43. ABCDEF U

Siamo nei guai fino al collo.

Questa volta Ginni ed io non ce la caveremo. Ho come la sensazione che finiremo sul serio in prigione.
Sarà così imbarazzante quando Scott mi vedrà in cella, con i capelli rasati e le occhiaie chilometriche.
Devo trovare una chiesa e mettermi a pregare, se voglio scacciare la possibilità che sia proprio lui a venire ad arrestarci.

Questa volta credo proprio che userà le manette.
Mamma, papà– mi dispiace.

«Mi ascolti per favore, al posto di sbraitarmi contro!» Genelle urla in faccia al vecchio, facendolo zittire e indietreggiare per lo spavento.

Sobbalzo anche io e per poco non gli afferro il braccio corpulento.
Ho il cuore che scoppia e una strana sensazione di gelo addosso. Mi viene da vomitare.

La mora al mio fianco trae un grosso sospiro di sollievo, «Finalmente».
Si sistema i ciuffi scomposti del caschetto, cercando di darsi una calmata.

Se io sono terrorizzata, lei è arrabbiatissima.
Di solito, Ginni è molto pacifica e raramente attaccata briga; eppure sembra essere un'altra persona, in questo momento.

Sarebbe in grado di sbranare dei leoni a mani nude. Ha gli occhi infiammati.

Non so dove stia trovando il coraggio per affrontare di petto la situazione.
Io mi stavo per mettere a piangere, appena due minuti fa.

«Quello che sto cercando di dirle da almeno dieci minuti, è che non volevamo rubare proprio nulla. Quale razza di ladro torna indietro per pagare?!».

«Non m'importa!» il vecchio punta il piede a terra, muovendo la bocca baffuta, «Adesso chiamo la polizia. Vediamo cosa dite a loro».

Qui finisce male.

«Lei non chiama proprio nessuno! Abbiamo appena pagato per l'articolo dimenticato per sbaglio. Ho anche lo scontrino».
Lo sventola, tenendolo ben stretto con le dita.

Lui alza il viso verso il soffitto, ghignando. «Dalle videocamere di sorveglianza si vedrà che l'orario non combacia».

Videocamere di sorveglianza? Mica siamo delle teppiste.

«Allora perché ci ha fatto pagare senza problemi?» Ginni è rossa come un pomodoro e si sta agitando sul posto.

La situazione sta prendendo una bruttissima piega. Forse dovremmo chiamare i nostri genitori per chiedere soccorso.

«Siete delle ladre» ci punta l'indice contro.

Lei boccheggia, facendo un passo deciso verso l'uomo. «Sta cercando di fregarci, vecchio ciccione?».

L'aria diventa tersa e pungente. Sia l'uomo in questione che io sembriamo essere scioccati dalle sue parole.
Mi guarda negli occhi come a dirmi "ti rendi conto di come mi ha chiamato la tua amica?".
Io distolgo lo sguardo, indecisa se mettermi a ridere o sgridarla per le cattive maniere.

«Basta, adesso vi faccio vedere io».
Estrae il telefono dalla tasca con una soddisfazione cattiva.

Afferro la mia migliore amica per la maglietta, strattonandola per attirare la sua attenzione. «Sto per vomitare il pranzo».

Ginni mi lancia uno sguardo, portandomi più vicina.
«Vede cosa sta facendo?! Questa povera ragazza si sta sentendo male per colpa sua».
Mi indica il viso, probabilmente pallido.

Non ci credo che mi sta usando come mezzo per svignarcela.
Io sto veramente male. Ancora un paio di minuti e le sue scarpe non saranno più bianche.
Devo andarmene.

Lui mi guarda, poi fa una smorfia, «In effetti ha un aspetto terribile».

Scusate?
Sto venendo sfruttata e pure giudicata.
La mia giornata, a questo punto, non può fare altro che peggiorare.
Sembra in tutto e per tutto una lenta e agonizzante discesa verso l'inferno.

«Vuole avere sulla coscienza la vita di una persona?».

Qui stiamo decisamente esagerando, ma sono pronta a mettere in piedi qualsiasi recita pur di lasciare questo maledetto negozio.
Fortuna che siamo le uniche clienti, altrimenti sarebbe stato ancora più orribile.

Il vecchio alza gli occhi al cielo, «Mica sta per morire».

«Ascolti. Questo è tutto un malinteso, però è stato risolto. Alla fine abbiamo pagato, quindi non c'è assolutamente motivo di chiamare la polizia per una banale scatola di salatini».

Ci guarda a lungo, dopodiché sospira, piantando le mani sui fianchi grossi.
«Andatevene e non fatevi più vedere».

Questo poco ma sicuro.

Mi viene quasi da abbracciarlo per la felicità. Forse gli ho fatto veramente pena. Quel che conta è che anche per oggi abbiamo scampato la galera. Sono così sollevata.

Genelle mi afferra per il braccio, facendomi voltare di scatto. Si stampa un sorriso falsissimo sulle labbra.
«Buona giornata anche a lei».

Usciamo dal piccolo negozio in fretta e furia. Non appena respiro dell'aria pulita, la sensazione di nausea si allevia.
Il profumo del mare che borbotta in lontananza mi calma il battito.

«Ma ci credi?» sbotta, innervosita.

«Io non ho parole» spiccico parole dopo quella che sembra un'eternità.

«Le persone anziane sanno essere veramente fuori di testa, alle volte» mi guarda ancora sconvolta.

Se non fosse stato per Ginni e mi fossi trovata sola, mi sarei sicuramente messa in ginocchio a supplicare o come minimo gli avrei svuotato tutto il portafogli, pur di essere lasciata libera.

«È stato orribile».

Sono stata muta come un pesce, lì dentro.
Mi sentivo la lingua spessa e gommosa.
Non è mio solito non trovare niente da dire, ma non riuscivo fisicamente a fare nulla. In verità, è stata la prima volta che mi sono trovata in una situazione del genere.

Credo che la paura e l'agitazione abbiano avuto la meglio sul mio coraggio; non è cosa da me subire senza contrattaccare.

Rallentiamo appena svoltiamo l'angolo, quindi mi guarda con dispiacere.
«Scusami per prima. Ti senti meglio, ora?».

Annuisco, sorridendole. «Dovrei essere io a scusarmi. Non sono riuscita a dire o fare nulla. Ero bloccata».

«Non scherzare, averti a fianco è bastato. Probabilmente gli avrei strappato i baffi, se tu non ci fossi stata e allora sì che sarei finita nei guai. Però è stata una liberazione urlargli contro» ridacchia, alleggerendo il clima di tensione.

Quel brutto vecchio antipatico ha rovinato il nostro pomeriggio tranquillo.

«Fossi stata in lui, mi sarei spaventata anche io. Sembravi sul punto di picchiarlo» ammetto.

«Sono stata così cattiva?».
Picchietta l'indice sul mento, cercando una risposta alla sua stessa domanda.

Annuisco con frenesia, dicendole la completa verità: «Assolutamente».

«Beh... Voleva truffarci per una cazzata» si giustifica, «A proposito, mi passi le ciambelle?».

Cosa non si fa per il cibo...
Si vede proprio che siamo migliori amiche; abbiamo gli stessi principi.

Evviva il motto: prima il cibo, poi il dovere e infine di nuovo il cibo.

Le porgo la busta straripante, rubandone una. Ora che il caldo di luglio sta lasciando spazio ad agosto, la terribile afa estiva sembra dissiparsi giorno dopo giorno.
E questo significa soltanto una cosa: ci avviciniamo all'inverno e la mia fame aumenta.

A dismisura.

Potrei benissimo paragonarmi ad un orso che racimola grasso per andare in letargo, con la sola differenza che io mangio letteralmente ventiquattro ore su ventiquattro e non dormo quasi mai.

Non capisco proprio perché il mio cervello si rifiuti di riposare quando può.
Invece, mi fa passare intere notti in bianco, per cui il colpevole è anche Scott.

«Vuoi prendere ancora qualcosa?» le domando, osservando i due sacchetti di plastica colmi.

«No, ho un sacco di schifezze in camera».

Ci credete che lei ha la bellezza di un mini frigo vicino al letto?
È geniale.

«Quando domattina mi sveglierò con la faccia piena di brufoli, so già che mi pentirò di aver mangiato così tanto» ammetto, sbuffando.

Però... non ho assolutamente intenzione di rinunciarci. Siamo pazzi?

«Chi se ne frega» si stringe nelle spalle, «La vita è una sola».

«Sai che c'è? Hai ragione» annuisco con enfasi, mangiandomi un'altra ciambella.

Siamo sui gradini del portico e il sacchetto è vuoto.
Ops.

Quando entriamo in casa, la troviamo vuota.
I suoi genitori devono essere andati dai nonni.

«Ti fermi a cena da me?» domanda, mettendo nelle credenze ciò che abbiamo comprato.

«Sì, se non è un disturbo».

Non che con Ginni si abbia bisogno di queste formalità, ma ci tengo lo stesso.
Non mi piace dare qualcosa per scontato, nemmeno quando diventa un'abitudine.

«Tu mi disturbi sempre. Una volta in più non cambia niente» mi stuzzica, scoppiando subito dopo a ridere.

Mi fingo offesa, ma il sorriso sulle labbra mi tradisce. «Sei una stronza».

«Pizza surgelata ti può andare bene? Non ho voglia di cucinare».

La pizza è pur sempre pizza.
«Va benissimo».

I miei occhi cadono sul corridoio, «Come mai ci sono tutti questi scatoloni?».

«Sto iniziando a preparare quello che mi serve per il College».

Vorrei ridere ma sarebbe più appropriato piangere.
Io non ho ancora preparato mezzo sacco.
Manca poco più di un mese. È tanto o poco?

Considerando la mia inclinazione al ritardo, farò sicuramente tutto all'ultimo.
Oltretutto, ora come ora, la questione New York non mi rende particolarmente allegra.

Sono arrabbiata con me stessa perché dovrei fare i salti di gioia; invece non riesco proprio a pensare al lato negativo della mia partenza.

La paura è più prepotente della forza. Ti perseguita fino a metterti in ginocchio.

Stasera, quando tornerò a casa, inizierò a svuotare l'armadio.
Devo pur iniziare da qualcosa.
Devo iniziare.

«Tu hai cominciato?» domanda, ricordandomi un po' mamma.

Vorrei mentirle, ma non ci riesco proprio. «Non ancora, però mi hai dato l'ispirazione» ridacchio forzatamente.

La verità è che mi disturba parlarne. Vorrei buttare il problema il più lontano possibile dalla mia vita, ma mi ci trovo immersa dentro e non so come uscirne.

Scott ed io sembriamo della stessa idea. Nessuno dei due ha voglia di parlarne, quindi continuiamo a raggirare l'argomento senza mai affrontarlo.
È una gara a chi temporeggia per primo.

«Non ci stai ripensando, vero?».
Il tono è preoccupato e l'espressione contrariata.

So quello che sta pensando.

«Certo che no!» mi spaventa aver esitato per un misero secondo.

Devo respirare a fondo per tranquillizzare il battito. Ho il sangue gelato.
So quello che farò. Devo solo calmarmi.

«Ovvio che non ci ripenso, non potrei mai. Non vedo l'ora di partire!» farfuglio.

È tutta verità. Qualcosa vi si cela sotto, però.
La mia mente corre a Scott.

«Bene...» non sembra convinta, «So che è difficile, ma non puoi essere insicura della tua scelta. Hai fatto la cosa giusta».

Annuisco, abbassando lo sguardo.
«Lo so, ma lui...» lascio la frase in sospeso perché ci sono troppe cose che vorrei dire.

Ginni mi capisce più di chiunque altro e so che con lei posso aprire il mio cuore.
Ho disperatamente bisogno di qualcuno con cui confidarmi. Certe cose può saperle solo lei; nessun altro.
Nemmeno a Scott riuscirei a dirle.

«Amanda» mi richiama dolcemente, avvicinandosi.

Alzo la testa solo quando mi è di fronte. I suoi occhi sono candidi ed accoglienti.

Vengo serrata in un caloroso abbraccio. Le braccia esili mi stringono forte, trasmettendo un calore familiare.
Appoggio la testa sulla sua spalla, socchiudendo per qualche secondo gli occhi.

È una bella sensazione.

«Andrà tutto bene. Starai bene a New York» sussurra.

Starò bene... ma sarò felice?

«So che ami Scott e che lui ama alla follia te, ma se adesso scegliessi di rimanere a Santa Monica e rinunciassi ai tuoi sogni, te ne pentiresti sicuramente e questo amore finirebbe per trasformarsi in rancore. Arrivereste persino ad accusarvi a vicenda e non credo sia quello che vuoi».

L'ascolto in silenzio, cercando un appiglio a qualcosa che mi faccia sentire più sicura.
Ha ragione su tutto – ne ha davvero – ma non è così facile.

«Ti sto dicendo questo perché ti voglio bene e sei come una sorella» mi allontana per riuscire a guardarmi in viso.
«Anche per me sarà orribile starti lontana. Due ore non sono molte, ma nemmeno poche.
Però voglio che entrambe la viviamo bene e che un domani ce ne ricorderemo con il sorriso. Dicono che gli anni universitari non si scordano mai».

È vero. I miei genitori li ricordano come gli anni d'oro e forse è anche grazie al fatto che ne ho sentito parlare così tanto, che la mia ambizione più grande è sempre stata proprio la Columbia.

Per me, rappresenta un sogno che si avvera.

Non voglio privarmi di questa esperienza. Desidero partire con il cuore leggero e iniziare una nuova vita, senza però cancellare quella di adesso.
Senza cancellare Scott.

La famiglia è la famiglia e quella resterà la stessa anche a centinaia di chilometri di distanza.
Ma di noi che ne sarà? Scott è parte della mia famiglia, ma abbiamo davvero un legame così stretto?

Funzionerà anche se io me ne andrò? Come faremo a vederci?
Lui cosa ne pensa? Cosa ha intenzione di fare?

Sono domande a cui non riesco a smettere di pensare.

«Sarà bello» sussurro.

«Sì che lo sarà, ma ora basta con quel muso lungo. Mica sei venuta a casa mia per piangere».

Sono stata egoista. Ancora una volta, ho gravato con i miei problemi su di lei, come se per lei non fosse lo stesso.

Sorrido lievemente, già pronta a controbattere: «Guarda che non sto piangendo».

Sospira di sollievo, «Menomale. Mi sono sentita in colpa per aver portato a galla l'argomento. L'ho fatto senza pensarci, scusami».

«Oggi non facciamo altro che scusarci» constato.

Si stringe nelle spalle, «Abbiamo assistito ad un evento traumatico solo poco fa. Direi che siamo giustificate».

«Quando mai tu ed io non assistiamo ad eventi traumatici?» chiedo con circospezione.

Aggrotta le sopracciglia, pensandoci.
«In effetti hai ragione. A scuola ne succedeva una dietro l'altra. Dici che ci portiamo iella a vicenda?».

«È molto probabile, conoscendoci».

«Pazienza, oramai ci sono abituata dopo tutto questo tempo» alza il pollice e me lo piazza davanti al viso.

Sorrido, catturata dalla risata genuina e dalla felicità che scintilla nelle iridi.

Ginni sembra serena. Era da tanto tempo che non la vedevo in questo modo.
Dopo la faccenda tormentata con mio fratello, era come se sentissi una strana distanza tra di noi, ma ora sembra essere tutto a posto.

Sono contenta che l'abbia superata. È stato un grande gesto d'onore e di maturità mettersi da parte, nonostante i suoi sentimenti.
Se mi fossi trovata nella sua situazione, non credo ce l'avrei fatta.

Se c'è una cosa di cui mi pento è di non averle mai chiesto come stesse sinceramente.
Temevo che parlarne le avrebbe fatto male, quindi ho lasciato che fosse lei a fare il primo passo.
Ma forse anche lei temeva di essere di troppo e alla fine Duncan è scomparso dalla sua vita come se non ne fosse entrato a far parte.
E il suo nome non è più uscito in nessuna conversazione.

È triste solo a pensarci. Ingiusto.
Ginni ed io siamo cresciute come sorelle e Duncan è stato un po' il fratello maggiore di entrambe.
Come mi sentire io, se lo perdessi?

Ginni... è... era innamorata di lui?
Se la risposta è positiva, significa che ha dovuto inghiottire una parte del suo cuore e convincersi del contrario.
Ha rinunciato. Si è allontanata.

Che... dolore.

Conoscendola, credo che abbia sofferto tanto e mi fa chiudere lo stomaco non sapere se sia così anche adesso.

Vorrei fare tutto quello che è in mio potere per farla stare veramente bene, ma non riesco a muovere un solo dito.
Basterebbe una parola, eppure dalla mia bocca non esce alcun suono.

Cosa dovrei fare? Come potrei chiederglielo?
Cosa dovrei dire? Ho il diritto di immischiarmi?

Non voglio allontanarla, non adesso che ci resta poco tempo da passare assieme.
Io non voglio andarmene con rimpianti e tristezza, ma sento che non è giusto nemmeno così.
Anche Ginni deve essere felice.

Lei c'è sempre stata per me, quindi perché io mi comporto in questo modo?

Come vorrei chiederle ogni cosa, ma come posso riuscirci quando mi guarda con questi occhi sereni e un sorriso luminoso?

Non posso farla soffrire; non lo merita.
Se Genelle mi dovesse odiare anche solo una goccia, ne rimarrei frastagliata.
Mi si spezzerebbe il cuore.

Starà bene. Staremo bene.

«Ci guardiamo un film?» interrompe il mio monologo interiore, lasciandomi con la testa fra le nuvole.

Annuisco soprappensiero, evitando in tutti i modi di guardarla negli occhi.

Capirebbe. Mi capirebbe subito.

Quanto vorrei avere più coraggio. Eppure ho la lingua pesante, quindi resto in silenzio.
Sono una pessima amica.

Mi dispiace, Ginni.







BUONASERA SCOTTINE 🧸
Aggiornamento a sorpresa per farmi perdonare per gli aggiornamenti lunghi.

Finalmente abbiamo di nuovo Amanda e Genelle insieme.
Devo dire che mi mancava questo duo casinista e scellerato. 🎆

In realtà, era da parecchio che a Ginni non veniva data la giusta attenzione.
Quindi... sembrerebbe che Duncan abbia fatto la sua "scelta".

Cosa ne pensate?

Inoltre, Amanda non se la sta passando benissimo in questo ultimo periodo.
L'ansia per il College le sta ombreggiando la mente. 🌑

Secondo voi cosa farà?

Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto. ❤️

Vi aspetto su IG: @thalia.owl_autrice

A presto! 🍓

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