Capitolo trentadue
MATTIA
«Oltre al fatto che ti piacciono i bambini, altrimenti non vorresti approcciarti all'animazione, come mai hai deciso di chiedere un colloquio proprio presso quest'agenzia? Come ci hai scovato? Che disponibilità puoi darci? Sei motorizzato? Hai già avuto esperienze presso altre compagnie?»
Santo Dio ma quanto parla in fretta questa tipa?
Sembra un treno. E soprattutto quante domande fa! Sono qui da cinque minuti e ho già mal di testa. Sarei tentato di girare sui tacchi e dileguarmi. Non ho la più pallida idea di come ci si rapporti con i bambini e sono la persona meno indicata per questo genere di lavoro; non ho un briciolo di pazienza e non saprei neppure che giochi inventare per divertire dei marmocchi.
Al massimo potrei imporre il gioco del silenzio se urlano troppo o giocare a nascondino, solo che mentre contano ne approfitterei per scomparire e lasciarli soli.
Sospiro riflessivo, passandomi una mano fra i capelli per scostarmi il ciuffo che mi è appena ricaduto sugli occhi.
In realtà nonostante mi ritenga inadatto al mestiere per qualche assurda ragione, tra quelli che ho letto stamattina, quello della Dreams Animation era l'unico annuncio ad aver attirato la mia attenzione, tant'è che mi son fiondato subito qui marinando di nuovo la scuola.
Sono venuto a piedi, nonostante distasse qualche kilometro da casa mia e ho chiamato per fissare un appuntamento solo quando ero a metà del tragitto, quindi direi che sono più che motivato a intraprendere questa follia.
«No, non ho mai lavorato prima in questo campo. Eh sì, sono motorizzato. Ho letto il vostro annuncio in un gruppo Facebook, so che cercate del personale e io ho bisogno di lavorare. Mi è sembrato perfetto. Che altro avevi chiesto?» domando, grattandomi la nuca con fare pensoso.
Mi guarda scettica, ma non è colpa mia se parla a raffica senza darmi il tempo di incamerare tutto ciò che dice. E poi il suo aspetto mi distrae. È strana forte.
Sbuffo impaziente. Non credo che le stia facendo un'ottima impressione, ma il suo atteggiamento nei miei confronti è ambiguo. Scommetto che mi assumerà lo stesso anche se dovesse accorgersi che sono un completo impiastro.
Da quando sono entrato in questa stanza ha sbattuto le sue ciglia un numero indefinito di volte, continua a passarsi la lingua sulle labbra con fare provocatorio e più volte si è sfiorata quelle due simpatiche trecce che ha ai lati del capo e che sporgono verso l'esterno. Sì, è decisamente bizzarra.
Si accarezza con l'indice il nasino dritto, senza degnarsi di rispondere. Rovista in una borsetta che ha dinanzi a sé sulla scrivania e ne estrae una matita arancione, mentre con la mano sinistra afferra uno specchietto e se lo porta al volto.
«Ti avevo chiesto che disponibilità puoi darmi.» precisa, arrogante. «Mi interessa sapere sia i giorni che le fasce orarie in modo che io possa valutare in quali feste potrei inserirti. Anche perché, se non hai esperienza, non mi arrischierei a mandarti con altri animatori e dovresti lavorare per forza accanto a me, quindi voglio capire bene come muovermi e organizzarmi.»
Si sistema il collo a giro di quella strana maglietta a righe bianca e verde che in tutta sincerità mi pare proprio un pigiama ed è anche un po' bruttino.
Non oso immaginare cosa indossi al di sotto, per fortuna da quando sono entrato non si è mai alzata, neppure per presentarsi, non credo riuscirei a rimanere serio se vedessi che ha abbinato un pantalone altrettanto sciatto a quella maglia.
Possibile che sia la titolare dell'agenzia? Avrà al massimo venticinque anni, mi sembra troppo piccola, ma dalle recensioni che ho letto so che è un'agenzia di vecchia data ed anche molto stimata. Faccio per aprire bocca, ma la richiudo immediatamente quando noto che comincia a disegnarsi delle tonde lentiggini su entrambe le gote, controllando minuziosamente che siano sparpagliate in modo perfetto.
Si passa un po' di mascara sulle ciglia, che subito si allungano e diventano più scure. Fruga di nuovo nel Beauty Case e ne estrae un rossetto rosso; mi guarda fisso negli occhi prima di passarlo con lentezza sulle labbra.
Peccato però che le sue provocazioni non sortiscano il minimo effetto, non mi sento attratto, anche se in fondo se si acconciasse meglio risulterebbe pure carina.
Sbuffo, con tutto quel trucco in faccia sta diventando ancora più bislacca.
«Che c'è? Non hai mai visto Pippi?»
Accompagna a quella domanda un sorriso aperto, tirando fuori tutti i denti bianchi, e solleva entrambe le mani mettendole col palmo rivolto verso il soffitto in una buffa posa come se quel gesto dovesse suggerirmi qualcosa e avvalorare la sua tesi. Non capisco dove voglia andare a parare e non ho idea di chi sia questa fantomatica Pippi, quindi preferisco rispondere alle altre richieste per non sembrarle un deficiente.
«La mattina non posso e il pomeriggio due volte a settimana ho lezione a scuola, quindi non potrei lavorare né il martedì né il venerdì. La sera sono sempre disponibile, ma vorrei almeno un giorno libero a settimana, anche a rotazione, non è necessario che debba essere sempre lo stesso.»
Non mi va di mostrarmi poco disponibile, desidero davvero lavorare e ad acquistare un minimo di indipendenza, ma non sono disposto a rinunciare al corso di recitazione pomeridiano. Mi piacciono le lezioni, il più delle volte mi sono divertito come un matto ed è una delle poche occasioni che ho di passare del tempo con la mia Resia. Lì posso studiarla più da vicino e scambiarci qualche battuta in piena tranquillità. Inoltre con la scusa che siamo "amici", voglio di nuovo invitarla a uscire.
Dopo la sua folle proposta dell'amicizia, non ho avuto modo di vederla, ma ho già metabolizzato tutto, quindi fingerò di accontentarla solo per sfruttare la cosa a mio vantaggio, passare del tempo con lei e conoscerla un po' meglio.
Amici noi. Tzé. Impossibile! Desidero baciarla ogni volta che la vedo e ficcherei le mani in posti che la mia bimba neppure sa di possedere. Voglio adorare ogni centimetro del suo corpo. Quindi no, decisamente non saremo amici.
«Sarò onesta. Non mi sembri affatto possedere i requisiti che cerco in un animatore. In primis hai la faccia appesa e sembri arrabbiato col mondo, quando invece coi bambini dovresti indossare il tuo miglior sorriso e per di più se devi far un po' di pratica con me almeno per le prime due settimane ho bisogno di una disponibilità maggiore.»
Che cosa? Sta dicendo che non vuole assumermi? Mi sento punto nell'orgoglio quindi riprendo parola con maggiore determinazione, giocando tutte le mie carte. «Ci tengo a lavorare con quest'agenzia. Sono un tipo che apprende in fretta, ho imparato l'italiano in due anni, posso capire come si fanno quattro giochi insieme a una marmaglia di bambini in molto meno. Se il problema è per l'inizio, qualche settimana potrei darti una maggiore disponibilità, ma non appena avrai fatto le tue valutazioni e potrò essere affiancato anche ad altri, vorrei avere ritmi meno serrati e non dover stravolgere le mie abitudini o i miei impegni scolastici. Inoltre so anche ridere, diamine, non è vero che ho la faccia appesa.»
Sento la mia fronte corrugarsi, ma faccio appello a tutte le mie doti d'attore per accompagnare a quelle parole il mio miglior sorriso. La guardo dritto negli occhi, fiero, quasi volessi sfidarla a contraddirmi. Se c'è una cosa che so fare è proprio recitare, quindi so di averla impressionata. Insomma se l'animatore deve sparare sorrisi a destra e a manca, sono adatto, e a costo di beccarmi una paralisi facciale diventerò un dannato pagliaccio.
«Beh continuo ad avere lo stesso pensiero.» Storce le labbra in una smorfia. A quanto pare non gli ho fatto una buona impressione, come pensavo, forse quelle provocazioni non erano rivolte a me, è semplicemente il suo modo di fare.
«Non mi sembri tagliato per questo lavoro, ma se proprio ci tieni possiamo provare. Ho davvero carenza di personale quindi dovrò accontentarmi. Quanto meno sei di bella presenza, meglio di nulla» replica, con tono pratico e sufficiente.
Si alza e ruota attorno alla scrivania, sono così sorpreso dalle calzamaglie che indossa che non riesco a distogliere lo sguardo dalle sue gambe, una calza è di colore verde, l'altra arancione, entrambe infilate in un paio di stivaletti neri che arrivano fino al polpaccio. Salgo con lo sguardo sulle cosce ricoperte di un pantaloncino corto di color marrone. Quasi mi cade la mascella a terra. Stento a credere che vada in giro conciata in quel modo. Che credibilità può avere una così?
«Per l'amor di Dio, allora è vero? Non conosci Pippi Calzelunghe. Non penserai mica che mi vesta sempre così?» domanda perplessa, ma neanche mi lascia il tempo di replicare che riprende di nuovo la parola. «Lasciamo perdere, va. Ci vediamo domani alle quindici, ti faccio vedere un po' di materiale e ti spiego un paio di cosette prima della festa, così evitiamo disastri. Non farmene pentire per favore» dice schietta, prima di spingermi letteralmente fuori dalla porta.
Che tipa stramba.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top