VIII. Stelle Ovunque

Ti ho rivisto dopo tanto tanto tanto tanto tempo.
E come previsto tu eri tanto tanto tanto tanto bello come un tempo.

Hai cominciato a parlare mi aspettavo un "mi mancavi".
Invece hai parlato tanto tanto tanto tanto.
Tanto amore quello che ti ho dato se la memoria non mi inganna.
Quanto ti sei ingarbugliato nel pensare che ti volessi male.
















11 novembre 2022

LISA WINKLER VIVEVA IN CASA SUA COME SE FOSSE UN FANTASMA.

Questo aveva confermato la sua ipotetica opzione che quella giovane fosse soltanto un' allucinazione e, a furia di ripeterlo a sé stesso, poteva promettere che stava diventando pazzo di rimando. Lisa non era cambiata. Non poteva cambiare. E se aveva soltanto provato a sperare che dopo quel singolo ''Ti amo" la fanciulla sarebbe uscita meno stronza stava sbagliando di grosso.
Eppure non lo dava a vedere, rimanendo sulle sue un po' ruffiana, disinvolta. Matteo non riusciva a comprendere se alla fine a lei importasse davvero o no.
Non sapeva neppure lei che cosa volesse, uno spirito selvaggio e fuori dalle regole.
Semplicemente non riusciva a capirla perché lei era essenzialmente cresciuta così. Riusciva a dare amore in altri modi, con la lontananza, alcuni giorni era affettuosa e appiccicosa, altri, come le girava la testa, allontanava lo sguardo e non ti parlava per tutto il giorno. A lui, quel comportamento, quel suo modo di fare, gli aveva fatto rivoltare lo stomaco dal nervosismo, poi ci aveva fatto l'abitudine e aveva preferito averla con sé in veste di fantasma invece che non averla affatto.

Non capiva neanche se fossero una coppia, ma Lisa era talmente caina con le parole che non riusciva mai ad esprimersi decentemente. E se lo faceva prendeva nei giorni seguenti il fenomeno del mutismo selettivo, come era accaduto in quelle settimane. Non durava molto, alla fine tornava costantemente. Bussava come se nulla fosse mai successo e riprendevano la loro solita routine. Voleva sesso, amore o semplice divertimento?

Matteo rimaneva sconvolto, specialmente dopo la sua confessione non così adatta, ma restava in silenzio succube. Lisa era un po' strana da quando l'aveva conosciuta, aveva preso ad abitare senza nessuna richiesta a casa sua, delle volte tornava fatta, ma non troppo, parlava bene e non biascicava. A lui non dispiaceva avere i suoi vestiti sparsi dentro l'appartamento, anche gli amici di Matteo ci avevano fatto l'abitudine a scovarla in casa. Così come tornava, però, riusciva a sparire di nuovo.

Come quella settimana.
O le settimane precedenti.

Matteo sì chiedeva come potesse tornare senza timore, era un suo tratto che invidiava molto.

L'unica cosa importante era caderci.
Caderci sempre.
Come aveva fatto quella mattina.
Come aveva fatto sempre.

Aveva il cervello annebbiato dal vino e dal fumo, colpa di quella stupida festa alla quale era stato trascinato anche se non voleva, si era divertito a stento. Era stato immobile seduto su delle sedie girevoli guardando ogni singola ragazza bionda sperando fosse lei. Ma nessuno poteva essere lei, nessuna aveva le sue lentiggini uguali a delle semplici pagliuzze, le fossette, o le gambe lunghissime e abbronzate. Allora sperava di scordarla, ma come poteva?

Lo amava.
Lo ricordava ogni fottuto giorno della sua vita, ogni secondo, ogni minuto, ogni battito, che sia lento o veloce, del mancabile cuore. Tornava e ritornava, come aveva fatto quella mattina.
In spregevole compagnia.

Quella mattina sembrava più curata delle altre, una maglia dei Mötley Crue nera e lunga, le arrivava fino alla ginocchia, le gambe coperte da quel pantalone a zampa che aveva perso il suo colore, ma che portava sempre perché era il suo preferito, ricolmo di toppe e rotto in alcuni punti. Non poteva giudicare il suo stile, non quando gli occhi stanchi di Matteo avevano puntato breccia.
La bionda era certamente una che riusciva costantemente a farlo rimanere a bocca aperta, era piena di sorprese, anche le più minime potevano sconvolgerlo. Come aveva fatto quella mattina quando si era presentata alla sua porta con un gattino tra le braccia.

«Cos'è?»

«Un gatto, non lo vedi?» Lisa fece il broncio, alzando attentamente quella palla di pelo nera e pelosa. Matteo notò subito come entrambi fossero cromaticamente perfetti, prima che la realtà lo riportasse a galla capendo che forse c'erano problemi peggiori. Il gatto di rimando non muoveva un muscolo, continuava a fare le fusa attaccato al petto delle giovane.

«Si, ma... perché?» continuò completamente sconvolto, massaggiando le tempie con le dita per colpa del mal di testa.

«È nostro. L'ho trovato davanti all'atrio del palazzo.»

E così facendo si intromise dentro casa sua, prendendo la palla al balzo alla sua minima distrazione. Non gli accennò neppure uno sguardo, troppo impegnata ad accarezzare la testa del micio.

«Forse era di qualcuno,» riprese chiudendo la porta con un tonfo per poi girarsi verso di lei incrociando le braccia al petto. Ora come ora desiderava farsi una doccia, poteva sentire l'odore infernale del fumo attaccato ad ogni parte della pelle. «e poi non ho mai detto di desiderare un gatto»

Lei lo osservò con gli occhi di una bambina alle prese con dei capricci, Matteo poteva notare a spregevole lontananza che aveva in faccia dei rimasugli di mascara, mantenuto come colla nelle ciglia, e la matita nera sotto gli occhi che rendevano il suo viso più affilato, il nero che sì mischiava con il blu intenso della sua iride chiara. Prese il rifiuto di Matteo come un'arma da usare per poter battibeccare con lui, usando con ironia l'intera faccenda.

«Perché sei più tipo da cani? A me spaventano, rammentalo in futuro»

«In generale, non voglio nessun animale, tanto meno questo... coso»

Lei cominciò a ridere lievemente, abbassandosi sulle ginocchia per dare via libera al povero animale che riusciva a sentirsi spaesato dentro quelle mura e l'ambiente troppo grande. E mentre il gatto perlustrava ogni zona, Lisa si avvicinò a lui in maniera così fitta da lasciarlo senza fiato. Portò le sue lunghe braccia alla sommità del collo esposto, dandosi carica sulle punte per accostare i loro visi. Le donò un bacio a stampo, così gentile da commuoverlo, non chiedeva neanche più il permesso. Quando le girava diventava la persona più amorevole del mondo, ogni passo poteva dare spazio a qualcosa di grande. Era lui che doveva dare meno frequenza a quelle cose che Lisa dava per scontate.

«Cambierai idea, non distruggere i miei sogni! Ho sempre desiderato avere un animale!»

Unì le loro fronti come se fosse l'unica cosa che volesse fare. Matteo le prese il viso con le mani, passando le dita sulla matita consumata, lasciando i suoi polpastrelli sporchi del nero non colore che portava.

«Si chiama Romeo»

«Come quello degli Aristogatti?»

Sorrise in maniera così ampia che poteva perdersi dentro quella felicità, scappò dalla sua presa prendendo il piccolo animale che da tempo sì strisciava attorno a lei come per riprendere contatto. Lo manteneva con cura, come se fosse un bambino, gli occhi le brillavano e Matteo non l'aveva mai vista così felice come allora.

«Sì, okay, non è così originale come nome e non è rosso come lui e, per carità, non sa neanche cantare! Ma...»

Matteo sì lasciò andare in una risata, osservando la sua docile presentazione. Non aveva importanza la storia che aveva dietro. Alla fine sì sciolse e cominciò anche lui ad accarezzare la dolce testa del gatto che ricambiò abbassando il capo e chiudendo gli occhi creando delle fusa e raschiate.

«D'accordo, Romeo. Spero di non pentirmi facilmente di questa scelta»

Rinunciò facilmente tappezzando a terra la maschera di indifferenza che voleva dimostrare, forse perché con gli animali gli risultava più difficile che farlo con gli umani. E da un momento all'altro si ritrovò già succube del felino, quando Lisa glielo passò con tanta gioia non fece storie. Miagolò in un primo momento e, come se riuscisse a pensare come un normale essere umano, guardò con i suoi occhi marroni e profondi prima Matteo e poi Lisa.

«Romeo ha detto che puzzi di alcol da morire, ti occorre fare una doccia se non vuoi ucciderci prima del tempo.» esclamò Lisa chiudendosi con le due dita il naso, dandò un accento buffo alle ultime parole. Fu impossibile per lui non ridacchiare.

«L'ha detto lui?»

«Si, posso giurarlo»

Matteo le si accucciò vicino portando una ciocca dei suoi capelli dietro l'orecchio, come se fosse un segreto che riguardava soltanto loro. Anche se in casa non c'era proprio nessuno.

«E dì a Romeo che se vuole può venire anche la sua mamma con me. Non mi dispiacerebbe un po' di compagnia»

Lisa non commentò, gli schiaffeggiò la nuca esortandolo ad andare via e farsi quella dannata doccia. Sì prese il gatto in braccio guardandolo accusatorio. Ma in cuor suo sentiva il battito cardiaco evaporare e le gambe sfrigolare.

«Che schifo! Oh, mio Dio! Romeo non ascoltarlo!»

Quella felicità era momentanea come un soffio di vento. Ma Matteo in quel preciso momento non voleva sapere nulla degli altri, tanto meno del tempo che volava.







































Uscì dalla doccia non sapendo bene quando, aveva raschiato in maniera così forte la pelle per allontanare via quel odore spregevole di vodka, che se la sentiva bruciare. Aveva soltanto un asciugamano legato in vita e la pelle che gocciolava, scie di acqua che si insinuavano creando piccoli sentieri sulla pelle.

Lisa era stesa sfarzosa sul suo letto, non portava più quei pantaloni lunghi che le fasciavano perfettamente le cosce, preferendo di gran lunga rubare dei boxer neri nel cassetto di Matteo. Leggeva un libro mantenuto sopra la sua testa con le braccia stese, il collo alzato per captare meglio le parole. Matteo la vide persa dentro quella ambigua testa, desiderando di entrarci almeno per pochi secondi per capire come funzionasse.

Sì accomodò proprio accanto a lei, posizionando la schiena nuda sulla testiera del letto, era fredda gli causò una schiera di brividi. Lisa fece silenzio, non parlò, poi chiuse il libro appoggiandolo sul ventre.

«Leggi dei libri davvero controversi» commentò dopo un tempo spaventosamente lungo, come se avesse fermato la linea temporale per poi riprendersi. Matteo diede uno sguardo al titolo del libro. Cecità di José Saramago era consumato su tutti e due i lati, qualche pagina era piena di post-it per tenere qualche frase che gli era rimasta impresa. A quel gesto sì sentì completamente intimo e nudo al suo cospetto, l'aveva visto dentro, in un'altra veste diversa da quella che dava a vedere.

«Non controversi... Geniali»

Lisa prese posto vicino a lui, posando il libro sul comodino, lo guardò con i suoi occhietti per poi poggiarsi sulla sua spalla indifferente. Afferrò la mano di Matteo stringendola a sé, la tratteneva con affetto, massaggiando la pelle così delicata che lui non si accorse quasi della sua presenza. Matteo fu invaghito da quel odioso sentimento primordiale, ma se ne stava ancora sotto il suo tocco senza nessuna voglia di andarsene.

«Lisa» il suo nome uscì dalla gola come un suono frustrato, esigente, e forse era stato quel contatto, alla voglia di averla sempre perché ogni volta poteva essere l'ultima. Poteva sparire. Andare via. Lisa non fece in tempo neanche a voltarsi che si era ritrovata stretta al suo viso, labbra che si appiccicavano con un impeto travolgente, respiri affannati mentre lui le sussurrava in quel misero secondo di tempo in cui si era allontanato da lei. «Mi sei mancata così tanto, cazzo, così tanto»

Lei era già salita sul suo grembo, mani buttate dietro la schiena, graffiava e gli ammaccava la pelle già arrossata. Matteo gli stringeva il sedere ricoperto dai suoi boxer, baciando il suo collo con piccoli baci fino ad arrivare alla mascella. Lisa buttò all'indietro la testa, contorcendo la schiena, quasi sfuggiva dalla sue mani.

«Ti ho presa, non puoi scappare»

I denti di Matteo affondarono dentro la carne della spalla scoperta, lasciando stare la maglia che acquisiva elasticità per tutte quelle volte che era stata tirata a suo piacimento. Lisa gli baciò le labbra di nuovo, tirando con sé il labbro inferiore, Matteo riuscì a percepire solo il dolore ma anche il piacere delicato che lo aveva colpito all'improvviso. Sembrava muoversi contemporaneamente con lui, riuscendo a staccarsi quei pochi secondi soltanto per levarsi la maglia e buttarla dietro di sé. Lui ammirava ogni singolo spigolo di pelle esposta, dal seno che non era sorretto da nessun reggiseno asfissiante, Lisa sì avvinghiò a lui spingendolo contro al materasso e continuando assiduamente a baciare il suo viso. Lo prevaleva, le gambe attorno al suo ventre quasi a contatto con l'intimità, lei gli sfiorò con la lingua tutta la lunghezza del collo per poi baciare la spalla destra. Matteo le avvolse i fianchi con le braccia, respirava affannosamente sentendo ogni briciolo di umanità diminuire. Matteo giunse alla conclusione di non poter stare ancora senza fare nulla.

Se la prese a suo piacimento, rigirandola, per far scontrare la sua schiena contro le lenzuola. Scese piano su di lei, ricoprendo ogni centimetro di Lisa con tanti baci, sì manteneva come un'ancora ai suoi fianchi docili, riuscendo soltanto ad abbassarle i boxer che portava. Affondò il viso nella sua coscia, scontrandosi con la sua intimità posizionando un bacio proprio lì. Sì sentì prosciugato a non averla avuta per tutto quel tempo che non riuscì a non tempestarla ancora di baci lungo tutta la gamba. Ora che era completamente nuda sotto il suo viso non poteva non dare pace al suo istinto.
Si alzò da lei soltanto per riavvicinare i loro visi già sudati, la baciò fino a prendersi il suo respiro. Voleva averla così tanto, che averla contorta sotto di lui non bastava.

«Girati» pizzicò un fianco, lei sì lamentava nella sua bocca. Matteo capì che forse aveva le orecchie chiuse, le morse il labbro inferiore facendola così staccare. Le labbra di Lisa erano così gonfie per colpa dei suoi baci implacabili che possedeva sempre di più il desiderio di averla.

«Girati» ringhiò contro il suo orecchio scosso, mozzicando il lobo. Lei annuì complice rotolando sul materasso per mostrare la sua schiena. Matteo la accarezzò scorrendo i polpastrelli sulla pelle fino a fermarsi su quei disegni d'inchiostro che non aveva mai notato.

«Ti piace? È nuovo» mugugnò con la voce roca, aveva già capito l'interesse di Matteo. Stelle tatuate su tutta la schiena, tutte a sette punte, punte spigolose e tatuate in maniera verticale, come per formare una costellazione. Lisa non gli sembrava propriò una tipa da stelle, ma ora riusciva vederle ovunque. In risposta le afferrò i fianchi scivolando in lei talmente forte che la sentì urlare dallo stupore. Matteo aveva ancora il suo lenzuolo che gli cadeva sulle gambe ma questo non lo fermò. Presero a muoversi insieme, lui che si manteneva sulla testiera del letto e lei che stringeva il lenzuolo con il pugno della mano

«Le vedi... Le stelle?» disse lui quasi perdeva conoscenza per tutto il piacere che provava, sì sentì talmente bene da non volerla abbandonare. La mano libera le prese una ciocca di capelli stringendola e lei continuò a lamentarsi fino allo sfinimento, quasi non si sentiva più la voce in corpo. Un gemito rumoroso uscì fuori dalla bocca di Lisa, gemiti che richiedevano più forza, forza che la lasciasse completamente destabilizzata.

«Amore» Le spostò i capelli sudati dal collo portandoli a lato, le baciò la spalla sentendo quella strana necessità di averla vicino. Più del sesso, più di qualsiasi altra cosa. Si sforzò di non urlare, mentre le veniva fuori e lei era ancora ferma, inerme, mentre si rimetteva con tutto il peso sul letto lasciandosi andare nel suo orgasmo. Matteo cadde sul letto accanto a lei, poggiando la testa sulla sua schiena, le lenzuola sotto di loro un completo pasticcio, massaggiando la pelle con i polpastrelli, guardava le stelle. Le sue stelle. Vedeva stelle ovunque. E perso dentro l'odore sudato delle loro carni unite lo disse. Lo disse con quella voce da strafatto e lunatico, che non sapeva neanche lui che cosa volesse, si sentiva drogato da quella palpabile sensazione di leggerezza che solo lei riusciva a dare. Poteva uscire fuori dal tunnel per brevi secondi e Lisa era accanto a lui in ogni caso. I loro respiri pesavano sul petto in simbiosi e lui chiuse gli occhi soffiando sopra la pelle mentre con la mano le accarezzava il fianco..
Lo disse con quella voce che biascicava, per il sesso, per la frenesia di quella che era accaduto. Ma lo disse, e nulla poteva far fronte.

«Amore mio... Ti amo»




Alla fine hai sbottato, hai detto
"Guarda tanto tanto tanto tanto.
Amore, tu sei, sei l'errore più cattivo che ho commesso nella vita.
Amore, tu sei, sei lo sbaglio più fatale che ho commesso nella vita.
Amore, tu sei, sei la prova che gli errori sono fatti per rifarli.
Ancora tu sei, la puttana che ha ridato un senso ai giorni miei"

Nel bene e nel male

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