Prologo
Londra, 1832
Quella ragazzina era decisamente fuori dal comune. Jon Charters, che aveva appena compiuto diciassette anni, la trovava veramente irritante con i suoi modi da piccola ribelle e altezzosa che caratterizzavano tutta la sua famiglia. La sua tenuta e quella della famiglia Charters distavano solo pochi metri, perciò lui evitava di starci a contatto se poteva, eccetto per quelle rare volte in cui suo padre gli imponeva di andare in giardino per fargli prendere un po' di sole che — ripeteva sempre— era essenziale per la buona riuscita della conquista della sua futura moglie. Un uomo dalla pelle lattea, diceva, non poteva attirare una potenziale moglie quanto un uomo dalla pelle abbronzata. E così, Jon era costretto a obbedire ogni qualvolta a Lord Charters veniva in mente quella bizzarra idea.
Quella era una di quelle volte.
Sapeva come si chiamava, Sarah Jane Ashton, ed era l'esatto prototipo della donna che lui non avrebbe mai voluto sposare. Arrogante, dispettosa, superficiale, si poneva sempre a un livello che nessuno, secondo il suo modo di pensare, avrebbe mai potuto raggiungere. Aveva solo undici anni, o giù di lì, ma sospettava che quella mente lavorasse molto più rapidamente delle sue coetanee. Soprattutto, molto più leziosamente.
Quel pomeriggio stava sorseggiando qualcosa da una tazzina bianca insieme a sua madre, Lady Ashton, che le stava di fronte e bloccava la visuale a Jon su quella piccola arrogante. Eppure, mentre la osservava da lontano con un ghigno sulle labbra, Jon cercava il suo sguardo per metterla alla prova. Per vedere se anche quel giorno, come l'ultimo che si erano visti, una settimana prima, lei gli si sarebbe rivolta con spavalderia. Incrociò le braccia sul petto e inclinò il capo di lato, aspettando un suo cenno. Sarah lo intravide dal di sopra della spalla di sua madre e posò la tazzina sul piattino con la solita eleganza di sempre, e il suo dannato mignolo sollevato in aria. Non la sopportava. Non la sopportava proprio.
Lesse il labiale della sua bocca mentre diceva qualcosa alla madre che, come al solito, non la seguì quando la ragazzina si alzò e, lentamente e con grazia, si avvicinò al punto della siepe in cui si trovava Jon. Lady Ashton si divertiva a vedere da lontano gli scambi affettati che si verificano tra sua figlia e il figlio dei suoi vicini, probabilmente perché era consapevole del carattere impetuoso della piccola e ciò la faceva sorridere.
Sarah indossava un abito color lillà con ricamati ornamenti di pizzo bianco, e quel giorno non indossava il suo insulso cappellino che la proteggeva dal sole, forse perché aveva avuto in programma di rientrare presto in casa.
Jon la osservò dall'alto del suo già metro e settanta. Lei era un esserino piccolo e minuto, con quel suo naso altrettanto minuscolo che si arricciava sempre ogni qualvolta lo incontrava.
—Buon pomeriggio, Jon.
Jon si schiarì la gola. Indossava la camicia bianca che sua madre gli raccomandava sempre di chiudere fino al collo, perché era ancora troppo giovane per intavolare atti di qualsivoglia specie di seduzione nei confronti delle ragazze.
Esibì un sorriso di cortesia. —Buon pomeriggio, piccola arrogante di una Ashton.
Sarah non si scompose. Non lo faceva mai. Sollevò una mano e si scostò una ciocca ondulata e corvina dalla fronte in un movimento civettuolo che gli fece saltare i nervi.
—Mia madre dice che voi mi guardate— gli disse a bassa voce, poi sollevò il mento. — È vero?
Jon per poco non scoppiò a ridere. — Come potrei guardarvi se non vi sopporto?
Nemmeno a quella provocazione Sarah si scompose. — Invece mi guardate eccome, so perfettamente che quando sarò grande diventerò bellissima. Sono già molto carina adesso, non trovate? Ma certo che convenite con me, ve lo leggo negli occhi.
Lui ne era più che sicuro, dovette ammettere a se stesso, ma quella piccola, altolocata arrogante non doveva saperlo. Gli occhi di Sarah erano vispi, grandi e color pervinca, quasi del medesimo colore del suo abito ed era certo che in futuro avrebbero steso molti dei suoi pretendenti. Ma non lui. Lui si sarebbe strappato la lingua pur di ammettere che era una ragazzina troppo carina per i suoi gusti.
— Sarete anche molto più vanitosa di quanto non siate già ora, miss Ashton.
— Io non sono affatto vanitosa!— si lamentò lei inclinando il collo di lato in un'espressione ancora più civettuola della precedente. — Dico semplicemente la verità. Perché celare la realtà dei fatti? Perché negare l'evidenza? A che scopo?
Faceva decisamente troppe domande e Jon non sopportava nemmeno il suono stridulo della sua voce ancora da bambina.
Si chinò verso la siepe in modo che lei lo sentisse bene. — Forse potreste anche considerare l'idea di stare zitta, una volta tanto. Vi rendete conto di quanto la vostra voce sia irritante?
Sarah esibì un sorriso gentile, ma lui sapeva benissimo che aveva tutta l'intenzione di rispondergli per le rime. Gli piaceva sfidarla. Sarebbe arrivato il momento in cui lei non avrebbe avuto più alcuna possibilità di rispondergli, e forse lui si sarebbe preso una piccola rivincita.
— Solo perché voi non troverete mai una moglie che mi eguagli in bellezza e intelligenza, piccolo arrogante di un Charters, non significa che dobbiate avere la faccia tosta di insultarmi.
Eccola lì, la Sarah Jane Ashton che lui tanto detestava. Ma doveva ammettere che quella se l'era cercata.
— Voi non avrete mai l'opportunità di sposarmi— concluse Sarah con aria altezzosa. — Ecco perché mi guardate da lontano e siete sempre così infastidito quando mi incontrate.
— Io non vi guardo affatto — ripeté Jon sbuffando spazientito. — E non vi chiederei mai in moglie. Lascerei ad altri il dispiacere di conoscervi.
— Certo.
Sarah scoppiò a ridere di gusto, poi chinò il capo aggraziatamente. — È stato un piacere, Jon, come al solito. Ora devo andare, ho delle cose da fare, a differenza vostra.
Chissà a quali cose si riferisse, pensò Jon scuotendo la testa mentre lei si allontanava ancheggiando un po' troppo per avere solo undici anni.
Che Dio l'aiutasse, sperava davvero che col tempo quella ragazzina sarebbe cambiata, ma ne dubitava. Solo una tragedia avrebbe avuto il potere di farle mutare atteggiamento, ma, considerato il lusso in cui era cresciuta e in cui tutt'ora viveva, quell'idea gli sembrava solo una mera fantasia.
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