più, imprimersi nella testa il ricordo del viso di Styrkur e far con lui tutto ciò che adesso non avrebbe più potuto fare.
Perché non poteva vederlo?
Era tutto ciò che bramava: vedere.
Il ricordo era svanito e al suo posto era arrivato il buio. Era circondata, totalmente coperta da uno spesso lenzuolo scuro, e non sentiva altro che il suono dei suoi singhiozzi.
Stava ricordando qualcosa, ma cosa?
"Non ti vedo, non ti vedo!" Aveva annaspato il suo ricordo. Le sue mani avevano toccato le spalle di qualcuno mentre un urlo rauco le raschiava la
gola.
"Accendi la luce, per favore, Styrkur, accendi la luce!"
Quello era stato il giorno in cui aveva perso tutto.
Non si era mai chiesta, da bambina, quando avrebbe cessato di vedere.
Ricordava di aver semplicemente aperto le palpebre e di aver incontrato una miriade di ombre. Il Sole,
quel giorno, aveva chiuso gli occhi e l'aveva lasciata al buio.
La prima persona a cui l'aveva comunicato era stata Styrkur. Lui l'avrebbe consolata, sapeva che l'avrebbe fatto, ma non sarebbe stato in grado di guarirla.
Nessuno poteva farlo, ma almeno avrebbe avuto qualcuno con lei.
Shahrazād non sapeva quale fosse stata l'espressione di lui, né se avesse mostrato il suo stupore.
Rammentava la sensazione delle sue mani contro le guance, le piccole carezze sugli zigomi e i baci che le aveva dato sulle palpebre.
Ogni contatto con la pelle di lui le faceva vedere piccolissimi puntini colorati.
Le aveva afferrato le mani e se le era portate contro gli occhi, coprendoseli.
"Adesso sono al buio anche io."
Non poteva vederlo, non avrebbe potuto farlo mai più, ma lo sentiva.
Avvertiva ogni più piccola parte di lui contro il suo essere e le scivola con oh, così tanta lentezza addosso da metterle i brividi.
Era lì, con o senza luce, lui c'era e sperava sarebbe rimasto.
Il buio del ricordo era cambiato, rimpiazzato da un'oscurità più calda.
Le stava insegnando a riconoscere la via di ritorno e a distinguere il suo passo da quello degli altri.
Doveva concentrarsi bene sul suo udito e isolare tutti gli altri sensi. I rumori erano molti, tutti diversi, e tra di essi era difficile individuare quello dei suoi passi.
"Buh!"
Non l'aveva sentito arrivato e, proprio come un coniglio, era saltata in aria.
Com'era possibile? Era certa di essersi concentrata abbastanza. Le dita di Styrkur avevano tracciato il profilo imbronciato delle sue labbra, facendole capire che la vedeva.
Quindi le aveva afferrato le mani, sedendosi davanti a lei e facendole notare la sua posizione.
La Shahrazād del ricordo aveva allungato le braccia in avanti per appigliarsi alle sue spalle, ma aveva mancato il bersaglio e s'era quindi ritrovata con la schiena piegata troppo in avanti.
Lui non l'avrebbe aiutata, non a gesti.
"Segui la mia voce," le borbottava lui.
E lei, obbediente, si metteva a quattro zampe per gattonare verso il suono. Ogni qualvolta gli si avvicinava, lui si spostava.
Non riusciva a raggiungerlo, dannazione!
"Annusa l'aria, ti ricordi il mio profumo?"
Shahrazād aveva scosso la testa, travolta dall'imbarazzo. Era mortificata e si sentiva in ansia; cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a raggiungerlo?
L'avrebbe lasciata lì? No, non poteva farlo. Erano amici, no?
Più tempo passava, però, e più Styrkur arretrava.
"Tocca il terreno, riesci a sentire le orme delle mie scarpe?"
Tentava di insegnarle ad orientarsi ma era difficile, sopratutto per una ragazzina abituata a rinchiudersi in casa.
Il respiro le si era fatto più veloce e forzato mentre tastava la terra, smaniosa di trovare qualcosa.
Era agitata al solo pensiero di sentirlo andar via. Se l'avesse fatto, poi, non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Quello era ciò che più la intristiva.
Shahrazād aveva ricordato la tremenda sensazione di impotenza scuoterle il corpo. Aveva pianto, pregandolo di avvicinarsi a lei, ma lui non le aveva dato retta.
Adesso sapeva che l'aveva fatto per lei e non per cattiveria, ma al tempo ne era rimasta ferita.
Se non si fosse data una mossa, lui sarebbe sparito.
Così si era calmata, seppur di poco, e aveva preso un bel respiro. L'odore dell'acqua e degli alberi primeggiavano sugli altri, ma di sottofondo c'era qualcos altro.
Le sue dita erano scivolate su un'infossatura del terreno: era certa che fosse un'impronta.
Ricordava di aver trattenuto il respiro per la gioia.
Aveva trovato qualcosa, finalmente!
Quindi si era allungata in avanti, avanzando di un solo passo. L'odore debole di Styrkur le aveva sfiorato il naso, facendole muovere la testa verso destra.
Aveva protesi una mano verso quella direzione, avvertendo una nuova impronta.
Era sulla giusta via.
Un passo dopo l'altro, senza mai fermarsi, mentre l'odore della Serpe si inspessiva.
Le stava riempiendo i polmoni, rilassandola. Non sentiva più i suoi passi, questo voleva dire che si era fermato.
La stava aspettando.
Senza pensare aveva velocizzato la sua andatura, tastando e annusando quanto più possibile.
Voleva esser veloce e raggiungerlo il prima possibile, dimostrargli che ce l'aveva fatta e che ricordava ogni piccolo particolare di lui.
Non le servivano gli occhi, l'avrebbe trovato anche senza!
Shahrazād si era distratta e, senza notarlo, era finita con l'inciampare su una radice. Aveva sbattuto il mento e le ginocchia contro il terreno, avvertendo un dolore acuto propagarsi dal viso fino alle gambe.
Un secondo dopo c'era stato un cambio d'aria, non avrebbe saputo spiegarselo, e velocemente era tornata a gattoni.
"No!" Aveva urlato al nulla, "posso farcela, capito? Non ti muovere, va bene?"
L'aria si era nuovamente mossa, accompagnata dal suono di una risatina sommessa.
Nonostante le facesse male la mandibola, non si era fermata. Stava andando bene, no? Poteva resistere per qualche altro minuto.
Aveva quindi deglutito, strusciando le ginocchia a terra per continuare a muoversi. Le gambe le dolevano ed era sicura di essersi procurata qualche ferita.
Suo padre l'avrebbe medicata, quindi andava tutto bene.
Allungando una mano in avanti aveva notato la mancanza di orme. Quindi si era girata sia a destra che a sinistra, senza trovare nulla.
Le tracce di Styrkur erano completamente sparite; com'era possibile? Aveva aggrottato le sopracciglia mentre si sedeva sui talloni, confusa.
Shahrazād aveva quindi tentato l'ultima tattica: si era allungata in avanti, per la seconda volta, chiudendo gli occhi.
Era pronta a cadere e a scontrarsi nuovamente con il terreno; nonostante questo, però, non ci fu alcuna caduta.
Ricordava di aver avvertito la stoffa grezza della maglia di lui contro le mani, il respiro lento della Serpe che le solleticava il viso e il suo odore che le sommergeva le narici.
Lo aveva trovato, finalmente l'aveva trovato.
Si era ritrovata a piangere e a singhiozzare mentre lui se la tirava in braccio, avvolgendole la vita con le braccia.
"Sei stata così brava," le aveva accarezzato i capelli lunghi e annodati, riempiendola di complimenti, "la mia piccola volpe è stata così brava."
Shahrazād aveva pianto assieme alla sé del ricordo, toccata da quelle parole. Nessuno l'aveva mai gratificata e lodata a quel modo.
"Ti ho trovato." Aveva singhiozzato ancora, appigliandosi alla sua figura con le mani ricoperte di terra.
Aveva realizzato solo adesso, ormai adulta e in pieno possesso dei suoi ricordi, che era stato lui a farsi trovare.
A T T E N Z I O N E
Sono imperdonabile per il ritardo ENORME e per la quantità di tempo che ci ho messo a scrivere questo capitolo. Proverò ad organizzarmi meglio!
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