Capitolo quattro
RESIA
«Dove sei stata?» indaga, sospettosa, Diana.
La campanella ha appena annunciato la ricreazione e sento già il suo immancabile fiato sul collo. La Gregoraci ha bevuto la fesseria delle mestruazioni quando non sono rientrata per tempo in classe, Diana no.
«Allora?» Mi scruta avida, storce il muso e inarca le sopracciglia.
Qualcuno potrebbe giudicarla invadente, io no, so che la sua curiosità è dettata dal nostro legame e anche io mi comporterei esattamente allo stesso modo con lei.
«Sono stata in bagno» replico, simulando un'espressione innocente.
Ci incamminiamo verso il bar dove ci attende Giulio. Lo stomaco brontola ribelle, neanche fossi digiuna da settimane. Ho un'insana voglia di patatine o pizza.
«Signorina Marra, non fare la finta tonta con me. Questa frottola del bagno non la dai a bere a nessuno» si inalbera, offesa.
Un invitante odorino invade le nostre narici: basilico, pomodoro, mozzarella filante.
Pizza chiama Resia.
«Ciao ragazze. Oddio.»
Si finge inorridito e ci fissa con insistenza.
«Diana, che hai? E tu invece, cosa nascondi?»
Giulio è sensibile e perspicace, a volte sembra un veggente, intuisce in tempi record i nostri stati d'animo, eppure ogni volta mi sorprendo per la sua lungimiranza.
«Domandalo a Resia» risponde Diana, offesa.
Ci mettiamo in fila, mentre Giulio mi squadra dalla testa ai piedi, come se potesse carpire informazioni per induzione, soltanto guardandomi. Io lo faccio coi libri, spero sempre di inculcare a prima vista i concetti fondamentali. Stranamente non accade mai!
«Dobbiamo aspettare ancora a lungo, Resia?» comincia Giulio.
«E dai, Resia» implora anche Diana.
Mi piace tenerli sulle spine.
«Allora?» urlano, all'unisono.
«Ho ripetuto il diritto di proprietà in corridoio» rispondo enigmatica, sghignazzando.
Guadagno un altro sguardo infelice. Povera me, non si può scherzare neanche più!
Ordino la tanto agognata pizza e aspetto che scelgano le loro consumazioni.
«Puoi smetterla di divagare e arrivare al nocciolo? Grazie» piagnucola, Diana, quando siamo tutti al nostro angolo per mangiucchiare.
Gli racconto la scaramuccia con il genio dei sudoku, tralasciando la sensazione del vomito. Non credo sia normale avere la nausea con un bel ragazzo davanti.
«Chi è questo figo? Quando me lo presenti?» si lamenta Giulio, mostrandosi corrucciato.
Diana invece si lascia andare a gridolini esasperanti. Sono terribili quando si comportano così!
«Non è gay» ribatto certa, voltandomi verso Giulio.
«Sì, ma gli occhi sono fatti per guardare» risponde, ammiccando.
Beh anche questo è vero e Mattia non deluderebbe le sue aspettative. È decisamente uno spettacolo per gli occhi. Certo è altrettanto maleducato e sfrontato, ma questo a lui non importerebbe.
«È il classico uomo delle caverne. Bello e insopportabile.»
Giulio si lascia andare ad un applauso nauseante.
«Figo, mi piace. Viva gli uomini rozzi, li trovo oltremodo eccitanti» aggiunge Diana, dando man forte a quel folle.
Ma cosa hanno questi due oggi?
«Smettetela.»
Credo che abbiano sclerato già in abbondanza.
Cambiando discorso, chiacchierando del più e del meno, riportando la conversazione verso un film di cui si discute ultimamente e che intendiamo guardare al cinema insieme il prossimo weekend.
«Ma come si sono conciate?»
Mi volto a guardare, anche se ho già intuito di chi si tratti. Del resto le gemelle La Marca non si smentiscono mai!
Katiuscia, mora, dai lunghi riccioli indisciplinati e gli occhi verde acqua. Labbra piene, carnose, di un rosso acceso, lo stesso colore della mela avvelenata con cui la strega si è quasi sbarazzata di Biancaneve; nasino all'insù, piccolo e grazioso, pelle candida, fisico asciutto e tonico dalle curve mediterranee. Sabrina, identica alla sorella; a eccezione di un piccolo neo alla Marylin Monroe.
Sono vestite come se dovessero rimorchiare, top scollati e aderenti, gonne al ginocchio. Quelle inguinali di solito le riservano per le gite scolastiche. Sono le figlie della preside e nessuno le rimprovera per l'abbigliamento inadeguato.
L'unico che non gli sbava dietro è Giulio, per ovvi motivi.
Le due stronze arrestano la loro sfilata giornaliera e si piazzano davanti a noi con aria belligerante. Guardano disgustate Giulio e si fanno un cenno d'intesa col capo. Sghignazzano.
Se si azzardano a...
«Ciao, finocchio» ride sguaiata Katiuscia.
Giulio cambia subito espressione e incrocia le braccia al petto quasi volesse difendersi fisicamente da quell'attacco verbale. Con noi si sente libero di esprimere la sua sessualità, ma quando lo attaccano, si chiude in se stesso e non riesce a controbattere.
Fisso torva la gemella. Non capisco perché Dio abbia creato delle creature tanto belle quanto stolte!
«Ciao-sono-Katiuscia-la-bagascia» la scimmiotto, sarcastica.
Se crede che le lascerò offendere il mio amico senza reagire, si sbaglia di grosso.
Giulio abbozza un timido sorriso e Diana mi affianca, pronta a fronteggiare il nemico. Ci piazziamo davanti a Giulio esattamente di fronte a loro. A testa alta, pronte a ribattere.
«Tu non sai con chi stai parlando» si intromette aggressiva l'altra gallina.
L'esercito delle chiocce alla riscossa. Squallide!
Io e Diana ci scambiamo un'occhiata di intesa, poi sorridiamo. Quando c'è da combattere una battaglia ci disponiamo in prima fila ed esibiamo l'artiglieria.
«Devo fare due chiacchiere con mia madre.»
Patetica.
Ogni volta che qualcuno le contraddice nominano la preside, ragazzine insulse, prive di spina dorsale. Non ho mai avuto perplessità sulle loro dubbie capacità cerebrali, ma oggi stanno dando un nuovo volto alla stupidità: le loro labbra straripano d'immondizia.
«Tua madre è la preside di questo fottuto istituto, e allora?» ribatte, Diana, arcigna.
Dritta al nocciolo, senza peli sulla lingua, ecco perché la adoro!
Le gemelle ci fissano indispettite, non so chi delle due sia più livida di rabbia. La prossima volta impari a chiudere il becco, coccodè.
«Il gatto ti ha mangiato la lingua?»
Per la prima volta entrambe non riescono a dar voce ai loro sciocchi pensieri. L'umanità ci ringrazierà per aver debellato un repellente e mortale veleno.
«Ve ne pentirete» ribatte acida, Katiuscia.
«Oh, che paura» replico, divertita.
Sorrido e simulo un'espressione terrorizzata.
Diana mi imita: «Oddio Resia, sto tremando.»
Ridiamo a crepapelle e Katiuscia sbuffa stizzita. Era ora che qualcuno le rendesse pan per focaccia. Si credono d'essere le reginette indiscusse della scuola.
Al massimo governano solo il pollaio.
«Vi faccio espellere» sbotta, irritata.
«Accomodati pure» la beffeggio, compiacente.
Sabrina storce la bocca e trascina la sorella, strattonandola per il braccio, Katiuscia, colta alla sprovvista, barcolla, rischiando di cadere.
Non appena scompaiono alla nostra vista, ci voltiamo in contemporanea verso Giulio. Ha gli occhi lucidi e le mani fra i capelli, si tormenta il labbro inferiore con i denti e fissa vacuo il muro. Odio vederlo in questo stato catatonico.
«D'accordo, ti piace il pisello, e quindi?» chiede ironica, Diana.
Ci voleva proprio una delle solite cretinate di Diana. Giulio accenna un sorriso, ma un velo di tristezza gli adombra comunque lo sguardo. Vorrei che quelle due la smettessero di perseguitarlo.
Diana mi assesta una gomitata nelle costole e indica con la coda dell'occhio un punto imprecisato alle mie spalle. Blatera sottovoce qualcosa di incomprensibile a Giulio, ghignando.
Odio quando mi escludono dalle conversazioni.
«Eccome se mi piace il pisello!» esclama Giulio, boccheggiando ad alta voce.
Mi volto curiosa e non appena lo riconosco, i miei sensi si allertano. Appena lo vedo, mi agito.
Detesto che mi faccia questo effetto, vorrei mostrarmi calma e indifferente, in modo da fronteggiarlo se si comporta da stupido.
«Ciao Resia.» La sua voce allegra mi sconquassa il sistema nervoso.
Mi ha solo salutato e già sono un fascio di nervi.
Non ricambio, mi limito a un'occhiataccia. Voglio che si metta bene in testa che non pendo dalle sue labbra. Anche se è esattamente così!
«Tu sei pazza, perché non lo saluti?» bisbiglia, Giulio, allibito dal mio atteggiamento.
«Perché è una maleducata» risponde Mattia al mio posto.
Ha l'orecchio bionico?
Mi volto per fronteggiarlo, perché non si impiccia dei suoi affari? È come il prezzemolo, spunta sempre dappertutto.
«Da che pulpito viene la predica.»
I miei occhi sono puntati nei suoi: prezioso topazio che si perde sul fondo di una bottiglia di Curaçao.
«Io sarò pure un maleducato, ma tu predichi bene e razzoli male. Io ti avevo solo salutato, in fondo.»
Sta insinuando che sono villana?
Nel frattempo, si presenta ai miei compagni, prendendomi anche in giro per il mio atteggiamento scontroso.
Giulio sembra un pesce lesso e Diana lo guarda adorante.
Hanno perduto il senno?
Li guardo scettica.
«Non ti unisci a noi?» aggiunge maledettamente divertito, poi mi scosta con naturalezza una ciocca di capelli dal volto.
«Hai superato di nuovo i limiti» dico, battagliera.
Non capisca che esigenza abbia di toccarmi ogni volta che parliamo. Mi scombussola ancora di più quando si avvicina così tanto.
Allontano la sua mano, ma le mie parole non lo scalfiscono neanche un po'.
Sorride, beffardo. «Sai che mi piace invadere la tua proprietà.»
Arrossisco, imbarazzata e lui se ne approfitta per accarezzarmi ancora, prima il volto, poi il mento, fa tintinnare uno degli orecchini pendenti che indosso e mi guarda le labbra.
«E tu sai che a me piace tenere le distanze» ribadisco, sebbene la mia voce appaia piuttosto incerta.
«Oh, fidati, un giorno mi pregherai di azzerarle» sussurra, roco.
La nausea si ripresenta inclemente.
Non ribatto, lo vedo salutare allegro i miei amici, mentre si allontana.
Prima o poi gli confesserò che mi dà il voltastomaco.
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