CAPITOLO OTTO
Capitolo Otto: L'Arte della conversazione
"Era una persona con cui si poteva parlare. Forse non si desiderava tanto essere amati quanto essere capiti. In un certo senso avevano raggiunto qualcosa di più profondo dell'amicizia: l'intimità."- George Orwell, 1984
Shahrazād non aveva mai parlato così tanto in vita sua, o per mancanza di volontà o per mancata opportunità. Era stato però più interessante ascoltare i racconti delle due donne piuttosto che raccontare la sua storia.
Non che avesse granché da raccontare, dopotutto la sua vita era stata una specie di tela bianca, vuota e incompleta che non aveva mai riempito.
Non aveva fatto molto nella sua vita e quindi gli unici argomenti di conversazione erano le sue abitudini, la sua religione e l'amministrazione di Città dei Peccatori.
Aveva comunque sia appreso che Cassidea veniva da Città dei Libri, rinomata per la non violenza e la cultura dei suoi abitanti.
Cassidea era andata via di casa quando aveva diciotto anni, decidendo di visitare tutte le altre città. Aveva quindi incontrato Prätda durante uno degli attacchi ed era stata scelta.
Matilde veniva invece dalle montagne, faceva parte di una numerosa famiglia che si era dedicata all'allevamento. Alloggiava in un paesino, denominato Paese delle Tre Cime, nel quale abitavano poche fidate persone.
Il primo incontro con Terseo era stato rude, si erano infatti scontrati durante una battuta di caccia: entrambi puntavano alla stessa preda.
Paese delle Tre Cime non era obbiettivo dei Quattro in quanto era troppo piccolo, la popolazione si aggirava tra i cento e i centocinquanta abitanti. Comunque sia, Terseo le aveva ceduto la preda, andandola a trovare per i successivi due mesi.
Solo dopo era stata presa come Scelta.
Shahrazād aveva ascoltato con vivo interesse, senza interromperle nemmeno una volta.
"E tu invece, cosa ci raccontanti?" Cassidea aveva sorriso, prendo un sorso di tisane dalla sua tazza.
Shahrazād si era passata una mano tra i capelli, dondolando le gambe.
"Sono nata e cresciuta a Città dei Peccatori," l'aveva detto con naturalezza, poggiando la guancia contro il palmo della mano. Matilde si era paralizzata, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Cassidea era stata invece più discreta, prendendosi qualche secondo per metabolizzare la cosa.
Shahrazād si era trovata a dover nascondere il suo sorriso, piuttosto divertita. Era cieca, mica stupida. Aveva intuito subito il cambio di atmosfera nella stanza, così come il respiro velocizzato di Matilde.
Sapeva benissimo della fame di Città dei Peccatori, era considerata una delle peggiori parti in cui passare, con gli abitanti più infami di tutte e quattro le Terre.
Non era quindi sorpresa nel notare il disagio nelle due donne vicino a lei. Sarebbe stata anche lei in imbarazzo a parlare con una peccatrice vera e propria, o peggio: una peccatrice orgogliosa di peccare.
"Oh, dici davvero? E come funziona, li? Sono curiosa." Cassidea si era messa comoda, gli occhi pieni di emozione e sincera curiosità.
Non riusciva ad impedirsi di provare interesse verso qualsiasi cosa, Prätda si era innamorato proprio di questo.
Shahrazād aveva sorriso, stendendo le gambe e allargando leggermente gli occhi, senza nemmeno accorgersene.
Styrkur l'aveva guardata dall'angolo della stanza, dal quale non si era mai mosso, con espressione stupita.
Ora vi starete chiedendo: perchè? Semplicemente perchè non aveva mai visto espressione più tagliente di quella di Shahrazād.
Pareva quasi il peccato in persone, con quel viso così calcolatore e quegli occhi talmente colmi di niente da sembrare pieni.
Matilde aveva provato a sua volta un brivido partirle dalla schiena sino all'attaccatura dei capelli. Più guardava la donna dai capelli rossi e più si sentiva in soggezione, forse persino spaventata.
Shahrazād aveva sorriso, il capo ancora inclinato mentre con la mano libera tamburellava annoiata sul tavolo.
Cassidea si era chiesta se quell'espressione così meschina e calcolatrice facesse parte del repertorio di ogni abitante di Città dei Peccatori.
Styrkur l'avrebbe paragonata ad una perfetta Regina degli Inferi.
"Città dei Peccatori non è grande come tutti pensano, ci sono le sette strutture sacre dedicate ai peccati e delle case appena fuori città.
Non penso ci sia un determinato tipo di governo, ognuno fa il suo. In ogni struttura vi sono due rappresentanti che hanno il compito di istruire i novizi e di partecipare alle riunioni.
A dieci anni ci si reca in Piazza e, tramite un test, ti smistano in una delle sette strutture."
Cassidea aveva interrotto morbidamente Shahrazād, toccandole un braccio. "In cosa consiste il test?"
La stanza era calata in uno stato teatrale di silenzio, tutti gli occhi erano sulla faccia placida di Shahrazād.
Quest'ultima aveva chiusi gli occhi per qualche secondo, le immagini del test erano ancora vivide nella sua mente. Avrebbe dato tutto ciò che possedeva per non ricordarle.
Pareva quasi che la vita si fosse presa gioco di lei, lasciandole la vista per mostrarle cose atroci e togliendogliela nei momenti di grande esigenza.
"Durante il test si viene portati in una stanza isolata, e ti parano di fronte un uomo o una donna, dipende da chi è stato catturato. Comunque sia, la persona che ti capita davanti è sicuramente un ostaggio catturato mentre tentava di fare un qualsiasi danno alla città. Se ne catturano tanti, in effetti.
L'obbiettivo del test è, appunto, lasciare che tu metta in atto uno dei sette peccati. A questi ostaggi vengono messi dei gioielli addosso, gli si da un'arma e una borsa colma di cibo.
I peccatori di superbia sminuiranno l'ostaggio, proprio perchè convinti d'essere superiori a loro nonostante l'ostaggio abbia addosso beni di valore.
Gli Invidiosi guarderanno con gelosia quello che possiede, per modo di dire, l'ostaggio, e tenteranno quindi di rapinarlo.
Spesso gli ostaggi vengono scelti, non tutti gli ostaggi sono infatti degni di aiutare con il test, quindi solitamente vengono scelti i più belli. Perchè? Così da stanare i Lussuriosi.
Quesi, infatti, non avranno nessun interessa agli oggetti che tiene l'ostaggio. Ma il test viene svolto a dieci anni, quindi non ci si aspetta da un bambino di provare attrazione carnale verso l'ostaggio.
I Lussuriosi potrebbero infatti fare complimenti all'ostaggio per il fisico, i tratti somatici e caratteristici.
I peccatori di Gola sono i più facili da trovare, perchè ovviamente punteranno alla borsa ricolma di cibo.
Poi ci sono gli Irosi. Ecco, con loro è più difficile perchè anche se minima devono avere una ragione per arrabbiarsi.
Per questo gli ostaggi saranno obbligati ad istigarli, a dargli epiteti o a sminuirli sino al punto in cui il peccatore d'ira scatterà.
Mh, poi chi c'è? Ah si, gli Avari! Anche loro sono difficili da trovare. Per questo ad ogni ostaggio si da un oggetto personale dei ragazzi che si testano. Gli Avari sono incredibilmente attaccati ai loro averi, quindi noteranno subito che l'ostaggio ha qualcosa di loro."
Shahrazād si era passata una mano sul volto, stanca dal lungo discorso. Cassidea e Matilde erano sconvolte, pallide come mai prima.
Avevano appena appreso che per condurre i loro malati test prendevano in ostaggio le persone che entravano furtivamente nella Città.
"Non hai però detto nulla riguardo all'Accidia, al tuo peccato. A quale test sei stata sottoposta, Shahrazād?" Era stata Matilde ad intervenire, sotto lo sguardo turbato di Styrkur.
Shahrazād aveva preso un bel respiro, lasciandosi sommergere dai ricordi. Si era quindi esibita in una risatina isterica, sospirando pesantemente.
"Oh, il mio test fu...curioso, ecco. I peccatori d'Accidia vengono chiamati Stanchi proprio per la mancanza di volontà nel condurre ogni azione, o anche solo nel vivere.
Quando svolsi il test avevo appunto dieci anni, e nulla mi aveva particolarmente interessata nell'ostaggio davanti a me. All'epoca riuscivo ancora a vedere, quindi i rappresentanti delle strutture non capivano quale fosse il mio peccato.
Dissero all'ostaggio di insultarmi, ma non ci fu reazione. Poi gli diedero dei miei nastri, facendoglieli strappare, anche li: nulla. Provarono quindi a farmi offrire del cibo, ma lo rifiutai senza fiatare.
A quel punto la rappresentante degli Stanchi si era alzata e aveva raggiunto l'ostaggio.
Mi aveva chiesto se fossi invidiosa dei suoi gioielli, le dissi di no. A quel punto mi chiese se mi stessi annoiando ed io le dissi di si.
'Sai come si fa a capire se si appartiene agli Stanchi, bambina mia?' Me l'aveva chiesto con una voce calma, quasi tenera. Io avevo scosso la testa e lei aveva estratto un pugnale.
In pochi secondi l'aveva conficcato nel petto dell'ostaggio, ricordo che il sangue mi era schizzato in faccia ma la mia espressione era rimasta la stessa.
Mi sentivo annoiata, non mi importava realmente che quell'uomo fosse morto, ne tanto meno che mi fossi sporcata del suo sangue.
La rappresentante mi aveva sorriso, e 'sarai una splendida consorella' mi aveva detto. Il mio test, quindi, è stato veder uccidere un uomo."
Alla fine del racconto a Matilde veniva quasi da vomitare mentre Styrkur e Cassidea erano rimasti in silenzio.
Shahrazād non capiva il motivo di tutto quello stupore: mica l'aveva ucciso lei, l'uomo!
"Penso si sia fatto tardi, che ne dici di vederci anche domani, Shahrazād? Mi farebbe piacere saperne più di te." Cassidea si era alzata dalla sedia, sentiva le gambe pesanti e la mente piena di nuove informazioni.
Shahrazād aveva annuito, sorridente.
Oh, quanto si stava divertendo.
La sua stanza da letto, o meglio: la loro stanza, emanava un forte odore di lavanda. Una cameriera era passata a rassettare tutto, lavando il pavimento con dell'acqua mischiata ad uno strano infuso.
Shahrazād aveva amato quell'odore fino al primo secondo, tentando si intrappolarlo nelle narici il più possibile.
"Sai di averle sconvolte, vero?" Aveva pronunciato l'uomo, sorridendo di sbieco. Non era infastidito, dopotutto Cassidea aveva fatto una domanda e Shahrazād si era limitata a rispondere.
"Ne sono pienamente consapevole. Forse è rimasta più scioccata Matilde di Cassidea." Lei lo sapeva, aveva avvertito il modo in cui la montanara aveva iniziato a battere il piede contro il pavimento, nervosa.
E poi quel breve ma significativo respiro sconnesso di quando aveva raccontato della morte dell'ostaggio. Casaidea le era sembrata calma, o almeno una finta calma che però aveva apprezzato.
Styrkur aveva sorriso, sciogliendo i capelli di Shahrazād. L'aveva quindi fatta sedere, afferrando il pettine per acconciarle la chioma.
"Cassidea ha studiato molto, sono pronto a scommettere che fosse già informata riguardo Città dei Peccatori. E Matilde è la Scelta di Terseo, cosa ci si può aspettare? Sono uguali, forti di fisico ma deboli di mente, probabilmente pensava foste dei satanisti che sgozzano le pecore."
Styrkur aveva sciolto accuratamente i nodi di Shahrazād, lasciando che i suoi capelli ricadessero morbidi sulla schiena di lei. Aveva quindi afferrato una crema datagli da una delle donne della struttura affianco.
"I satanisti sgozzano le capre, non le pecore, no?" Shahrazād aveva sorriso, sentendo Styrkur posizionarsi davanti a lei. L'aveva quindi avvertito ridere mentre le toccava il viso.
"Ti sto mettendo una pomata, me l'ha data una dei miei adepti più fidati. Serve a proteggere la pelle." Styrkur ne aveva applicata un po' sulle guance e sulla fronte della rossa, lasciandogliene un lieve strato sulle labbra screpolate.
"Potrebbe essere fatta con qualche ingrediente nocivo."
Shahrazād non si fidava facilmente, dopotutto una volta esser stati soli per molto si fa difficoltà a far entrare qualcuno nel proprio mondo.
"Allora ne metterò un po' anche io, così se morirai avrai la consolazione di sapere che morirò anche io!" Aveva esclamato lui, come se fosse la cosa più normale del mondo.
La ragazza aveva alzato un sopracciglio, annusando l'odore della pomata.
"Tu non puoi morire. Il figlio di una Dea che muore per una pomata? Che grande disonore che saresti." L'aveva preso in giro, allungando una mano per pizzicargli il fianco. Si era poi subito fermata, colpita dalla sua stessa azione.
Stava forse impazzendo? Conosceva quell'uomo da tre giorni, diamine.
Ha distrutto la tua città, eppure la parte più malsana e contaminata del suo spirito gridava che ne era felice.
"Oh, piccola volpe, non sarai mica preoccupata per un uomo grande come me? Io sono imbattibile, ma se il tuo desiderio è che io muoia allora morirò."
Shahrazād era rimasta spiazzata, con le labbra schiuse e gli occhi spalancati dall'incredulità. No, la pazza non era lei, era certamente lui.
"Alle mie mani non sei sembrato molto grande." Aveva provato a svincolarsi lei, ricordando la sensazione delle spalle ampie di lui contro le sue mani.
Styrkur aveva quindi poggiato la fronte contro quella di lei, colpendola leggermente col dito.
"La mia forza non è qua," aveva afferrato la mano di Shahrazād, puntandosela al petto, "è tutta qui dentro", e sempre con la mano di Shahrazād si era fatto toccare la testa.
"Pensavo che quello intelligente fosse Prätda."
"Non si parla di intelligenza, piccola volpe, ma di furbizia! Ed io sono il più furbo, te lo posso assicurare."
Shahrazād non aveva dubbi, era certa che Styrkur fosse furbo nonostante l'atteggiamento sbrigativo e da adolescente ribelle.
"Perchè continui a chiamarmi in quel modo?" Stava finendo gli argomenti di cui parlare, aveva decisamente portato avanti troppe discussioni quel giorno.
Parlare così tanto sarebbe dovuto essere un reato.
"Perchè le volpi hanno lo stesso colore dei tuoi capelli, e poi sono agili." Detto ciò l'aveva fatta sdraiare, guardandola mentre i suo capelli formavano una sorta di ventaglio sui cuscini.
"Ma io non sono agile."
"Ma lo sarai!"
Lo aveva esclamato con tale impeto e fiducia che Shahrazād gli aveva quasi creduto. "E perchè mai, di grazia?"
Non desiderava essere agile, ne altro. Voleva semplicemente...non lo sapeva, in effetti.
"Perchè sei la Scelta della Serpe, e so che mi renderai orgoglioso."
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