20. Orgoglio e rassegnazione
—Quanto tempo hai intenzione di star via?— gli aveva chiesto sua madre portandosi una mano alla tempia. Jon si era trovato costretto a piombare nella sua stanza, cosa che non aveva mai fatto in quasi ventotto anni di vita, e a svegliarla all'alba per metterla al corrente che per un po' sarebbe partito con la signorina Ashton. Lady Charters, intontita e ancora un po' insonnolita, si era subito levata in piedi.
—Che cosa hai in mente, figlio mio?
Jon le aveva preso le mani tra le proprie, con l'urgenza di partire e il pensiero che sua madre sarebbe stata comunque al sicuro anche senza di lui, e ne aveva baciato dolcemente il dorso. —Jon... Tu hai dormito con la signorina Ashton?
Lui si era trovato obbligato ad annuire, ma subito dopo, quando la donna aveva sgranato gli occhi minacciando di crollare sul letto, si era affrettato a tranquillizzarla. —Non l'ho toccata, madre, ve lo assicuro.
—Voglio ben sperarlo— aveva sussurrato lady Charters deglutendo a fondo. —La signorina Ashton è troppo pura per ritrovarsi con una reputazione irrimediabilmente macchiata.
Jon aveva serrato le labbra.
Certo che era troppo pura, tuttavia era anche in pericolo, ma sua madre non poteva ancora essere messa al corrente del loro piano. Non avrebbe di certo retto alla notizia che avevano intenzione di sposarsi per salvare il futuro della signorina Ashton da un uomo -un suo consanguineo- che aveva come unico scopo quello di infilarsi nel suo letto, mentre era sposata a un individuo che ripudiava il genere femminile. Tutt'ora, solo al pensiero, a Jon veniva voglia di prendere a pugni entrambi. Ashton per aver ingegnato un piano tanto meschino, l'altro uomo per aver acconsentito a una simile barbarie.
—Lei non sarà mai adatta a te— aveva continuato lady Charters guardando il figlio con espressione rammaricata. —Non fino a quando tu non cambierai il tuo stile di vita.
—Sapete bene che non sono più quel tipo di uomo— le aveva risposto Jon, con una nota di risentimento nella voce. Tuttavia, al momento non c'era abbastanza tempo per convincere sua madre, così le aveva deposto un bacio sulla fronte pronto a salutarla.
La mano di lady Charters si era avvinghiata al suo avambraccio. —Cosa devi fare di tanto importante da spingerti a partire con lei e per di più all'alba? Quando tornerai?
—Tornerò presto— le aveva assicurato lui tentando un sorriso per tranquillizzarla. —Ma per quanto riguarda il motivo della partenza, purtroppo per il momento non posso farne parola. Vi prometto che non appena tornerò vi dirò ogni cosa, madre.
Poi le aveva stretto forte la mano e aveva lasciato la stanza, afferrato il suo esiguo bagaglio e si era diretto verso l'uscita. Era stato allora, fermo davanti all'uscita sul retro, che aveva sentito un grido strozzato provenire dall'esterno. Aveva appena aperto la porta quando si era resto conto che fuori c'era qualcuno, e che Sarah da sola non avrebbe potuto dar voce a un rumore tanto accentuato. I suoi sensi si erano subito messi in allerta, facendogli lasciar cadere il bagaglio sul pavimento. Si era precipitato all'esterno, certo a quel punto che ci fosse qualcosa di strano, qualcosa che non era andato secondo i piani.
E quando aveva svoltato l'angolo, aveva fatto appena in tempo a notare il corpo esanime di Sarah che veniva trascinato da un uomo voltato di spalle insieme a quello di un altro, più basso e meno tarchiato. La disperazione, allora, si era impossessata di lui. Avrebbe scommesso qualunque cosa su chi stesse trascinando via Sarah. Preso dalla rabbia, aveva cominciato a correre verso i tre, ma prima che potesse avvicinarsi avevano già caricato Sarah su una carrozza e non avevano ancora chiuso lo sportello che era partita come se avesse il diavolo alle calcagna. Non erano diretti verso Ashton House, ma nella direzione opposta.
Maledizione! La stavano rapendo.
In quel momento Jon cambiò senso di marcia e si diresse rapido verso la stalla. Timothy era già in piedi, come sapeva, e stava raccogliendo qualcosa dai rimasugli di paglia del terreno.
—Timothy, sellami Hugh, subito— ordinò.
Il ragazzo annuì, palesemente esterrefatto, ma obbedì.
Una volta che fu saltato in sella, Jon non riuscì a pensare a cosa sarebbe accaduto se non avesse ritrovato la carrozza che si portava dentro Sarah.
Spronò il cavallo al galoppo maledicendosi per aver perso tanto tempo ad avvisare sua madre, riflettendo che non avrebbe dovuto mandare Sarah da sola nelle stalle, dandosi dell'idiota perché si era reso conto di aver giocato in ritardo rispetto al suo avversario.
Non poteva perdere anche lei. No, non poteva proprio.
Superò il giardino, poi il cortile, infine il cancello seguendo la direzione che aveva visto prendere la carrozza. La intravide molto in lontananza, ma non era ancora fuori dal suo campo visivo. Un punto a suo favore. Avrebbe spronato Hugh al galoppo più sfrenato per raggiungerla e, quando l'avesse fatto, a Robert Ashton sarebbe servito l'intervento di Dio per salvarlo dalla sua furia.
***
Dopo il primo impeto di ribellione, Sarah capì che continuare in quel modo non l'avrebbe condotta da nessuna parte. Si era risvegliata con un mal di testa atroce e una sensazione di ottenebramento intensificata dal fatto che i finestrini di quella carrozza erano oscurati dalle tendine.
Suo zio le sedeva di fronte, la pistola ben puntata contro la tempia di Will che fissava un punto imprecisato in basso.
Sarah aveva paura, ma cercava di non darlo a vedere. Non sentiva il desiderio di biasimare Will per quello che aveva rivelato a Robert Ashton; in fondo, sapeva che il ragazzo aveva agito solo per il suo bene o almeno questo era stato ciò che aveva pensato. Non poteva sapere che suo zio era tanto più scaltro di lui, perché non ci era mai stato a diretto contatto. Ma lei sì, lei lo conosceva bene. Adesso più che mai sapeva di cosa fosse capace.
—Voglio sapere dove mi state portando.
Ashton la fissò senza rispondere, mentre le sorrideva con un ghigno maligno. Sarah fece per alzarsi dal sedile, pronta a lanciarglisi addosso con tutta la forza di cui era disposta, ma poi la ragione ebbe la meglio. Qualunque atto di ribellione avesse messo in scena, lui avrebbe usato il corpo di Will come scudo per ferirla.
Aveva la mente paralizzata da quello che sarebbe accaduto, ma nonostante quello sapeva altrettanto bene che l'unica parte di sé che l'avrebbe salvata da quella situazione era il cervello.
In quel momento, mentre fissava con disprezzo suo zio, aveva un unico pensiero in testa: Jon. Si chiese come avesse reagito alla sua scomparsa, se stesse inseguendo la carrozza per aiutarla, o se invece avesse deciso di abbandonarla perché non valeva la pena rischiare così tanto per salvare una donna che l'aveva sempre trattato con sufficienza.
Quello era uno dei rimpianti più dolorosi che avesse.
Se l'avesse conosciuto a fondo, dieci anni prima, se lei non fosse stata tanto arrogante e sicura di sé da vederlo come un essere inferiore, forse Jon si sarebbe addirittura affezionato a lei. Ma non poteva, nonostante le avesse promesso di proteggerla. Si accorse istintivamente che le mancava. Che avrebbe dato qualunque cosa per rivederlo. Che sperava avrebbe superato il dolore per la morte di sua sorella, anche se lei probabilmente non sarebbe stata con lui da vederlo. Sapeva che Jon era forte, ma aveva visto anche la sua fragilità, la dolcezza che lo legava alla madre, un affetto delicato che l'aveva colpita nell'animo. Sarebbe andato avanti, in un modo o nell'altro, ma senza di lei. Perché Sarah era consapevole di cosa sarebbe successo entro breve. Ashton l'avrebbe portata chissà dove, lontano da Londra, sfruttando Will per tenerla buona e poi l'avrebbe costretta a diventare la moglie di Thomson per poter fare della nipote ciò che desiderava. Sarebbe tornato tutto al punto di partenza, e quel pensiero minacciò di farla scoppiare in lacrime davanti a suo zio.
Le ricacciò indietro. Non gli si sarebbe mostrata debole e remissiva, perfino rassegnata, anche se dentro lo era.
Jon.
Avrebbe voluto dirgli tante cose in quel momento. Di quanto gli fosse grata, di quanto si pentisse per tutti gli anni in cui non lo aveva apprezzato degnamente, di quanto avesse paura di non rivederlo mai più. Ma lui non c'era. Non sarebbe mai arrivato, probabilmente, e questo la distrusse.
—Vorrei sapere che cosa ti ha spinto a fuggire dalla tua casa— disse Ashton spezzando il rumoroso silenzio delle sue riflessioni.
Sarah percepì l'impulso di schiaffeggiarlo, di urlargli addosso tutto il suo disgusto e il suo odio, ma si frenò ancora una volta. Tuttavia, era ormai troppo tardi perché Ashton aveva notato la sua espressione di disprezzo.
—Tu sai qualcosa.
—Mi farò suora prima di permettere a voi di sfiorarmi— sibilò Sarah tra i denti. —Lo giuro sulla tomba dei miei genitori.
Ashton per poco non le scoppiò a ridere in faccia, mentre Will tentava di muoversi sul sedile. Venne prontamente rimesso al suo posto dall'arma che l'uomo stringeva nella mano destra.
—In realtà, nipote, potresti trovare l'esperienza addirittura piacevole, come immagino tu abbia già sperimentato con Jon Charters. Ah, se solo tu non fossi tanto frigida sarebbe tutto molto più semplice.
—Semplice— ringhiò lei resistendo all'istinto di colpirlo. —Siete il fratello di mio padre! State architettando questo scempio per potervi approfittare di me, per poter entrare in camera mia a vostro piacimento. Io sono vostra nipote, maledizione! — sbottò mentre il disgusto, la rabbia e l'impotenza si mescolavano dentro di lei rischiando di farle perdere il lume della ragione.
Lo detestava, lo odiava.
Robert esibì una smorfia calcolatrice. —Non mi approfitterei di te, Sarah. Tu saresti consenziente.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Inspirò ed espirò a lungo. L'istante successivo un rivolo di saliva partì dalle sue labbra per piantarsi direttamente sull'occhio sinistro di suo zio.
—Io non vi permetterò mai di servirvi di me.
Apparentemente indifferente al gesto che lei aveva appena compiuto, Ashton usò la stoffa della giacca per pulirsi di dosso la sua saliva, poi caricò la pistola che teneva ancora puntata contro Will.
—Provaci di nuovo e la prossima cosa che troverai sul mio volto e il tuo, sarà il cervello spappolato di questo pezzente.
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