Capitolo 4

Quando entrai il processo era appena iniziato. Cercai con lo sguardo mia madre. Eccola. Era seduta vicino alla finestra. Ai lati c'erano due uomini che la controllavano. L'uomo alla sua destra era alto e muscoloso, aveva dei lineamenti rozzi, le mani grosse, la barba incolta e la pelle bruciata dal sole. L'altro invece era l'esatto apposto: magro, alto con gli arti affusolati, la pelle olivastra, due profonde occhiaie violacee e un paio di baffetti neri.

Mi concentrai su mia mamma . Era pallida, scheletrica, stanca, livida, con gli occhi spenti. Era quello che rimaneva di mia madre. Come un guscio, una conchiglia svuotata all'interno.

Il processo fu veloce. Molti del villaggio testimoniarono contro di lei, come anche molti del consiglio, copreso Fidel. Fidel era il protettore del villaggio. Di Fidel tutti si fidavamo, Fidel risolveva i problemi della comunità, Fidel aiutava il villaggio, Fidel era il primo cittadino, il più ascoltato e carismatico. Tutti credevano a Fidel. La sua sola testimonianza sarebbe bastata a condannarla e lui la condannò.

L' inquisitore parlò, disse che avevano prove e testimonianze a sufficienza per poter affermare che la donna era effettivamente una strega e sarebbe state bruciata sul rogo all'imbrunire. Istruì i due uomini al fianco di mia madre affinché iniziassero a formare la pira nella piazza.

L'inquisitore era un tipico uomo spagnolo. Sulla quarantina, carnagione scura e capelli scuri, occhi nocciola che scrutavano qualsiasi dettaglio. Baffi e pizzetto come portavano gli aristocratici, cosa che mi sembrò un pò ridicola considerando che era un uomo di chiesa, ma una cosa non escluseva l'altra. Naso dritto, labbra sottili. Sarebbe stato anche un bell'uomo se non avesse incarnato l'essenza di tutto ciò che odiavo: la supponenza di chi pensa di sapere tutto, il disprezzo per chi sa meno, la stupidità di chi in realtà non sa nulla.

Non riuscivo più a trattenermi. Mi alzai in piedi di scatto.
"Voi! Voi codardi! Voi siete solo dei bastardi, voi non avete idea di cosa lei abbia fatto per questo villaggio!".
Mi scagliai in direzione di mia madre, un paio di persone cercarono di fermarmi, ma non riuscirono. La rabbia era troppa e mi dava una froza sovraumana. "Mamma..." dissi afferrandole le mani "Mamma te ne prego di loro la verità, te ne prego...mamma" dissi tra le lacrime. Piansi silenziosamente. Mia madre mi accarezzò dolcemente la guancia
"Piccola mia, mi dispiace così tanto". Sentii afferrarmi per i polsi. I due uomini che prima si trovavano di fainco a lei stavano cercando di allontanarmi.

Uno mi aveva preso per i polsi e mi tirava indietro.
"No! No!" urlai disperata. "Lasciatemi! Non è una strega! No, non lei!". Mi voltai verso Fidel.
"Lui! Lui è un demone! E' colpa sua, tutta colpa sua e anche colpa vostra! Questo villaggio dovrebbe essere raso al suolo! Voi non vi meritate nulla! Mia madre avrebbe dovuto lasciarvi sterminare dai demoni!".

Più l'uomo mi tirava, più io mi dimenavo. Ero forte, piú forte di una comune ragazzina, ma lui questo non poteva saperlo.

"Ora basta stupida ragazzina!" uno dei due inquisitori, quello pallido come un cadavere, mi tirò uno schiaffo talmente forte da farmi fischiare l'orecchio.

Dopo avermi assestato il mal rovescio si girò vero il giudice "Questa ragazza" esordí "è assatanata, forse non siamo stati cauti col processo...dovremmo processare anche lei, come la madre". Il giudice mi scrutò e l'omone che mi teneva, quello muscoloso, serrò la presa sui miei polsi. Mi faceva male.

"No vi prego!" gridò mia madre alzandosi in piedi.
"Lei è solo una ragazzina!" "Silenzio, strega!" rispose il giudice. "Forse siamo stati troppo frettolosi, si infatti" disse alzandosi dal suo posto e raggiungendoci
"questa ragazza ha gli occhi spiritati".
Il giudice si avvicinò a me e prese la mia faccia tra le mani. "Tratti angelici, ma se c'è qualcosa che ho imparato in tutti questi anni è che diavolo si cela in tutte le forme".

Sorrisi a quell'uomo con aria di scherno. Poi sputai, colpendolo perfettamente sulla guancia. Un altro schiaffo, questa volta sull'altra guancia. Mi guardava con disprezzo.
"Inquisitori, portatela nella cella..." ordinò, girandosi di spalle.
"No vi prego, ve ne prego!" urlò mia madre, cercando di raggiungermi, invano, perché le sue mani erano cinte da catene legate alla parete, per evitare che potesse scappare o secondo le credenze di quegli stolti che scagliasse qualche sortilegio.

"Confesserò! Ve ne prego, confesserò!". Il giudice si bloccò, per poi girarsi verso mia madre.

Era immobile e la fissava pensieroso. Io tremai, perché sapevo a cosa stesse pensando. Sapeva che una confessione da parte di una donna che ammettesse di essere una strega, provando così la malvagità e esistenza del demonio e la volubilità dell'animo umano corrotto, era più importante di cento donne bruciate come streghe senza confessione.

"Confessate di essere una strega?" "Sì, io confesso" rispose mia madre sommessamente, chinando il capo.
"Confessate di aver fatto un patto col Demonio, vendogli l'anima per ottenere i vostri poteri malefici?"
"Sì, confesso"
"Confessate che gli attacchi nel villaggio e gli animali morti nei boschi, completamente esangui sono opera vostra, dei vostri Sabbath e delle vostre diavolerie?" "Si, lo confesso".

L'inquisitore ci pensò un poco su.

"Lasciate la ragazzina e andate a preparare la pira" tuonò. La presa sui miei polsi venne allentata e mi trovai libera d'un tratto. Corsi verso mia madre, ma il giudice mi sbarrava il passaggio e mi diede un colpo dietro la nuca col suo bastone. Mi bloccai. Sentivo la testa ovattata, le orecchie fischiare. Girava tutto. Caddi a terra come un corpo morto. L'ultima cosa che sentii fu mia madre gridare il mio nome mentre la trascinano via. Poi la vista mi si appannò. Mi sentii sollevare da terra e vidi una figura nera portarmi in braccio: Fidel. Poi il buio.

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