CAPITOLO CINQUE
Capitolo Cinque: Novità.
"Ma che occhi che hai, bambina mia. Sono completamente inespressivi. Ci vedo solo paura e disperazione."- Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino.
La stanza di Shahrazād, comune a quella di Styrkur, era colorata in un grigio pastello. Le pareti erano completamente vuote se non per dei piccoli scaffali in cui erano riposti dei libri.
La finestra, a sinistra del letto, dava su un giardino coltivato, abbellita da delle tende fini di color pelle. Il letto era spazioso, ad occhio due piazze, ed era affiancato da due grandi comodini bianchi, in legno.
Vi erano poi due armadi, uno a testa, questa volta in un color marrone. La stanza era, obiettivamente, scoordinata in fatto di colori e dimensioni.
Styrkur si era premurato di descrivere come meglio poteva ogni oggetto mentre osservava incuriosito Shahrazād percorrere con la mano ogni angolo.
Alla Serpe parve che lo stesse rendendo, in qualche modo, suo.
"Riesci a vederla con le mani? Intendo la stanza." Si era morso l'interno guancia, chiedendosi se la sua domanda suonasse sciocca alle orecchie della ragazza.
Probabilmente era cosí visto il sorriso di lei, ma non se ne curò particolarmente. "Piú o meno." Fu la sua risposta.
Styrkur avrebbe voluto chiederle di piú, desiderava comprendere quella strana dote che possedeva la ragazza. Si chiese poi se fosse possibile anche per lui vedere con le dita.
"Insegnami." Era stato detto in modo imperativo, ma con tono accondiscendente, di chi desidera realmente qualcosa.
A Shahrazād ricordò il tono di un bambino, ma si trattenne dal dirglielo. La domanda di lui l'aveva comunque sia spiazzata.
Chi mai vorrebbe imparare ad essere cieco? La situazione le pareva sin troppo strana, forse persino scomoda.
Aveva aspettato che lui l'affiancasse e, con decisione, gli aveva afferrato la mano. Era inspiegabilmente fredda al tatto, quasi la ritrasse per la sorpresa.
"Chiudi gli occhi." Gli aveva pedinato con fare pacato. Styrkur non se l'era lasciato ripetere due volte, sorridendo al pensiero dei suoi fratelli.
Cosa avrebbero detto se l'avessero visto prendere ordini da qualcuno?
Shahrazād aveva quindi vagato con la mano libera sull'oggetto piú vicino, afferrandolo. Ne aveva percorso la superficie con il palmo, studiandolo con le dita.
Era una caraffa.
Sorrise, allungando la mano di Styrkur verso l'oggetto. Non l'avrebbe mai ammesso ma si sentiva euforica al pensiero di condividere con qualcuno una parte di se.
"Prova ad indovinare cos'è," aveva quindi fatto un passo indietro, guardando oltre le spalle di Styrkur. Avrebbe voluto osservarlo, vedere l'espressione di lui contorta dalla concentrazione, ma si accontentò di sentire il suo respiro pesante e qualche grugnito.
Styrkur aveva passato la mano sull'oggetto, confuso. Pareva piuttosto largo, con qualche incisione sopra, sulla parte superiore era concavo.
Ci infilò dentro la mano, tastandolo.
"È un vaso!" Aveva esclamato, senza però aprire gli occhi. Aspettava che fosse Shahrazād a dirgli di farlo.
Si era sentito soddisfatto di se stesso, orgoglioso quant'era.
Shahrazād era scoppiata a ridere, un suono delicato secondo Styrkur. Avrebbe certamente punito chiunque avesse riso di lui, ma ora si era scoperto divertito a sua volta nel sentirla ridere.
"No no, sei davvero un pessimo cieco! Quella è una caraffa." L'aveva preso in giro lei, scuotendo la testa. Per una volta si era sentita in vantaggio, e la sensazione le pareva soddisfacente.
Styrkur si era chiesto come lei potesse esserne cosí sicura, perchè lui era certo che quello fosse un vaso.
"Apri gli occhi, dimmi se ho ragione." Aveva proposto Shahrazād, sedendosi sul letto con espressione divertita. Styrkur aveva quindi aperto lentamente gli occhi, scrutando l'oggetto tra le sue mani.
Una caraffa, aveva ragione Shahrazād.
Per un attimo si era sentito smarrito, forse persino deluso da se stesso, ma aveva presto scosso la testa.
"Mi dispiace deluderti, ma è proprio un vaso." Aveva insistito Styrkur, mordendosi il labbro.
Shahrazād aveva scosso energicamente la testa, quasi innervosita.
"Non pensavo che non sapessi perdere," lo stava apertamente sbeffeggiando, e la cosa lo rendeva particolarmente allegro.
"È un vaso con un manico, per Död!" Styrkur aveva alzato le mani in aria, come a dar piú enfasi alle sue parole. Shahrazād, a quel punto, non era proprio riuscita a trattenere il fiotto di risate.
Da quant'era che non rideva? Agli Stanchi non era permesso di ridere, in effetti non era permesso di provare alcuna emozione.
Se i suoi supervisori l'avessero vista sarebbero stati così insoddisfatti. Ed il suo Dio? Oh, cosa avrebbe detto di lei il suo Dio?
Aveva quindi smesso presto di ridere, concentrandosi per tornare alla sua espressione di originale noia.
Ancora non si capacitava del perchè lui non si fosse ancora liberato di lei e non sapeva se esserne riconoscente o meno.
"Che ne dici di farti un bagno e, successivamente, scendere di sotto? Ti voglio presentare meglio i miei fratelli." Styrkur non le avrebbe mai rivelato che aveva davvero bisogno di un bagno, ma era proprio così.
Shahrazād aveva un aspetto selvaggio, con i capelli sporchi e aggrovigliati, probabilmente pieni di nodi, ed il suo corpo era completamente sporco, ricoperto di macchie nere.
Persino il suo abito era malconcio, strappato in diversi punti, logoro a causa degli anni. Si, Shahrazād aveva un aspetto tremendo, da selvaggia, nessuno l'avrebbe considerata un'eroina dalla bellezza idilliaca ma agli occhi di Styrkur quella visione non pareva così brutta.
"Avete un lago?" Shahrazād ricordava perfettamente la sensazione delle terme di Città dei Peccatori, forse ogni città ne possedeva una?
Styrkur si era corrucciato, scrutandola come ad aspettarsi un 'sto scherzando!', ma non arrivò. Non aveva contemplato l'idea che la ragazza potesse non conoscere oggetti a lui familiari, ed ora si sentiva uno sciocco.
Si era quindi chinato, poggiando il suo peso sui talloni. Ora era piú basso rispetto a lei, accovacciato mentre si teneva con le mani sulle ginocchia di Shahrazād.
"Oh cara, no! Vedi, noi la chiamiamo vasca. È una specie di contenitore grande quanto una persona, si riempie d'acqua calda e vi ci si immerge un po' di schiuma. Poi con una spugna si gratta la pelle, così da levare ogni traccia di sporco. Per i capelli, invece, serve una lozione speciale che li rende morbidi."
Aveva provato a spiegarle quanto meglio poteva cosa fosse una vasca e quali fossero le normali norme igieniche da applicarvici. L'espressione della rossa si era fatta strana, pensierosa, mentre provava a figurarsela.
"Una specie di pozzanghera molto profonda?" Era l'unico mezzo di paragone che aveva trovato. La Serpe aveva sorriso, inclinando di nuovo la testa.
"Si, esattamente."
L'aveva quindi guidata verso il bagno, accendendo velocemente un cero. Aprire le tende era fuori discussione, non desiderava di certo che tutti i suoi adepti vedessero la ragazza.
"Ora riempio la vasca, quando avrò finito dovrai spogliarti ed entrare. Qui sono le lozioni." Le aveva preso la mano destra, guidandola fino a farle toccare il bordo della vasca.
"Questo," e le aveva posato la mano su una boccetta dal tappo triangolare, "è per il corpo, dovrai versarne un po' su questa spugna." E subito dopo averglielo detto le aveva messo in mano l'oggetto.
Shahrazād aveva annuito, ancora leggermente dubbiosa ma totalmente concentrata sulle informazioni che le stava dando.
Le aveva poi spostato la mano su un'altra boccetta, distante qualche centimetro dalla prima.
"E questa è per i capelli, dovrai applicarla sulla testa e bagnartela leggermente, poi strofina forte tutti i capelli, va bene? Quando penserai di averli lavati per bene, risciacquali nell'acqua."
Styrkur sperava di esser stato convincente e di averle spiegato bene cosa fare. Non pensava si sarebbe mai trovato nella situazione di dover spiegare ad una donna come lavarsi.
La vasca si era quindi riempita velocemente, la Serpe aveva lasciato che Shahrazād toccasse la superficie dell'acqua con le punte della dita, per controllare che la temperatura non fosse troppo fredda o troppo calda.
Si era poi alzato, battendosi una mano sui pantaloni.
"Sarò di ritorno tra venti minuti, per aiutarti a scendere. Va bene?"
Shahrazād aveva annuito, lo sguardo leggermente infastidito a causa delle parole dell'uomo.
Una parte di lei le diceva che avrebbe benissimo potuto scendere quelle dannate scale da sola, ma l'altra parte di lei -quella piú razionale, affermava il contrario.
Quando la porta si era chiusa aveva deciso quindi di alzarsi, lasciando che il suo abito scivolasse a terra.
Era stato tremendamente rilassante quell'intruglio d'acqua calda e di odori nuovi, floreali, che le erano rimasti attaccati alla pelle.
I capelli erano stati la parte più difficile, a causa della lunghezza e dei nodi fin troppo persistenti, ma aveva provato sollievo nel sentire la sua chioma finalmente libera e pulita.
Si era chiesta in che condizioni versasse prima di entrare nella vasca, se assomigliasse ad uno di quei selvaggi di cui tanto le parlava suo padre. E si chiese se ogni donna di Città dei Peccatori avesse il suo aspetto malandato.
Solo ora si rendeva realmente conto di quanto la sua città fosse indietro, e che non si sarebbe mai potuta rialzare in quanto ormai rasa al suolo. Si chiese, successivamente, il perchè non riuscisse a provare dispiacere per il suo popolo.
I suoi concittadini erano morti, le strutture ridotte a brandelli e lei non riusciva a dispiacersi. Tentò di giustificare la cosa con il fatto d'essere Stanca, eppure nella sua mente una vocina continuava a sussurrarle che loro non si erano dispiaciuti nel vederla malata, derisa e persino percossa.
Aveva smesso di pensare, dando un freno a se stessa, per poi alzarsi lentamente dalla vasca. Si era aggrappata al bordo del lavandino e, con circospezione, aveva scavalcato la vasca.
Shahrazād era magra, con le costole sporgenti ed il seno piccolo. Ma aveva preso i fianchi larghi dalla madre. Questi le conferivano una parvenza di salute, di buon fisico.
Le sue gambe erano lunghe, la slanciavano, e piene di efelidi, così come tutto il suo corpo. Shahrazād ricordava che da bambina sua madre l'aveva elogiata per quella sua caratteristica.
"È una dote meravigliosa, quella che possiedi, desideravo averla io. Mostra sempre le tue gambe, bambina, agli uomini piacciono le stravaganze, e questi tuoi puntini rossi potranno magari procurarti un marito, a discapito dei tuoi occhi malconci." Le aveva detto, battendole una mano sulla spalla.
E Shahrazād aveva fatto come le era stato richiesto, aveva indossato vestiti che lasciavano scoperte le gambe, e aveva passeggiato con sua madre per tutta la città. Non cercava un marito, in realtà voleva solamente togliere un peso dal petto dei suoi genitori.
Si era quindi stretta nell'asciugamano lasciatole da Styrkur e, con lentezza, si era seduta sulla toilette. Aveva annusato una ciocca di capelli, sospirando.
Sapevano di frutta, non ricordava il nome ma sapeva che apparteneva ad un frutto.
Aveva aspettato per minuti senza realmente accorgersene talmente era assorta nei suoi pensieri.
"Ehi, volpe, posso entrare?"
Shahrazād aveva riconosciuto la voce mentre mormorava un "si" appena udibile. Con gli occhi aveva vagato per tutta la stanza, distinguendo l'ombra appena accennata delle gambe di Styrkur.
"Ti ho portato un vestito, è sul letto. Ah, dobbiamo assolutamente asciugarti i capelli, piccola volpe, o ti prenderai un malanno." Styrkur le aveva passato una mano tra i capelli lunghi, strofinandoli sui polpastrelli.
"Asciugarli, dici? Basterà stendermi al Sole per un po'." Aveva borbottato più a se stessa che a lui mentre si alzava, l'asciugamano ancora stretto attorno al suo corpo.
Styrkur l'aveva guidata verso il letto, lasciando che trovasse da sola il vestito. L'aveva osservata passare le mani sulla stoffa verde, fermandosi quando aveva incontrato dei leggeri ricami sul davanti.
Il vestito le arrivava alle ginocchia, era leggero e con delle spalline appena accennate.
"Di che colore è?"
"Verde, si abbina ai tuoi capelli."
Shahrazād aveva annuito, tentando di collegare il verde ai suoi ricordi di bambina.
"Verde...come l'erba?"
Styrkur aveva annuito, piuttosto confuso.
"Si come l'erba, ma tu come fai a saperlo?" Era semplice curiosità la sua, e sperava di non offendere in alcun modo la ragazza. Prese quindi a tamponarle i capelli con un asciugamano, massaggiandole il cuoio capelluto con delicatezza.
Shahrazād aveva chiuso gli occhi, beandosi della sensazione rilassante che Styrkur le stava infondendo. Sarebbe volentieri rimasta lì per ore.
"Vi era un tempo in cui anch'io vedevo, ma è durato poco, fino ai quattordici anni forse. Ora mi rimangono le ombre." Aveva spiegato lentamente lei, lasciando che Styrkur le strofinasse le punte dei capelli.
"Riesci quindi a vedere i contorni del mio volto?"
Styrkur era curioso, ma non l'avrebbe mai ammesso.
"No, vedo solo una macchia più scura del resto, e ad intuito capisco che è un volto."
"Ma puoi vedermi con le mani, giusto?" Aveva insisto lui, dividendolo i capelli in due grandi ciocche.
Aveva quindi preso a tamponarle una ciocca alla volta, sfregandola e assicurandosi di aver levato quanto più possibile l'acqua. Le aveva quindi asciugato il collo, non volendo rischiare di farle prendere un malanno.
"Posso provare." Era stata la sua risposta.
Styrkur ne era rimasto soddisfatto, quindi era tornato a fronteggiare la ragazza, passandole il fermaglio a forma di serpente.
"Dovrai raccoglierti da sola i capelli, io non ne sono in grado. Aspetterò fuori dalla porta, quando avrai finito di vestirti chiamami." Ed era sparito, talmente silenziosamente che Shahrazād si era chiesta se se ne fosse davvero andato.
Impiegò qualche minuto ad infilarsi il vestito, scoprendolo morbido contro la pelle. Era una sensazione piacevole, in effetti, nonostante lo scollo sulla schiena la mettesse a disagio.
Era poi passata a raccogliersi i capelli, portandoli in alto quanto più poteva, per poi arrotolarli fino a formare uno chignon venuto piuttosto bene. Con la spilla aveva tenuto fermo il tutto, lasciando che una sola ciocca sfuggisse dalla sua acconciatura.
Per qualche minuto aveva evitato di chiamare Styrkur, rimuginando. Le aveva asciugato i capelli, le aveva dato di che lavarsi e vestirsi, eppure non era così che funzionava nel suo mondo.
Tutto aveva un prezzo, nulla andava dato gratis. Shahrazād si era quindi chiesta cosa volesse Styrkur, il perchè l'avesse portata lì e cosa significasse essere una Scelta. Avrebbe dovuto domandarglielo, certo, ma avrebbe ricevuto risposta?
L'unica consolazione era che i suoi genitori stavano bene, lei li sapeva lontani miglia da Città dei Peccatori. Se ne era ricordata solo il mattino seguente all'attacco, ed era quindi riuscita a levare un peso dal suo petto.
Teneva a suo padre, moltissimo a dirla tutta.
Le aveva concesso molto, mostrando una gentilezza difficile da trovare in altri perchè era appunto una dote insignificante nel loro mondo.
Sua madre litigava spesso con suo padre a causa di ciò, era tutto fermo nella mente attenta di Shahrazād.
"Che razza di uomo sei, tu, marito mio! Pensi di riuscire a tener in vita tua figlia, con la gentilezza? Ascoltami bene, perchè non ho intenzione di ripeterlo ancora, vedi di cambiare atteggiamento, o la gente ci prenderà per persone senza spina dorsale!"
Sua madre era sempre stata molto dura con entrambi, e pensandoci a Shahrazād era venuto da ridere. Dopotutto, la spina dorsale di sua madre bastava per tutti i membri della famiglia.
"Hai finito, piccola volpe?"
"Si."
Styrkur aveva aperto la porta che, con un cigolio, si era quasi bloccata. Aveva osservato la ragazza con gli occhi assottigliati, passandosi come da abitudine la lingua contro i denti affilati.
Shahrazād aveva un aspetto decisamente migliore, ora che la sua pelle era finalmente rosa e non macchiata di nero, pareva quasi più in salute! I capelli sembravano più consistenti, più colorati, ma ancora visibilmente sfibrati.
Styrkur si disse che avrebbe dovuto comprarle una lozione più efficace. "Sei perfetta, ora vieni: ti voglio presentare per bene i miei fratelli."
La ragazza si era alzata, portando la mano destra in avanti, cercando la porta. Mentalmente contò i passi che le occorrevano per andare dal letto alla porta.
Uno,
due,
tre,
quattro,
cinque.
Cinque passi ben ponderati, la ragazza si disse che se ne sarebbe dovuta ricordare. Styrkur le aveva aperto la porta, osservandola senza però aiutarla.
Shahrazād ricordava d'aver salito nove gradini per arrivare al piano in cui era ora, quindi poggiò il piede sul primo e iniziò a contare.
La Serpe era quasi meravigliata di tanta abilità. L'aveva seguita silenziosamente fino all'ultimo gradino, dove l'aveva vista indugiare.
"Non so dove siano."
"Oh, hai ragione! Si trovano nella sala da pranzo, ti ci porto." Aveva preso la ragazza sotto braccio, pronto a guidarla quando era stato strattonato indietro.
"Tienimi vicina al muro, così che io possa tastarlo e ricordare la strada."
Alle orecchie di Styrkur quella era certamente la richiesta più stramba che avesse mai ricevuto. Come avrebbe fatto a ricordarla? Ma non le chiese nulla, lasciando che Shahrazād appoggiasse la mano destra contro al muro.
Styrkur si era mosso piano, ancora ancorato al braccio di lei, lasciandole il tempo di studiare ogni dettaglio di quel muro che a lui pareva tanto uniforme.
Shahrazād si era poi fermata leggermente, con la mano aveva accarezzato un punto preciso del muro, sorridendo vittoriosa.
"Cosa hai trovato, piccola volpe?"
"In questo punto c'è una crepa, servirà a ricordarmi che è la strada giusta." Aveva sorriso, riprendendo a camminare.
Avevano quindi girato a destra, la mano di Shahrazād si era scontrata con un vaso: un altro punto di riferimento.
"Siamo arrivati!"
Fatemi sapere cosa ne pensate!
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