Capitolo 20
Era passata una settimana. Le giornate trascorrevano tranquille, tutte uguali tra di loro.
Stavo leggendo un libro nella biblioteca, quando Agacia irruppe nella stanza come un uragano.
"Rebeca! Rebeca! Vatti a vestire! Sta arrivando Miguel! Doveva venire per parlare di affari con papà, ma poi l'ho convinto a farlo restare a cena e Miguel ha accettato!". Disse tutto velocemente, senza prendere fiato tra una parola e l'altra. Sorrisi, poichè ormai non avevo piú paura di lui.
"Allora sarà meglio andare a vedere se Dolores ha bisogno di aiuto. Tu vatti a preparare, io passo in cucina". Lei mi diede un bacio sulla guancia e corse di sopra a prepararsi.
Lessi ancora un paio di pagine, poi chiusi il libro e con calma raggiunsi Dolores.
"Ola niñita" disse la donna, continuando ad impastare il pane con le mani ed il grembiule sporco di farina. Le sorrisi e mi avvicinai.
"Ti serve una mano per caso?" chiesi curiosa, mentre fissavo le sue mani affondare nella pasta bianca per poi riemergere. Mi sedetti vicino a lei e furbescamente staccai un pezzo di pasta per mangiarla.
"Niñita!" mi disse lei, con tono di rimprovero, ma con gli occhi gentili. Io mi misi a ridere.
"Vieni, dammi una mano a fare delle pagnottine".
Miguel arrivò mentre io ero ancora in cucina. Uscii di corsa per raggiungere gli altri e lo incontrai nel corridoio. Gli sorrisi e lui, senza proferire parola si avvicinó a me e con le dita mi toccó la guancia, sfiorandola leggermente. "Farina immagino" disse strofinando i polpastrelli per eliminare il residuo bianco che gli era rimasto. Io arrossi visibilmente ed annuii con la testa. In quel momento entró nella stanza Agacia, che ci guardó confusa. Stette per un poco sulle sue, pensierosa, ma solo per pochi attimi.
"Senior Miguel andiamo, la stiamo aspettando tutti di là" disse gioiosa Agacia, prendendo il braccio del demone.
"Agacia!" la ripresi, con tono di rimprovero, non era un comportamento da signore prendere il braccio di un uomo e tirarlo. Lei mi guardó. All'inizio non riuscii a decifrare il suo sguardo, o forse non volli solo farlo, per paura di scoprire che perfino Agacia poteva covare sentimenti negativi, alle volte. Sopratutto mi feriva il fatto che potesse provarli nei miei confronti. A ripensarci ora credo fosse gelosia. O rabbia. O forse un misto delle due. Raggiungemmo in silenzio la sala.
La cena fu piacevole ed Agacia sembrava tranquilla. Lo sguardo di Miguel non si soffermava spesso su di me, ma quando accadeva, lui sembrava impaziente, come se stesse aspettando qualcosa. Non ne capivo il motivo e mi faceva sentire a disagio, perciò cercavo di non incrociare il suo sguardo.
Finita la cena ci spostammo nel salottino. Io mi sentivo particolarmente stanca, perciò decisi, dopo essermi scusata, di ritirarmi nelle mie stanze.
Mi addormentai poco dopo.
Sentivo freddo, cosí tirai su la coperta fino al naso, ma non bastó. Era come se come se la finestra fosse stata lasciata aperta. Mi girai dall'altra parte per accorgermi che effettivamente la finestra era spalancata. Strano, pensavo di averla chiusa.
"Non siete un'amante della notte Rebeca?". A sentire quella voce sobbalzai. Aprii piano gli occhi, che rimanevano incollati per via del sonno e sbattei le palpebre un paio di volte. Vedevo solo ombre all'inizio, ma pian piano tutto iniziò a prendere forma. Mi accorsi di Miguel ai piedi del letto. Ormai mi ero abituata alla sua presenza.
"Ve ne prego, chiudete la finestra, sto congelando. Voi demoni non percepite gli sbalzi di temperatura?" chiesi, leggermente ironica. Il demone rise e chiuse la finestra.
"Vi ringrazio" dissi.
"Non vi spavento più Rebeca? Non saltate sull'attenti?". Scossi la testa. "Non ho motivo di temervi, almeno per il momento. Posso tuttavia chiedervi il motivo di questa improvvisata?".
Il demone si fece serio e si sedette sul letto.
"Sposatemi Rebeca".
A sentire quell'affermazione sgranai gli occhi e una risata nervosa esplose dalle mie labbra.
"Come avete detto?".
"Sposatemi".
"State scherzando spero".
"No".
"Perché mai dovrei sposarvi!" urlai, mettendomi anch'io seduta.
"Fare piano Rebeca, o sveglierete tutta la casa".
Mi morsi le labbra.
"Rebeca, io posso darvi quello di cui avete bisogno, o meglio quello che desiderate e voi potete fare lo stesso con me".
"Non posso sposarvi Miguel".
"É la mia condizione per aiutarvi. Se volete davvero che vi aiuti, dovete farlo".
"Perché?" chiesi seria, fissandolo negli occhi.
"Non posso dirvelo, se non acconsentite".
Mi bloccai. Non sapevo cosa rispondere. Ero spiazzata.
"Datemi del tempo per riflettere". Fu l'unica frase che uscì dalle mie labbra in quel momento.
"Molto bene, cosí sia. Vi avverto peró, non fatemi aspettare troppo".
Sorrisi sarcastica. "Perchè? Avete ancora tutta l'esistenza davanti se non sbaglio".
Il demone si alzó dal letto e si allontanó, verso la finestra.
"Io sí, ma voi no. Almeno non per ora" affermó lui.
Detta questa enigmatica frase scomparí, uscendo dalla finestra e saltando poi di tetto in tetto.
Cosa voleva dire? Ogni volta rispondeva a una mia domanda, ma mi lasciava con altri mille interrogativi e dubbi. Dovevo tuttavia mettermi il cuore in pace. Avevo ormai capito che non avrei scoperto nulla, a meno che lui non avesse voluto. Ero alla sua mercé per molti, forse troppi aspetti.
Mi alzai per rinchiudere la finestra che il demone aveva lasciato aperta uscendo e poi mi rimisi a letto.
Sposarlo. Sposare un demone. Dio mio. Come avrei potuto? E cosa avrebbe detto Agacia? Mi avrebbe detestata di sicuro. Tuttavia sembrava l'unica opzione per ottenere il suo aiuto e non lo volevo, ma ne avevo bisogno. Le regole non le stabilivo io. Non avevo la forza nè tantomeno la conoscenza necessaria per dettare legge. Non potevo fare nulla se non stare al suo gioco.
Chiusi gli occhi, ma ormai Morfeo aveva abbandonato il mio letto.
Io, sposare un demone.
Passai la notte in bianco.
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