29. Cambiare le carte in tavola

Il cavallo giunse con una lentezza che a Jon parve latente ed estenuante. In quel momento l'uomo seppe che qualche buona stella era dalla loro parte; non poté fare a meno di credere che l'avanzare dell'animale fosse un segno del destino.

Non riuscì a credere che Hugh, lo stallone bianco che l'aveva accompagnato negli ultimi cinque anni, fosse davvero lì davanti a loro. Ricordava di averlo visto fuggire la mattina in cui Ashton gli aveva sparato a tradimento, ma evidentemente — cosa che lo riempì d'orgoglio — era un animale fedele al padrone. Anche se, dopo una settimana, Jon non avrebbe potuto immaginare che sarebbe riuscito a trovarlo.

Fece appena in tempo a sorreggere Sarah che gli si accasciò tra le braccia quando scorsero l'animale venire verso di loro.

—    Resistete — le sussurrò all'orecchio, ma gli occhi di Sarah si erano già chiusi.

—Calma, bello — disse la voce di Dawson quando il cavallo si sollevò sulle zampe posteriori, mentre Jon si adagiava contro il fianco sano il corpo di Sarah. — Dovete aiutarmi a sollevarla.

Dawson afferrò le redini del cavallo, ancora imbrigliato, e lo fece avvicinare lentamente. Non appena riconobbe Jon, l'animale gli si accostò adagio emettendo un nitrito che assomigliavo a un bisbiglio.

—Affrettatevi, Jon. Fatemi prendere in braccio la ragazza.

Jon lasciò che il corpo di Sarah gli scivolasse di dosso mentre Dawson la sollevava sulla schiena di Hugh.

—Dov'è finita la sella?— mormorò quando si rese conto che la pelle dello stallone mancava di un accessorio importante. Qualcuno doveva avergliela tolta.

—Probabilmente l'ha persa durante la corsa. Quando ho visto che quel tizio vi sparava ho assistito anche alla fuga del cavallo — spiegò Dawson.

Perplesso, Jon inarcò un sopracciglio. — Non è possibile. Era bene assicurata.

Dawson si strinse nelle spalle. — Comunque non abbiamo tempo di arrovellarci su questo dettaglio. Dobbiamo andare.

Aveva ragione.

Non senza sforzo, Jon riuscì a salire in groppa a Hugh e circondò con le braccia il corpo di Sarah che si era piegato in avanti. Dolcemente la trascinò verso il proprio petto.

Sarah non emetteva un fiato, tanto che lui arrivò a pensare che fosse morta. Il pensiero gli mandò in frantumi il cervello, ma sapeva che era solo svenuta. Di lì a breve si rese conto che stava ancora respirando in maniera naturale e che quindi poteva anche essersi addormentata. Probabilmente non mangiava da giorni e aveva un graffio in corrispondenza del mento, doveva essere stremata.

Si lanciò uno sguardo alle spalle sincerandosi che Will e Dawson li stessero seguendo e poi fece un cenno a Dawson che comprese al volo; sollevando una mano diede una pacca ad Hugh che partì a un'andatura moderata ma rapida. Dietro di loro, Will arrancava visivamente stanco. A Jon si strinse il cuore a quella vista.

Considerò di fermare il cavallo per permettergli di salire al suo posto, ma era consapevole di non poter perdere del tempo prezioso; quasi sicuramente Ashton si era reso conto di essere stato ingannato e gli stava già alle calcagna.

Poi, come una maledizione, giunse quella voce che lui detestava con tutta l'anima e che gli sembrò inizialmente mero frutto della sua immaginazione.

—Correte, Jon!— gridò la voce di Dawson metri e metri distante da loro. Jon emise un ringhio mentre il cavallo impennava sotto la potenza del suo colpo di redini. Sarah gli si premette ancora più vicino e in quel momento riaprì lentamente gli occhi ma lui non se ne accorse.

—Andatevene!— continuava a gridare Dawson ma Jon aveva già invertito la rotta verso il sentiero da cui era partito.

—Maledizione, Jon! Andate via.

Sordo alle proteste dell'altro, lui spronò Hugh al galoppo mentre la voce di Ashton si levava nell'aria frizzante del mattino.

—Jon Charters!

Mosso da una brama incontenibile di vendetta, Jon strinse il corpo di Sarah più forte che poté.

—Dannato bastardo.

Da lontano vide le braccia di Will sollevarsi nel vento e agitarsi nel tentativo di fargli capire qualcosa.

Poi, non appena fu a un paio di metri di distanza, Jon fermò Hugh che emise un nitrito spaventoso.

Dawson continuava a urlargli di andarsene, il fucile puntato su Robert Ashton e un secondo uomo che stringeva tra le dita una pistola.

Jon cercò di metterlo a fuoco. Assomigliava... all'uomo che aveva visto durante le sue allucinazioni quando Claire gli aveva mostrato la scena del suo assassinio.

—Scendete da quel cavallo e restituitemi mia nipote.

La voce di Ashton era piatta e categorica, piatta come la pistola che cingeva con estrema fermezza, ma Jon non si scompose. Aveva occhi solo per l'altro uomo che lo fissava di rimando, con una sufficienza tale che gli fece rizzare i peli delle braccia. Non provava alcun timore. Desiderava solo piantargli una pallottola nel cranio.

—Voi.

—Jon, prendete la ragazza e andatevene!— continuava Dawson sinceramente disperato. Il fucile non traballava nelle sue mani. —Avanti, me la sbrigo io qui.

–Non si discute– asserì lui in tono rigido. Non avrebbe lasciato Dawson e Will a confrontarsi con quei due farabutti neanche se avesse dovuto mettere a rischio la propria vita.

Ashton aveva un'espressione indecifrabile sulle labbra. Jon poteva leggergli negli occhi una miriade di intenzioni differenti, ma era una sola a sovrastare le altre: riprendersi sua nipote.

L'altro, quello che meritava la morte, se ne stava dritto e impettito come se non aspettasse altro che scendesse da cavallo e andasse a fronteggiarlo.

—Jon?

Una voce più flebile e dolce, infine, gli giunse alle orecchie. Proveniva dal basso, dal corpo che teneva stretto come un tesoro prezioso.

Ma lui non poteva guardare Sarah in quel momento, lei lo avrebbe reso troppo vulnerabile e quella volta non poteva permettersi passi falsi che potevano costare il futuro di tutti.

Così, ignorandola, Jon prese la decisione più saggia che gli balenò in testa: spinse Sarah sulla groppa di Hugh ed estrasse rapidamente il fucile che teneva nella fodera. Il movimento gli provocò l'ennesimo fastidio al fianco non ancora guarito, ma lui vi fu indifferente.

Puntò l'arma sull'altro uomo che lo teneva a sua volta sotto tiro e strinse gli occhi.

—Io so chi siete.

Lui socchiuse un occhio.

—Io penso di sapere chi voi siate— fu la sua risposta atona. Sembrava non esserci alcun colore in quel tono di voce, era come se fosse un oggetto inanimato a parlare e non un essere umano. Jon aveva davanti agli occhi l'immagine di Claire che veniva quasi violentata, la lama del pugnale che le tagliava la gola da orecchio a orecchio e quello era tutto ciò su cui riuscisse a concentrarsi. La schiena rigida, osservò lo sconosciuto che non aveva niente di umano.

—Avete assassinato mia sorella.

Fu allora che nello sguardo di quell'uomo, così come in quello di Ashton, balenò qualcosa che Jon non aveva messo in conto: stupore. Probabilmente, considerò poi, si stavano domandando come potesse esserne tanto sicuro.

Alla fine fu Ashton a prendere la parola, mentre Dawson faceva da scudo a Will che, senza nessun ausilio di altro se non del proprio corpo, aveva il mento sollevato per sfidare i più potenti.

—Credo che siate totalmente fuori strada, Charters.

—No, invece— disse l'altro uomo facendosi più vicino.

Ashton si voltò a guardarlo a metà tra l'irritazione e lo sconcerto,

presumibilmente domandandosi cosa gli saltasse in mente.

—Che cosa state facendo?— sibilò.

—La verità, Ashton, è una delle cose più preziose a questo mondo— fu la risposta fredda.

L'uomo sorpassò Ashton abbassando la pistola e la lasciò cadere al suolo. Aggrottando la fronte, Jon gli tenne il fucile ben puntato addosso fino a quando lui non fu a un palmo dal cavallo.

—Io sono l'assassino di Claire Charters— confessò in tono teatrale e per un attimo, per la serietà di quelle parole, tutti i presenti credettero che si stesse redimendo. —Non volevo ucciderla. È stato per i suoi occhi, vedete... e poi mi si strusciava addosso e io sono pur sempre un uomo.

L'ultima parola fu interrotta da una stridente risata che mandò in frantumi la realtà della sua ammissione.

L'uomo gettò indietro la testa e rise come se trovasse tutto quello fin troppo divertente.

—Vostra sorella era una prostituta.

Si asciugò un rivolo di saliva dall'angolo della bocca. —Si è meritata quello che le ho fatto.

Prima che Jon potesse permettere alla rabbia di esplodere, ci fu un gran silenzio, il silenzioso più rumoroso che lui avesse mai percepito, e alla fine giunse lo sparo. Il colpo lasciò l'uomo impietrito, la bocca ancora spalancata per le risate, mentre una pozza di sangue scuro si allargava sul tessuto bianco della camicia che si intravedeva sotto il cappotto. Lentamente, un rivolo di sangue gli scivolò via dalla bocca per scendere sul mento e poi lungo il collo. Jon assistette alla scena come se si trovasse in una qualche specie di limbo, un luogo di cui non sentiva di far parte. L'espressione di quell'uomo non vacillò nemmeno in quel momento, con la morte che lo stava trascinando con sé, perché sembrò che continuasse a ridere perfino quando crollò in ginocchio e rovinò al suolo di petto.

—Che cosa hai fatto?— Jon riconobbe la voce di Dawson. Turbato da quanto aveva appena visto, si decise a scoprire chi era stato a sparare. Quando gli occhi gli si posarono sulla figura di Will qualcosa si frantumò dentro di lui. Era solo un ragazzo. E aveva appena ucciso un uomo.

Il fucile traballava nelle sue mani come fosse scosso da una serie infinita di vibrazioni, gli occhi spalancati fissavano il corpo ormai senza vita dell'uomo che gli aveva appena confessato di essere l'assassino di Claire.

—Non mi sono reso conto che aveva preso l'arma— tentò di giustificarsi Dawson, ma nessuno gli rispose. Ashton gli teneva ancora la pistola puntata contro, e ora Dawson era disarmato, ma la scena che si era appena svolta sembrava aver scosso anche lui.

—Maledetto idiota!— sibilava. —Maledetto inetto.

Parole che alle orecchie di tutti sembravano senza senso.

—Will, butta quel fucile e vieni qui— trovò la forza di dire Jon. Il ragazzo non sembrò neanche sentirlo.

—Will?

In quel momento colsero un movimento alle loro spalle e si resero conto che Ashton si stava dileguando correndo verso il sentiero opposto. Jon fu lesto a puntare il fucile ma la voce di Dawson lo frenò.

—No— sollevò una mano. —Lasciatelo andare. Prima dobbiamo pensare al ragazzo.

Dovette riconoscere che aveva ragione, pur contro la sua volontà. Will era diventato bianco come un cencio e respirava affannosamente. Dannazione.

Era appena diventato un assassino, rifletté Jon con amarezza. Ashton ne era stato testimone. E avevano dovuto lasciarlo fuggire.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top