III. Il Potere e la Condanna

17 settembre 2022


I GIORNI SFUMAVANO IN NUOVE GIORNATE DI PERENNE TRISTEZZA, CON L'ACCOMPAGNAMENTO LUGUBRE DELLA PIOGGIA FISSA, E MATTEO STAVA CERCANDO CON TUTTO SÉ STESSO DI LASCIARSI ANDARE E NON PENSARE PIÙ.

Perlomeno così credeva e cercava di fare, anche se il suo umore non era né normale, né abituale. Aveva dei continui sbalzi d'umore e i suoi amici avevano dubitato, con occhio critico, i suoi comportamenti bruschi.
Avevano cercato di alzare su il morale di Matteo, che in quei giorni era stato pestato più volte sotto la suola di una scarpa, ma il giovane pareva sprofondare dentro la sua tristezza ingiustificata, e ogni volta, quando poteva, inventata scuse a suo piacimento.

«Ma che tiene?»

Domandava in quei giorni Alessandro, sistemando in contemporanea le lattine di birra dentro un frigorifero mal funzionante. Ben, un ragazzo che viveva più sulle nuvole che altro, aveva fatto spallucce buttando la cenere della sigaretta sul pavimento.
Il fatto era che, per tutti, quella situazione puzzava eccome e vederlo avvolto nelle lenzuola del suo letto, in posizioni quasi fatali, alzava parecchi polveroni e dubbi.

Matteo, di rimando, credeva di essere completamente impazzito o fuori di senno. Quella ragazza gli aveva per caso lanciato una spregevole condanna?
Aveva lasciato un marchio sulla sua pelle difficile da sradicare e buttarla via, a quei pensieri lui veniva assorbito da un incessabile stato d'ansia che non lo lasciava stare.

Ed era anche in quel caso che aveva passato quella settimana in silenzio, e non sembrava più lui, neanche quella sera. Se ne stava seduto sul divanetto di una discoteca, col fumo che vorticava davanti alla faccia e il bicchiere stretto in una mano. Chiudeva spesso gli occhi per pensare e sbuffava in procinto di andarsene via, con zero voglia di affrontare quella lunga serata. Credeva che bere poteva essere un'ottima soluzione, nonostante tutto il malassere addosso.

Ma poi la ragazza senza nome era ritornata.

Seduta su uno sgabello mentre sorrideva e chiacchierava con il barista, agitava le mani e delle volte buttava la testa all'indietro per colpa della battute afflitte dal ragazzino. I capelli volavano in un unico gesto e poteva udire la sua dolce risata seduto da lì.
Rispetto a lui, Lisa la sua vita la viveva lo stesso, non aveva mai avuto bisogno di nessuno, e sì sentì preso in giro da quella ragazzina che continuava indisturbata a viaggiare nella sua mente.

La osservò quasi ininterrottamente. Cosa stava aspettando?
Si domandò in bilico tra la disperazione più totale e la rabbia fiammeggiante nel corpo. Bruciava ovunque... e lei, catturata, girò lo sguardo nella sua direzione. Se ne stava con le gambe accavallate nel suo vestito striminzito, mostrando le gambe chilometriche e abbronzate, un bicchiere alto nella mano, un sorriso sul volto e la dannata fossetta che puniva anche la sua anima. I tacchi lucenti riflettevano, anche se l'ambiente era offuscato e soffocante, dando una visione più demoniaca della giovane privata di nome.

Lisa sorrise maliarda, accentuando le labbra già alte, e lo salutò facendo "ciao-ciao" con la mano. Si prendeva gioco di lui, e delle sue capacità, stava creando malattia nella sua testa.

Che sia dannata, pensò alzandosi dal divanetto mischiandosi nella folla che ballava in pista. Spinse forsennato, con il respiro rallentato e i piedi che dolevano incredibilmente.
Raggiunse il bagno, la musica s'era incredibilmente abbassata, e la voce dei giovani ragazzi era soltanto un brutto ricordo lontano.

Ma nulla, per lui, era cambiato.

Neanche chiudersi nel bagno, sperando di trovare lì almeno la metà della tranquillità che stava disperatamente cercando.
Una tenue risata fece irruzione in quella cabina, Lisa era dietro di lui sempre composta e ancora più tenace. Le mani morbide erano stese lungo i fianchi, ricoperti da infiniti bracciali che, ad ogni spostamento, riprendevano a tintinnare.

«Di solito un saluto viene sempre ricambiato.» mormorò facendo piccoli passi che annullavano poco a poco ogni distanza. Le spalle di Matteo avvertirono un brivido che viaggiava per tutta la spina dorsale, dando una scarica di adrenalina che gli ardeva qualsiasi cosa.
La voce della donna non la ricordava così, forse, quando la droga aveva bruciato anche la ragione, il suo tono era più biascicato e strano. Ma quel giorno, Lisa, era completamente lucida e senza nessun rimpianto.
Neanche quando aveva lasciato le sue amiche in pista, neanche quando silenziosa aveva seguito quel ragazzo.

Matteo. Il barista le aveva accennato il suo nome, in cambio di una scopata, e ora poteva usarlo a suo vantaggio in ogni contesto.

Il bagno della discoteca dava l'impressione di essere un posto lugubre e malridotto. Piastrelle blu e nere, volevano dare al posto una sfumatura più moderna, una fila di lavandini e uno specchio appeso e pieno di scritte non ancora cancellate. Tutte le finestre erano chiuse e l'aria mancò, nonostante l'arrivo delle basse temperature era alle porte.

Il corpo di Lisa possedeva vita propria, e Matteo ebbe un sussulto in ogni parte del corpo quando se la ritrovò davanti. Era fitta e silenziosa anche quando camminava e nessuno riusciva a notarla.
I capelli biondi le cadevano davanti al viso e coprivano in parte il petto, la risa sul volto era costantemente presente e lui cominciò a odiarla. Appoggiò le mani sulle spalle di Matteo, che intanto avevano preso a tremare, e massaggiò la carne con i pollici caldi al tatto. Si stava lasciando andare, e la situazione non gli piaceva per nulla.

«Chi sei davvero?» mormorò stringendo i pugni, e la donna riprese a ridere cautamente.

«Perché dovrei dirtelo, Matteo?» avvicinò il viso verso il suo, quello che stava combinando lo lasciava destabilizzato e tutti i peli delle braccia si rizzarono per colpa di quel respiro soave.

«Lasciami in pace.»

Si allontanò facendo un passo all'indietro, i suoi passi scricchiolarono sulle piastrelle malandate, respingendo così anche le sue mani. L'afferrò per un polso e la fece aderire perfettamente con il lavandino che aveva dietro, non gli importò neanche della sua schiena che aveva subito quella dolorosa botta. Sul viso di Lisa apparì una smorfia di dolore, segno che non se lo era aspettata minimamente, e subito si ritrovò spaventata dal ragazzo che aveva davanti.

«Cosa vuoi da me, ragazzina?» riprese soffiando sulle sue labbra, Lisa cercò di allontanarsi senza successo. Ora che aveva scatenato la bestia, nulla sarebbe cambiato in loro.

«Spunti all'improvviso nella mia vita, importuni il mio gruppo e rubi. Poi ti ritrovo sotto casa mia perché... volevi rimediare. Mi baci ma poi ti tiri indietro... e cazzo, io non conosco neanche il tuo nome!»
Un angolo delle labbra di Lisa si tirò verso l'alto, sembrava non aver paura di nulla, neanche di quella situazione.
Matteo si chiese se nella sua vita, quella serpe, era sempre stata così.

«Il mio nome non è così importante, Matteo.» riprese di nuovo, lasciando stare il sorriso e avvicinandosi pericolosamente a lui.
Quella volta non c'era la droga nel mezzo, era lucida e sapeva bene cosa stava combinando.

Schioccò un bacio sulle sue labbra, sfiorandole appena, e poi diede un buffo al suo naso. Li si sentì travolto da una scarica di piccole fiamme che gli davano una carica smuovendo tutto il corpo.

E la ragazza senza nome aveva vinto di nuovo.

Sì scagliò su di lei aggressivamente, unendo di nuovo quelle labbra come desiderava. Lei, per lo spaventò, pareva arretrare con la testa, ma fu tradita dalla mano di Matteo che ora stringeva la sua nuca. Una mano sul fianco destro, marcava e lacerava la pelle sotto quel vestito minuscolo. E in quel caso nulla poteva fermarlo. La presa era salda e, intanto, annodava con le dita i capelli della giovane che ora erano avvolte al collo.
In quel bagno, il mondo, sembrava avere vita propria e nelle vene dei due giovani non c'era risentimento. Entrambi pronti a vivere l'avventura di una notte.
Elevò il corpo della giovane, facendola sedere comodamente sullo scomodo lavandino, neanche per un secondo i loro visi si staccarono.
Era l'unione di labbra, capelli stretti tra le mani e ansimi che non trovavano più una fine. Matteo continuò la sua opera, massaggiando la pelle delle gambe e facendo pressione con le dita per dare più piacere a quelle giovane che non aveva più pudore. Fino ad arrivare al vestito già corto, e alzando definitivamente. Definì la pelle della parte superiore, avvicinandosi all'intimità, a quel contatto Lisa si staccò dal bacio guardandolo negli occhi.

Era chiaro che ora nessuno dei due voleva tornare indietro, e lei acconsentì anche se Matteo non aveva fatto nessuna domanda. Il fuoco gli bruciava nel petto quando la fanciulla riprese a baciarlo e Matteo abbassò definitivamente le mutande in un gesto rude, che non aveva nulla di casto. Fece lo stesso anche lui, velocemente, e prese le coscie di Lisa fremendo. Tutto di lui aveva perso il senno. Entrò in lei in un gesto secco e fatale, Lisa squittì per quella velocità sentendosi bruciare fuori e dentro.

Aveva sbagliato ogni cosa, non doveva proprio accadere. E Lisa per un attimo notò anche del preservativo che non stavano usando. Voleva parlare e dirglielo, ma la foga che stava usando nelle spinte le aveva bruciato anche l'ultimo barlume di ragione. Si aggrappò a lui, buttando la testa all'indietro e roteando gli occhi in un gesto che la faceva somigliare a una perfetta complice. Solcava quelle spalle graffiando la pelle, lasciando scie rosse in ogni dove.

Sudata, Lisa cercò di alzare sempre di più il vestito desiderando ancora qualche passo in avanti e, quando una mano del ragazzo cominciò ad accarezzare la pelle del suo busto, un'altra crisi l'avvolse lasciando andare in fumo anche la speranza.

«Gesù» cercò di dire senza essere sopraffatta da ogni tipo di sussulto, mentre inarcava la schiena più giù desiderando continuamente la frenesia e l'audacia delle mani di Matteo. Coincidevano perfettamente su di lei e, per sentirlo ancora di più, Lisa legò le sue gambe intorno alla vita del ragazzo stritolando il suo corpo per sentirlo più vivo e vicino. Delle spinte fugaci fecero tremare le sue gambe, scossa come un terremoto ma non riusciva a dire nulla se non urlare e intanto si contorceva su quel lavabo.
Insieme sudavano, sentivano entrambi la pelle appiccicata ma, anche in quel caso, a nessuno dei due niente sembrava dare alcun fastidio.

Quella era l'unione di due corpi che presi dalla frenesia si possedevano senza incongruenze e Matteo continuò a spingere e avvicinare quelle gambe su di lui per sentirla quanto meno vicino.

Andrà via, questa volta, e non tornerà.

L'ombretto nero era ai lati dei suoi occhi e si univano con la pelle, insieme al mascara ormai consumato e rinchiuso nelle ciglia tutto impastato.
Come poteva essere vera quella ragazza? La sua pelle gli scorreva tra le mani, e quindi la lucidità non gli mancava di certo. Aveva fatto nascere in lui una bestia, scopava come un animale.

Mordicchiò anche il suo collo nel mentre, Lisa presa dalla sua personalissima crisi di nervi, aveva chiuso gli occhi estasiata. Voleva urlare mentre stringeva quelle spalle, non le importava nulla di essere nel bagno pubblico di una discoteca. Districava i ricci del giovane e lui mangiava il suo collo senza pietà.

Poi, successivamente, erano entrambi arrivati e intanto si guardavano mentre lui usciva da lei lasciandosi andare nel suo dirompente quanto temporaneo orgasmo. Matteo era imbarazzato da quella velocità, non era mai venuto così velocemente, tirandosi su i pantaloni e dandosi una sistemata allo specchio. Era marchiato in ogni dove, i capelli rossi scombussolati e la maglia stropicciata. Lisa se ne stava seduta, sulla coscia un rivolo simile al latte, e in sintonia con il bianco pallido del bagno, stava appallottolato sulle sua gamba.

Matteo, all'improvviso, arrossì violentemente e si avvicinò al lavandino bagnando una fila di carta usata solitamente per asciugare le mani. Lo passò alla giovane guardandola con tono di scuse, il fiato si assopiva nel suo petto e cercò di deviare il suo sguardo. Lei lo accettò volentieri, il petto le si abbassava irregolare ma il suo viso era calmo e tranquillo.

Sembrava in procinto di dire qualcosa.

E fu stupito a sentire la sua voce estremamente forte, ma stanca per quella scopata veloce.

«Lisa, mi chiamo Lisa.»

Matteo sorrise leggermente, «Parli solo se qualcuno ti scopa?»

La fanciulla si avvicinò più a lui, azzerò le distanze schioccando un bacio a fior di labbra e solo in quel momento il desiderio ritornò.

«Ti concedo il mio corpo, ma non devi provare nessun tipo di affetto verso di me.» disse ad un soffio dalle sue labbra. Matteo s'incupì leggermente da quella affermazione ma Lisa riunì velocemente i loro volti. Era certo che quella donna non sarebbe andata via così facilmente.

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