27. Come un raggio di sole


Buonasera, lettori! Perdonatemi per gli aggiornamenti più lenti ultimamente, ma causa ripresa lavoro sono un po' più impegnata, anche se cerco di rispettare gli aggiornamenti settimanali 😁
Devo ammettere che sono stata felicissima di poter finalmente scrivere questo capitolo, e spero che piaccia anche a voi! Fatemelo sapere.
Un abbraccio,
Alicia.

***

Per tutto il giorno successivo Jon si preparò ad affrontare Robert Ashton. Il dolore per la ferita che l'uomo gli aveva inferto era scemato ma non era sicuro che non gli sarebbe rimasta una cicatrice. Tuttavia non poteva permettersi il lusso di pensarci. Se non si fosse sbrigato, Ashton poteva fare qualcosa di azzardato e lui non se lo sarebbe mai perdonato. Soprattutto, se non avesse avuto la possibilità di dire a Sarah che quantomeno le voleva bene. Non si concedeva la libertà di credere che ciò che lo legava a quella ragazza fosse qualcosa in più di un semplice, benevolo affetto, perché se lo avesse fatto sarebbe significato che era destinato a soffrire.

Com'era ormai sua consuetudine pensare, nessuna donna con un po' di sale nel cervello si sarebbe dovuta innamorare di lui. E Sarah non era una di quelle donne frivole e sciocche da poter cadere in quella spirale da cui non si tornava indietro. Eppure doveva sapere che almeno lui le voleva bene. Tutto ciò che Jon desiderasse era rivederla, sincerarsi che stesse bene, e diventare suo marito così che potesse finalmente essere al sicuro da qualunque male. Sperava solo che non fosse troppo tardi.

Dawson gli strinse una spalla in un gesto di conforto.
-So che siete teso, Jon, ma avete me dalla vostra parte.
Jon annuì tentando un sorriso. –Il mio unico timore è quello di non arrivare in tempo. Ashton è un uomo meschino, a quest'ora potrebbe già...
-Non dovete pensare al peggio!- S'intromise Anne in tono concitato. –Sono sicura che l'affetto che la lega a voi l'abbia tenuta in vita.
-Non si tratta di questo.- Jon scosse la testa passandosi una mano sulla fronte. –Potrebbe già essersi approfittato di lei.
Quel pensiero gli fece annodare lo stomaco. D'improvviso l'immagine di Sarah in pericolo gli balenò in mente e fu talmente vivida e tangibile che gli mancò il fiato; gli sembrò di vedere Ashton sopra di lei che tentava di strapparle gli abiti, che le tappava la bocca mentre Sarah cercava di gridare, e poi l'inimmaginabile che accadeva. Spalancò gli occhi.
—Dobbiamo andare.

Dawson annuì. Si accostò alla moglie che nel frattempo si era portata una mano alla bocca e le sfiorò la fronte con un bacio leggero promettendole che sarebbe tornato presto e che non doveva preoccuparsi.
Si caricò in spalla il fucile del padre defunto e poi fece un cenno a Jon.
— Andiamo.
— Dawson?— La voce di Anne era flebile, quasi come il pigolio di un uccello. Dawson si voltò verso di lei prima di varcare la soglia di casa. —Sì?
— Sta' attento, va bene? Io ti aspetto qui.
Le labbra del marito si curvarono in un sorriso di rassicurazione. — Lo so. Ci vediamo presto, Anne, te lo prometto.

Jon osservò lo scambio di sguardi dei due e qualcosa fremette dentro di lui. Sarah. Voleva rivedere gli occhi di Sarah. La luce. La caparbietà. Riassaporare le sue labbra. Stringerla tra le braccia. E lo voleva subito. Avrebbe affrontato Ashton a mani nude se avesse scoperto che le aveva fatto qualcosa.
Io la devo trovare fu l'unico pensiero che lo accompagnò da quando salutò e ringraziò Anne e lasciò la casa del medico a quando si immerse nella vegetazione che costeggiava il cortile. E anche dopo. Quel pensiero lo avrebbe guidato fino a quando non avesse visto il corpo di Sarah con i propri occhi.

***

Will sembrava stremato, e Sarah lo era al pari. Ormai non sapeva più da quanto tempo stessero camminando, forse tutta la notte o tutta la vita. Doveva appena essere passata l'alba.
La schiena le doleva da impazzire, tutte le sue ossa sembravano tendersi fin quasi a volerle strappare la pelle, la testa vorticava in un turbine di sensazioni confusionarie. Sapeva che aveva bisogno di mangiare per poter riacquistare le forze, ma ormai non ne aveva l'opportunità. E c'era Will, che sembrava pronto a svenire se lei avesse chiuso gli occhi, e non aveva idea di come aiutarlo, di come aiutare nemmeno se stessa.

Vagavano senza una meta perché ad Ashton House non potevano tornare e neanche a Charters' House, la residenza di Jon. Jon. Se avesse avuto la forza di strapparsi via il cuore lo avrebbe fatto. Che cosa la legava a quell'uomo? Suo zio le aveva posto quella domanda un giorno che sembrava ormai lontano, e lei non aveva saputo rispondere. Forse non voleva rispondere perché non ne era certa, eppure c'era qualcosa, in un punto imprecisato del petto o della mente, in un posto molto distante dal cervello, che sembrava saperlo perfettamente. Una voce a cui lei non poteva più dare ascolto. Perché Jon se n'era andato e non sarebbe mai più tornato. Perché lei si era intrufolata nella sua vita ed era stata la causa per cui lui era stato ammazzato, perché se avesse accettato il proprio futuro e la vita a cui suo zio voleva destinarla nulla sarebbe accaduto. E Jon sarebbe stato ancora vivo.

Digrignò i denti e si lasciò cadere di colpo in ginocchio atterrando sul terreno umido. A quel rumore, Will si voltò immediatamente verso di lei.
— Signorina Sarah!
Si precipitò accanto al suo corpo rannicchiato e cercò di prenderle la mano, ma lei si scansò. — Non ha senso, Will...
Niente di questo ha senso. Ho causato la morte di un brav'uomo, te ne rendi conto? Sono stata io.
— Non è affatto così- rispose Will caparbio. —Lord Ashton è un uomo ignobile, e la colpa di questo non è vostra ma sua. E lord Charters... Lui vi voleva bene, ecco perché voleva proteggervi. È morto con onore.

Quelle ultime parole parvero farle crollare il terreno sotto ai piedi. Sarah scoppiò di nuovo in lacrime e si gettò tra le braccia di Will che la accolse gentilmente stringendola come avrebbe fatto con una figlia.
—Ascoltatemi, signorina. So che eravate legata a lord Charters, anche un cieco se ne renderebbe conto, ma ora lui non c'è più e voi dovete trovare la forza di rialzarvi e andare avanti. Io lo so che siete coraggiosa, lo siete sempre stata fin da quando vi conosco. Perciò adesso tiratevi su e continuiamo.
— Per dove? Dove stiamo andando, Will? Non c'è nessun posto da raggiungere e Dio solo sa cosa farebbe mio zio se ci trovasse! Siamo senza un cavallo, stanchi morti, senza cibo e acqua, e Jon è morto! Jon è morto e io non so davvero come posso andare avanti e fingere che non sia accaduto.

Le mani di Will strinsero le sue con forza mentre cercava il suo sguardo dietro i capelli che le erano scivolati davanti agli occhi. –Lo faremo insieme. Andremo avanti insieme, in qualunque posto. Dobbiamo cercare di raggiungere il confine della città, cercare aiuto, ci sarà qualche anima pia disposta ad aiutare due fuggiaschi.
— Il mondo non è fatto di gente buona, Will- lo interruppe Sarah asciugandosi le lacrime. –E se si trovano persone buone ci saranno sempre pronte quelle meschine a toglierle di mezzo. Questo mondo non è fatto per gente come noi. Perché questo è ciò che è accaduto a Jon, ciò che io ho permesso che accadesse.

—Ne siete davvero certa?

Gli occhi di Sarah si puntarono sulle labbra di Will che erano rimaste incollate le une con le altre. Non era stato lui a fare quella domanda.
Will non aveva parlato. Ma allora chi...
Poi quella voce tornò.
— Ne siete davvero certa, Sarah?
Sembrò che qualcosa fluisse istantaneamente dentro di lei, come un raggio di sole che si aprisse un varco in un cielo coperto da nubi grigie e le riscaldasse il petto. Un singulto le lacerò le labbra di colpo sigillate.
Jon.
Quel nome le fuoriuscì con una naturalezza che la fece rabbrividire. Jon? Era la sua voce, l'avrebbe riconosciuta tra decine di altre voci, ma lui era morto. Probabilmente stavano tornando le allucinazioni, come quando aveva sentito la voce di suo padre, forse i morti stavano venendo a prenderla e quella era una conseguenza delle sue azioni sventate. Forse stava morendo anche lei. Giunta a quel punto decise che avrebbe accolto quella possibilità come la migliore se fosse servito a placare il dolore e i rimpianti. Almeno avrebbe rivisto i suoi genitori, Jon, forse anche sua sorella anche se lei non l'aveva conosciuta. Probabilmente era la cosa più giusta.

Ma poi vide gli occhi di Will sgranarsi e la bocca spalancarsi come se stesse vedendo un fantasma.
–Miss Ashton... - mormorò attonito fissando un punto oltre la sua spalla. –Credo che dovreste voltarvi.

Sarah impiegò qualche istante a farlo, come se le parole di Will non potessero corrispondere alla realtà, temendo che se si fosse voltata avrebbe trovato suo zio e allora si sarebbe soffocata con le proprie mani. Ma quando si accorse che il ragazzo fissava con stupore qualcosa, o qualcuno, alle sue spalle, quando notò che le labbra gli tremavano, lei seguì il suo suggerimento, si alzò con un gemito e si voltò. Lentamente, come se in qualche modo provasse un certo timore di cosa avrebbe potuto vedere, e quegli istanti furono i più lunghi che avrebbe mai sperimentato nella sua vita.
E infine si girò completamente.

A non più di un paio di metri di distanza spiccavano due sagome scaldate dal lume pallido di un sole dei primi giorni di luglio che creava un profilo aranciato sulla sommità delle teste. Sarah si sentì rimettere a posto il cuore nel momento esatto in cui posò gli occhi sulla sagoma che stava più avanti. Dalla spalla gli spuntava un fucile, la parte inferiore del viso era coperta da una barba leggera e quel particolare avrebbe potuto fuorviarla, ma le bastò guardarlo negli occhi per esserne certa. Era sempre stata certa che quegli occhi non avrebbe potuto dimenticarli nemmeno in cento anni di vita senza di lui.
Jon.
— J... Jon? – Flebile, il suono lasciò le sue labbra come a rallentatore.

Gli occhi di lui parvero riaccendersi di una qualche sensazione che lei non seppe identificare, troppo rapita, troppo persa ad osservarlo come se lo vedesse per la prima volta. Era davvero lui? Come poteva essere lui se aveva assistito al suo omicidio a tradimento? Come poteva credere che fosse reale, che non fosse la sua immaginazione, ancora una volta, a giocarle brutti scherzi?
— Jon?
Stavolta lo pronunciò più forte, quel nome, come se in quel modo riuscisse a dare più credito a quanto stava vedendo.
Le labbra dell'uomo si curvarono verso l'alto mostrandole un sorriso concreto, reale, più disteso di quelli che le aveva rivolto durante il tempo che avevano trascorso insieme.
Sarah.
E quello fu tutto ciò che lui fu in grado di dire da lì ai cinque minuti che seguirono.

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