CAPITOLO QUARANTA
Capitolo Quaranta: spiegazioni
"I demoni nutriti a dovere si comportano meglio dei santi affamati."
- d.l. smith
"No, non così. Devi tagliare la bacca, non smembrarla!"
Kyá le aveva afferrato il polso, facendo scorrere le dita lunghe e affusolate sulle sue. Le avrebbe mostrato il movimento giusto e poi si sarebbe fatto da parte.
Non aveva intenzione di farle da protesi, certo che no! Shahrazād doveva essere in grado di farlo da sola senza appoggiarsi troppo agli altri.
Era stata abituata, a Città dei Peccatori, a muoversi e vivere da sola ma quello che stavano facendo ora era completamente diverso.
Non era una strega e, di conseguenza, non sarebbe mai stata in grado di fare incantesimi ma Vårdande le aveva lasciato in eredità le pozioni.
Circa mille anni prima, gli umani avevano imparato i piccoli segreti della magia. Da quel punto in poi il mondo era caduto in rovina.
Bisognava lasciare l'umanità agli esseri umani e la magia agli essere sovrannaturali.
Era l'ordine delle cose e andava rispettato.
"Mostrami come."
La ragazza si era sorpresa delle sue stesse parole. Fino a qualche giorno fa se ne sarebbe infischiata, la noia di vivere avrebbe preso il sopravvento e lei si sarebbe isolata.
Ora, padrona di nuove emozioni, sembrava voler conoscere sempre più nozioni.
Kyá aveva roteato gli occhi mentre manovrava la mano di lei, aiutandola a tagliare la bacca in una metà precisa.
Perfetto, aveva fatto un lavoro perfetto!
Vårdande sarebbe stata orgogliosa di lui, ne era certo.
"Ne devi tagliare altre sette. Tagliare, ripeto, non ucciderle. Stare con Styrkur ti ha influenzata troppo, com'è che la chiamavano gli umani? Deformazione professionale, ecco."
Il semi-gatto aveva ripensato a tutte le volte in cui la cartomante gli aveva rivelato di quanto non le mancassero affatto gli umani degli scorsi millenni.
Lavoravano troppo o troppo poco, non avevano fede in nulla se non nel denaro ed erano crudeli.
A Kyá sarebbe piaciuto vederli.
"Sono sempre stata in grado di uccidere."
"Non lo siamo tutti?"
Shahrazād aveva sorriso, convinta che Kyá avesse ricambiato. Certo, tutti erano capaci di omicidio ma lei, oh lei era stata addirittura addestrata.
Si era chiesta se prima o poi avrebbe dovuto usare la formula che gli altri Stanchi le avevano tramandato. A chi poteva rivelarla, poi?
Sover le aveva detto chiaramente che andava trasmessa a qualcuno, altrimenti sarebbe morto.
La prima persona a cui aveva pensato era stata, ovviamente, Styrkur.
Non credeva di poterselo permettere. Era conscia del fatto che la Serpe avesse ucciso centinaia e centinaia di persone; chissà cosa avrebbe potuto fare con una formula di tale portata.
Nonostante si fidasse di lui, sapeva di dover scegliere qualcuno di adeguato. Dopo che lei e Styrkur avevano saputo della cancellazione dei loro ricordi, a causa di Död, si erano allontanati dalle figure divine.
La Serpe sembrava provare, infatti, un certo rancore verso la madre. Dopotutto lo aveva allontanato dalla ragazza che adorava, maledicendo lei e tutta la sua generazione con una terribile malattia.
Per colpa sua, Shahrazād non avrebbe mai visto il suo volto. Era curiosa di sapere che sfumatura avessero i suoi occhi, la forma della sua lingua biforcuta e che espressioni le rivolgeva.
"Credi che potrei tramandare la formula di Sover a te?" Aveva mormorato la rossa mentre divideva una bacca.
Kyá aveva sorriso nell'osservare le due metà quasi perfette del frutto. La ragazza imparava in fretta.
Si era quindi agitato quando era arrivata la domanda di lei.
"Sei forse impazzita?"
Sarebbe stata una responsabilità troppo grande da accettare ma, dall'altro lato, si sentiva lusingato.
Voleva affidargli un compito tanto importante perché lo riteneva all'altezza o, semplicemente, perché si fidava di lui.
Oltre a Vårdande, nessuno lo aveva mai fatto.
Shahrazād aveva scosso la testa, combattuta dalla sua stessa decisione. L'odore fresco dell'erba, però, sembrava averla parzialmente calmata.
Erano questi i momenti in cui si chiedeva dove fosse Wëskø. Non lo vedeva da giorni, forse settimane, e ancora non aveva piantato fiori nuovi.
Le mancavano quei momenti di serenità, le chiacchierate leggere e il modo delicato che il Lupo aveva di parlare.
"Saresti cosciente del fatto che non va usata, e poi sei intelligente e giudizioso."
Si era forzata nel pronunciare l'ultimo aggettivo, non pienamente convinta. Certo, Kyá era occasionalmente geniale ma il suo carattere avrebbe potuto metterlo nei guai.
Forse non sarebbe mai riuscita a trovare la persona ideale a cui affidare un compito simile, ma doveva provarci.
Se non avesse avuto successo, Sover sarebbe morto.
"No, non se ne parla proprio. Hai idea di quanta paura mi faccia il dolore? Con uno schiaffo spiffererei tutto, pensa se dovessero minacciarmi di tortura! Il tuo segreto non sarebbe al sicuro, con me."
Shahrazād aveva stretto le labbra in una linea sottile mentre annuiva, tastando le parti tagliate delle sue bacche.
Apprezzava la sincerità di Kyá ma se ne sentiva anche frustrata. Se non lui, allora chi?
"Non pensarci troppo, hai tutto il tempo del mondo per decidere." Le aveva toccato la spalla con il palmo della mano, accennando un sorriso che, poverina, non poteva vedere.
Il fatto era che non aveva tutto il tempo del mondo.
Qualcosa sarebbe potuto andare male e cosa avrebbe fatto, allora, a quel punto?
Si sarebbe dovuta recare a Città dei Santi nel giro di qualche giorno e, nonostante avesse promesso il contrario a Styrkur, non era certa che sarebbe andato tutto bene.
Non aveva paura, quell'emozione sembrava mancarle, ma era ansiosa. Non voleva finire come Seth, il solo pensiero la tormentava.
Aveva quindi sospirato, allungando le mani piene di bacche verso Kyá.
"Bene, ora dobbiamo cospargerle di limone e sale. Lasceremo il barattolo sotto al solo e, tra due giorni, tu e Styrkur sarete pronti a creare il link."
Questo comportava una scadenza.
Due giorni, aveva ancora qualche ora da passare in quel posto prima di partire.
Si era chiesta come avrebbero reagito i suoi genitori nel vederla viva, davanti ai loro occhi. Era certa che suo padre, il più sentimentale, l'avrebbe abbracciata.
Sua madre, invece, avrebbe grugnito come si fa quando un problema si ripresenta. Una parte di lei pensava che fosse felice di non averla più intorno.
Aveva ascoltato i movimenti di Kyá, annusando l'odore di limone mentre il semi-gatto portava un dito davanti al suo naso.
"Cerca di ricordarne l'odore, potrebbe tornarti utile."
Aveva omesso la parte in cui implicava che, un giorno, lui non ci sarebbe stato. Forse avrebbe continuato ad affiancarla o, magari, avrebbe raggiunto Vårdande nel sonno eterno.
Shahrazād aveva fatto come le era stato detto mentre arricciava il naso, colpita dall'odore pungente.
"Non fare quella faccia, io ne vado ghiotto."
"Disgustoso." Aveva ridacchiato lei, ripensando ai tempi in cui viveva da sola. C'erano stati giorni in cui non aveva mangiato affatto e altri in cui le pietanze erano scadenti.
Il cibo non era quindi mai stato un problema: era abituata a mangiare di tutto.
L'odore di limone era, comunque sia, stato velocemente rimpiazzato da quello fresco della menta. Le sue spalle si erano rilassate e i suoi occhi, reagendo da soli, si erano chiusi.
"Non pensavo ti saresti data alla magia." Si era sentita dire lei.
La voce proveniva da dietro le sue spalle, vicino l'orecchio riusciva ad avvertire il soffio gelido di un respiro.
Cosa ci faceva lì Wëskø?
"Non conosci la differenza tra magia e pozioni? Sei stato educato da un cane, forse? Vårdande ha fatto un ottimo lavoro, con me, non capisco cosa sia andato storto con voi ragazzi."
Aveva borbottato Kyá con voce infastidita.
Era stato interrotto, di nuovo.
Le spalle di Shahrazād erano state scosse da una risatina, cogliendo di sorpresa Wëskø.
Il poveretto non sapeva nulla del suo incredibile cambiamento e vederla ridere era, quindi, uno spettacolo decisamente bizzarro.
Non che gli desse fastidio, sia chiaro.
"Perché non vai a rincorrere qualche topolino?"
"Un tempo ti avrebbero castrato, meticcio maledetto. Ma cosa te ne parlo a fare! Non sai nemmeno cosa sia una castrazione.
Shahrazād, vuoi che ti lasci sola?"
Si era stiracchiato per bene, allungando sia le gambe che le braccia mentre avvertiva la stanchezza percorrergli la spina dorsale.
Aveva passato la notte a studiare quella dannatissima pozione solo per fare bella figura. Voleva sembrare professionale, acculturato ed esperto.
Sembrava esserci riuscito, o almeno lo sperava.
In qualsiasi caso non si fidava dei Quattro, non era quindi felice di lasciare la ragazza con uno di loro.
Aveva silenziosamente osservato il modo in cui gli occhi di Wëskø avevano indugiato sulla curva delle labbra di Shahrazād, rimanendone confuso.
Oh, adesso sapeva con cosa avrebbe infastidito Styrkur!
"Si, grazie. Riprenderemo domani?" La testa rossa della ragazza si era inclinata di lato, scoprendole il collo leggermente abbronzato.
Kyá era certo di aver visto il Lupo indugiare di nuovo.
"Questa la finirò io, non preoccuparti, ma domani non voglio interruzioni. So preparare delle ottime pozioni velenose, tienilo ben a mente."
L'ultima frase l'aveva pronunciata con lo sguardo fisso in quello di Wëskø.
"Ti credo, gattino."
Il semi-gatto si era dovuto mordere la lingua per trattenere la risposta, alzandosi quindi da terra.
Con la mano sinistra aveva scompigliato la coda di Shahrazād, facendole capire dove fosse senza renderlo troppo ovvio.
Lei, in risposto, aveva spinto la testa contro il palmo di lui per poi rivolgergli un piccolo sorriso.
"A domani, Kyá."
Non aveva ricevuto risposta, solo un grugnito appena udibile e poi il nulla. L'aria attorno a lei si era spostata nuovamente, indicandole il movimento di Wëskø.
Si era seduto, ma dove?
Con le mani aveva cercato di trovarlo, sporgendosi leggermente in avanti quando non c'era riuscita.
Il Lupo aveva trattenuto le risa per non darle indizi, osservandola attentamente. Era divertente e al contempo carino il modo in cui lo stava cercando, l'avrebbe quindi lasciata fare.
Quando le mani di Shahrazād gli avevano sfiorato la caviglia, aveva trattenuto un respiro per poi farsi serio in viso.
Lei, invece, aveva sorriso con aria vittoriosa.
Sapeva dove si trovava e così si era allungata un'ultima volta, toccandogli le guance con i palmi delle mani.
"Ho vinto."
Wëskø aveva mosso anche lui le mani, pronto a cingerle i polsi, quando lei aveva ritirato le sue.
Aveva mandato giù un groppo amaro, limitandosi quindi a guardarla. Cosa le era preso?
"Sembri diversa," le aveva pizzicato il naso con espressione annoiata, spaventato dal pensiero che, in qualche modo, avrebbe potuto vederlo.
Sapeva che non era possibile, dopotutto Shahrazād era cieca, ma i suoi occhi gli sembravano così vivi.
"Sono successe tante cose, negli ultimi giorni." Aveva mormorato lei mentre alzava il viso verso il sole, beandosi del suo calore.
"Vuoi parlarmene?" Era curioso di sapere cosa fosse accaduto di tanto strano da farle cambiare atteggiamento.
Dall'espressione di lei aveva però capito che fosse combattuta su cosa dirgli. Era forse qualcosa di segreto? E se si, poteva condividerlo con lui?
Styrkur non era nei paraggi, Terseo gli aveva detto che era a un incontro con Prätda, aveva quindi un po' di tempo per dedicarsi a lei.
Nell'ultimo periodo era stato sommerso dal lavoro e il giardino, così come Shahrazād, era divenuto inaccessibile.
Non aveva il coraggio di andare a vedere i suoi preziosissimi fiori: temeva fossero appassiti.
"Si, vorrei, ma non dovrei."
Pensava che prima o poi sarebbe stato Styrkur ad informare i fratelli di ciò che era successo, ma non ne era certa.
Quel giorno aveva chiesto di vedere Prätda per spiegargli finalmente tutto, ma cosa ne sarebbe stato di Terseo e Wëskø?
Razionalmente parlando sapeva di non aver nessun diritto di parlargliene, non era compito suo, ma del Lupo si fidava.
"Manterrò il tuo segreto, non hai di che preoccuparti." Con il piede le aveva assestato un colpetto alla caviglia, giocando per rendere la situazione meno pesante.
"E, anzi, visto che tu condividerai qualcosa con me, mi sembra giusto fare lo stesso."
Shahrazād aveva aggrottato le sopracciglia, confusa, mentre attendeva la mossa di lui. Cosa voleva condividere, con lei?
Il Lupo si era quindi raggomitolato a terra, spostandosi di almeno due metri dalla ragazza, per poi chiudere gli occhi.
Era da un po' di tempo che non provava a trasformarsi, forse l'ultima volta era stato da bambino, e sapeva che avrebbe fatto male.
"Hai mai visto un lupo?"
"No, mai."
E aveva capito. Non aveva fatto in tempo a realizzare le intenzioni di Wëskø che già sorrideva, eccitata all'idea.
Così il Lupo si era chinato ancora di più verso il terreno, spingendo la testa contro le mani come stesse pregando.
Aveva sentito pressione sulla schiena e sull'addome, come schiacciato da ambedue le parti, per poi avvertire uno strano fastidio alla testa.
Gli occhi si erano aperti di scatto, fissandosi su un albero poco più avanti. Ricordava ancora il consiglio di Vårdande: concentrarsi su qualcosa, qualsiasi cosa, così da evitare l'accumulo di dolore.
Si era leccato le labbra mentre avvertiva dei forti spasmi scuotergli il corpo, spostando lo sguardo sul viso impaziente della ragazza.
Quest'ultima aveva gli occhi fissi sul terreno vicino a lui: probabilmente pensava si trovasse lì.
Quasi senza pensarci si era mosso in quella direzione, facendo scontrare in maniere forzata i loro occhi.
Ecco, ora gli sembrava che lo stesso guardando.
Senza mai spostarsi aveva resistito al fastidio, sentendo il viso cambiare forma e gli artigli perforare il terreno.
Non si era reso conto di essersi totalmente trasformato, troppo concentrato su di lei per avvertire il dolore del mutamento.
Era incredibile come il processo fosse stato indolore.
Con il corpo di un lupo si era mosso agilmente, arrivando fino ai piedi di lei.
Il suo muso si era scontrato con il collo di lei, facendole venire i brividi.
Senza trattenersi aveva quindi mosso velocemente le mani, accarezzando la pelliccia soffice. Con i pollici gli aveva strofinato la porzione di pelle che si trovava dietro l'orecchio, guadagnandosi un verso di compiacimento da parte della bestia.
Le aveva ricordato Kyá, in un certo senso.
"Sembri esser bellissimo," aveva mormorato Shahrazād, facendo scivolare le mani fino alla coda di Wëskø.
Era un'animale possente, riusciva a sentirlo contro le mani.
Il Lupo aveva risposto con un verso strozzato della gola, spostandosi per poggiare la testa sul grembo della giovane.
Sembrava quasi un cane: tutto accucciato sulla propria padrona mentre agitava la coda, chiedendo ulteriori carezze.
Lei aveva ubbidito, strofinandogli il collo e la pancia con la mano destra mentre con la sinistra giocava con le sue orecchie.
Aveva quindi preso un bel respiro, iniziando a raccontare.
**
Styrkur sedeva dinnanzi al fratello, Prätda, mentre pensava a cosa dirgli.
Come avrebbe mai potuto iniziare un discorso con una persona che aveva tutta l'aria d'essere a pezzi? Più la Serpe lo osservava e più gli pareva esser svuotato.
Era dimagrito molto, durante le ultime settimane, e ora il suo viso scarno faceva risaltare ancora di più i piccoli occhi sporgenti. Styrkur era sicuro fosse passato molto tempo dall'ultima volta in cui era riuscito a dormire decentemente.
Si era chiesto se sognasse Cassidea, la notte. Se rivedesse il suo corpo mutilato ogni qualvolta sbatteva le palpebre; era certo che quella sarebbe stata la sua reazione se al posto di Cassidea vi fosse stata Shahrazād.
"Cosa ti porta qui, fratello?" Le parole del maggiore erano uscite in un sussurro intriso di sofferenza e stanchezza; Styrkur avrebbe quasi potuto toccare quei sentimenti così dannosi.
La consapevolezza di non poter far nulla per il fratello, però, aveva iniziato a divorarlo.
"Ho bisogno di parlarti e mi serve che tu mi dica che ascolterai prima di prender qualsiasi decisione."
Si era sporto in avanti per guardarlo meglio, per assicurarsi che lo capisse e lo riconoscesse. In lui aveva visto, per la prima volta dopo giorni e giorni, un bagliore di curiosità illuminargli gli occhi.
Quel luccichio, però, se ne era andato velocemente. Conosceva Prätda e sapeva quale creatura bramosa di sapere fosse, ma ora non pensava fosse così. La morte di Cassidea lo aveva deprivato di tutto, portandosi via persino i suoi sentimenti.
Il Falco si era leccato le labbra, piegandosi verso lo schienale della sua poltrona. Aveva dovuto concentrarsi per permettere alle parole di Styrkur di fissarsi nella sua mente. Nell'ultimo periodo, infatti, era estremamente difficile che riuscisse a prestare attenzione a ciò che lo circondava.
"Ti ascolto."
A T T E N Z I O N E
Ci stiamo pian piano avvicinando alla fine!
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