9. Un bacio in cambio di un sì

SPAZIO AUTRICE

Buongiorno a tutti! Innanzitutto vorrei ringraziarvi per i vostri commenti e i vostri voti che mi scaldano sempre il cuore, e inoltre oggi ne approfitto anche per augurarvi una buona Pasqua! Spero che ognuno di voi riesca a trascorrerla serenamente nonostante la situazione critica.
Un abbraccio,
Alicia.

***

Sarah si sentì soffocare dalla rabbia e dal rimpianto. Accidenti a lei, se se ne fosse rimasta ad Ashton House niente di tutto quello sarebbe accaduto. Come aveva potuto anche solo pensare che Jon Charters avrebbe deciso di aiutarla!

In quel momento, mentre l'alba colorava l'orizzonte dalla finestra, desiderò soltanto urlare. Jon l'aveva rinchiusa all'interno della propria stanza e, prima di andarsene, le aveva promesso che sarebbe tornato la mattina seguente per discutere della sua proposta di matrimonio. Lo sguardo che aveva colto era stato freddo e calcolatore, e per un istante lei si era sentita messa alle strette.

Come sarebbe potuta fuggire da lì? Non poteva fare a meno di credere di essere caduta dalla padella nella brace, anche se non c'era alcun motivo per cui Jon avrebbe dovuto o voluto abusare di lei come avrebbe fatto suo zio. Forse non era una situazione analoga, ma Sarah temeva che lui, per qualche assurdo motivo, volesse vendicarsi per il suo comportamento del passato. Era assurdo. Lei era solo una bambina viziata che non conosceva nulla della vita, Jon non poteva davvero avercela con lei per le parole che gli aveva rivolto dieci anni prima. Eppure... era davvero paradossale, dovette riconoscere, che in passato gli avesse detto che non avrebbe mai avuto la possibilità di sposarla e, dieci anni dopo, era lei a supplicarlo di farlo. Si era davvero resa ridicola.

Ma il terrore che aveva provato alla scoperta di ciò che lord Ashton avrebbe potuto farle se avesse sposato Mark Thomson aveva prevalso su qualunque altra cosa, perfino sul suo buonsenso.

Avvolta nel mantello che Jon le aveva lasciato per riscaldarsi, Sarah si alzò da quel letto a baldacchino troppo grande per lei e si diresse alla finestra.

L'aurora. Aveva passato la notte sveglia, senza riuscire a prendere sonno, incapace di credere che fosse praticamente stata sequestrata. A nulla erano valsi i suoi tentativi di ribellarsi, di dimenarsi, perché le braccia di Jon Charters erano l'equivalente di due massi di pietra. Lei non aveva potuto fare a meno di notarlo, così come era stata colpita dai suoi occhi verdi, dall'ampiezza delle spalle i cui muscoli si tendevano al di sotto della stoffa della giacca blu scuro. Tutto, in Jon, parlava di potenza, di vigore. Al confronto, lei sembrava una pecorella smarrita, e lui il lupo che avrebbe potuto divorarla. Jon Charters era diventato un uomo. Sarah non avrebbe mai creduto che crescendo sarebbe assomigliato a uno di quegli eroi greci della letteratura che lei tanto amava.

Ma rimuginare sul suo aspetto, a lungo andare, l'avrebbe distolta dal suo proposito di fuga. Durante la notte aveva pensato a un modo per andarsene, sarebbe potuta scappare dalla finestra, ma si sarebbe rotta qualche osso dato che quella stanza si trovava al secondo piano, e inoltre non era davvero certa di voler tornare ad Ashton House. Lì c'era suo zio, che di sicuro non si era ancora destato e non era stato messo al corrente della sua scomparsa, ed era l'ultima delle persone che Sarah avrebbe voluto rivedere.

Così era rimasta inerme dentro quel letto freddo e vuoto, dandosi della sciocca per il proprio comportamento, e ora attendeva che Jon tornasse per cercare un modo che l'avrebbe salvata da quella situazione. Anche se non sapeva ancora se l'avrebbe trovato.

Jon non si fece attendere molto.

All'improvviso sentì la chiave rumoreggiare nella serratura e il suono la fece voltare d'istinto. Jon entrò un istante dopo, richiudendo la porta alle sue spalle. Sembrava stanco, di sicuro non aveva dormito perché il volto era tirato e, ciononostante, lei non poté fare a meno di notare quanto fosse lo stesso affascinante.

—Vedo che vi siete già alzata— le disse togliendosi la stessa giacca blu con cui l'aveva visto la sera prima e appoggiandola sullo schienale della sedia. In mano teneva una tazza fumante. —Vi ho portato un po' di caffè.

—Non voglio il vostro caffè— sibilò Sarah stringendosi il mantello attorno alle spalle. —Voglio sapere perché mi tenete sotto sequestro.

Jon le sorrise. Era disarmante il modo in cui gli angoli della sua bocca si muovessero non appena lei diceva qualcosa che lui doveva ritenere assurdo. Quell'atteggiamento era anche oltremodo debilitante. Le faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi.

Jon si portò la tazza alle labbra senza distogliere lo sguardo da lei. —Non dovreste dire certe assurdità, Sarah— le disse sedendosi. —Non siete affatto sotto sequestro. Dovete solo dire che vi piaccio, così potremo sposarci.

Sarah inarcò le sopracciglia. —Oh, davvero? Perché non è esattamente quello che avete detto la sera scorsa.

—La sera scorsa, Sarah, ero molto nervoso— le rispose Jon passandosi una mano sulla fronte. —Mi avete sconvolto. Non vi vedevo da quasi dieci anni, dovreste comprendermi.

Sarah cercò di avvicinarglisi ma lui glielo impedì di nuovo. —Non vi avvicinerete a me fino a quando non vi sentirò pronunciare quelle parole.

—Volete sentirvi dire che siete attraente, Jon?— sbottò lei incrociando le braccia al petto per l'esasperazione.

—No— replicò lui in tono neutro. —Voglio sentirvi dire che sono attraente per voi.

Sarah lo fissò soppesando il suo sguardo per alcuni istanti poi, finalmente, comprese che era serio e che fino a quando non gli avesse detto quello che lui voleva sentirsi dire, Jon non l'avrebbe aiutata. Gliela stava facendo pagare. Sapeva che in passato non glielo avrebbe mai detto. Ma ora... era davvero sicura che non lo trovasse attraente e che non smuovesse dentro di lei qualche sensazione? Di quello non poteva essere certa, ma pronunciare quelle parole in fondo non le costava niente.

—E va bene, Jon— esalò alla fine. —Io vi trovo attraente. Molto.

Il volto di Jon si distese in una chiara espressione di orgoglio. —Vi ringrazio. Vedete, in fondo non era tanto complicato.

—E ora?— fece lei aggrottando la fronte.
—Prenderete in considerazione l'idea di sposarmi?

Era davvero sufficiente pronunciare quelle parole per indurlo a sposarla?

—Voi non avete la minima idea di cosa il matrimonio comporti, Sarah— replicò Jon accavallando le gambe e fissandola con uno sguardo serio. —Amore, sacrificio, impegno, sono tutte cose per cui voi non siete nata.

Lei sgranò gli occhi, tremendamente offesa dalle sue parole. —Ma come osate— sibilò e stavolta, nonostante i tentativi di Jon di tenerla distante, gli arrivò davanti e premette le mani ai lati della sua testa, sullo schienale della sedia. —Voi non avete la minima idea di chi sono o di quello per cui sono o non sono nata. Non mi conoscete. E io non vi permetterò di insultarmi ancora!

Lo sguardo di Jon si assottigliò mentre la scrutava a lungo e respirava profondamente. —Vi chiederei di non gridare, Sarah. Mia madre sta ancora dormendo e non vorrei che le vostre urla la svegliassero.

Lei, gli occhi lucidi dalla rabbia e il respiro affannoso, tacque per quelli che parvero istanti interminabili. —Non siete affatto la persona che speravo di poter sposare— mormorò, —ma siete anche l'unico che può aiutarmi.

—Vedete, Sarah— fece lui sporgendosi col busto verso di lei. I loro volti erano talmente vicini ora che lei percepiva su di sé il suo respiro caldo. —C'è una cosa che dovete fare per me prima che io possa prendere in considerazione la vostra proposta.

Sarah si sentì seccare le labbra. Quelle parole non promettevano nulla di buono per lei.

—E quale sarebbe?

Lentamente, la mano di Jon si sollevò e le dita sfiorarono un angolo della sua bocca. Lei percepì il battito del cuore farsi immediatamente più rapido, mentre quel contatto leggero le faceva pulsare il sangue nelle vene. Terrorizzata da quello che stava provando, cercò di deglutire ma il groppo che improvvisamente le aveva chiuso la gola non accennò ad andarsene.

—Desidero un bacio— sussurrò Jon con voce roca e profonda. —Uno solo. Ma che riesca a convincermi che volete sposarmi perché sentite realmente qualcosa.

—Come posso sentire qualcosa se non vi conosco? — mormorò Sarah con il cuore in gola. —E inoltre, io non ho mai...

—Prima o poi dovrete farlo, Sarah. Per sposare qualcuno dovete essere disposta a baciare, quantomeno.

Fremente di sensazioni estranee e destabilizzanti, Sarah si rese conto che lui aveva ragione e che lei non aveva pensato a cosa sarebbe accaduto dopo quell'ipotetico matrimonio. Ma come poteva essere preparata se era talmente inesperta?

E poi si ricordò che lui era un libertino e che doveva aver fatto quel gioco talmente spesso da essere diventato un'abitudine. Per qualche motivo, il pensiero che tante altre donne avevano giaciuto con lui la rese estremamente agitata.

—Non vi bacerò mai— ringhiò allontanandosi di scatto.

—Non siete altro che un orribile seduttore.

—Siete stata voi a rivolgervi a me— le ricordò Jon in maniera fin troppo pacata. Poi si alzò in piedi e si sistemò la giacca, afferrando la maniglia della porta.
—Vi porterò del cibo tra un paio d'ore, nel frattempo cercate di riposare. Avete tempo per decidere fino a stasera. Se non riceverò il vostro bacio entro mezzanotte, io non vi sposerò e voi dovrete risolvere il vostro problema con altri mezzi.

Lanciò un'occhiata alla stoffa bianca che le arrivava alle caviglie. —Sempre che qualcuno accetti di sposarvi in camicia da notte.

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