27. Paranoia

«Amanda!» la voce acuta di mia madre mi fa sobbalzare, facendo bloccare la tartina al salmone proprio lungo la mia faringe, impedendomi di respirare.

Batto dei forti colpi all'altezza del petto, strappando dalle mani di mio fratello il bicchiere di vino.
Mando giù dei grandi sorsi, fino a quando non mi scolo l'ultima goccia e riprendo a vivere.

Stavo per morire soffocata.

«Ti stai ingozzando come una disperata» mostra un sorriso forzato, dato che non vuole farsi vedere per la pazza urlatrice che è, «Stai finendo il buffet e la sorella di Lindsay sta per arrivare» mi afferra per un braccio, intimandomi di allontanarmi dal mio posto felice.

Volevo assaggiare le bruschette, accidenti!

«Ti ricordo che ho rinunciato ad un appuntamento romantico per essere a questa cena» mi imbroncio, osservando con la coda dell'occhio Duncan che si avvicina a Maia per lasciarle un bacio delicato sulla tempia.

«Mangiare schifezze tutta la sera con Genelle lo chiami appuntamento romantico?» canzona, rilassandosi leggermente.

Credo sia tesa perché questa sera conosceremo la famiglia Andrews in maniera più allargata.
La sorella di Lindsay si fermerà in città per un paio di giorni, quindi abbiamo organizzato questa specie di incontro.

Incrociamo le dita.
Ci manca solo la faida fra famiglie.

«Sì» annuisco con veemenza, facendo rimbalzare lo sguardo sulle teste di ogni invitato, nella speranza di trovare una chioma riccioluta.

«Scott sta arrivando con la torta, non ti preoccupare» parla mamma, facendomi mancare per un secondo il fiato nei polmoni.

Un brivido di freddo scivola lungo la mia schiena, fermandosi sull'osso sacro, per poi irradiarsi lungo il mio stomaco.

Lei sa?

Non faccio in tempo a farmi o porgerle altre domande, che si allontana con la scusa di dover aprire la porta di casa, rivelando la figura slanciata e possente di una donna di mezz'età, dalla chioma rossa come mele appena colte.

Cattura subito l'attenzione di tutti, con la sua presenza forte ma discreta allo stesso tempo.

«Margot, finalmente!» sua sorella le corre letteralmente incontro, stringendola forte a sé, come se volesse plasmarla al suo corpo per sempre.

Si staccano controvoglia e proprio quando sto per voltarmi per non sembrare una stalker, mamma entra nella conversazione, indicandomi con il capo.

Sorrido, avvicinandomi con imbarazzo, dato che sento troppi occhi puntati addosso.

Il viso perlaceo si Margot si illumina all'improvviso, facendo spiccare gli occhi verdi come due smeraldi, coperti leggermente da ciocche spesse di capelli.
Appoggia la mano magra sul mio braccio, facendomi sentire il calore della sua pelle morbida e sottile.

«Ciao Amanda» parla come se mi conoscesse da una vita, regalandomi un sorriso ampio e caloroso.

«Ciao» contraccambio la stretta in maniera un po' goffa, incastrando i capelli dietro all'orecchio.

«Ti presento mio figlio Hunter» muove un passo verso sinistra, rivelando la figura di un ragazzo piuttosto alto.

Le mani in tasca mettono in risalto le braccia muscolose, strette in una camicia bianca con dei ricami rossi, in contrasto con i capelli neri come pece, così come gli occhi scuri e grandi.

Mi guarda con un sorriso imbarazzato stampato sulle labbra sottili, dopodiché alza leggermente un sopracciglio, «Piacere, Hunter» si presenta lui stesso.

Gli porgo la mano in segno di cortesia, «Amanda» la stringe nella sua, distogliendo lo sguardo dal mio viso.

«Avete più o meno la stessa età. Il mio Hunter va al quarto anno» mi informa Margot, ma io mi limito ad annuire.

Passiamo alcuni secondi in silenzio, a studiarci a vicenda con gli occhi, dopodiché sentiamo il campanello suonare nuovamente.

Scott.

Senza che possa controllarlo, il cuore inizia a battermi all'impazzata nel petto, fino a farmi formicolare le dita, così tanto che sono proprio io ad afferrare il pomello e spalancare il pezzo di legno che ci divide.

Il fiato mi si spezza nei polmoni, causandomi un forte sbalzo di temperatura lungo tutto il corpo.
Il rosso torreggia sulla mia gote bollente, in completo contrasto con la schiena ricoperta da goccioline di sale fredde come la neve.
Deglutisco la saliva accumulata, cercando di mettere da parte la fiumana di pensieri che rimbombano nella mia testa, fino a farmi quasi male.

È solo Scott.

«Ciao» spezza lo scricchiolio delle foglie sugli alberi alle sue spalle, avanzando leggermente.

Serro di scatto un occhio, colpito dalla forte luce del sole caldo e cristallino, i cui raggi si incastrano fra i suoi ricci marmorei e morbidi come nuvole.

Volto il viso leggermente di lato, per poterlo guardare senza alcun impedimento, per godermi la sua bellezza prima che entri in casa.

«Ciao» ricambio, incantandomi sul suo sorriso bianco, che sembra splendere più del sole sopra alle nostre teste.

Mi guarda con occhi curiosi, regalandomi quel verde raro... che solo lui ha.
Osservo le piccole rughe d'espressione che si sono formate sulle palpebre e agli angoli degli occhi, piccole e sottili, incastrate fra luce e ombra.

Sono così carine.

Abbasso lo sguardo sulle mani grandi e possenti che reggono una scatola tonda e gonfia.

Gli anelli.
Quegli... anelli.

Un brivido incontrollato attraversa il mio basso ventre, facendomi attorcigliare lo stomaco, così stringo le cose fra di loro, cercando di darmi un contegno.
Il mio sguardo però rimane incatenato a quei lembi di pelle ricoperti da cicatrici e tagli freschi, che mi invitano a pensare a cose impure.

Calmati.

Sono paralizzata e con la testa altrove, quando lo vedo chinarsi con nonchalance verso la mia direzione... puntare il mio viso.
In men che non si dica, i nostri nasi si sfiorano e i respiri si fondono, sincronizzandosi come se si conoscessero a vicenda.

«Questa è la mia parola d'ordine per entrare» sussurra a mala pena, per poi posare un bacio veloce e casto sulle mie labbra.

Il sapore della sua saliva rimane per pochi istanti sulla mia pelle, non facendo altro che aumentare la voglia di averlo stretto, di sentirlo veramente.

Sorrido come una bambina, perdendomi per l'ennesima volta nel suo sguardo privo di pudore, così trasparente e sincero da farmi accapponare la pelle.

Un gufo.

Solo dopo che mi ha oltrepassata ed è entrato in casa, mi rendo conto del fatto che avrebbero potuto vederci e... avremmo dovuto rispondere a tante, tantissime domande.

E si sa... alcune domande non ne hanno di risposte.

~•~

Un'ora, quindici portate e cinque bottiglie di vino dopo, siamo ancora seduti a tavola, a chiacchierare del più e del meno, con la lingua più sciolta e l'imbarazzo chiuso in un cassetto.

«Amanda» la voce bassa di Hunter cattura la mia attenzione, così mi volto nella sua direzione, mettendolo a fuoco per colpa degli occhi un po' arrossati dal vino.

«È tutta la sera che ci penso e credo proprio di non sbagliarmi» parla con allegria, estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni, «Io ti ho già vista» studia attentamente il mio viso, mordendosi il labbro inferiore soprappensiero.

Davvero?

«Sì, eri tu, più ti guardo e più ti riconosco» smanetta sullo schermo, mentre io cerco di comprendere quello che sta dicendo.

Ho esagerato con il vino.
Non sto capendo un accidenti.

Ridacchio, «Come?» domando, lanciando una veloce occhiata al resto degli invitati, che sta prestando la completa attenzione a noi.

«Sei la ragazza della partita» sbianco in un istante, sentendo la bile bruciarmi le corde vocali, che iniziano a pizzicare.

Non può essere vero.
Sto sicuramente avendo un incubo.

Saetto lo sguardo verso mio fratello, completamente terrorizzata da ciò che Hunter sta per dire... qualcosa di compromettente e rovinoso.

Anche nei suoi occhi leggo paura, mischiata all'urgenza di trovare qualsiasi scusa per cambiare argomento, per evitare il peggio.

«Appena ho accesso la tv sei apparsa tu, insieme al ragazzo biondo» parla senza sapere del veleno che le sue parole stanno diffondendo nelle orecchie dei presenti.

Tappati quella bocca.

«Tu eri in tv?» mia mamma se ne esce in un tuono, facendomi capire che oramai non c'è via di ritorno.

Siamo nella merda.

«Sì, no, forse» balbetto, infilandomi una forchettata di patate in bocca, per fingermi impegnata.

«Perché non ce lo hai detto? Sei famosa!» esclama e batte le mani fra di loro, fomentando la curiosità e lo stupore degli altri, compresi Scott.

«No-» cerco di giustificarmi, ma quel traditore di Hunter mi interrompe, «Ho qui il video» esclama, mettendo il telefono in orizzontale.

«No, no, no, no» mi sporgo in avanti, cercando di strapparglielo dalle mani, ma è troppo tardi.

Merda.

Copro gli occhi con i palmi, mentre rivivo il bacio che Froy ed io ci siamo dati, così innocente e insignificante, ma allo stesso tempo letale.

Come il battito di una farfalla.

«Duncan... ma sei tu?» una voce che non mi sarei aspettata di sentire, quella dolce e delicata di Maia.

Allargo lo spazio fra le dita, per studiare la situazione.
Il volto della mora è contratto in una smorfia di stupore, mentre guarda con attenzione il video.
Gli occhi si muovo all'impazzata a destra e a sinistra, così come la gola che non fa altro che respingere la saliva.

No. Non così.

«Froy?» qualcuno lo esclama, ma io sono troppo impegnata a sprofondare nella sedia per capire chi sia stato.

«Ti ho fatto una domanda!» la voce acuta di Maia rimbomba nella sala vuota, stridendo sui vetri dei bicchieri.

«Maia... possiamo parlarne, ma non qui» Duncan cerca di mantenere la calma, anche se capisco quanto sia agitato dalla mano destra che trema.

«Ma cosa... chi cazzo era quella?» grida, perdendo la pazienza come mai l'avevo vista fare.

Le cose si stanno mettendo male, molto molto male.

«Nessuno» si affretta a dire, cercando di sfiorarle un braccio, ma lei li scosta.

«Mi prendi in giro? Ti stavi baciando con una» chiarisce, guardandolo sconvolta.

«A quanto pare non era l'unico» il tono seccato di Scott è una fitta dritta allo stomaco, dolorosa e inaspettata.

Quando incontro il suo sguardo, mi sembra di non riconoscerlo, di star guardando uno sconosciuto... qualcuno di nuovo.
Non lo stesso Scott che è apparso qualche ora fa davanti alla porta con un sorriso raggiante.

È... deluso, forse anche arrabbiato e contrariato.

Deve lasciarmi spiegare.

«Parla adesso o giuro che è finita» gli occhi di Maia serpeggiano, uscendo dalle orbite come scintille di fuoco incandescenti.

È la paura di perderlo, a parlare.
La posso percepire dentro le ossa, perché è ciò che sto provando io stessa in questo momento guardando Scott.

Ma lui non alza lo sguardo dalla tovaglia ricamata, troppo concentrato a serrare la mascella in una morsa dolorosa e a trarre conclusioni avventate.

Posso vedere gli ingranaggi della sua mente cercare di combaciare per dare un senso logico a tutta la faccenda, ma finisce per forzare la presa, incastrando i pezzi con forza.

«Possiamo uscire?» percepisco il nodo in gola di Duncan stringersi sempre di più.

Maia sorride divertita, «Perché? Hai qualcosa da nascondere?» domanda schietta, con le lacrime che le offuscano la vista e rischiano di scivolare sulle morbide guance arrossite.

Mio fratello mi cerca con lo sguardo, chiedendomi indirettamente di aiutarlo, ma non capisce che sono nella sua stessa situazione.

Sto affondando proprio come lui.

«Tranquillo amico, giuro che non ti metterò le mani addosso» Scott lo prende in giro, sorridendo in modo sghembo, quasi antipatico.

I suoi occhi sono arrossati e scuri, segno del fatto che tutto il vino che abbiamo bevuto durante la serata gli sta salendo, offuscandogli la mente.

«Smettila» il silenzio che prima regnava la tavola, si fa ancora più profondo e i respiri pesanti.

Trattengo il fiato non appena mi rendo conto di essere stata io a parlare.

Scott sposta lo sguardo su di me, sfidandomi come non aveva mai fatto.
Mi sta intimando che vincerà lui, che alla fine della nostra imminente discussione sarò io quella a scappare via con il cuore spezzato e le lacrime agli occhi.

E io lo so.

«Nessuno stava parlando con te» ringhia, stringendo a pugno la mano sinistra, posata sul tavolo.

Mando giù un cumulo di saliva, fingendo che non mi abbia ferita, «C'è qualcosa che vorresti dirmi?» domando a bruciapelo, sperando di non essere io quella a scottarmi.

Nega con il capo, «No» si passa due dita sulle labbra, stringendole con forza, fino a farle diventare bianche, «Non devo dirti proprio un cazzo».

«Scott!» Lindsey lo ammonisce subito, ma a lui non importa.

Ci siamo solo noi due in questo momento.
Maia e Duncan sono finiti in secondo piano e nemmeno se ne sono accorti di aver smesso di litigare.

«E io non devo giustificarmi di un cazzo con te!» grido a mia volta, mordendomi l'interno della guancia.

Scott si infuoca immediatamente, cogliendo le mie parole spigolose come un affronto.

«Allora perché continui a parlare?» blatera, appoggiandosi con un tonfo allo schienale della sedia.

«Ragazzi» il padre di Scott si schiarisce la gola, «Possiamo calmarci un secondo e parlarne senza urlarci contro?» domanda cordialmente, ma il figlio sembra non ascoltarlo.

Ha gli occhi puntati solo su di me.

«Toglimi soltanto una curiosità» sorride forzatamente, «Te lo sei scopato, almeno?».

Un buco nero si apre sotto i miei piedi, risucchiando nell'oscurità delle sue parole cattive.

Mi sta... umiliando.
Lo sta facendo davanti alle nostre famiglie, che probabilmente non sanno di noi.
Lui stesso non sa ciò che è realmente accaduto con Froy, non sa che... a me interessa solo lui.

«Sei uno stronzo» sputo, agganciando i piedi per terra per spingere la sedia all'indietro.

Rivolgo uno sguardo di scuse a Lindsay, dopodiché mi avvio verso il corridoio, pronta ad andarmene via da lui.

Mi sta ferendo e forse non se ne rende nemmeno conto.

«Lasciala stare» sento Maia urlare dalla cucina e improvvisamente incomincio a percepire dei passi alle mie spalle.

Oltrepasso il piccolo giardino piastrellato, cercando di mantenere l'equilibrio per colpa del vino e della delusione.

«Non abbiamo finito, Amanda» me lo ritrovo a pochi passi di distanza e sento la sua presenza incombente schiacciarmi come mai aveva fatto.

«Lasciami in pace» lo supplico, cercando di aprire lo sportello, ma lui me lo impedisce.

«Rispondi alla mia domanda e sarai libera di correre fra le sue braccia» insiste, continuando ad insinuare cose false.

«Non ti devo niente» tengo lo sguardo basso, senza avere il coraggio di imbattermi in questa versione di lui.

«Io credo proprio di sì, considerando che dormi nel mio letto come fossi la mia cazzo di fidanzata» grugnisce, sbriciolando in un secondo tutto il bello e il buono che c'era in quella frase.

Quindi non significa nulla per lui...

«Se mi avessi dato la possibilità di spiegarti, ora non mi staresti guardando in questo modo» sussurro, asciugandomi una lacrima scappata al mio autocontrollo, «Sei fuori di te in questo momento e onestamente non mi va di parlarti, perché sento che capirai solo ciò che vorrai» ammetto con amarezza.

Rimane in silenzio, sospirando con forza contro la mia testa, «Dopo tutto quello che c'è stato fra noi due, hai baciato il biondino senza nemmeno esitare» calma il tono di voce, facendomi sentire un po' meglio.

Vorrei riuscire a spiegargli tutto con un solo sguardo.

«Non provo nulla per Froy, te lo giuro. Siamo soltanto amici e quello che è successo alla partita era del tutto casuale. Il cameraman ci ha inquadrati ed è capitato, ma ti assicuro che è stato solo a stampo» cerco di essere il più chiara possibile, per fargli intendere tutto.

«Ci sei andata a letto sì o no?» insiste, avvicinandosi leggermente a me.

Vengo inebriata dal suo profumo, «No, Scott. Non vado a letto con nessuno da quando ti ho conosciuto. È questo quello che vuoi sentire?».

Di nuovo il silenzio, questa volta più amaro e colpevole.

«Merda» impreca sottovoce, «Ho combinato un casino, cazzo» ammette.

«Non hai il diritto di trattarmi in questo modo. Non siamo nemmeno fidanzati, Scott» chiarisco, ferendomi con le mie stesse parole.

«Sono uscito fuori di testa quando ho visto quel filmato» proclama, «È che... tu per me sei più di quanto voglia ammettere» conclude, scompigliandosi i capelli con una mano.

Per quanto le sue parole mi facciano contorcere lo stomaco e battere forte il cuore, ora voglio solo andarmene a casa e dimenticarmi della serata.

Non mi è piaciuto il modo in cui si è rivolto a me, come se fossi un suo gioco, senza diritto di parola e con nessun valore.

Capisco che sia stata una serata impegnativa per tutti, che il vino abbia fatto la sua parte, ma non è una giustificazione.

È stato lui a creare la situazione di disagio, anche se io ho sbagliato a baciare uno dei miei amici più cari.
Ha frainteso e non si è nemmeno curato di lasciarmi spiegare.

«Mi hai ferita, Scott» ammetto, con le lacrime agli occhi e una mano sulla maniglia della portiera, «Umiliarmi davanti a tutti non ti ha fatto onore» concludo.

Non aspetto una sua risposta, perché con un tonfo mi butto sul sedile del conducente, accendendo il motore.

Lo lascio sul marciapiede, a guardarmi con l'amarezza e la consapevolezza di aver sbagliato, ma di non poter rimediare questa sera.

E forse fa più male a me che a lui.



CIAO SCOTTINE🖤
Potete rilasciare il fiato che avete trattenuto per quasi tutto il capitolo.
L'autocontrollo e la calma di Scott sono andate a farsi benedire, provocando un uragano potente e rovinoso. 🌪

Scott si sta facendo conoscere sempre di più, ci sta mostrando lati di sé che forse avrebbe voluto tenere nascosti.
Ma è così... Scott sa accarezzare, ma anche mordere. 🐺

Amanda però, per quanto dolce e buona sia, in realtà è cazzuta e non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno.
Ma anche nei momenti bui è sincera e trasparente, qualità che personalmente amo.

Scott ha parecchio da farsi perdonare e chissà se ci riuscirà.

Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, lo sapete che ci tengo al vostro parere. ❤️

Vi adoro, a presto. 🦋

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