Capitolo trentasette
RESIA
Do qualche colpo alla porta e sento quella stronza sghignazzare dall'altro lato, ormai il suono dei suoi tacchi risuona in lontananza a riprova del fatto che mi ha davvero abbandonata qui. Giuro che stavolta la strangolo. Come diamine si è permessa?
La professoressa Gregoraci mi darà per dispersa se non rientro subito in classe e non ci tengo a suscitare la sua ira. Se si mettesse in testa di interrogarmi per punirmi del ritardo, credo prenderei un bel quattro e non mi sembra proprio giusto visto che non avevo affatto intenzione di disobbedire. Ero uscita con ottimi propositi: trovarle un dannato cassino e ingraziarmela.
Sospiro spazientita, sentendomi in trappola.
«Tommaso?» urlo stridula.
Dove diavolo si è cacciato? Sempre a fare sudoku su quella maledetta sedia, ora che serve a me si è dileguato nel nulla. Perché è scomparso? Non sarei mai entrata qui dentro se lui fosse stato al suo solito posto.
«C'è qualcuno?»
Batto i pugni sullo stipite per segnalare la mia presenza, ma non ricevo alcuna risposta.
Maledizione. Inizio a passarmi stizzita le mani fra i capelli, se sono elettrizzati anche solo la metà di come mi sento io adesso, saranno penosi. Si può sapere dove sono finiti gli altri studenti? Possibile che nessuno debba andare al bagno oggi?
Sbuffo nervosa, la mia pazienza è andata a farsi fottere appena ho sentito la chiave girare nella toppa, seguita dalla voce esultante della bagascia. Appena uscirò di qui me la pagherà cara. Sono nello stanzino dove Tommaso di solito conserva tutta l'attrezzatura scolastica e sono stata una sciocca ad entrare, dovevo aspettarmi che quella cretina vedendomi qui cogliesse la palla al balzo per architettare uno dei suoi soliti brutti tiri.
«Ehi...» provo ancora a palesare la mia presenza, ma nulla, neppure questa volta qualcuno risponde al mio appello disperato.
Sbraito peggio di una papera che starnazza nello stagno e comincio a camminare nervosa nello stretto stanzino. Mi guardo intorno esasperata, urtando vari oggetti e solo allora scorgo la mia scopa di salvataggio. Chissà cosa sarebbe accaduto se quella mazza non mi fosse piovuta addosso, interrompendo il mio primo bacio con Mattia. Mi passo le dita sulle labbra, sentendomi subito accaldata. Non avevo mai provato in vita mia delle emozioni così forti e ne conservo ancora gelosamente il ricordo, nonostante sia passato un bel po' di tempo da allora. Il solo pensiero di aver assaporato la sua bocca mi rende euforica e devo ammettere che sarei ben felice di ripetere quell'esperienza anche adesso.
Se non lo faccio è solo perché ho un po' paura; non voglio rovinare lo strano rapporto che si è creato con il mio Lucifero. Sono passate un paio di settimane dalla nostra tregua e da allora ogni giorno passiamo del tempo insieme, anzi oserei dire che siamo diventati praticamente inseparabili. Mattia si sta aprendo molto con me, mi racconta ogni volta qualcosa di sé, da quando ha cominciato a lavorare con quell'agenzia lo vedo più spigliato e loquace. È diverso. Sì, di tanto in tanto fa qualche battuta delle sue, ma senza mai esagerare. Sono certa che lo fa solo per provocarmi quindi ho smesso di cadere nella sua rete.
Qualche volta azzarda pure dei complimenti, o meglio lui li definisce tali. Ieri mi ha bloccato contro il muro, aveva uno sguardo così serio e ha parlato con voce profonda, quasi roca. Ero così in fibrillazione, non sapevo cosa aspettarmi, invece se ne è uscito con una sciocchezza: "quando non apri la bocca per insultarmi sei proprio simpatica".
Spaccia queste uscite come grandi dichiarazioni d'amore, ma ho capito che l'essere sdolcinato non rientra nel suo dna.
Un paio di volte si è presentato a scuola con una busta di patatine della San Carlo che mi ha letteralmente tirato in faccia durante la ricreazione. Ha detto che le desiderava, ma sono sicura che l'abbia fatto solo per me, lui preferisce l'involtino del bar della scuola. Tra l'altro, ora mi offre spesso quelle caramelle alla liquirizia e so quanto le adora perché non le cede a nessun altro del gruppo. È capitato che Federico e Giulio gliene abbiano chiesta una, vedendoci, e lui è sembrava un drago a tre teste che difendeva il suo bottino. Le condivide solo con me, è una di quelle cose solo nostre che sto amando di questo periodo.
Ora che ci penso, è davvero tanto che non abbiamo battibecchi, mi sento a mio agio con lui e alcune volte mi ha anche dato l'impressione che desidera qualcosa di più da me. L'ho beccato a guardarmi in modo malizioso o tenero e quando siamo vicini non perde mai occasione per sfiorarmi con innocenza il braccio o accarezzarmi una guancia, quasi non riuscisse a evitarlo.
Ogni volta che mi incontra, anche se ci siamo già salutati nella stessa giornata, ne approfitta per darmi un bacio sulla guancia ed è capitato spesso che mi ha volutamente sfiorato l'angolo della bocca con le sue labbra, soffermandosi più del dovuto in quel punto. I nostri non sono mai semplici saluti, è come se non riuscissimo a fare a meno di instaurare un contatto.
Mattia sembra così diverso, stento a credere che sia lo stesso rozzo cavernicolo che ho conosciuto qualche tempo fa, quello sempre pronto a indispettirmi e indossare un brutto cipiglio al minimo dissapore.
Mi istiga spesso, imbronciandosi a sua volta se lo faccio anche io ma credo abbia intuito che la mia sia solo una facciata. Non mi sento più attaccata da lui, non sono sul chi va là pronta ad azzannarlo, anzi... sono fin troppo dolce e accomodante.
Diciamo che è il nostro modo di stuzzicarci e questa stravagante amicizia mi piace più di ogni altra cosa. Non ho mai avuto un amico così. Neppure con Giulio mi capita di avere una simile sintonia e lo conosco da anni.
Con Mattia è tutto nuovo, diverso, speciale. Ho il desiderio di toccarlo più del dovuto, ho voglia di abbracciarlo e spesso mi innervosisco se sono sola con lui e arriva qualche altra persona a disturbarci. È come se interrompessero qualcosa di privato, qualcosa che vorrei approfondire e poi ho anche scoperto di essere molto gelosa di lui. Quando mi parla di quella Veve con cui lavora e a cui sembra essersi affezionato mi indispettisco sempre, anche se cerco di non darlo a vedere.
Non voglio che intuisca che sto iniziando a provare qualcosa di più profondo nei suoi confronti perché temo che se succedesse di nuovo qualcosa tra noi potrebbe allontanarsi o comportarsi da deficiente e questo non lo sopporterei. Non ora che so quanto possiamo stare bene insieme.
Insomma, mi sto affezionando a lui. Sembra un duro, ma in fondo è molto tenero e non mi va di rinunciare a lui.
Sento un rumore di passi fuori dalla porta che per fortuna mi riscuote dai miei pensieri. Ora la mia priorità è solo quella di uscire da questo sgabuzzino quindi mi conviene smettere di pensarlo e darmi una mossa.
«C'è qualcuno?» chiedo ancora, sperando che non sia quella stronza della bagascia venuta ad accertarsi che io sia ancora qui a blaterare epiteti tra i più volgari.
«Resia...» riconosco il tono sconcertato della mia amica dall'altra parte della stanza.
Menomale, sono salva.
Diana prova ad aprire la porta perché vedo la maniglia che si abbassa, ma ovviamente non succede nulla. Del resto è chiusa a chiave altrimenti sarebbe stato un gioco da ragazzi uscire, no?
«Si può sapere perché ti sei chiusa lì dentro? La professoressa ha cominciato a sbraitare come una pazza e mi ha mandato qui fuori a cercarti. Esci di lì, immediatamente. Non voglio beccarmi un rapporto a causa tua.»
Sospiro infastidita. Ora come cazzo la giustifico sta' cosa con la Gregoraci? Non ho intenzione di denunciare Katiuscia, mi vendicherò io stessa di questo scherzo, ma dovrò pur ammettere che sono rimasta bloccata in uno sgabuzzino in cui non sarei nemmeno dovuta entrare.
«Trova un modo per aprire quella cazzo di porta.» Il mio tono minaccioso però non sortisce gli effetti sperati perché non sento alcun movimento e la sua voce è perfettamente tranquilla quando mi risponde.
«Scusa perché non apri dall'interno con la chiave? Qui non c'è dunque sta là.»
Immagino la sua faccia perplessa mentre ribatte con ovvietà la sua stupida soluzione.
«Genio» sbraito ironica.
Sento una risatina soddisfatta dall'altro lato.
Ma dove ha lasciato la perspicacia stamattina? Non ha notato che sono sarcastica?
«Ma sei seria? Pensi che se avessi una stramaledetta chiave me ne starei chiusa nello sgabuzzino del bidello?»
Batto i pugni sull'uscio, stizzita. Comincio a sentirmi oppressa in questo coso e la mia voglia di fare una ripicca a quella stronza cresce a dismisura ogni minuto che passa. Stavolta si pentirà amaramente di ciò che mi ha fatto.
«E allora come l'hai aperto?» chiede ancora, senza scomporsi minimamente.
Santa Vergine Maria.
«Non era chiusa a chiave quando sono entrata. Semplice, no?» le spiego, esasperata, sperando che stavolta si attivi e intuisca il mio grave problema. Di solito non è così sprovveduta.
«E allora perché adesso è chiusa?» mi accusa, indispettita.
Giuro che la strangolo se non la smette di parlare a vanvera.
«Uh mamma, stai diventando irritante. Mi ha rinchiuso la bagascia, hai presente quella stronza di Katiuscia o ormai ti ricordi solo il tuo amichetto?» dichiaro indignata, puntando i piedi a terra e fissando il legno della porta nell'attesa di un miracolo che a quanto pare non avverrà.
La mia amica per tutta risposta comincia a ridere come una dannata. Madonna Santissima aiutami a sopportarla. Perché fa così? Sento un suono stridulo e la immagino mentre si contorce dalle risate. Cosa ci trova di divertente?
«Ma sei impazzita?» sibilo al colmo della disperazione.
Non potevo avere un'amica normale? Come fa a gioire così delle mie disgrazie?
«Se non ti muovi a tirarmi fuori dai guai vado da Federico e gli racconto che fai sogni sconci su di lui. Deve pur sapere che lo immagini come il protagonista di un film porno, no?»
Ovviamente non metterò in pratica la mia minaccia, non sono così meschina da rivelare le confidenze della mia amica nei suoi spassosi momenti folli.
«Tu non farai un bel nulla, capito?»
Bene. Ora è più alterata di me. Di male in peggio.
«Muoviti» mi limito a ribattere e stavolta finalmente sento i rumori giusti: la mia compagna si è attivata.
Sia lodato Gesù Cristo e tutto l'ordine dei Santi.
Passa un altro quarto d'ora nel quale ho udito strilla isteriche della Gregoraci ed è arrivato pure Tommaso. È mortificato per quanto accaduto in sua assenza. Mi sento quasi in pena per lui però sono troppo arrabbiata per confortarlo quindi mi limito a grugnire in risposta alle sue scuse. Mi hanno chiesto esattamente tredici volte, sì le ho contate, che cosa stessi cercando nello sgabuzzino e se avessi visto chi mi abbia rinchiuso qui dentro, ma ogni volta ho dichiarato di volere il cancellino e di non sapere di chi sia la colpa.
Del resto sono certa che la bagascia negherebbe fino alla nausea la sua colpevolezza e poi voglio vendicarmi da sola.
Sospiro spazientita, camminando in tondo in questa misera topaia. Ormai immagino che lì fuori ci sia una calca incredibile di ragazzi.
Maledizione! Sto diventando lo zimbello della scuola a causa di quell'arpia.
«Resia ma è vero? Sei chiusa lì dentro?»
È lui...
Mi sfugge un sorriso tenero e appoggio il palmo della mia mano sulla porta come se così potessi accarezzarlo. È ridicolo, lo so, ma non riesco ad evitarlo.
«Sì» rispondo e per la prima volta da quando sono in questo stanzino, non sbuffo.
La sua voce, un miscuglio di preoccupazione e sorpresa ha smosso le corde del mio umore, rendendolo più mite. Solo Lucifero ha questo effetto su di me.
«Se volevi riprovare l'ebrezza del nostro primo bacio, bastava dirlo.»
Oddio, lo ricorda anche lui. Arrossisco al pensiero, menomale che non può vedermi.
«Sei proprio cretino» dico e lo sento sghignazzare dall'altro lato, a riprova che non si innervosisce più quando ci punzecchiamo.
«Okay, però l'offerta del bacio rimane comunque valida» si ostina a ribadire e io lo immagino assumere un adorabile broncio.
Se fosse qui dentro con me getterei io stessa le chiavi per rimanere intrappolata più a lungo.
«Beh se mi tiri fuori di qui magari ci faccio un pensierino» lo provoco.
Un suo bacio è tutto ciò che desidero in questo momento e comincio a essere stanca di fingere.
«Fatti dietro» replica in un tono che non ammette repliche.
«Cosa hai in mente?»
Faccio qualche passo indietro, allontanandomi dalla porta.
Non vorrà mica...
«Sei distante dalla porta?»
«Sì» urlo isterica.
È impossibile che...
Boom.
Sento un colpo assordante e alzo entrambe le mani.
Okay è pazzo, vuole davvero sfondare la porta.
Boom.
«Oh Dio, fermo. Sei impazzito?»
Avverto altre urla dall'altro capo e Tommaso che gli intima di fermarsi, ma nulla smuove quel ragazzo quando si mette in testa qualcosa. È un mulo.
Boom.
Niente, anche questa volta la porta rimane incardinata all'asse, però un altro grido attira la mia attenzione: è quella stronza della bagascia.
Sento un rumore di tacchi e poco dopo la chiave gira nuovamente nella toppa.
Sono libera.
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