51. This is the very, very last time I'm ever going to

Un altro colpo di tosse mi fa bruciare forte la gola. Strizzo gli occhi, cercando il fazzoletto usato nella tasca della felpa, stando attenta a non scoprirmi. 

È stata una pessima idea fare la doccia, stamattina. Il mio raffreddore si è triplicato e ho il naso così tappato da avere persino mal di testa.

Sto per soffiarmelo malamente, quando sento il campanello di casa suonare con un ronzio.
Mi metto in allarme, aguzzando le orecchie per cercare di capire di chi si tratti.
Ho vietato categoricamente a Ginni e Froy di presentarsi, considerando le mie condizioni.
Quindi non credo si tratti di loro, perché è da tutto il giorno che non fanno altro che mandarmi messaggi.
Mi avrebbero sicuramente avvisata prima.

La porta di casa viene aperta, mia mamma saluta, dopodiché la richiude. Un borbottio leggero è tutto quello che riesco ad ascoltare.
Ho il respiro così pesante e rimbombante, da non sentire altro, se non voci confuse e troppo distanti.

Sto per rinunciarci e rintanarmi come un gatto sotto le coperte per farmi un bel pisolino, quando dei passi leggeri ma decisi iniziano a salire le scale, facendo scricchiolare perfino le pareti.
Si fermano davanti alla porta della mia camera, che è chiusa. Un paio di nocche bussano gentilmente sul legno, dolci ma sicure.

«Sono io» sussurra una voce roca, bassa, profonda, «Posso entrare?».

Scott.

Posso giurare di sentire il cuore fermarsi, prendere la rincorsa e partire nuovamente.
È un circolo vizioso che pare non fermarsi mai, mi scompiglia le viscere e la mente, lasciandomi con il cuore sottosopra.

Mi agito, entro insensatamente nel panico, a saperlo a pochi centimetri di distanza da me.

Perché è venuto? Gli ho detto che stavo male, che non mi sono ancora ripresa e che ci vorranno almeno un paio di giorni, eppure... lui è qui.

Non ci vediamo da quando siamo tornati a casa. L'immediato indomani mi sono svegliata con la febbre, per poi rendermi conto di aver preso l'influenza.

Credevo che entrambi volessimo che io prima guarissi, prima di incontrarci. Avevamo pattuito così per messaggio.
Eppure lui è... qui.

Me ne rendo concretamente conto mentre ci sto pensando, quindi il cuore inizia a battere scheggiante nel petto, arrossandomi le guance già calde.

Cerco di darmi una sistemata, asciugo il naso gocciolante e raccolgo con le dita il trucco sicuramente colato sotto gli occhi.
Lascio perdere i capelli, perché tanto sono un nido indomabile e c'è poco da fare.

Mi volto, dandogli la schiena, dopodiché appoggio la testa sul cuscino, coprendomi le labbra con il pugno avvolto nella coperta.
Ho freddo ma tremendamente caldo.
Mi sento svenire.

«Entra pure» il mio è più un verso strozzato che sembra doloroso.
Il mal di gola mi sta causando parecchi fastidi.

Un cigolio, poi di nuovo le sue scarpe sul pavimento freddo.
Cammina, cammina, cammina – stop.
Si ferma vicino al letto, rimanendo in piedi.
Ho gli occhi chiusi, ma riesco comunque a percepire la sua grande ed imponente presenza sul mio corpo fragile. Ha l'aura talmente colorata da abbagliarmi senza tregua.

Non conosco il motivo, ma trattengo il fiato fino a quando non devo per forza tornare a respirare. Ed ecco che vengo sopraffatta dal suo profumo aspro, lo sento bene nonostante il forte raffreddore mi tappi il naso fino alle tempie.

Forse me lo sto immaginando. Probabilmente è soltanto questione di abitudine.
Comunque sia, Scott è quel profumo. Appartiene a lui.

Si schiarisce la gola, «Ciao» sussurra dolcemente.

Mi muovo piano, catturata da quel suono melodioso. Rotolo su me stessa come una tartaruga, rimanendo a pancia scoperta, indifesa e alla sua mercé, quando incontro quegli occhi verdi come mele acerbe.
Sono luminosi e vivaci. Aperti quel che basta per scavarmi l'anima.

Il viso è fresco e pulito, così come i capelli pettinati ed ordinati sulla testa.
Ha tagliato la barba. Indossa dei vestiti casuali, niente divisa, niente formalità.
Sta bene.

Accenno un sorriso, «Ciao».

«Come stai? Tua mamma mi ha detto che hai ancora un po' di febbre» si preoccupa, alzando il braccio, in mano regge un sacchetto.

«Sì, non si è ancora abbassata. Mi sento molto stanca».

Annuisce appena, «Ti ho portato delle medicine e alcuni dei tuoi dolci preferiti. Pensavo ti potessero far sentire meglio».

Lui...

Sul mio viso si dipinge un sorriso disteso e profondo. Il cuore perde un singolo battito, che sembra una vita intera, e sulle guance si posa un altro velo rossastro. Sono una rosa pronta a farsi staccare i petali dalle sue dita affusolate.

Mordo forte il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo quando incontro il suo, decisamente più catturante e persuasivo.

Maledetti i tuoi occhi.

«Grazie, non dovevi disturbarti».

Nega ripetutamente, porgendomelo, «Non pensarlo nemmeno. Tu non mi rechi alcun disturbo, Amanda».

Annuisco flebile, guardandone curiosa il contenuto. La prima cosa che mi salta all'occhio è l'involucro colorato dei miei biscotti al cioccolato preferiti.

A continuare a perdere battiti in questo modo, presto avrò bisogno di un altro cuore.

Continuo con l'esplorazione: merendine, caramelle, ciambelle e così tanto altro ancora, che basterebbe a sfamarmi per un'intera settimana.

Si è preoccupato di comprare rigorosamente tutto questo per me. Ha ricordato ogni singola cosa che mangio. Non ha sbagliato nemmeno una marca, un gusto o una quantità.

Lui conosce cose di me che a volte io stessa dimentico. Come ci riesce?

«Sei stato gentile» ammetto a voce alta, «Grazie di nuovo, Scott».

Si stringe nelle spalle, infilandosi le mani nelle tasche, con un gesto un po' imbarazzato se pur naturale. Facendo così, i muscoli delle braccia scoperte vengono scolpiti dalla luce lieve del pomeriggio, creando infossature che credo di non avere mai visto.

Restiamo a fissarci in silenzio, poi parlo: «Vieni, siediti qui» sposto le gambe, facendogli spazio sul letto.

Si accomoda con cautela, facendo incurvare il materasso, e avvicinare il mio corpo, che quasi scivola verso il suo, attratto dalla piccola conca tra di noi.

Entrambi restiamo a fissarci, sorridendo con circospezione. Non sappiamo cosa dire.
O meglio, non sappiamo da dove iniziare, perché con lui, di cose di cui parlare ce ne sarebbero per notti intere.

«Se hai bisogno di qualcosa d'altro fammelo sapere, senza problemi».

«Va bene» annuisco, prendo fiato, «Stasera non hai turni, giusto?».

Non mi nasconde lo sguardo ravvivato e il mezzo sorriso, «No, ho la serata libera».

Non so nemmeno io perché l'ho chiesto. Volevo soltanto avviare la conversazione, rendere tutto più sciolto e normale.
Lui, però, ora mi sta guardando come se si aspettasse qualcosa e nonostante non sappia esattamente a cosa vuole mirare, io non riesco a trattenermi.

«Vuoi rimanere a cena?».

Non è quello che si aspettava, glielo posso leggere negli occhi. Però, nemmeno io mi aspettavo di avere il coraggio di chiederglielo.
Sono troppo stanca perfino per bere dell'acqua, figuriamoci alzarmi dal letto e cenare con la mia famiglia.

«Mi piacerebbe» risponde riconoscente, «Ma preferirei che fossi tu a venire da me» aggiunge, senza giri di parole.

«Non me la sento di uscire di casa, sono ancora troppo debole».

È la verità. Le mie gambe sono a pezzi. Inoltre, sento che non riuscire a dormire su un altro letto che non sia il mio. Camera mia, in questi giorni, pare essere il mio luogo sicuro.

«Certo, lo capisco. Anzi, scusami se te l'ho chiesto, mi è uscito spontaneo» parla in fretta, rischiando anche di balbettare.

Sembra diverso.
Non è lo stesso Scott deciso e diretto. Lui è sempre stato cauto con le parole e i modi d'agire, ma ultimamente lo è ancora di più.
Pare cambiare ogni parola, pensare parecchio prima di parlare e guardarmi più a lungo per studiarmi meglio.

Sembra essere ritornato lo Scott di qualche mese fa, quando ci conoscevamo molto poco.
Un ragazzo attento e guardingo, con uno sguardo così intenso e labile da riuscire a intimorire chi non lo conosce.
Una falsa corazza d'oro sotto cui si nasconde un cuore altrettanto raffinato e di valore.
Qualcuno che ti allontana anche se ti vuole vicino, ma non lo ammette fino a quando non è sicuro di potersi veramente fidare a condividere certi segreti con te.
Un uomo sui cui, se lo incontrassi per caso, ti faresti una disarmonica impressione.

Ora che so chi è veramente, sembra interessante poter mischiare questi due lati del suo carattere, incastrarli per farli coincidere in un'unica persona.

È come se il ragazzo di adesso e quello del passato si stessero fendendo per creare un terzo corpuscolo, un fiore che deve ancora sbocciare.

Mi domando come sarà.

Mi correggo, continuo a parlare, ma credo di sbagliare: «Resta a dormire tu da noi. Puoi usare la camera degli ospiti».

Ci blocchiamo entrambi, rendendoci conto all'unisono di quello che ho detto. È troppo tardi per rimangiarselo. L'ho detto.

Sarei dovuta rimanere in silenzio.
Non era ciò che intendevo. Non in questo senso. Non con questo significato.
Ha... frainteso.
Il punto è che non voglio stargli troppo vicina per non farlo ammalare, e passare tutta la notte insieme non può aiutare.

Lui ha il lavoro e sicuramente mille altre cose a cui pensare. Sono certa che non gli gioverebbe ammalarsi per un motivo così stupido.
Mi sentirei troppo in colpa nel saperlo stare male a causa mia.

Distoglie lo sguardo e io capisco di aver fatto male a non riformulare nella testa la frase prima di dirla, o di essere rimasta in silenzio a rimuginarci piuttosto che correggermi subito.

I riccioli gli coprono leggermente gli occhi, ricadendo lungo la pelle liscia come filamenti di un filo di lana arrotolato. Le labbra sono strette, tirate in modo da poter mordicchiarne la parte interna, già colorita.

Sembra nascondersi dal mio sguardo, voler celare le sue emozioni, tenermi lontana.
È come se il suo corpo si stesse chiudendo a riccio e minacciasse di non avvicinarsi.

«Io-» mi interrompe senza volerlo e nemmeno rendersene conto.

«Non ti preoccupare. Torno a casa. Sarebbe strano non dormire con te, pur avendoti vicina».

Combatto con il bisogno di chiarirmi e rassicurare i suoi sentimenti, quelli di entrambi. Non era mia intenzione fargli dubitare di qualunque cosa lui abbia detto o io abbia fatto.
Sono stanca e la testa mi fa male. Non riesco a distinguere con chiarezza ciò che sto blaterando. Gli occhi sono pesanti e a tratti mi si chiudono, eppure sto facendo del mio meglio per non crollare mentre siamo insieme.

Voglio davvero passare del tempo con lui, mi è mancato.

Può semplicemente restare e basta?
Chi se ne frega se vuole tornare a casa sua e avermi nel suo letto. Possiamo anche restare svegli tutta la notte, a parlare e guardaci.
A noi è sempre e solo importato essere vicini, senza rimuginare sul dove, quando o perché.
Questa volta deve essere diverso?

Sposto delicatamente il braccio, sentendo il gomito sottile scricchiolare. La mano gracile si allunga in avanti, alla ricerca della sua.
Guardo tre le lenzuola, vicino alla gamba, dietro la schiena, ma non vi è traccia.

Così muovo lo sguardo, trovandola intrecciata all'altra in una morsa stretta, bianca come il latte e spaventosa come la neve.
Le nocche scavate sono dilatate sotto alla pelle sottile, che funge da velo per poche delle piccole vene verdognole che gli scorrono sul dorso della mano.

Capisco.

Si tratta di una barriera per me, quindi indietreggio gradualmente, senza darlo a vedere, nascondendo al più presto quell'intenzione che per oggi rimarrà rinchiusa, temo.

Se entrambi continuiamo a scontrarci, come possiamo pensare di superare questa piccola ma importante difficoltà che ci ha allontanati?

Paiamo delle pedine su una scacchiera dello stesso colore. Continuiamo a fare dei passi in avanti, senza nemmeno incontrarci per sbaglio, senza sapere dove andare. 
Ci sono poche strade da poter prendere, eppure, anche se noi due sappiamo a memoria quell'unica per stare vicini, facciamo l'opposto e ci allontaniamo.

Non riusciremo mai a fare scacco matto.

Sospiro troppo pesantemente, senza volerlo, «D'accordo. Come preferisci».

Ora sono sicura che rimarrà per qualche minuto, per non farmelo pesare, dopodiché si alzerà da questo letto, mi saluterà, mi dirà che verrà a trovarmi presto, dopodiché uscirà da quella porta, senza avermi specificato che cosa lui intenda per "presto".

Quindi io rimarrò in attesa ancora prima che lui se ne vada, perché appena dette quelle parole non penserò più ad altro. E mi mancherà. Tanto.

Ma è proprio quando certe cose mi aspetto vadano in un modo, che queste cambiano totalmente rotta, lasciandomi con stupore e un batticuore doloroso al centro del petto.

Scott si muove cauto ma velocemente, come un fulmine incastrato dentro un temporale estivo. Ruota il busto, scoprendo finalmente il bel viso squadrato e spigoloso.
Si sporge nella mia direzione, abbattendo quella distanza fastidiosa e necessaria che ci stava dividendo.

Muove una spalla, sposta il braccio e poi mi afferra per quella stessa mano che prima aveva cercato di raggiungerlo, ma che è stata troppo debole per farlo.

Mi ha vista.

Ha capito un gesto banale e nascosto come quello, con una tale semplicità e segretezza, da farmi quasi spaventare.

Scott non si fa sfuggire nulla. Il suo essere gufo non potrebbe dimostrarsi più vero come in questi momenti di apparente vuotezza.
Certe volte, sembra perfino prevedere le mie mosse, come se la mia mente e la sua fossero collegate da un sottile filo.

Mi sorprende.

Quello che ancora più mi stupisce, tuttavia, è altro ed è addirittura più bello, confusionale e magico: sta sorridendo.

Uno sfarfallio di labbra leggero, semplice e sincero. Nulla di grandioso o messo in scena con un dramma. Niente finzioni o complessità dettate da azioni nascoste.

Si tratta solo di un puro sorriso.

Splende come acqua al sole, illuminando la stanza soffusa e tetra in cui mi sono rintanata in questi giorni, che ora sembrano essere stati troppi.

Gli occhi si rimpiccioliscono, vengono contornati da rughe d'espressione candide, talmente delicate da far sembrare i riccioli vividi volgari come parole sporche dette da una bocca pura.

Mi incanto su quella fila di denti scoperti e perfettamente dritti, cercando di deglutire con naturalezza. Non ci riesco, sia per il mal di gola che per la forza di gravità che mi scaglia addosso.

Fa intrecciare le nostre dita, attirandomi verso di lui a tal punto da portarmi ad appoggiare la testa sulle sue gambe forti.
Dal canto mio, mi lascio andare, rilassando i muscoli tesi e dolorosi.

Quando la guancia sfrega contro il tessuto ruvido dei jeans, mi rendo effettivamente conto della vicinanza immedesimale a cui stiamo, un'affinità che avevamo cercato di reprimere con l'orgoglio e la forza.

Il calore del suo corpo, a contatto con il mio freddo, concentra le cellule tutte in un punto, dove le nostre mani sono ancora unite.

Non credo di averlo mai visto da questa prospettiva. È diverso, quasi strano, perché riesco a notare in lui dettagli a cui non avevo mai fatto caso.
La mascella ampia sembra ancora più squadrata e imponente, per non parlare del collo spesso,diviso in due da una lunga vena in rilievo, e le spalle larghe.

Mi sento piccola tra le sue braccia.
Eppure... non di certo fragile.

Di me, si impossessa un sonno leggero, che accompagnato dalle sue carezze, mi fa socchiudere leggermente gli occhi.
Ho il naso così tappato, che mi sembra di avere la testa infilata in un cumulo di sabbia.

Resta a guardarmi in silenzio, fissandomi dall'alto senza alcun tipo di esitazione o rimorso. Mi studia il viso in ogni angolo, scoprendo al centro del mio petto una strana sensazione.

Non si stanca mai. Pare non sbattere le ciglia, o forse sono troppo stanca per riuscire a contare con le dita.

Era da tanto che non mi teneva in questo modo tra le braccia. Mi era mancata questa sensazione di tepore, sicurezza, sincerità.

Per quanto mi renda felice e immensamente grata, allo stesso tempo, mi spaventa sapere che solo Scott è capace di riempire il mio cuore.
Nemmeno mamma, papà o Duncan riescono ad arrivare in profondità così scavate.
Il suo è un altro tipo di amore ed è così radicato nella mia mente, da costringermi ad incatenarmi a lui. Mi sentirei persa se lo lasciassi andare.

Scott è la mia scelta. Lo è sempre stato.

Accarezza dolcemente i miei capelli, sfiorandomi ripetutamente l'orecchio sinistro. Gioca con il lobo, raggirandolo con il pollice fino a graffiarlo con le pellicine attorno all'unghia.

I polpastrelli hanno un ritmo inquieto, come se il polso stesse tremando ma facesse di tutto per nasconderlo. Mi toccano, poi si alzano, mi sfiorano per sbaglio, si allontanano e riprendono a lambire.

Si sente un soffio leggero, mi scosta i capelli dal viso con tepore, «Sei così bella, Amanda».

Io, che prima lo guardavo attraverso le spighe spesse delle ciglia, con occhiate alterne e pigre, serro gli occhi di colpo, sentendomi imbarazzata come non accadeva da tempo.

Lui... sta dicendo una bugia.

Mi copro istintivamente il viso con le mani, cercando di nasconderlo dal suo sguardo.
So che non funziona, infatti lo volto, scavandolo nella sua maglia, piegata sulla pancia a causa della posizione.

«Non è vero» bofonchio in tono bambinesco.

Vorrebbe ridere ma si trattiene, anche se il contrarsi dei muscoli dell'addome lo tradisce terribilmente.

«Sì che è vero».

Fa una lunga pausa, dopodiché prende un respiro viscerale.

«Hai degli occhi meravigliosi, verdi come la rugiada di un bosco» sussurra, «I tuoi capelli sono raggianti come le mattine di primavera. La pelle soffice quanto le lenzuola del mio letto» riempie il mio corpo di brividi profondi, «Le labbra disegnate con la più fine delle matite. Il naso talmente tenero da volerlo baciare fino a stancarmi, anche se dubito potrà mai accadere» mi avvolge con il sentore delicato della sua voce, «Un sorriso da immortalare in mille fotografie, spalle così spigolose da non potersi assolutamente appoggiare per dormire, braccia così forti da potermi stringere per notti intere, gambe così lunghe da saltare ogni ostacolo» afferra il retro del mio collo, «Per non parlare del tuo cuore. Lui è la parte di te che più preferisco. Non hai idea di quanto sia bello».

Come è in grado di lasciarmi senza parole rimarrà sempre un mistero nella nostra storia.
Credo che non capirò mai il modo in cui parti di me funzionano quando siamo insieme e lui dice certe cose.

Quando sono incontrollabili, non cerco mai di fermarle. Sarebbe impossibile.

Mi ritraggo lentamente dal mio nascondiglio, alla ricerca del chiarore delle sue iridi.
Lo incontro subito, non appena sporgo la testa e afferro tra le dita la maglietta per farmi un po' di sostegno.

Quel sorriso sentito non se ne è ancora andato. Non credo che lo scioglierà facilmente... e ne sono contenta.

Mi rivolge un'occhiata comprensiva, piegando la testa come per farsi guardare meglio. Facendo così, i capelli gli ricadono sulle tempie, rimbalzando nell'aria fitta.

«La bellezza è anche nella fragilità».

Scott ha il dono di riuscire a guardare oltre alla semplice apparenza. È come se captasse la brezza di una persona, che pur essendo invisibile, per lui si inzuppa di colori.

Quando ti trovi vicino a lui, non c'è modo per nascondere la tua vera essenza, perché vieni spogliato di ogni artificio e messo di fronte ad una specchio che è l'umidità dei suoi occhi.

L'immagine che vedi riflessa non è la tua, ma la sua. E non potrebbe essere più veritiera.

Eppure, io credo che in amore ci siano delle impressioni fatte in maniera cieca, come se ci si trovasse al buio.
I sentimenti prendono il sopravvento e si rischia di cadere nella trappola di una freccia che si scaglia e che quando non colpisce provvede immediatamente a generarsi di nuovo, da capo.

Molte emozioni sono guidate da un solo arco, il quale porta sulla corda talmente tanti desideri, da mancare mira lui stesso, qualche volta.
Volutamente o per casualità.

«Ma nella fragilità c'è bellezza?» domando, sentendo la gola bruciare.

Se lui sa tutto di me, allora deve conoscere anche questa risposta.

«Non sempre» risponde prontamente, «Alle volte può essere debolezza».

«Quindi, la debolezza non è bellezza?».

«La è soltanto quando si ha troppa paura di apparire deboli. Forse è sbagliato pensare che esistono persone che unicamente se ne approfittano, utilizzandola come riscatto. C'è anche chi se ne prende cura, accudendola come fosse la qualità più preziosa».

Le vene dei miei polsi battono come un cuore crudo, facendomi male perfino alle ossa. Le sento rimbombare nelle tempie, in un minuscolo spazio che fa da giuntura tra i pensieri e le parole concrete.

Viene otturato, rendendomi impossibile aprire le corde vocali per aggiungere qualcosa che è troppo confusionario per essere messo in ordine. Quindi mi affido ai gesti, e afferro la sua guancia con una mano, indecisa ma sicura di non poter farlo scappare da me.

La pelle è morbida, ma la barba la rende tagliente. Sfrega con ruvida pressione il mio palmo, facendo ritirare i piccoli lembi di pelle sensibile cosparsi sui polpastrelli.

Gli occhi di Scott si dilatano, prendono una strana forma, diversa da quella di un cerchio, più simile al contorno smussato di un fiore a cui mancano dei petali. Sono chiari come il mare scuro. Sono vivi. Belli. Pieni.

Gli accarezzo il mento, piano e con cortesia, stando attenta a non essere invadente o farmi mancare le forze e ricadere nella stanchezza.
Non voglio fermarmi.

Schiude le labbra, respirando così profondamente da rubarmi il fiato, nonostante io ne abbia già molto poco.

Se dovessi ricordare questo momento, l'intensità del suo sguardo e il calore della sua pelle, non credo che riuscirei a richiamarlo alla memoria. Non riuscirei a trovarlo lì, perché l'unico posto in cui potrebbe stare, il quale ha una sezione interamente dedicata a lui, è soltanto il cuore. Ma il cuore non è nulla senza la mente, quindi credo proprio di dover vivere questa sensazione in questo preciso istante, senza pensare ad un futuro o ad un passato.
Forse riuscirò a ricordare.

Proprio quando sto attorcigliando uno dei suoi infiniti ricci attorno al dito, lui inizia a piegarsi adagio, puntando direttamente al mio viso.

Capisco subito cosa ha intenzione di fare. Glielo posso leggere negli occhi, me lo sta praticamente urlando in pieno viso. Non posso sbagliarmi su quelle che sono le sue volontà, quando me le sussurra senza parlare.

È da giorni che non lo facciamo.
Mi sento agitata, confusa e impacciata.

Si ferma, fa toccare la punta morbida dei nostri nasi. È talmente vicino da farmi quasi andare in panna la vista. Non riesco a guardarlo propriamente negli occhi. Devo tendere i nervi del collo per indietreggiare un pochino.

Non so con quale furia, ma riesco a parlare: «Se mi baci...» sussurro, «Ti ammalerai».

Fa un sorriso sghembo, come se avessi detto qualcosa di divertente, «Posso sopportarlo».

«E il lavoro?».

Torna improvvisamente serio, facendo scorrere la mano dietro al mio collo, per tenermi meglio, più incollata, «Chi se ne frega del lavoro».

Insistito, «Sei sicuro?».
Sto temporeggiando, ma soltanto perché voglio che io stessa mi convinca della sua scelta.
Se domattina avrà il raffreddore, mi ripeterò a memoria le sue parole.

«Sicurissimo, Amanda».

Bene. Facciamolo.

Annuisco con la testa, dandogli il via libera per agire per primo, perché non credo proprio di riuscire a farlo io. Scott non se lo lascia ripetere due volte, non perde tempo, ha fame di me, ha sete di noi. Ha il bisogno carnale di avermi stretta e io glielo concedo.
Con misure diverse e intenzioni più labili, ma ne ho necessità anche io.

Fa scontrare le nostre bocche in un bacio diretto e superficiale, quindi chiudo gli occhi.
La bocca dello stomaco si contorce su se stessa, provocandomi un dolore che non fa male ma soltanto solletico.

Mi dà il tempo di abituarmi, di riprendere confidenza con un gesto che prima era la normalità. Poi schiude le mie labbra con la lingua, infilandola nella bocca umida.
Ci metto del tempo ad allungare anche la mia, a farle danzare insieme.

Il sapore della sua saliva è dolce, mi inebria i sensi come se improvvisamente fossi tornata a sentire chiaramente ogni gusto.

Faccio fatica a respirare ma non mi tiro indietro. La premura delle sue mani mi scioglie come un ghiacciolo lasciato al sole, trasmettendomi un innato senso di confidenza e bisogno.

Intreccio le braccia dietro al suo collo, dopo aver percorso con attenzione il contorno scolpito delle braccia e lo spessore robusto delle spalle. In risposta, lui mi fa ancora più attaccata, portandomi a sforzare i muscoli degli addominali per arrivare più a fondo con la lingua.

Nella stanza si sente soltanto il rumore viscoso dei denti che si scontrano e i segni di approvazione rilasciati dalle nostre corde vocali stirate.

Credo di star tremando. Non riesco a dirlo con certezza, ma potrei mettere una mano sul fuoco e giurarlo. Se non fosse per la presa ferrea che esercita sul mio esile corpo, sarei già finita giù dal letto, con i palmi sbucciati e le ginocchia ammaccate.

Scott non si sforza nemmeno di tenermi sopra di lui, anche quando mi fa alzare totalmente con il busto, mettendomi in una posizione più comoda e facile per baciarci.

Una folata carica del suo profumo mi stappa le narici, quindi riempio i polmoni di aria, esausti a causa del mancato respiro che lui mi sta negando.

Non vuole fermarsi, non vuole fermarmi.

Questo unico bacio dura a lungo. Continuiamo fino a quando non sento la testa girare e le labbra fare male. La lingua è intorpidita, così come le braccia rimaste tese troppo a lungo.

Restiamo vicini anche dopo esserci divisi. Appoggio una guancia alla sua spalla, sfregando il mento contro il tessuto della maglietta, adesso stropicciata.

Lui resta a guardarmi, incantato sulla mia bocca e sui miei occhi. Mi guarda veramente, senza punteggiatura o punti e a capo.
L'onnipotenza dei suoi occhi non si può nascondere, è talmente palpabile da infiltrarsi sotto la mia pelle, nelle cellule e nei legamenti.
Si cuce addosso a me, con uno spago luminoso quanto pioggia di stelle incandescenti.

Non so il perché, forse mi viene naturale o forse non ho più alcun tipo di autocontrollo, ma mi metto a sorridere. Credo di avere gli occhi illuminati, perché la vista si fa cristallina.

Quando lui fa lo stesso, capisco che forse stiamo pensando alla stessa cosa.
Il modo in cui ci stiamo guardando non può essere sbagliato, non può mentire.

«Sei bella che raffreddata, eh?» mi prende in giro, guardando i fazzoletti sparsi sul comodino.

Mi vergogno un pochino di non aver pulito questo disastro. Il suo arrivo mi ha colta alla sprovvista.

«Sembra non passarmi più» mi lamento, tossicchiando.

Ho passato dei giorni davvero pesanti e noiosi, averlo qui con me è decisamente un sollievo.

«Che hai fatto questi giorni?» chiede.

Mi stringo nelle spalle, «Niente. Non sono più uscita di casa dal nostro ritorno. È stato noiosissimo».

«Mi dispiace» bisbiglia, «Prometto che se mi ammalo verrò a stare da te. Anzi, tu verrai da me, così non avremo nessuno tra i piedi e potremo dormire tutto il giorno» dichiara convinto, come fosse tutto già pronto e deciso.

«Almeno ci terremo compagnia» proclamo, «Non è da me non fare niente tutto il giorno.
Anche Ginni e Froy sono banditi da questa casa, almeno fino a quando non guarirò».

«Perché non mi hai chiamato prima? Posso venire qui tutte le volte che vuoi. A me non importa, dico davvero» mi accarezza la guancia con un dito, «Voglio vederti anche con questo naso tutto rosso» ne sfiora la punta, portandomi ad arricciarlo, «E poi, non mi ammalo da almeno tre anni. Un po' di raffreddore non mi farà nulla».

Ho sentito tutto, ma rispondo solo ad una parte: «Credo che dopo questo bacio te lo sia assicurato» scherzo, facendomi male al petto quando per ridacchiare riprendo a tossire.

Mi porge con cura il bicchiere di acqua dal comodino, quindi ne bevo un lungo sorso.

Lascia che beva in pace, dopodiché mi mette il cuore a tappeto: «Ne è valsa sicuramente la pena».

Ho ancora il naso immerso nel bicchiere di vetro e le labbra bagnate dall'acqua, quando alzo lo sguardo, filtrandolo attraverso le ciglia, e lo fisso con magnetismo spudorato.

Scott non esita. Sa perfettamente quello che ha detto, l'effetto che ha creato su di me e la reazione del mio povero corpo scialbo.

Non posso scommetterci, ma penso proprio che lo abbia fatto di proposito, che si sia studiato bene la situazione e abbia sganciato la bomba proprio sotto i miei piedi.

E io ci sono appena cascata.

Si schiarisce la gola, annuendo con enfasi, «Rimango per cena».

Alzo un angolo della bocca, «Speravo lo dicessi».






CIAO SCOTTINE☀️
Finalmente un capitolo in cui non dovete piangere o disperarvi, anche se... 🔮

La vacanza di Scott e Amanda è ufficialmente finita e loro due non si erano visti da un pochino.
Li trovate cambiati? Secondo voi si sono riappacificati?

Diciamo che sicuramente si stanno parlando di più e questo è già un bel passo avanti. 💕

I prossimi capitoli saranno abbastanza carichi: avrete un POV di Scott, alcuni personaggi faranno ritorno e ci saranno un bel po' di emozioni contrastanti. 🤍

Spero di non avervi messo ansia. 👀

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

A presto! 🦋

IG: @thalia.owl_autrice
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