Capitolo 25

Stavamo preparandoci per la partenza. I domestici stavano stendendo vari teli suoi mobili e Alma faceva l'inventario. Io mi stavo vestendo per andare a salutare Ruben e la sua famiglia, ma mentre mi stavo mettendo la mantella Miguel mi fermò.

"Dove stai andando Rebeca?"

"A salutare Ruben e la sua famiglia" dissi.

"Non ce n'è bisogno" rispose lui.

Lo guardai interrogativa.

"Ho detto loro che siete morta" disse.

"Voi cosa?!" urlai.

"Ho comunicato alla famiglia della vostra morte".

"Perché lo avete fatto?" urlai scagliandomi verso lui.

"Voi non siete più umana Rebeca, almeno non interamente. Non ha senso per voi mantenere i contatti con quella famiglia".

"Voi non potete decidere cosa io possa o non possa fare!" dissi arrabbiata.

"Rebeca, guardatevi allo specchio. Voi non siete invecchiata. Da quando avete 20 anni, siete rimasta la stessa. Anche foste andata da loro cosa sarebbe cambiato? Voi non potrete mai piú rivederli Rebeca. Loro sono destinati a morire, voi no. Dovete abituarvi a questa idea. Loro sono di passaggio, voi no. Almeno non per ora".
Scoppiai a piangere. Li avrei voluti salutare. Abbracciare ad uno ad uno. Incontrare Agacia e il suo bambino, dare un bacio a Maria ed ai ragazzi e ringraziare Ruben.
"Vi prego postereste almeno consegnare loro una lettera da parte mia? Ditegli che l'ho scritta in punto di morte".
Lui annuì. Salì in camera e poi gliela consegnai. Era bagnata dalle lacrime che avevano leggermente sbiadito le scritte sulla busta. 
Gliela consegnai e lui uscì per consegnarla.
Tutto stava finendo. La mia vecchia vita era finita. Nulla più mi legava al passato. Nulla.
Mi chiusi in camera e misi la collana della mia famiglia e il fermaglio di Fermina in una piccola scatolina. Aprii la finestra ed inspirai profondamente. Addio Rebeca.

Ci eravamo trasferiti da due anni quando finalmente Miguel mi disse come potevo respingere i demoni. Stavo andando a dormire e lii entrò nella mia stanza.
Io ero vicino al letto in camicia da notte. Mi misi una vestaglia.
"Stavate dormendo?" chiese lui.
"No, non ancora".
Lui si avvicinò a me e si sedette sul letto.
Mi fissava ed era affamato, glielo leggevo negli occhi.
Con calma lui spostó la vestaglia e la camicia da notte dalla mia spalla. Io arrossi leggermente e lui mi guardó fissa negli occhi, cosa che mi fece arrossire ancora di più.
Mi bació piano la pelle e lentamente affondó o canini nella mia carne. Una sua mano era appoggiata alla base della mia nuca, l'alta invece sulla schiena e la accarezzava lentamente. Io mi aggrappai ai suoi capelli, come per farmi forza. Il dolore che provavo quando beveva il mio sangue era diminuito, rispetto ai primi tempi. Quando ebbe finito si staccó e lentamente leccó via un rivolo di sangue che sgorgava dalla ferita.
Io rapirai profondamente e mi sdrai sul letto, poiché iniziavo e sentire la testa girare.
Mi fissava. Io ero imbarazzata così distolsi lo sguardo e mi voltai dall'altra parte.


"Appena ti sarai ripresa indossa qualcosa e scendi in sala da pranzo, ti attendo li".

Quando sentii la porta chiudersi mi alzai velocemente per specchiarmi. Avevo il viso pallido, la le guance erano particolarmente rosse per l'imbarazzo. Vivere con Miguel era strano. Spesso si chiudeva nel suo studio e puer essendo in casa entrambi non ci vedevamo per giorni. Altre volte invece spariva ,senza avvisare nessuno, per poi ricomparire settimane dopo con disinvoltura, come non fosse andato mai via. Questa volta era scomparso per più di un mese, insieme ad Alma. Non ero sicura se ne fossero andati assieme, ma pochi giorni dopo la partenza di Alma, anche lui era andato via, per poi tornare con lei questa mattina. Ormai non me ne stupivo più. Avevo capito che i demoni erano come animali selvaggi, non sentivano senso di appartenenza in nessun luogo, se non forse l'inferno, la loro vera casa. Loro viaggiavano, si spostavano, sparivano, perché nulla li legava alla cose terrene. Io ero immortale, ma ogni volta che sparivano non riuscivo a non sentirmi sola, abbandonata. Io non ero come loro e questo pensiero, devo dire, mi rincuorava.

Indossai il primo abito e scesi frettolosamente le scale. Ad aspettarmi c'erano Miguel ed Alma. Lei mi guardò e si alzò in piedi.

"Finalmente" rispose la succube "possiamo andare adesso?".

"Andare dove?" chiesi perplessa.

Lei sorrise di sottecchi "lo vedrai..."

Miguel non disse nulla e si avviò semplicemente verso il portone.

Il sole era appena tramontato. Sellammo i cavalli e ci addentrammo nel bosco. Fu una cavalcata lunga, perché quando scendemmo da cavallo le stelle erano già alte nel cielo.

"Da qui dobbiamo continuare a piedi, la vegetazione è troppo fitta" disse Miguel. Così legammo i cavalli e continuammo. Io inciampavo spesso. I raggi della luna brillavano di una luce fredda e raramente illuminavano il cammino poiché gli alberi erano alti, e nascondevano il cielo. Ad un tratto il piede mi rimase incastrato nella radice di un albero e caddi a terra. Miguel mi aiutò ad alzarmi e mi tenne la mano per tutto il tragitto, Alma invece sembrava scocciata.

Arrivammo all'entrata di una cava. Alma accese una torcia e mi fece cenno di entrare. Io ero titubante ed indietreggiai un poco, fissando Miguel con fare interrogativo.

"Perché siamo qui?" chiesi.

"E' arrivato il momento di spiegarti come si rimanda un demone all'inferno... o meglio... fartelo vedere...".

Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Sentivo le vene pulsare. Ritirai la mano da quella di Miguel e afferrai l'abito così da alzarlo sopra le caviglie, poi mi avvicinai ad Alma e le presi la torcia di mano, entrando nella caverna. Ero pronta. Loro entrarono con me e mi fecero strada nel buio. Sentivo una creatura sibilare.

"Cos'è?" chiesi ad Alma.

"Lo vedrai..."

"Umano od animale?"

"Nessuno dei due..."

Deglutii perché avevo capito.

Ad un certo punto ci fermammo e Miguel prese la torcia dalle mie mani, per piantala a terra. Fu allora che lo vidi. Legato mani e piedi giaceva un demone. Era pallido, magro, coi capelli scuri. Stava rannicchiato per terra, cingendo con le braccia le ginocchia. Quando ci percepì si girò di scatto e potei vederlo in faccia. Aveva gli occhi color della pece, di un nero così cupo e profondo che sarebbe difficile spiegare a parole l'impressione che mi fece. I lineamenti del viso erano scavi, ed il viso, visto con quella luce, non pareva umano.
Poi tutto avvenne nella manciata di pochi secondi.
Io indietreggiai di qualche passo, ma Miguel mi afferrò per il braccio sinistro e mi trascinó davanti ad demone, che mi fissava con quegli occhi neri e vuoti. Poi mi diede una sorta di pugnale nella mano destra e con aria di sfida mi disse "Ora finiscilo".
Io scrutavo gli occhi di Miguel, cercando di percepire qualsiasi indizio che mi potesse spiegare cosa stesse accadendo, ma lui non sembrava volermi trasmettere nulla, così lo strattonai per potermi liberare dalla sua stretta. Lo guardai sdegnosa ed afferrando la torcia mi allontanai velocemente da quel gruppo.

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