4. Pecorelle

«È davvero una bomba questo panino» affermo, indicandolo con l'indice, come se Ginni non se ne fosse ancora accorta.

Quando alzo lo sguardo la vedo bloccata, con il suo hamburger tra le mani e le labbra tutte sporche di maionese.

«Mi passeresti un fazzoletto?» domanda, liberandosi da un pezzo di formaggio colante.

Ridacchio, porgendoglielo, dopo essermi pulita io stessa le mani.

«Okay sto per dirti una cosa, ma non girarti» lancia uno sguardo fugace alle mie spalle, facendomi subito mettere all'erta.

Sto per voltarmi, ma mi aggrappo al tavolo, trattenendo l'impulso.

«Un tipo continua a fissarti» le leggo il labiale dato che lo sussurra pianissimo.

Una punta di curiosità mi fa sorridere.
Interessante.

«Descrivimelo» raddrizzo la schiena, sistemando una spallina del vestito, scivolata lungo il braccio.

«Figo, davvero tanto» alza le sopracciglia ripetutamente, facendo delle facce strane, che mi fanno sorridere, «Capelli ricci, all'apparenza molto morbidi, tipo quelli di un barboncino appena lavato...» si perde nel suo discorso, facendomi scuotere la testa con disappunto.

È un caso perso.

«Cosa stai blaterando?» le scoppio a ridere in faccia.

«Sì, scusa» ritorna seria, «Non ci tiro da così lontano, ma penso abbia gli occhi azzurri o verdi. Comunque ha una bella forma del viso e un po' di barba» conclude, facendomi annuire.

Da quel che mi ha detto sembra un bel ragazzo, ma solo perché mi sta guardando non vuol dire che gli debba dare le mie attenzioni.
Io sono una romanticona: sono i ragazzi a dover fare la prima mossa.

Se è interessato verrà lui.

«Sta guardando da questa parte?» domando, pronta a lanciargli una rapida occhiata.

La curiosità ha la meglio su di me e senza aspettare una sua risposta lo faccio, posando gli occhi sulle persone all'interno del locale.
Passo lo sguardo tra la folla, cercando di trovare il ragazzo con tali caratteristiche.

Santo cielo.

Lo stomaco si chiude all'improvviso, in una morsa stretta e dolorosa, mentre mi aggancio ad un paio di occhi verdi.

Ditemi che non è lui.
Il destino gioca con me.

Che cosa faccio adesso?
Lo saluto o faccio finta di non conoscerlo?

Le mie buone maniere torreggiano sulla mia cazzutaggine, facendomi sollevare un angolo della bocca, in un mezzo sorriso.
Mi osserva con un'espressione gelida, spingendo i suoi occhi più in profondità e alla fine scuote il capo, in un saluto fugace.
Mi volto di scatto verso Genelle, che mi guarda a bocca aperta.

«Che cazzo!» esclama, infuocandomi con i suoi occhi, «Tu lo conosci? Come fate a conoscervi? Cosa mi stai nascondendo?» mi tartassa di domande, ma io sono distratta da uno sguardo che sento trapassarmi il cranio.

È come se ce lo avessi davanti.

«Mi sono scordata di dirtelo» borbotto, «È Scott, il fratello di Maia».
Lei sgrana gli occhi, incredula.

Già, abbiamo avuto la stessa reazione.

«E l'altro giorno mi ha fermata, dopo la nostra serata. È un poliziotto» cerco di farla il più breve possibile, perché in realtà non saprei neanche io come spiegare il flusso di eventi accaduti in questi giorni.

Lei sembra ancora più sconvolta di prima, «Come cazzo hai potuto dimenticarti di dirmi una cosa del genere?!» non è arrabbiata, solo curiosa e incredula.

In realtà non so nemmeno io perché non gliel'ho raccontato.
Io e lei ci diciamo tutto.

«Scusa. Sono stati dei giorni pieni di sorprese» ammetto, riprendendo a mangiare il mio panino.

«Ti perdono solo perché sei tu» mi rivolge un'occhiolino, mentre io le lancio un bacio volante.

                              *

Spingo forte la porta del bagno, ritornando a respirare aria pulita.

Lì dentro c'era una puzza di sapone all'amarena davvero nauseante.

Percorro il piccolo corridoio, stretto e corto, fino a ritornare nella sala principale.
Mi sposto tra i tavoli, stando attenta a non urtare nessuno o inciampare su qualcosa.
Le luci leggermente soffuse non aiutano per niente.
Mi avvicino al tavolo dov'è seduta Genelle, senza riuscire però a trattenermi dall'impulso di alzare lo guardo e puntarlo più a fondo, sulla persona seduta ad uno dei tanti tavoli.

Pessima scelta.

Trovo già i suoi occhi puntati sulla mia figura, più precisamente sul mio corpo.
Il modo in cui mi guarda, privo di pudore, senza filtri, mi travolge con un'ondata di calore, annebbiandomi il cervello.
Una cosa devo ammetterla, oggettivamente è bello.

Estremamente bello.

Sento improvvisamente caldo, nonostante il vestito leggero che indosso.
Fingo di avere la situazione sotto controllo, di reggere il suo sguardo e mi batto il cinque quando ci riesco, vacillando per un secondo sulla sua lingua che si posa sulle labbra rosse.
Sposto lo sguardo, indirizzandolo alle altre persone sedute.
Ci sono tre ragazzi con lui.

Nessuna traccia di femmine.

Butto il mio corpo sul divanetto, attirando l'attenzione di Ginni.

«Ho ordinato le crêpes con la nutella e il gelato» dichiara, facendomi subito sorridere, felice come una bambina.

«Tu sì che mi conosci» vorrei abbracciarla, ma il ripiano di legno me lo impedisce, così mi limito a poggiare una mano sulla sua.

Quando abbiamo finito di abbuffarci come se non ci fosse un domani, ci alziamo, dirigendoci verso la cassa per pagare.
Questa volta però riesco a trattenere il desiderio di guardarlo, concentrandomi sulle scale che sto facendo.
Ma qualcosa va storto.

Stortissimo.

Il mio piede segue una direzione tutta sua, scontrandosi contro il gradino, senza però riuscire a trovare equilibrio.
E volo in avanti, vedendo tutta la vita passarmi a rallentatore davanti agli occhi.

È giunta la mia ora.

Sto per sbattere le ginocchia contro il legno duro, quando riesco a trovare appiglio su qualcosa.

O meglio, qualcuno.

Mi aggrappo con tutte le forze a quella che dovrebbe essere una giacca, riuscendo a ritrovare stabilità.
Ho il fiato sospeso e tutti i capelli sparpagliati sul volto quando alzo lo sguardo, imbarazzata.
Ci metto alcuni secondi prima di capire che cosa sia effettivamente successo, ma avrei preferito non farlo.

Merda.

Deglutisco numerose volte, vedendo un grande strappo all'altezza della spalla, sulla giacca del mio salvatore.
Con occhi tremanti alzo ancora lo sguardo, incontrando subito quei ricci.

Sotterratemi.

Lascio immediatamente il tessuto ruvido, stringendo le braccia al petto.

Scott si volta lentamente, provocandomi brividi di terrore.

Adesso mi denuncia e finisco in gatta buia.

«Scusami, scusami, scusami» balbetto, nel panico più totale, mentre le mie guance vanno a fuoco.

Le sue pozze verdi finiscono in un batter d'occhio contro le mie, in maniera violenta.

«C'era un altro scalino» sussurra soltanto, stupendomi.

Lo guardo con le labbra dischiuse mentre si sistema il cappotto sulle spalle, come se non fosse successo niente.
Il suo sguardo però non si stacca nemmeno per un secondo dal mio.

Che razza di risposta è?

«Dovresti guardare dove metti i piedi» continua, scuotendo leggermente la testa, con disappunto.

Il mondo intorno a noi sembra riprendere vita e ritorno a sentire tutti i rumori di sottofondo.

«Invece di contare le pecore» conclude, con tono severo.

Sento tutti gli occhi puntati addosso, ma non trovo il coraggio di replicare.

Così lo lascio andare, con ancora le parole incastrate in gola.

Da stasera le pecore non le conterò più.

CIAO PECORELLINE DOLCI.
Il tema di oggi sono proprio le 🐑.
(L'emoji e il punto fanno sembrare che la pecora stia facendo i bisogni😂).
Mi sento di ammettere che sono carine, però, con tutto quel pelo e le orecchie strane.

Povera Amanda... sembra avere una sorta di calamita per le figure di m****a.
Ma in questo non è sola. 😅

Devo ammettere che nello scrivere questo capitolo mi sono divertita un sacco e ho riso da sola, come una pazza.

Spero di aver strappato un sorriso anche a voi. ❤️
Fatemi sapere se vi è piaciuto.
Ci tengo molto alla vostra opinione, lo sapete.

{Instagram: thalia.owl_autrice}

Un bacione.

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