Sono in paradiso.
File scomposte e colorate di dolci ricoperti di zucchero e sciroppi di ogni gusto sfilano davanti ai miei occhi su passerelle di cartoncini color pastello abbelliti da disegni per bambini.
Non ho mai visto nulla del genere in vita mia.
Un caleidoscopio di sfumature che vanno dal rosa al marrone chiaro mi illumina il viso, provocandomi quasi un giramento di testa.
Guardo ogni singolo dolciume, sentendo la salivazione raggiungere le stelle.
Passano interi minuti di perdizione, poi annuisco decisa, puntando lo sguardo sull'anziana signora che è rimasta pazientemente ad aspettarmi con un sorriso sul volto e la spatola in mano.
«Un bombolone alla crema, una girella alla cannella, gli waffle al pistacchio e...» mi sporgo in avanti per leggere la scritta sulla targhetta, «La ciambella al caramello salato, per favore».
Direi che potrebbe essere abbastanza.
Scott, che è alle mie spalle, posa una mano sul mio fianco scoperto, spostando leggermente il nastro sottile del costume da bagno.
«Mangerai tutto quanto?» domanda ironico, ridendo al mio orecchio.
Non stacco gli occhi dal sacchetto che la gentile signora sta riempiendo con tanta cura.
«Fino all'ultimo boccone».
«Stasera non avrai fame» mi rimprovera, proprio come farebbe mia mamma.
«Sono solo le cinque, abbi fiducia nel mio stomaco» mi volto leggermente per guardarlo negli occhi.
Sorride sghembo, alzando il folto sopracciglio verso l'alto, «Mi stupisci ogni volta» ammette, «La mia ragazza che ha più appetito di me... chi lo avrebbe mai detto».
Mi stringo nelle spalle, «Faccio tanta attività fisica, io» mento, punzecchiandolo di proposito.
Schiocca la lingua sul palato, «Davvero? Devo essermi distratto. E pensare che credevo fossi una pigrona».
Scuoto l'indice davanti al suo viso, da destra verso sinistra e poi alla rovescia, «Oggi ho nuotato tutta la mattinata. Mi fanno malissimo le gambe».
Trattiene a stento una risata, «Nuotato?» domanda sarcastico, «A me sembra di averti vista sul materassino gonfiabile a prendere il sole».
«Sì, però-» vengo interrotta dalla signora, che mi porge il sacchetto.
«Sono dieci dollari» dichiara.
Delle rughe marcate le cospargono il viso increspato in un'espressione gentile, contornata da occhiali spessi quanto il muro di una casa.
«Oh... veramente quelli sono solo per me» ammetto, afferrandolo incerta, «Manca ancora il mio ragazzo».
Lei trasalisce, scusandosi immediatamente e per quelli che sembrano i successivi dieci minuti.
Quando anche Scott ha preso il suo gelato alla fragola, ci dirigiamo verso uno dei tavolini immersi nella sabbia, in un posto all'ombra tra le palme.
Scott mi lascia del tempo, dandomi tutto il silenzio necessario a permettermi di godermi ad occhi chiusi la bontà di ogni singolo boccone che entra nella mia bocca.
Sono al settimo cielo.
Li riapro quando sono giunta alla girella cremosissima, soltanto per accorgermi che gli occhi del riccio sono sempre rimasti puntati su di me.
Continua a guardarmi con l'intensità che caratterizza soltanto lui, mentre fa spuntare la lingua dalle labbra e la usa per leccare il gelato sciolto attorno al cono croccante.
Mi perdo in quel gesto, precipitando in un vortice di emozioni che va ben oltre alla realtà fisica dei nostri corpi in questo preciso momento.
Sbatto le ciglia lentamente, sentendo le palpebre incredibilmente pesanti. La punta rosa della sua lingua assume un colorito ancora più incarnato, mischia la saliva con il sapore dolce della fragola, mandando giù con un solo boccone veloce e schietto.
L'arcata superiore si distende, facendo spuntare una mezza luna dei denti bianchi e dritti.
Il sole è così forte da scavare e scolpire ogni singola vena che scorre a raso della superficie olivastra della pelle, leggermente bianca a causa del sale.
Ruota il cono tra le dita affusolate come si gira una sigaretta sfusa, maneggiandolo con soltanto la superficie ruvida dei polpastrelli graffiati.
Ha le mani troppo grandi per sbagliare e farlo cadere. Entrambi ne siamo consapevoli.
Spezza il lungo silenzio: «Lo vuoi?» sposta il cono dalla bocca, scoprendo le labbra infantilmente sporche.
Si accorge del mio sguardo fisso, quindi le pulisce subito con la lingua, forse distrattamente, forse con astuzia.
Tuttavia, indugia in un punto che sembra troppo lontano e la punta carnosa trema alla tensione dei nervi.
Mi formicola il polso. La voglia di allungare una mano e pulire il suo viso mi provoca quasi un dolore al centro del petto.
Nego, «N-no» distolgo lo sguardo, colpevole per il suo crimine, «Grazie».
«Allora perché stai continuando a guardarmi?» il tono sembra ingenuo ed è proprio per questo che le mie guance diventano bordeaux.
«Non ti piace?» indica le mie buste, oramai vuote.
Afferro immediatamente l'ennesimo pezzo di impasto, «No, no, è buonissimo» lo azzanno sotto i suoi occhi confusi ma attenti.
Non dà peso alle mie parole, ma soprattutto allo strano atteggiamento, perché tende il braccio nella mia direzione, piazzandomi il cono davanti agli occhi.
«Tieni» mi invita, «Quella cosa lì alla cannella sembra più buona».
Aggrotto le sopracciglia, «Sei sicuro?».
Annuisce con nonchalance, «Sì, dammi».
Ci scambiamo i dolci e il mio stomaco batte le ali non appena realizzo il bacio indiretto che mi ha passato.
Mi trema il sangue nelle vene soltanto al ricordo della sua lingua sulla superficie di panna, che gioca con il sapore e vi lascia sopra il suo. Chissà se riuscirò a sentirlo anche io.
Avvicino il gelato al viso, molto lentamente. Indugio nell'appoggiarci la lingua, nonostante sia delizioso e dolce e abbia l'acquolina in bocca.
Per me, scambiarsi il cibo è un gesto intimo.
È raro che lo faccia persino con la mia famiglia, eppure, con lui mi sento molto più a mio agio.
Proprio quando sto per mangiucchiare il cono, alzo lo sguardo distrattamente e per poco non sputacchio.
Assisto alla scena, quasi a rallentatore, di lui che assaggia un pezzo di girella e la mastica così difficilmente da sembrare abbia del pongo in bocca.
Cerca di deglutire, ma proprio non ci riesce.
Poi, nonostante il suo viso sia sempre incredibilmente composto e serio, si contorce in un'espressione disgustata, talmente stramba e marcata da lasciarmi a bocca aperta.
Ma... quello è Scott?
Non riesco a smettere di guardarlo e scoppio a ridere di pancia, nascondendo le labbra con una mano.
La vista viene offuscata da copiose lacrime, mentre le guance bruciacchiate tirano a dismisura. Rido fino a farmi male alla pancia.
Però, mi rendo conto che non sia per niente carino ridere in una situazione del genere, quindi tossisco sottovoce, camuffando la risata che non vuole proprio andarsene.
Sono una persona orribile, lo ammetto spudoratamente.
Quando qualcuno si fa male, io rido, a meno che non sia una situazione drammatica.
Sbatto la testa contro una mensola? Rido.
Mio fratello cade malamente? Rido.
Papà inciampa sul tappeto? Rido.
Cavoli... sono veramente crudele, ora che mi vengono alla mente certi esempi.
Prendo fiato, tornando seria per metà, «Tutto bene?» riesco a chiedere, iniziando a preoccuparmi quando non ricevo alcuna risposta.
Sembra profondamente disgustato e ha gli occhi arrossati dallo sforzo che ha fatto tossendo.
Finalmente manda giù il boccone, scuotendo la testa come quando si beve una schifosa medicina, «Cazzo, che schifo!».
Sospiro di sollievo, studiando il suo volto per assicurarmi che stia veramente bene e non gli sia andato nulla di traverso.
«Davvero? A me è sembrata buona» dico ingenuamente.
«Detesto la cannella. Cosa mi è venuto in mente...».
Sbatto le palpebre, confusa più che mai, «Allora perché l'hai mangiata? Dovevi dirmelo. Credevo ti piacesse».
Adesso mi sento ancora più in colpa. Pensavo avesse capito di che dolce si trattasse. Me lo ha persino chiesto lui.
«Non pensavo fosse così cannelloso» si giustifica, afferrando tre tovaglioli insieme.
Devo aggrapparmi con le dita al tavolo per non mettermi di nuovo a ridere.
Sarei una pessima fidanzata se lo facessi e la sua smorfia sembra in qualche modo dolorosa.
In un certo senso, sembra anche a me di percepire il fastidio di mangiare qualcosa che proprio non piace.
«Amore, è una girella alla cannella. Deve per forza essere cannellosa» sussurro, sorridendogli lievemente.
Mi fa tenerezza. Sembra un bambino sul punto di vomitare o di piangere. Ha un'espressione terribilmente infantile.
Tossisce ancora un paio di volte, «Sembrava buona. Ho pensato che la crema avrebbe coperto il gusto, invece ha solo peggiorato le cose».
Pulisco le labbra con il tovagliolo, poso il cono su un sacchetto, dopodiché mi alzo dalla sedia, «Ti vado a prendere dell'acqua».
Quando faccio ritorno e gli porgo la bottiglietta, sembra stare decisamente meglio. La sua espressione è tornata quella di sempre e anche il viso pare essere meno infiammato.
Beve a lungo, sciacquandosi la bocca da ogni eventuale retrogusto rimasto.
«Va meglio?» mi preoccupo, pulendo il tavolino dalle cartacce.
«Sì, tranquilla. È passato tutto» mi lascia un tenero buffetto sulla guancia, facendomi sorridere.
Per un secondo, ho temuto il peggio.
Questo peggio era che lui mi vomitasse addosso o che dovessi fargli la manovra anti-soffocamento, che per la cronaca, non sono assolutamente in grado di praticare.
Sono felice che si sia ripreso da solo.
«Facciamo due passi sulla spiaggia?» propongo, «Ho la pancia che scoppia».
Ridacchia, «Non vorrei dirtelo, ma...» incomincia.
«Te l'avevo detto» ripetiamo all'unisono, guardandoci negli occhi per poi scoppiare a ridere.
Riprendiamo a camminare, faticando a causa della sabbia bollente sotto i piedi scalzi.
Scott cinge le mie spalle con un braccio, portandomi più vicina al suo petto caldo.
«Andiamo verso casa? Ci siamo allontanati parecchio» lascia un bacio sulla mia testa.
«Sì, non vedo l'ora di farmi una doccia. Ho i capelli intrisi di sale».
Porta una mano tra di essi, tirandomi leggermente la cute a causa dei nodi. Lo lascio fare, scoprendo questo gesto particolarmente rilassante.
È delicato ma deciso. Mi piace quando mi tocca i capelli, perché ci aggiunge anche dei grattini sul collo.
«Devi metterti più crema solare. Ti sei bruciata di nuovo il naso».
«La protezione cinquanta è più che sufficiente» metto le mani avanti, «La mia pelle è troppo delicata. Si brucia perfino all'ombra».
«Perché sei estremamente bionda» mi stuzzica, stringendo la mano attorno al retro del collo.
«D'estate ancora di più. Il sole e il mare mi schiariscono tantissimo i capelli, soprattutto sulle punte» spiego, «Ora che ci penso, non mi hai mai vista con i capelli più scuri».
Mi sembra così assurdo pensare che lui ed io ci conosciamo soltanto da pochi mesi. L'impressione che ho del nostro rapporto è totalmente imprescindibile dal tempo, perché con Scott sento un legame che va oltre i soli tre mesi. Ho la sensazione di conoscerci da molto più tempo, eppure è iniziato tutto poche pagine di calendario fa.
Lui è stato il fulcro di una nuova e inimmaginabile estate, che non avrei mai pensato di poter vivere.
Ci siamo conosciuti a giugno. Non lo dimenticherò mai quel giorno. Da quella sera ha avuto inizio tutto quanto.
E ora l'estate è agli sgoccioli. È volata in un solo respiro.
«Devi farmi vedere delle foto. Mi sembra strano immaginarti con un colore diverso».
«Non sono proprio diversi, soltanto leggermente più marroni».
«Quindi...» volta il mio viso per avvicinare la bocca alla mia, «Sei la mia bionda e anche la mia mora. Sono un uomo fortunato».
Mi sporgo ulteriormente in avanti, «E anche coraggioso. Si dicono due cose delle bionde: che sono pazze e che nessuno sa divertirsi quanto loro».
In parte, mi identifico in queste categorie.
Alza un sopracciglio, «E tu ti stai divertendo?».
«Ti preoccupi troppo per me» sussurro dolcemente, «Dovresti pensare di meno e agire di più».
Flash scomposti di ieri sera mi annebbiano la vista. Cerco di scacciarli via, ma sembra impossibile. Forse non voglio nemmeno farlo.
Le sue mani sono così spesso sul mio corpo, da farmi sentire strana quando è il contrario.
Scott ed io abbiamo continuamente bisogno di toccarci. Devo sentirlo vicino, sempre.
Inumidisce le labbra con la lingua, «Io sono un uomo d'azione» dichiara ferreo, lanciandomi uno sguardo ipnotico.
Sto al gioco, «Oh... lo so bene».
Smettiamo entrambi di camminare. I nostri piedi vengono bagnati dall'acqua tiepida, affondano nella sabbia fangosa.
«Però, forse, soltanto nel mio lavoro» aggiunge, «Penso tanto prima di agire. Sono impulsivo così raramente da non conoscere quasi il significato del termine» abbassa la mano sulla mia schiena, trascinando i polpastrelli lungo la spina dorsale.
«Ma certe volte mi concedo un respiro e divento irrazionale. Persino troppo.
Eppure, credo che questo sia il lato che più ti piace di me, quello che riesce a stupirti e a farmi guardare in modo diverso».
Rimango appesa alle sue parole, reggendomi su un filo sottile soltanto con due dita.
Lo ascolto in silenzio, così catturata dalla sua voce, da dimenticarmi persino del rumore del mare.
Mi piace quando Scott è così. Mi piace che mi racconti di sé e che non si senta in imbarazzo ad essere veramente se stesso con me.
Sono così felice del rapporto che abbiamo, perché sono a conoscenza del fatto che io non l'abbia mai avuto con nessuno. Mi sono sempre fermata prima.
Non si parla di qualcosa che lega il sangue, come la sintonia che potrei avere con la mia famiglia, ma di un sentimento che soltanto noi due condividiamo.
Quello di chi non si conosceva e pian piano sta imparando tante cose sulla persona che gli sta a fianco.
Prima di Scott non credevo che queste cose mi interessassero particolarmente in una relazione. Lui mi ha insegnato cosa significhi stare bene con qualcuno e sentirsi veramente parte di un qualcosa condiviso.
«La ragione sei solo tu, Amanda» soffia piano, accostando la fronte alla mia, «Ti guardo e non riesco a smettere di pensare a quanto bella e piena di vita tu sia. Certe volte, mi chiedo cosa ci faccia una come te con uno come me».
Afferro immediatamente la sua mano, facendo sì che mi guardi bene negli occhi, «Ti amo, Scott. Amo la tua parte timida, quella sicura, selvaggia e persino quella irritante. Sei la mia persona preferita e lo sei proprio per come sei» bacio la pelle rigida del suo polso, «A me basti tu per essere felice, divertirmi e passare giornate che sembrano infinite».
Avrei così tanto da aggiungere.
Vorrei confessargli quanto sia gentile e premuroso, quanta pazienza e amore sia in grado di far sentire, quanto dolce e sensibile possa essere, nonostante voglia indossare una corazza impenetrabile.
Io sento tutto quanto, seppur lui cerchi di nasconderlo. Forse non è abbastanza, ma credo di conoscerlo a tal punto da poterne essere certa: lui è speciale.
Non basterebbero pochi minuti per ammetterlo e nemmeno per farlo ascoltare.
Certe cose vanno dette quando il tempo sembra fermarsi e il cuore non avere catene.
Ora, il mondo attorno a noi gira e noi siamo due piccoli pianeti che si muovono alla stessa velocità, troppo frenetici e ansiosi di baciarsi per stare ancora ad aspettare.
Rischiamo di essere in ritardo, se non ci diamo una mossa.
Muove le labbra, inizia a dire qualcosa, poi si zittisce. Sento che vorrebbe parlare a dismisura, tenermi occupata per il resto del pomeriggio, riempirmi la testa e il cuore di versi che soltanto detti da lui sembrano così rimati, ma alla fine non lo fa.
«Sei importante, Amanda» mi bacia la fronte, «Ti amo».
Arriccio il naso, mentre le guance diventano leggermente rosse, «E comunque, sei tu quello santo. Mi sento ancora in colpa per aver riso come una stupida, prima. Scusami, sono stata maleducata».
Finalmente l'ho detto. Ho cercato il momento giusto, ma non volevo rovinare la nostra chiacchierata e fargli tornare alla mente brutti ricordi. Giuro di non mangiare mai più qualcosa al gusto di cannella in sua presenza.
«Non ti preoccupare» graffia la mia guancia con il dorso di un dito, «Non mi sono offeso, anche se sei stata cattiva».
«Ti giuro che ho cercato di trattenermi, ma la tua faccia era davvero troppo buffa» mi giustifico.
Se ci ripenso, mi viene da sorridere.
Arruffa volutamente i miei capelli, «Ammetto di non aver vomitato o sputato il boccone, soltanto perché eri davanti a me. Non sarebbe stato un bello spettacolo».
Mi impressiono troppo facilmente quando si parla di queste cose.
Tiro le labbra in una linea, «Ewww... Scott, non ho chiesto i dettagli» lo allontano giocosamente da me, riprendendo a camminare.
Mi raggiunge subito, «Questo è il prezzo da pagare per aver riso. Ora siamo pari».
Piega leggermente il busto, portando la testa all'altezza del mio ventre. Lo guardo interdetta, senza capire che cosa stia facendo.
Vuole baciarmi... la pancia?
Poi circonda le mie gambe con un braccio, facendomi piegare le ginocchia. L'altra mano si aggancia alla vita e mi spinge verso di sé, mettendo forza nelle braccia.
«Scott! Cosa vuoi-» borbotto, ma il fiato si spezza nel petto quando non sento più i piedi che toccano la sabbia.
Sto volando.
«Sei lenta come una lumaca» mi prende in giro, mettendosi a ridere come un ragazzino.
Schiaffeggio la sua mano, «Ei!».
«Aggrappati a me, dai».
Sempre.
Carica il mio corpo di peso su una spalla, coprendomi il fondoschiena con la grande mano. Si assicura di avermi sistemata per bene, prima di mettersi a correre per la spiaggia, reggendomi come un sacco di patate.
Il suono delle nostre risate è l'unico a spezzare la tranquillità del pomeriggio, che cola a picco sul mare, fondendosi ad un cielo color tramonto talmente aranciato da far tremare persino chi vede in bianco e nero.
BUONASERA SCOTTINE🌹
Non so cosa vi stavate aspettando, ma sicuramente non il mio tentativo di far fuori Scott. 👀
Ammetto di averci pensato e forse di averci riso anche su.
Tranquille, sta benone. 😼
Originariamente, questo capitolo non sarebbe dovuto esistere, ma non ce l'ho proprio fatta a rinunciare ad un loro momento divertente ma anche romantico.
I prossimi capitoli saranno intensi. Preparatevi, perché dovrete affrontare un bel bagaglio di emozioni contrastanti. 📉📈📉📈📉
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto. 💌
Alla prossima. ✨
IG: @thalia.owl_autrice
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