V. Di Violenza e Di Amore

7 ottobre 2022


«LISA?»

Una voce tuonò contro le sue orecchie e la giovane sembrò svegliarsi dal suo stato di trance che aveva mirato il suo corpo da cinque minuti buoni.
La finestra, alla portata dei suoi occhi, era coperta da tante piccole goccioline di pioggia prematura, e aveva deciso di contarle tutte per far passare il tempo.
Le braccia conserte sul tavolo della cucina, con le gambe a penzoloni e un broncio presente sul viso, la mente vagava altrove.
Chantal e Greta, notando il suo distacco, alzarono gli occhi al cielo contemporaneamente, non era la prima volta che la ragazzina era così lontana e durante i loro discorsi viaggiava completamente su altre galassie.
Lisa sì portò una mano sulla fronte, massaggiando una tempia, e imitò un lamento scocciato e stancante. Chantal guardò Greta e intanto scaldava le sue mani grazie al tè caldo che aveva nella tazza.

«Sei tra noi?» continuò Greta con un sorrisino ambiguo fermata da Lisa che aveva alzato il viso osservando le mora con uno sguardo di dissenso. Quel sarcasmo non le serviva proprio, non nel primo pomeriggio, proprio mai.
Chantal, ragazza dall'animo pacifico, si lasciò andare in uno sbuffo portando la schiena contro la sedia, «Greta voleva dire solo che...» Chantal osservò poi Lisa, che con i suoi capelli biondi indomabili dava l'impressione di essere ancora più arrabbiata con l'universo. «non sei più connessa. Con il mondo, con noi

Greta si mise subito in mezzo, appoggiandosi al tavolo a peso morto. «Puoi dirci tutto, Lisa, lo sai.»

Il problema era che loro non sapevano proprio nulla.

E i loro occhi pieni di rancore e adulazione stavano facendo aumentare solo la rabbia che stava reprimendo dentro di lei da un mese a quella parte. Si, il problema sembrava un sciocchezza le prime settimane, ma ora credeva fermamente di no. Guardò il suo dito che ora sgorgava sangue per colpa delle pellicine che aveva mangiato, e si rivide un po' nel rosso vermiglio che viaggiava fino alla fine del dito.

«Sto bene.» riuscì a dire, notando Chantal che lasciò andare la tazza fumante per portare le braccia sotto al seno prosperoso. La guardava con gli occhi mezzi chiusi, e la bocca sembrò tentennare per emettere tutta la verità che in quel mese aveva rinchiuso nella sua testa. Chantal, essendo la più calma e comprensiva, cercava sempre di essere cauta, giusta, mostrare gli sbagli passo dopo passo.

«Sicura? Lisa, tu lo sai che...» Greta, che era stata in silenzio per tutto quel tempo, lanciò un urletto e indicò la bionda con il dito ossuto.

«Credi che non lo vediamo, Lisa!»

«Greta!»

Solo in quel preciso istante tutta l'attenzione di Lisa era stata catturata dalla castana, gli occhi pieni di sentimenti che credeva, e giurava, di non possedere. Greta la guardava con quegli occhi giudicanti che non aveva mai notato.
Lisa ingoiò di malo modo il groppo di saliva attaccato alla gola, cominciando a sudare freddo e ricontare nella sua mente tutte le goccioline d'acqua.

Uno, due, tre...

«Come si chiama?» riprese Greta e Chantal arrossì in volto completamente, slegando le braccia e osservando la prima mormorando un "Che stai facendo?"

Quattro, cinque, sei...

«Non so di cosa stai parlando, Greta.»

Abbassò il viso guardando il pavimento, alzandosi con tutto il corpo dalla sedia alta, voleva andarsene da lì. Da quella situazione, che sapeva sarebbe arrivata, ma non così in fretta. Chiuse gli occhi camminando verso il lavello e riprese a contare per calmarsi.

Sette, otto, nove...

Greta emise una risata divertita e macabra, mostrando i denti luccicanti e puliti, Lisa non poteva notare il dolce sorriso sul suo volto, voleva davvero andarsene ma i piedi erano come incollati al parquet di quella cucina.
Sapeva benissimo di chi stava parlando, cazzo, e sentir parlare di lui faceva scalpitare il suo cuore e abbassare tutto il suo buon senso. Lisa deviò il discorso, con il capo rivolto alle piastrelle nessuna delle due poteva assimilare e percepire il suo fastidio che nasceva in lei.

«Sai bene di chi sto parlando, Lisa! Il tipo rosso che ogni mattina vediamo sgattaiolare fuori dalla tua stanza.»

Dieci, undici e dodici...

Sembrava di contare tutto il sistema numerico cui aveva conoscenza, la mente proiettò a Matteo, al rosso come lo chiamava Greta, e al suo corpo che ergeva il suo. Al cuore che batteva talmente forte da farle male quando ne sentiva parlare. In venticinque anni della sua vita quei sentimenti, quel cuore, non erano mai sfociati con nessuno. Ma provò lo stesso a risultare indifferente, continuando a giocare bene le sue carte inesistenti, perché non sapeva davvero dove Greta e Chantal stessero andando a parare.

«Forse te lo sei portata a letto... Ma eri piena fino al midollo di cocaina per saperlo.» disse Lisa aggiungendo una risatina infastidita, girandosi di nuovo verso le due ragazze.
Greta si era issata, mostrando la sua maglia sporca di sugo che non aveva ancora lavato, Chantal invece guardava quella situazione sott'occhio, pronta a scattare per ogni evenienza. Lisa sapeva che la mora era davvero urgente quando cercava di ottenere qualcosa, e quel giorno era più ostinata che mai a catturare un'ipotetica rivelazione.

Greta ribolliva di rabbia e sembrava insaziabile. Riprese a contare, anche se i suoi occhi osservavano la giovane davanti a lei.

Tredici, quattordici...
E la quindicesima goccia cominciò a scendere giù per tutto il vetro.

Paralizzata guardò la finestra sentendo in sottofondo solo il rumore della tazza di Chantal frantumata e rotta che sanguinava sul pavimento. Spezzata come il cuore di Lisa che chiuse gli occhi per non vedere quel accumulo di ceramica spezzata.

«Smettila con questa fesserie, dannazione!»

Urlava e riprese a puntare il dito tremante, le tremava ogni singola parte del corpo. Ma aveva ragione, si era fatta talmente coinvolgere da quel ragazzo e aveva dato peso alle spalle delle sue amiche.

Se ne stava approfittando.
Vivendo in una favola che non le apparteneva.

«Non puoi andare con il primo che capita e lasciarci da sole, siamo un gruppo! Un gruppo! Che vive con i soldi di tutte e tre! Tu che stai facendo, Lisa? Oltre ad approfittare del nostro denaro e farti nel bagno della stazione con la prima siringa che trovi sperperata a terra?»

Chantal sembrava chiusa in una bolla e una lacrima solitaria fece leva sul viso angelico. Davanti a loro non aveva mai pianto, come Lisa, ma in quel momento tutte le sicurezze vacillarono ed esplose.
Durante un litigio sapeva bene che non doveva andarsene, ma il suo cuore aveva bisogno della più completa solitudine. Camminò verso la porta guardando prima i pezzi di ceramica e poi il viso di Greta.

«Credi che piaccia anche a me? Prostituirmi, donare il mio corpo a gente sconosciuta! Non piace a nessuno, Greta. E lui... È solo diverso.»

Sto bene con lui, voleva aggiungere ma non riuscì a dire più nulla. L'unica cosa che sentì quando scappò via da quella cucina era Greta che rideva sguaiata e la sua frase emessa che le congelò il sangue.

«Pff, diverso! Chi amarebbe mai una puttana!»

Si.
Appunto.
Chi amarebbe mai una puttana, se non se stessa?





































Lo squillo del campanello che trillava risvegliò presto Matteo dal suo riposino pomeridiano. Era un continuo suonare e sembrava che l'interlocutore dietro la porta non aveva nessuna intenzione di smettere. Matteo catturò la maglietta che giaceva per terra alzandosi con tutto il corpo grazie allo slancio delle braccia. Quasi strisciando i piedi raggiunse la porta in silenzio e, se per quei pochi secondi il rumore assiduo s'era fermato, ora scattava con più insistenza.

«Che cazzo, arrivo...»

Aprì la porta d'ingresso, pronto a fare l'ennesima cazziata ad Alessandro che aveva dimenticato sicuramente il mazzo delle chiavi, ma invece di ritrovarsi la sua chioma castana e ribelle incontrò quella trasandata di Lisa.
Non la vedeva da tutta la settimana e notò che qualcosa nel suo viso era... Cambiato. La coda di cavallo era poco curata e alcuni ciuffetti biondi le cadevano sulla fronte, le guance scavate da chissà quale dipendenza e delle occhiaie violacee che trapassavano i suoi occhi spegnendo del tutto il blu intenso delle sue pupille.

Respirava affannata, aveva palesemente corso e fatto di fretta e furia tutte e quattro le rampe di scale che servivano a raggiungere il suo appartamento, e una borsa di tela le accompagnava un fianco.

«Lisa?» disse completamente esterrefatto, con un tono di voce che dava più l'impressione di essere scioccato che altro.
Come sempre Lisa non si era fatta più vedere per tutto quel lasso di tempo, ritornando quasi per magia al suo cospetto dopo una settimana di puro e assoluto silenzio.
La giovane non disse nulla ed entrò in modo maleducato nel appartamento di Matteo, sorpassando la figura del ragazzo come se nulla fosse successo. Come se quella alla fine fosse casa sua.

Buttò per terra la borsa e si guardò attorno torturandosi le mani fatalmente, quel vizio non l'aveva mai superato.

«Sì, insomma, benvenuta.» replicò Matteo sottovoce per non farsi udire da Lisa dietro di lui, chiuse definitivamente la porta e si girò con un sopracciglio elevato e stralunato. Prima che potesse ribattere un qualcosa, Lisa lo stoppò facendo un gesto con la mano.

«Voglio solo parlare.»

«Che strano.»

«Sono seria, Matteo.»

Disse il suo nome con una serietà che gli faceva ribrezzo, gli occhi permissivi di Lisa erano mistici e con una voglia di parlare e sputare sentenze.
Ma, anche in quel caso, Matteo non aveva proprio capito cosa volesse da lui la bionda.
Matteo camminò più avanti, con i piedi che si muovevano da soli, e vide velocemente tutto il corpo di Lisa attaccato da leggeri tremori.

«Si tratta di...» si bloccò come se quella parole le facesse soltanto paura, «noi.»

Matteo si inibì sul posto questa volta, e per lo shock cominciò a sbattere ripetutamente le palpebre.
La sua ossessione era ritornata e voleva soltanto parlare di loro.
Cercò di risultare indifferente, sapeva che mancava poco alla sua trappola.

«Di noi?»

«E della situazione, esatto.»

Matteo rise leggermente, una risata che non portava a nulla di concreto e buono, «Quale situazione? Sbaglio o eri tu che hai voluto mettere in atto questo tuo macabro piano?»

Lisa non si aspettò quella risposta gettata, e arretrò di un passo vedendo che il ragazzo aveva ripreso la sua marcia verso di lei. La verità era che non si era aspettata per nulla quella risposta e quasi ebbe in mente l'idea di uscire fuori dalla porta e azzerare il tempo. Forse doveva pensarci meglio, ma la sua idole di fare le cose senza ragionare delle volte prevaleva su di lei.
Fuggire da lui per salvarsi dalle grida di Greta non era servito proprio a nulla, perché gli occhi incupiti di Matteo, ora, erano sicuramente peggio delle grida della sua amica.

«Tu non capisci... È meglio chiudere, okay? Non farmi domande, non voglio domande. Cerca di capire.»

Con poca enfasi i suoi occhi cominciarono a vagare un po' ovunque, per non osservare il corpo di Matteo che si avvicinava e per non sentire il suo che aveva cominciato a tremare leggermente.
Matteo proseguì a ridere di gusto e, quando il suo corpo fu ormai vicino al suo, si avvicinò all'orecchio di Lisa già incosciente. «In verità, Lisa, non ho capito proprio nulla.»

Una mano del giovane scese in fretta sul suo collo ghiacciato e la bionda sembrava buttare già la testa all'indietro, svolazzando con la sua coda alta. Come era possibile che con un solo tocco riusciva a risultare così sporca e che chiedeva soltanto elemosina. Toccò la bretella della sua canottiera ampia e vistosa, e se la tirò verso di sé sorridendo maggiormente. Lisa alzò il viso verso di lui tutta arrossata e strinse i pugni lungo i fianchi. La lingua mozzata e il suo "Smettila" che uscì estremamente basso e lieve per colpa della gola asciutta e il cuore strampalato.

Ma Matteo era come catturato da una malsana voglia, accesa sempre e solo dalla sua presenza, e riprese a scendere percorrendo la spalla e poi tutto il braccio. Sentiva la pelle d'oca della giovane grazie al tocco incandescente, ma Lisa, forse un po' per coraggio ma anche per paura, non abbassò mai lo sguardo tenendo ferme le sue pupille oceano contro di lui.

«È sbagliato, Matteo.»

Lui roteò gli occhi verso il soffitto, e davvero sembrava che la sua risata non aveva intenzione di prendere una tregua. Un desiderio inaffondabile lo prevalse e non ebbe timore di nulla. Anzi, con l'altra mano fu veloce ad afferarle il mento e farle così alzare il viso senza nessuna possibilità di abbassarlo. Nascondeva degli occhi lucidi e lacrime premature incastrate negli angoli, non sapeva se era solo un suo piano oppure era davvero disperata.

«Non era sbagliato quando ti fottevo in camera tua.»

La sua malandata perversione fece accelerare e contorcere sotto di lei i nervi. Più volte provò a scappare dalla sua presa salda ma non vi riuscì, non trovava quasi via di scampo.

«Vedi, Lisa, non puoi venirmi a fare la predica quando sei la prima che ha deciso di iniziare questo gioco malato. Sai che presa hai su di me?»
Lo proclamò in un attimo di pura debolezza e Matteo voleva cancellare quella parola dal suo discorso menefreghista.
Ma aveva sbagliato, non riusciva ad essere indifferente o trattarla come faceva lei.

Una nullità, si.

Guardò quel suo viso, ogni lentiggine e i ciuffi che le andavano un po' dappertutto, infine, quasi per disgrazia, i suoi occhi puntarono le labbra carnose di lei. Arricciate leggermente, quel gesto, quel gesto gli mandava in fumo il cervello e non riusciva a smettere di pensare. Un polpastrello vi finì sopra e chiuse gli occhi.

«Tu...» Lo stava per dire in ogni caso, non riusciva più a staccarsi da lei e da quel profumo vanigliato che gli riempiva le lenzuola ogni notte.
«Mi stai facendo davvero impazzire, pulcina

Tutto riportò al loro primo incontro avvenuto quasi per caso ma che aveva stravolto le loro vite per sempre e non pensò più a nulla.
Ne al giusto.
Ne ai gesti sbagliati.
Quando toccava quelle labbra ogni cosa si fermava. Aveva le dita ancora strette attorno al suo mento, e quel bacio sapeva sia di violenza ma anche di passione scaturara tra di loro.

«Matteo.» mugugnò Lisa tra un bacio e un altro portando le mani fredde sulle sue spalle nude, lui stropicciò la canottiera sotto le mani rendendola a poltiglia.
Voleva staccarsi, allontanarsi, ma la frenesia di quel bacio era irraggiungibile. Matteo era succube della sua bellezza incantatrice, delle labbra screpolate ricoperte da un burracacao preso con pochi spicci al supermercato, ma che su di lei faceva un certo effetto, e al corpo pieno di curve che lo facevano completamente impazzire e andare fuori giri e trip inutili.
La afferrò per le cosce portandosela in braccio, mentre lei accarezzava i fianchi di Matteo con le gambe. Ebbe immediatamente l'urgenza di portarla con sé, e di farla sua nel suo letto. E, come ogni volta, si perse a vedere quella dolce creatura che le irradiava il suo calore anche se era lontana anni luce. Camminò gattonando fino a sormontarla con il suo corpo massiccio mantenendo le braccia elevate per non farle da peso.

C'erano solo loro due, e una violenza sbocciata in un sentimento primordiale, mordeva il suo collo con astio mentre lei strisciava le gambe con l'intimità che andava a fuoco. Lanciava gemiti e inarcava il corpo in gesti mortali, ma questo non fermò Matteo. Continuò a baciare il suo corpo e sfilò delicatamente la maglietta della giovane per toccare anche la pelle della pancia. Le acchiappò una coscia e una mano finì sotto la schiena per sganciare il ferretto del reggiseno in pizzo, lei ribolliva di piacere e intanto teneva in mano le lenzuola del suo letto per placare i suoi istinti.
Quando anche i loro ultimi indumenti finirono accasciati sul pavimento, Lisa spalancò le gambe per accoglierlo e Matteo la vide ancora più bella che mai con il fiato corto e la testa scavata nel cuscino.

Le cinse il collo con tenerezza e Matteo si sentì commuovere, erano insieme e quel momento gli era mancato così tanto. Lisa gli baciò di nuovo le labbra screpolate e rideva, credendo che i problemi erano ormai passati. Iniziarono a muoversi contemporaneamente, Matteo spingeva ulteriormente, spaccando quasi quelle mura. Assaggiò il suo collo velato di sudore e scese più giù fino a baciare il mezzo tra i due seni, stringendoli poi insieme e giocando come un bambino con i suoi capezzoli. Le loro braccia erano fuse, come candele, e sì senti incredibilmente bene tra le sue braccia.

L'attimo sembrava eterno e solo quando Lisa, arruffata e infilata nel cuscino, cominciò a dare i primi segni di decadenza tutto sembrava essere completamente finito. Gemendo forte vennero insieme, lui con la testa buttata all'indietro, con le mani che vagavano sul corpo perfetto di lei, e Lisa che rideva muovendo a ritmo i fianchi.

Si, rideva.

Anche quando ormai, con le cosce tremolanti e piene del suo seme, si accucciò al petto di Matteo sorridendo sornione. Lui le cinse i fianchi, portando la coperta su i loro corpi affranti e logorati. Era la prima volta che di sua spontanea volontà, dopo l'atto, si avvicinava e si rintanava sulla sua pelle.
Lisa inalò il suo odore e chiuse definitivamente gli occhi, con solo in sottofondo i loro respiri.

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