30. Divergenza
In un primo istante ciò che Sarah aveva pensato era che adesso non si poteva tornare indietro. Will aveva ucciso Mark Thomson e quello era un fatto ora indelebile che non avrebbe lasciato alcuno scampo al ragazzo.
Lo vedeva da lontano, tremava ancora nonostante si trovassero nella dimora dell'uomo che aveva salvato la vita di Jon, davanti a un camino spento con lo sguardo rivolto su un punto imprecisato della stanza. Il suo cuore si era stretto in una morsa quando si era resa conto che Will era diventato un assassino. Lo conosceva fin da quando non era altro che un adolescente, ma quel giorno le sembrava uno sconosciuto. Non aveva più l'aspetto del ragazzo che lei era abituata a conoscere, sembrava uno spettro in un corpo fatto di carne e di ossa.
La moglie di Dawson, Anne, aveva fatto il possibile per indurlo a mangiare qualcosa ma lui aveva messo nello stomaco solo un po' d'acqua.
Jon, dal canto suo, se ne stava immobile davanti a Will con le braccia conserte e un'espressione indicibile sul volto; assomigliava alla compassione, ma Sarah era riuscita a cogliervi anche una minuscola dose di rabbia. Probabilmente perché adesso non sapeva cosa fare per togliere Will dai guai. Sarebbe finito in galera e condannato a morte. Sarah si sentì assalire da un conato di vomito al pensiero di vedere Will penzolare dalla forca.
—Forza, Will, devi mangiare— cercò di ordinargli in tono piuttosto categorico ma il ragazzo sembrò ignorarla. Aveva ignorato chiunque gli avesse rivolto parola da quando aveva premuto il grilletto. Dawson le si avvicinò stringendole una spalla. —Gli ci vorrà del tempo per riprendersi.
—Se Ashton apre la bocca siamo finiti— disse Jon afferrando una sedia e posizionandola davanti a Sarah. Appoggiò gli avambracci sul bordo e la fissò con amarezza.
Lei sollevò il mento.
—Sì, ma Ashton mi ha fatto perdere i sensi e rapito, vi ha sparato e per quello che ne sapevamo voi potevate essere morto — gli ricordò. —Questa dovrà pur essere un'arma contro di lui.
—Lo è— sentenziò Jon. —Ma è pur vero che io sono vivo, mentre quell'uomo è ormai sotto terra. E Ashton ha visto perfettamente chi è stato a premere il grilletto.
—Forse non parlerà. Avrebbe molto da perdere nel caso lo facesse, e non mi sembra troppo sciocco da volersi rovinare con le proprie mani — s'intromise Dawson mentre la moglie tornava in cucina con una pentola fumante tra le mani.
—Smettetela di discutere di questo!— bofonchiò Anne depositando la pentola al centro del tavolo. —Non sopporto più di sentirvi disperare. Prendete il vostro coraggio e affrontate quell'uomo infido come si deve. Non parlerà se lo rimetterete in riga.
Dawson alzò lo sguardo su Anne inarcando un sopracciglio, teso.
— L'ha ammazzato. Pensi davvero che non lo denuncerà? Finirà su una forca se non gli impediamo di parlare.
— E allora impeditegli di parlare se volete salvare quel ragazzo— replicò Anne asciutta. Allungò un braccio e indicò Will che continuava a non guardare nessuno, perso nei propri pensieri nefasti.
—Non avrà più di vent'anni. Volete davvero permettere che venga impiccato per aver difeso l'onore di una ragazza?
—Non è stata una difesa, Anne!— ribatté il marito alzandosi in piedi. —Quella ragazza era già morta, lui ne ha solo difeso la memoria, ma a conti fatti questo non lo giustifica! L'ha ammazzato a tradimento!
Jon batté un pugno sul tavolo facendoli trasalire. Sarah lo guardò intuendo cosa avesse sprigionato quella reazione.
Stavano parlando di sua sorella, quella ferita ancora aperta che per guarire avrebbe impiegato molto, moltissimo tempo.
Jon scattò in piedi come se fosse stato punto da una lama d'acciaio e, senza dire una parola, si precipitò fuori dalla porta. Dawson e Anne si fissarono muti, Will continuò a rimanere fermo con i propri demoni. Fu Sarah ad alzarsi e a seguire Jon all'esterno.
Lo trovò con le mani appoggiate alla parete della casa di Dawson, la testa rovesciata in avanti incastrata tra le braccia. La schiena era scossa da singulti che cercava a stento di trattenere. Profondamente amareggiata, lei gli si avvicinò.
Non disse nulla per un po', gli appoggiò delicatamente una mano sulla spalla e attese che Jon si placasse. Quando fu sicura che lo avesse fatto, Sarah si permise di parlare. —Vi sentite bene?
—Sto bene— confermò lui con la bocca asciutta. —Mi dispiace. È solo che in questi momenti mia sorella mi manca più che mai.
Sarah gli strinse la spalla e con l'altra mano gli prese la testa facendolo voltare verso di lei. —Non posso immaginare cosa proviate— gli disse con sincerità. —Non ho perso una sorella o un fratello e credo che ciò che vi legava a lei fosse un sentimento così puro e profondo che la ferita non se ne andrà mai completamente. Ma ho perso i miei genitori e, nonostante non fossi troppo legata a loro, mi mancano immensamente. Perciò vi dico, Jon, non smettete di lottare per tenere alta la sua memoria. La reazione che avete avuto poco fa è più che lecita, non avete bisogno di giustificarvi.
Lui la guardò affranto, ma pian piano la sua espressione si ammorbidì. —Siete una vera amica, Sarah. Vi ringrazio.
Sarah trasalì e spero che Jon non se ne fosse accorto. Una vera amica, l'aveva definita, come se quello che avevano passato insieme facesse riferimento a un rapporto come un'amicizia. Come se i baci, la disperazione di essersi separati, gli sguardi e il calore delle loro voci non denotassero che ci fosse qualcosa in più.
Cercò di mascherare l'imminente delusione di quelle parole con un sorriso di incoraggiamento, ma non era mai stata troppo brava a mentire e Jon dovette accorgersi del suo cambio di espressione perché le strinse la mano e si portò il dorso alle labbra. —Sapete bene cosa intendo.
Lo sapeva? Sarah non ne era certa. Probabilmente aveva travisato ogni dettaglio del loro rapporto. Forse, considerò, avrebbe dovuto evitare di baciarlo con tale trasporto quando l'aveva ritrovato. Magari lui era stato preso in contraccolpo e non aveva potuto ritrarsi. Eppure Sarah l'aveva sentito, quel desiderio, sprigionarsi anche dal corpo di Jon. Non poteva aver finto. Tuttavia non sembrava molto incline a dare spazio a un qualunque sentimento che andasse oltre l'amicizia.
—Forse dovremmo limitarci a questo?— propose stringendosi nelle spalle.
All'espressione confusa di lui spiegò: —Magari non mi volete come io voglio...
Si morse istantaneamente l'interno guancia mentre avvampava visivamente. Cielo, cosa stava dicendo? Come poteva farneticare di certe cose quando era palese che Jon non avesse alcun interesse sentimentale verso di lei?
L'uomo la fissava inebetito, come se avesse appena sciorinato una serie di imprecazioni che non si addicevano a una signorina come lei.
—Sarah?
—Perdonatemi, ho parlato senza cognizione di causa— lo interruppe lei scuotendo il capo.
—Comunque dovremmo rientrare, dobbiamo trovare il modo di aiutare Will.
Jon si lasciò sfuggire un sospiro, ancora chiaramente turbato da quanto lei aveva detto.
—Purtroppo temo che l'unica soluzione sia tappare la bocca di vostro zio. Anche se Will ha commesso un omicidio, Sarah, agli occhi della legge deve ricevere una punizione.
Inorridita, lei si divincolò dalla sua presa.
—Come potete dire una cosa simile? È Will! Non ha mai fatto nulla di male nella sua vita, ha sparato perché Thomson se lo meritava, ha sparato per onorare il ricordo di vostra sorella!
Negli occhi di Jon tornò a splendere il buio.
— Il fatto che Thomson se lo meritasse non lo giustifica davanti alla legge— replicò atono.
— Ha commesso un crimine.
—Finirà con un cappio al collo— sibilò Sarah.
— Permettereste che accadesse una cosa del genere solo perché è cosa giusta di fronte alla legge?
— Gli ha sparato alle spalle, Sarah.
Il tono di Jon era rigido e quasi freddo. —C'è la pena di morte per questo genere di crimini.
Le labbra di Sarah cominciarono a tremare.
— Mi ha salvato la vita— disse. —Mi ha tirato fuori da quel posto ignobile e non si è fermato davanti a nulla. Se non fosse stato per lui probabilmente a quest'ora sarei morta di stenti e voi vi permettete di farmi la predica perché sto cercando di salvare la sua vita?
Stava iniziando a sentire un grosso vuoto nello stomaco, come se tutti i valori di cui era certa Jon fosse provvisto fossero appena crollati al suolo, come se tutto ciò che lo rendeva grande ai suoi occhi si fosse sgretolato.
—Se Ashton parlerà, Will verrà impiccato e noi non potremo fare niente in merito. Mi dispiace, Sarah, ma non possiamo nulla contro la legge.
Lei sollevò il mento, decisa a non lasciarsi piegare dalle sue parole. —Risparmiatemi la falsità delle vostre ultime parole. Non avreste fatto comunque nulla per salvarlo dalla forca. Perciò spetta a me farlo, e state certo che troverò il modo di salvargli la vita.
Con permesso, lord Charters.
E così dicendo, senza dargli il tempo di ribattere, Sarah si sollevò le gonne e lo lasciò lì, immobile, a fissare il punto in cui era sparita con il cuore in tumulto.
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