Capitolo sessantaquattro
Questo e il prossimo capitolo erano in programma per venerdì e martedì prossimo, ma temo non riuscirò a pubblicare tutta settimana, quindi lo faccio ora.
PRECISAZIONE
Le partiture che recitano sono prese davvero dalle traduzioni di Romeo e Giulietta. Solo nel finale la nostra coppia abbandona il copione e da un altro volto nuovo alla tragedia che tutti noi conosciamo. Buona lettura!
RESIA
Ho un mal di testa atroce e non vedo l'ora che questa farsa finisca. Non è così che volevo recitare oggi. Sento un nodo in gola e ho ancora impressa nella mente quella scena, la rivedo in loop e mi sembra surreale. Un attimo prima eravamo tutti insieme, felici e anche un po' su di giri per via dello champagne, quello dopo ero al centro di un tornado emotivo: Veronica aveva le mani fra i suoi capelli e le labbra sulle sue, io, il cuore al centro di un vortice.
Non riesco a capacitarmene. Sono stata una sciocca. Mi sono fidata, ero convinta che fossero amici, invece quando ho abbassato la guardia mi hanno inferto un colpo basso.
Sto male, stanotte non ho chiuso occhio, ho ignorato le sue innumerevoli chiamate e anche adesso ho paura di affrontarlo. Non sono pronta, sono arrabbiata e delusa. Mattia minimizza sempre tutto, dice che non è colpa sua, che lui è rimasto sorpreso quanto me da quel bacio. Non capisce che faccio fatica a fidarmi. Non sono disposta a condividerlo con nessuno perché lo amo e l'idea di perderlo, dopo quello che abbiamo condiviso, mi rende irrazionale.
Osservo le professioniste con aria abbattuta, entrambe girano intorno a me per agghindarmi per la scena. È più di un'ora che sono chiusa in camerino, ma tra poco dovrò uscire allo scoperto e recitare la mia prima scena.
Devo ammettere che stanno facendo un miracolo. Quando sono arrivata avevo due occhiaie terribili, un volto cadaverico e un nido di rondini sul capo. Ora invece sembro una diva d'altri tempi. Sono truccata a regola d'arte, indosso un vestito pomposo, color lavanda, sulla schiena porta dei ricami impreziositi con piccoli diamanti e una leggera coda di una tonalità più scura che mette in risalto il mio fisico slanciato. Il corpetto è attillato e una profonda scollatura lascia scoperto il seno, le maniche a sbuffo si stringono sui polsi e altri favolosi diamanti impreziosiscono la gonna ampia e lunga.
«Sei uno schianto, ma dovresti sorridere di più altrimenti vanificherai i nostri sforzi.»
Guardo la truccatrice e abbozzo un mezzo sorriso. È il massimo che riesco a fare. Sono molto tesa.
«Non ci siamo, Giulietta cara» mi rimprovera anche la parrucchiera, mentre sistema un'altra forcina per racchiudere con maestria l'acconciatura alta.
Mi ha lasciato alcune ciocche ramate intorno al volto, il collo è completamente scoperto e degli orecchini pendenti scivolano leggiadri.
«Andrà tutto bene» dichiaro, cercando di apparire più convincente.
Non voglio fare brutta figura. Devo mettere da parte le mie emozioni e dare il meglio di me sul palco. Mi calerò nel mio ruolo e dichiarerò in modo solenne il mio amore per quello stronzo di Romeo. Costi quel che costi!
Un leggero bussare, precede l'ingresso turbolento di una delle addette alla preparazione delle scene. «A che punto siete? A breve finirà il primo atto e tocca a te, Giulietta» esordisce, più agitata che mai, mettendomi un'ansia ancora maggiore.
Ci siamo quasi. Finora sono riuscita ad evitarlo, ma adesso dovrò incontrarlo per forza.
«Due minuti e sarà pronta» risponde la truccatrice. «Se rimani lì sulla porta, cinque» minaccia la parrucchiera, così la poveretta, col terrore di ritardare il mio ingresso, si volatizza all'istante.
Cerco di concentrarmi e ricordare le mie battute d'ingresso. Lo spettacolo è stato suddiviso in cinque parti. Un prologo, dove un coro introduce la vicenda su cui si innesta la storia, quella di due nobili famiglie, i Montecchi e i Capuleti, che sono dilaniate da un conflitto senza risoluzione, e provocano disordini, morte e scompiglio tra i veronesi.
Il primo atto comincia proprio con una rissa tra le strade di Verona. I servi dei Capuleti hanno infatti provocato i servi dei Montecchi e il tafferuglio degenera fino a scatenare una vera e propria battaglia, che coinvolge anche Benvolio, nipote di Montecchi, che aveva in principio cercato di calmare gli animi e i simpatizzanti dell'una o dell'altra casata. Interviene a sedare lo scontro il Principe della Scala, Signore di Verona, che, estenuato dall'atteggiamento dissennato delle due famiglie, dichiara che, in caso di nuovi scontri, condannerà a morte i capi delle due fazioni.
Benvolio incontra quindi il cugino Romeo, figlio di circa vent'anni dei Montecchi, che gli confida di avere il cuore infranto: la bella Rosalina, parente dei Capuleti, ha fatto un voto di castità e non ha intenzione di ricambiare l'amore che lui sente di provare per lei. Siccome è prevista per la sera stessa una festa presso i Capuleti a cui sarà presente anche Rosalina, Romeo decide di introdursi di nascosto per vedere la giovane che ama. Io, nei panni della giovane Giulietta Capuleti, una fanciulla di quattordici anni, dovrei presenziare al ballo nella speranza di accalappiare come sposo il giovane nobile Paride.
A breve invece salirò sul palco, incontrerò per la prima volta Romeo e ci innamoreremo perdutamente l'uno dell'altra. Alle ultime prove non avevo avuto la minima difficoltà ad interpretare questo ruolo, in fondo non dovevo far altro che esternare i miei sentimenti. Ora l'idea di baciarlo, dopo che le sue labbra hanno sfiorato quelle di un'altra, è inaccettabile.
«Sei uno schianto...» mi adulano, interrompendo i miei tetri pensieri, facendomi volteggiare su me stessa dinanzi allo specchio.
Mi sento davvero bella in quest'abito sontuoso, acconciata così elegantemente.
Le ringrazio e prima di uscire dalla stanza faccio un profondo respiro, sperando tanto di trovare la pace interiore di cui ho bisogno.
Mi avvio dietro le quinte camminando lenta e sollevando gli orli dell'abito per non inciampare.
Spero che lui sia già sul palco, almeno non dovrò fronteggiarlo mentre sono così in ansia, purtroppo però la Dea bendata non è dalla mia parte perché Mattia è proprio lì, di fronte a me, in attesa di entrare di nuovo in scena.
È bello da togliere il respiro. Il taglio corto della giacca blu notte mette in evidenza le cosce ben tornite che quei pantaloni attillati esaltano con chiarezza. Una camicia di lino bianca con il colletto alto e una cravatta ben annodata a fiocco, evidenzia il petto ampio e muscoloso, mentre l'elegante gilet aderente ne sottolinea ancor più la virilità.
«Resia... finalmente» esordisce, accorrendo verso di me e spezzando il sortilegio in cui ero caduta, solo guardandolo.
Giro il volto sul lato, i suoi zaffiri lucenti sono capaci di farmi dimenticare ogni risentimento in un nonnulla. Mi rivolgo all'inserviente che distribuisce le partiture e me ne faccio consegnare una, fingendo di voler ripetere la mia parte.
«Ti prego, parlami...» insiste, sfiorandomi il braccio.
Balzo all'indietro e me lo scrollo di dosso, sentendo la pelle di fuoco in quel punto.
«Sparisci. Voglio rimanere concentrata» rispondo con freddezza, senza guardarlo.
«Ti ho chiamato una marea di volte. Perché non mi hai risposto? Da quanto sei arrivata? Ti sei rintanata in quello stupido camerino senza nemmeno salutarmi. Te ne rendi conto? Sono salito sul palco con una tensione incredibile.»
Maledizione! La sua voce calda mi penetra fin dentro l'anima. Perché il cuore mi batte così forte? Mi manca l'aria, vorrei gettargli le braccia al collo e dirgli che sto soffrendo come una matta. Possibile che dopo quattro parole sono pronta a perdonarlo come se nulla fosse?
Cavolo, ha baciato un'altra, ricordo a me stessa!
«Vattene, non abbiamo nulla da dirci» ribadisco gelida, anche se dentro me so che non è così. Sento l'urgenza di chiarire con lui, il solo pensiero di lasciarlo andare mi fa impazzire.
Mi solleva il mento con due dita, delicato. Sembra disperato ma non posso lasciarmi abbindolare.
«Per favore, ragiona. Tra me e lei non c'è nulla e io non voglio che ci allontaniamo per qualcosa che non ho neanche mai fatto. Non potrei sopportarlo. Stanotte non ho dormito. Veronica mi ha chiamato una decina di volte, io non l'ho risposta e non la vedrò più se è questo che vuoi, ma ti prego, smettila di ignorarmi» prosegue appassionato.
Sembra così sincero. Mi fa male sentirlo parlare così. Sono sicura che sta soffrendo anche lui, ma non posso cedere. Voglio che capisca che non tollererò più una cosa del genere e che non riuscirò mai a fidarmi completamente di lui fintanto che accadono cose del genere.
«Tocca a voi, muovetevi...» ci interrompe, brusca, l'insegnante. «Niente colpi di testa» si raccomanda.
Sospiriamo all'unisono.
«Resia...» prova ancora a convincermi.
Mi guarda implorante, ma io non lo rispondo. Non me la sento di perdonarlo, non ancora. Che rimanga un po' sulle spine!
Sento in sottofondo il valzer che dovremmo ballare insieme. Spero di riuscirci. Con quest'abito addosso, mi sento un mezzo robot. È troppo ingombrante.
Mi avvio sul lato, lui si dirige, con le spalle basse verso quello opposto.
Entro in scena, mi sembra d'essere davvero in una sala da ballo. Le luci soffuse, i musicisti, studenti che interpretano il loro ruolo di giovani nobili, con abiti dall'elegante fattura. Comincio a recitare le prime battute assieme alla ragazza che impersona la mia nutrice, una signora di mezz'età, un po' burlona e a me tanto cara. Man mano che parlo, la tensione si allenta e inizio a sciogliermi, ma so bene che presto dovrò trovarmi faccia a faccia con lui.
Alzo il volto e proprio in quel momento, i miei occhi, come da copione, incrociano i suoi.
Mattia mi guarda con un mix di ansia e adorazione e non distoglie neanche un secondo lo sguardo, mentre comincia a camminare verso di me. Sento il cuore in gola, batte all'impazzata. Non vedo altro che lui, dimentico la musica, il palco, il pubblico, il chiacchiericcio in sottofondo degli altri attori e quando mi prende la mano, sono già senza fiato.
Stringe con delicatezza le dita prima di pronunciare con ardore la sua battuta. «Perdonami se con indegna mano profano questa tua santa reliquia, queste mie labbra, piene di rossore, al pari di contriti pellegrini, son pronte a render morbido quel tocco con un tenero bacio.»
Il suo tono è così caldo e seducente. Se non sapessi che sta recitando, penserei che le sue parole sono reali tanta è l'intensità con cui le pronuncia. Sono fottuta. Così non riesco a scindere la realtà dalla finzione.
«Pellegrino, alla tua mano tu fai troppo torto, che nel gesto gentile essa ha mostrato la buona devozione che si deve. Anche i santi hanno mani, e i pellegrini le possono toccare, e palma a palma è il modo di baciar dei pii palmieri» recito a mia volta con enfasi, senza che i miei occhi lo abbandonino neanche un attimo.
È così affascinante nei panni di Romeo. Oggi appartiene davvero a un'altra epoca: è dolce, romantico e pieno di virtù.
«Santi e palmieri non han dunque labbra?» domanda appassionato, mentre cominciamo a ballare insieme le ultime dolci note di quel valzer che hanno intonato mentre entrambi salivamo sul palco.
Le sue mani arpionano i miei fianchi, mi fissa con devozione, facendomi volteggiare con maestria al centro del palco. Ne approfitta per sfiorarmi la schiena e poi le braccia, avvicina cauto il volto al mio senza osare sfiorarmi.
«Sì, pellegrino, ma quelle son labbra ch'essi debbono usar per la preghiera» specifico solenne, mentre sento le sue mani ovunque.
Sorride lateralmente. Sa bene che mi sto sciogliendo. Sento un caldo rossore tingermi le guance.
«E allora, cara santa, che le labbra facciano anch'esse quel che fan le mani: esse sono in preghiera innanzi a te, ascoltale, se non vuoi che la fede volga in disperazione» recita, quando la musica volge ormai al termine, fissandomi con un intensità travolgente.
«I santi, pur se accolgono i voti di chi prega, non si muovono» dichiaro, mentre Mattia mi tiene per mano e si allontana dal centro del palco per condurmi in un angolo più appartato, vicino a una pianta alta dalle lunghe foglie verdi ch ci nasconde agli ospiti della festa.
Mi sembra d'essere nella nostra vita reale, ricordo ogni santa volta in cui mi ha trascinato con sé ed io, proprio come allora, neanche adesso riesco ad oppormi alla sua volontà. Lo seguirei anche il capo al mondo. Sempre. Pure ora che ho il cuore ammaccato e la mente in subbuglio.
Mi spinge delicato verso il muro, circondandomi con le braccia. Mi sento braccata e sarei falsa se dicessi che non desidero baciarlo. Ogni fibra del mio corpo non attende altro che lui. E questo, purtroppo, lo sa bene, perché mi conosce e sa che la mia resa è ormai imminente.
«E allora non ti muovere fin ch'io raccolga dalle labbra tue l'accoglimento della mia preghiera» pronuncia impetuoso, poi la sua bocca approda dolcemente sulla mia, appagando una muta supplica.
Il suo tocco è leggero. Sa di non poter esagerare, stiamo recitando in fondo, ma le emozioni che avverto sono potenti e per nulla false.
Perché perdo il controllo ogni volta che mi sfiora?
Si allontana, lento, ma i suoi occhi mi tengono incatenata alla sua bocca. «Ecco, dalle tue labbra ora le mie purgate son così del lor peccato.»
Lo guardo incantata. Forse in questo modo sta davvero espiando il suo peccato e non è solo una recita la nostra.
Sorrido, ma un istante dopo, rivedo il suo corpo avvinghiato a quello di Veronica e mi scaldo ancora, decisa a contrastarlo di nuovo. Non posso arrendermi, non ancora.
«Ma allora sulle mie resta il peccato di cui si son purgate quelle tue!» Celebro, con più rancore di quanto dovrei, con il risultato di apparire maggiormente appassionata.
«O colpa dolcemente rinfacciata! Il mio peccato succhiato da te! E rendimelo, allora, il mio peccato» dice ancora, prima di baciarmi di nuovo sulle labbra, stavolta con maggior vigore.
Spinge il suo corpo contro il mio, con impeto e io, prima lo ricambio con tutta me stessa, spingendo la lingua nella sua bocca e assaporandone quel dolce sapore muschiato, poi gli mordo il labbro inferiore, desiderosa di porre un freno al nostro ardore e fargli capire che non intendo affatto perdonarlo così facilmente.
«Sai baciare nel più perfetto stile» sostengo sincera.
Questo non posso negarlo. Non importa quanto sono arrabbiata. Lui bacia da Dio e io, ad ogni assaggio, sono succube di lui.
Prima che mi risponda, come da programma, giunge la Nutrice, interrompendo quello scambio intimo di battute e rivelando a Romeo la mia identità.
Mi allontano, uscendo dalla scena lateralmente, per riprendere fiato e prepararmi al secondo atto, dove dovrò recitare la famosa scena dal balcone della mia camera da letto.
«Meravigliosa» si complimenta la docente. «Va a cambiarti d'abito...» ordina sognante, prima di sbirciare ancora da dietro le tende. Anche io rimango lì, alle sue spalle, per ascoltare Romeo. Si trova al centro della sala e Tebaldo, mio cugino, accortosi di lui, vorrebbe allontanarlo dal palazzo. Per ordine di suo zio, rinuncia, ma quando se ne va, manifesta malcontento e rabbia per aver accolto in casa un Montecchi.
Mi allontano per prepararmi, non voglio rivederlo dietro le quinte prima della prossima scena, sono ancora scossa dai suoi baci, devo ritrovare un briciolo di determinazione prima di affrontarlo ancora.
Sento in lontananza gli applausi del pubblico mentre chiudono le tende per preparare lo scenario successivo.
Per fortuna lo spettacolo sta andando alla grande, anche se il mio umore è ancora sotto terra.
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