Capitolo 23

Pensai a lungo, a quell'offerta. Cercavo di capire se davvero ne sarebbe valsa la pena. Il mio rancore era così grande? Così forte? Così profondo, da vendere l'anima a un demone. No non era solo il mio rancore, era una missione. Ero arrabbiata, certo, ma sentivo che io ero l'unica, o almeno una dei pochi, che poteva davvero tenere testa a un demone. Ero una dei pochi che poteva riconoscerli, parlare con loro liberamente. Una dei pochi che poteva bere il loro sangue senza morire. Non era piú rabbia o rancore, almeno non solo. Era una missione. Non so perché o come mai Dio o il fato mi avesse dato questa capacità, ma ce l'avevo e dovevo sfruttarla al meglio.

Bussai due volte alla sua camera.
"Entra Rebeca".
Spinsi piano la porta.
Era sul letto e si stava sistemando i polsini della camicia.
Mi guardò e poi continuò a sistemarsi.
"Hai deciso Rebeca?".
Lo fissai sicura.
"Si, ho deciso".
"Ebbene lo farete?"
Io annuii.
"Bene" rispose lui calmo, alzandosi dal letto.
Si avvicinò a me e mi fece segno di seguirlo. Lo feci.
Camminammo per il lungo corridoio e le varie stanze, fino ad arrivare nella biblioteca. Il demone si sedette sulla sedia e sibilò qualche parola, a me incomprensibile. Attendemmo e dopo pochi minuti entrò nella stanza una delle cameriere. Era una donna sulla trentina, molto bella, altra, con un fisico sinuoso che si intravedeva seppure fosse coperto da abiti ampi. Aveva i capelli rosso come il fuoco, gli occhi nocciola e un neo sotto l'occhio sinistro. Rimasi a bocca aperta e mi resi conto di non averla mai vista per la casa, perchè se l'avessi vista sono sicura me la sarei ricordata, tanto era bella. La sentivo, la sua aurea, seppur debole. Era un demone.
Miguel si alzò dalla sedia.
"Rebeca, lei è Alma".
La donna mi squadrò dalla testa ai piedi.
"È lei la cacciatrice?" disse lei.
"Si, sono io" risposi, al posto di Miguel.
Lei mi guardò con aria di sfida, io non abbassai lo sguardo.
"Signore, vi prego" disse frapponendosi tra di noi. 
"Alma, ti prego di iniziare i preparativi".
Io deglutii. Lei sorrise e poi si avvicinò alla libreria. Mosse una statuetta e la libreria si spostó leggermente, lasciando intravedere un passaggio, tra il muro e la biblioteca. La donna si appoggiò al legno della libreria e la spostó piano con le mani per poi infilarsi nella apertura. Io rimasi a bocca aperta.
Miguel mi guardò "Ogni casa ha i suoi segreti. Vieni Rebeca siediti mentre ti spiego come faremo".
Io rimasi a fissare ancora un poco la fessura nel muro e poi seguii Miguel.
"Allora, come funziona?" chiesi incerta e curiosa.
Lui inspirò profondamente.
"Il rito per ottenere la vita eterna legherà la tua vita a quella di un demone, in particolare alla mia ed è per questo che il rito deve essere compiuto da Alma, un demone estraneo che conosca il rituale e lo consacri, facendo da madrina per te. Come ho detto il rituale legherà la tua vita alla mia, tu ti nutrirai della mia forza vitale, così vivrai nei secoli, finché io rimarrò sulla Terra".
"Ciò significa che se tu dovessi tornare nel mondo degli inferi, io morirei?".
Lui annuì.
"Con questo rituale io... diventerò un demone?" chiesi.
Lui si mise a ridere.
"Nulla che non sia stato creato da Dio come angelo può diventare un demone, no, rimarrai umana, un'umana che vive per millenni".
"Perciò posso morire?".
"Sí, negli stessi modi in cui potresti morire ora".
Io annui.
La mia anima, legata a quella di un demone.
"Bene" disse Miguel alzandosi dalla sedia "sei pronta?".
"Sí, solo un' ultima domanda. Dato che la mia anima sarà legata a quella di un demone, se io dovessi morire... la mia anima... la mia anima...".
Lui annuì. "Sì, mi seguirebbe all'inferno".

Un nodo mi si strinse in gola. All'inferno.

"Siete pronta adesso?"
Annuii e mi alzai tremolante. Lui mi tese la mano e io l'afferrai. Era fredda. Mi chiesi se anche il mio corpo avrebbe perso il suo calore, una volta completato il rituale. Perdendo il mio calore, perdendo la mo umanità, avrei iniziato a ragionare come loro? A pensarla come loro?
Mentre mi facevo queste domande ci infilammo nella apertura segreta e scendemmo una scalinata in pietra. Arrivammo in una stanza sotterranea, illuminata solo da candele appese alle pareti. Alma era in mezzo alla stanza, di fronte ad un tavolo con un calice nel centro.
"Venite Rebeca" disse Miguel e mi portò da un lato del tavolo, alla destra di Alma, mentre lui si posizionò alla sua sinistra.
"Possiamo iniziare?".
Miguel mi guardò in cerca della mia approvazione, ed allora io feci cenno di si col capo.
"Ottimo" disse lei.
E poi iniziò a parlare. Parlava in una lingua sconosciuta, una lingua che non avevo mai sentito. Era così primordiale, così piena di suoni. Una lingua che aveva radici nella storia del mondo e sembrava un'unione di latino, ebraico, arabo e altre lingue che io non conoscevo. Era come ascoltare un suono che ti riporta con la mente agli albori del mondo, alla creazione della Terra, alla nascita delle stelle. Era come ascoltare la voce di mille popoli che parlano assieme, millenni di storia racchiusi in un linguaggio.
Dopo poco si aggiunse anche Miguel e i due continuarono questo discorso, che era come una canzone, come un balletto di suoni, dato da un botta e risposta continuo. Io mi sentivo frastornata e affascinata allo stesso tempo. Poi Alma tirò fuori un coltello da una tasca della gonna. Lo porse a Miguel che si tagliò il palmo della mano sinistra e fece gocciolare il suo sangue nel bicchiere. Passò poi il coltello ad Alma che si punse leggermente l'anulare sinistro e fece scendere tre sole gocce di sangue nel bicchiere. Mi passarono poi il calice, ma non il coltello. Capii che dovevo bere. Lo feci, mentre loro continuavano a cantare, questa volta all'unisono. Il sangue mi fece il solito effetto, mi girava la testa e sentivo un forte senso di nausea. No, mi sbagliavo. Non era il solito effetto. Questa volta era diverso. Era tutto amplificato. Il mal di testa. La nausea. No. Non era come al solito. Sentivo il mio corpo che lo stava rigettando. Mi bruciava in gola. Il mio sangue ribolliva. Mi sentivo ardere dall'interno. Il mio corpo stava rigettando quel sangue. Chiusi la bocca con una mano, ma non basto a trattenerlo. Vomitai il loro sangue. A quel punto i due smisero di parlare. Ero stremata. Ero stanca. Era come se avessi retto il peso del mondo sulle mie spalle. Caddi a terra, come un peso morto. Non riuscivo nemmeno a parlare.
"Non se ne fa nulla per oggi eh?" disse Alma indispettita.
"No, pare di no" rispose Miguel.
"Cosa..." sibilai io, senza riuscire a finire la frase.
Miguel si inginocchiò di fronte a me.
"Hai già bevuto sangue di demone, ma questo rituale è diverso. Il tuo corpo lo ha rigettato. Non sempre il rituale riesce, almeno non al primo tentativo. Il tuo corpo non è ancora abbastanza forte".
"Già e siamo stati così fortunati che tu non sia morta" disse Alma con una certa aria di scherno.
"Potevo.... morire..." chiesi a fatica mentre mi aggrappavo con le mani alla camicia di Miguel che mi stava alzando da terra, per prendermi nelle sue braccia.
"Sì" rispose Alma.
"No" calcó la voce Miguel. "Gli uomini normali muoio quasi sicuramente, se sottoposti al rituale, i cacciatori di demoni no. Loro riescono a resistere al sangue di demone, sono fatti per questo".

Dopo di che persi i sensi.

Mi risvegli nel letto e mi accorsi che era sera. Quando mi svegliai vidi Miguel di fianco a me.
"Acqua..." sibilai.
Lui versó un pó d'acqua dalla caraffa al bicchiere e me lo porse.
"Quanto ho dormito?" chiesi.
"Due giorni" rispose una voce di donna dalle ombre. La riconobbi. Era Alma.
Si. Ricordavo. Io mio corpo aveva rifiutato il sangue dei demoni ed io rituale non si era concluso.
"Io non sono immortale?" chiesi ancora frastornata.
"No, non lo sei" disse Miguel.
"Dovremmo riprovare il rituale?"
"Sì, se tu vorrai" rispose il demone.
"Domani?" chiesi, bevendo ancora un sorso d'acqua.
Sentii Alma ridere. "Sì certo" disse lei "se vuoi morire sul serio, sfiniremmo il tuo esile corpicino da umana".
"Quando potremmo riprovarlo?"
"Tra un anno".
"Un anno?" dissi alzando la voce e mettendomi seduta.
"Sì, il tuo corpo non è ancora pronto per il rituale, dobbiamo aspettare che tu cresca e vedere se col tempo, diventando più forte o forse abituata al nostro sangue, tu possa concludere il rituale con successo. Vedi, quello che fa funzionare il rituale non è il sangue in se per se, ma la parola. Noi demoni, nel nostro mondo, viviamo grazie alla lingua, la nostra voce non è mero linguaggio: è sostanza, noi creiamo con la nostra voce. Ora questo rituale per me ed Alma non è un problema, noi siamo demoni, fatti della stessa sostanza e il nostro linguaggio basterebbe per concludere il contratto, ma tu sei umana. Tu non sei fatta di sostanza divina, ne puoi capire il nostro linguaggio, nulla ti lega a noi, nulla ti lega alla nostra lingua e perciò niente ti lega nostro contratto. Per questo, mentre noi parliamo, hai bisogno del nostro sangue in corpo. Hai bisogno del nostro sangue che crei così un ponte, una connessione, mentre noi col linguaggio creiamo l'immortalità per te.
Ma il sangue...il sangue alla lingua reagisce e reagisce in un corpo di umana e non di demone. È per questo che tu lo hai rigettato. Quello che stavamo creando era troppo forte, troppo potente per te. Almeno per ora".
Ero affascinata. E confusa. Ma sopratutto affascinata.

"Bene ed adesso ti lascio riposare, ho un paio di cose da fare. Alma, occupati di lei".
Alma uscii dalle tenebre della stanza e la vidi. Non era vestita da cameriera. Affatto. Aveva un abito con uno scollo decisamente troppo ampio per i suoi seni, i capelli sciolti e un abito rosso scarlatto. Io arrossi. Lei sorrise.
"Oh piccolina, le tue guance sono quasi piú rosse del mio abito" disse lei.
"Ti prego Alma..." la interruppe Miguel fissandola negli occhi.
"Che ci posso fare" disse la donna sdraiandosi accanto a me "sono una succube è la mia...natura".
"Una succube?" chiesi io.
Lei sorrise maliziosamente. Lui fece finta di nulla.
"Adesso vado e ti prego Alma, comportati bene".
"Croce sul cuore" disse mimando con l'indice una croce sul seno sinistro.

Una succube?
Cos'è una succube?

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