Capitolo quattordici
MATTIA
Quella ragazzina mi farà diventare matto, stento a credere che abbia simulato un orgasmo davanti a tutti.
Erano giorni che non riuscivo a togliermela dalla testa, ho saltato pure la scuola nella speranza che mi passasse, volevo starle lontano come mi aveva chiesto, ma non sono capace di scollarmi da lei, ho troppa voglia di passarci del tempo insieme e conoscerla meglio.
Sento che c'è qualcosa fra noi, e non si tratta solo della voglia che ho di portarmela a letto, avverto un sentimento che non riesco a spiegare, ma che mi spinge tra le sue braccia. Siamo diversi, io sono un completo disastro, lei la divina buona sorte, le farei un favore standole lontano, ma proprio non ci riesco.
Prima di alzarmi dalla sedia tiro il più possibile giù la felpa, sperando che i suoi occhi non cadano nel basso, è così inesperta che temo mi insulterebbe, giudicandomi un depravato. Bah, come se si potesse controllare un'erezione!
Come la prima volta che ci siamo esibiti, un coro di applausi e fischi d'apprezzamento ci accompagna e la professoressa esprime i suoi complimenti per la splendida rappresentazione. Io non ho fatto un granché, quello di Harry è un ruolo che sento mio ed è stata una vera passeggiata recitarlo.
Resia invece è stata sublime, mi sono ritrovato come un pesce lesso a guardarla e non ho neppure avuto bisogno di fingermi meravigliato, sentendo i suoi mugolii ho dimenticato che si trattasse di una farsa e ho perduto la ragione. Non so come ho fatto a contenermi, avrei voluto sbatterla al muro e baciarla, così i suoi gemiti sarebbero stati reali e non frutto di una recita.
La prendo per mano, non so perché lo faccio, forse voglio semplicemente sentirla più vicina eppure non desidero che lei dia troppa importanza al mio gesto quindi le faccio cenno di inchinarci come a voler ringraziare il pubblico, la lascio poco dopo, sentendomi un idiota!
«Amore, che ne dici di uscire qualche volta? Magari mi fai sentire qualche versetto in privato!»
Non so chi sia il tizio che ha parlato, ma non riesco a contenere la rabbia che sento montare dentro me alle sue parole. Mi avvicino e senza il minimo sforzo lo sollevo dalla sua seduta, tirandolo per il colletto di quell'orribile camicia giallo limone che veste.
«Mattia...» sento urlare alle mie spalle.
È lei... la sua voce è incrinata, sembra preoccupata eppure non riesco a smettere di fissare minaccioso il ragazzotto che ho fra le mani. È un codardo, non apre più bocca e trema addirittura, quando poco fa pareva così sicuro di sé.
«Sei impazzito, smettila!» mi ordina, ancora più apprensiva di prima.
Senza lasciarlo mi volto e quando incontro il nocciola dei suoi occhi subito mi calmo. Mi scordo di ogni cosa, mollo la presa e mi perdo in lei, ha le guance tinte di un beato rossore e le labbra sono schiuse in maniera sensuale.
È così bella... quella massa di lunghi capelli castani le ricade sulle esili spalle. Indossa una camicetta bianca, semplice, di cui ha chiuso tutti i bottoni nascondendo quella candida pelle che bramo sfiorare. Non è difficile indovinare la rotondità del suo seno, così abbottonata, si vede in modo chiaro la protuberanza.
Ha un corpo fantastico e un atteggiamento innocente, un mix perfetto che aumenta ancora di più il mio desiderio.
Ha una mano poggiata sul fianco sinuoso, l'altra le ricade lungo la coscia, sembra una Dea e mi abbaglia con la sua luce tirandomi fuori dalle tenebre che invece accompagnano da sempre la mia vita.
RESIA
Incrocio le braccia sul petto, mi sento nuda sotto il suo sguardo, mi scruta attento senza distogliere quei pozzi blu nei quali scorgo un potente bagliore. Mi mordicchio le labbra imbarazzata e i suoi occhi seguono subito quel gesto, mettendomi ulteriormente in agitazione.
«Perché ti comporti così?»
È vero, quel ragazzo non doveva prendersi tanta confidenza, ma la sua reazione è stata spropositata. Sembra circondato di una luce sinistra, eppure più lo guardo, più si ammorbidiscono i suoi lineamenti.
«Non si doveva permettere» risponde indispettito, senza allontanarsi, rimanendo a qualche passo da me.
Non mi spiego perché la prenda così, in fondo quel tipo è un coglione e ci prova con mezzo istituto, adora fare il galletto e oggi ha scelto me come vittima.
«Non credi che spetti a me la scelta?»
Voglio che comprenda che non mi piacciono queste sceneggiate, so io come agire, apprezzo il suo interessamento, ma so cavarmela da sola. Anche la professoressa lo redarguisce, minacciando di sospenderlo dal corso, ma lui si gira ostinatamente verso il tizio, ignorando entrambe.
«Se ti becco ancora a fare il coglione con lei non sarò così amichevole» gli intima con quell'accento particolare, a cui ormai comincio ad abituarmi. Mi piace la sua cadenza, anche se quando si sfuma in quel modo, significa che è indispettito.
Mi raggiunge con poche falcate, mi afferra entrambe le braccia sciogliendo la mia posa e mi issa come un sacco di patate sulla sua schiena. È un maledetto zotico.
«Professoressa, andiamo in bagno» dichiara con nonchalance, prima di uscire dalla porta, senza che io abbia modo di lamentarmi per quel rude trattamento.
Anche miss Bla bla bla sembra scioccata, però lo lascia fare, forse preferisce che ci allontaniamo un po' dall'aula, dove si è levato un forte brusio.
«Mettimi giù idiota. Ti ha dato di volta il cervello?» lo attacco, non appena siamo fuori.
Lui però continua a camminare, senza degnarsi di darmi una risposta.
È un borioso, un cavernicolo, un cretino!
«Deficiente» sbraito, mentre comincio a battere i miei pugni dietro quella lunga schiena, lui per tutta risposta mi dà uno schiaffo sul sedere.
«Tu sei matto, mettimi subito giù» ripeto ancora, mi dimeno e scalcio come una furia, ma pare immune ai miei colpi.
Finalmente i miei piedi toccano il pavimento anche se ho cantato vittoria troppo presto perché le sue braccia non smettono di circondarmi e mi ritrovo con le spalle al muro, bloccata. Avverto il suo fiato caldo, è troppo vicino, stento a sopportare il calore e l'odore che il suo corpo emanano. Ho le vertigini e anziché lamentarmi, sono invasa dall'urgenza di gettargli le braccia al collo, voglio che mi sorregga e mi stringa ancora più forte contro il suo corpo. Sono del tutto fuori di testa!
Il suo volto si accosta al mio con lentezza, eppure non faccio niente per allontanarlo, dei passi però risuonano in lontananza, ma Mattia non si perde d'animo e mi ritrovo di nuovo fra le sue braccia. Mi trascina senza il minimo sforzo e non ho neanche il tempo di realizzare appieno cosa stia accadendo che mi ritrovo in uno stanzino, sola, dinanzi a lui, libera, eppure intrappolata dal magnetismo del suo sguardo.
Mi poggia una mano sul fianco, è come se mi avesse ipnotizzata, non vedo altro che lui, il taglio d'occhi allungato, quelle pagliuzze azzurre che attraversano le iridi blu, le labbra rosee e schiuse. Mattia su di me ha uno strano potere, non riesco più ad essere me stessa, ad essere razionale e nessuno fa sentire così spaesata.
Gli sfioro lo zigomo sinistro, dove serpeggia una piccola cicatrice, la accarezzo e lui si inarca un po', come se fosse eccessivamente sensibile in quel punto o stenti a contenersi per un mio semplice tocco. Passo le dita nella sua chioma scura, massaggiando quei ricci che da tanto, troppo tempo desideravo sfiorare.
«Allora riesci a placarti ogni tanto» scherza, ma la sua voce è fin troppo seria e in questo momento non ho affatto voglia di ribattere.
Non mi sento per nulla offesa anche se forse dovrei, non mi ha trattata in maniera rispettosa.
Oh, al diavolo le buone maniere!
«Sì, ma non farci l'abitudine. E comunque resti un cretino» asserisco col fiato un po' corto, una sua mano mi stringe il fianco, l'altra mi percorre la linea della spina dorsale. Le sensazioni che avverto sono deliziose. Mi guarda intensamente e si avvicina così lento che avrei tutto il tempo di sfuggirgli se solo lo volessi.
Quando le sue labbra lambiscano le mie, mi sento svuotata di ogni pensiero. Il suo tocco è travolgente, sembrava che la mia bocca non attendesse altro che quello! È come un bisogno primordiale a cui non posso fare a meno di resistere. Inizia timido, quasi temesse un mio rifiuto, non si accorge che non ho affatto intenzione di respingerlo? Sono così assorta ad assaporare la dolcezza del bacio, che non mi azzarderei mai a negargli questa piacevole seduzione dei sensi.
Mi aggrappo alle sue spalle e approfitta della mia arrendevolezza per dischiudermi le labbra, lasciandovi scivolare la lingua. È così strano, invadente e ha un sapore così dolce che temo non riuscirò mai più a scordarlo! È così buono, caldo, umido, emozionante.
È vero litighiamo. Non andiamo d'accordo su niente ma desideravo baciarlo fin dalla prima volta che l'ho visto e ora che sta accadendo mi sento in balia di nuove e inebrianti emozioni. Mi invadono, fanno quasi paura tanto sono intense. Sento il solito formicolio al basso ventre che stupidamente attribuivo alla nausea, ma adesso è molto più forte. Le gambe diventano mollicce, il cuore martella prepotente nel petto e la testa vortica selvaggia verso mete sconosciute. Mi stringe con irruenza e io mi inebrio di lui, debole e del tutto incapace di arrestare quell'attacco appassionato.
Mi bacia come se fossi la ragazza più desiderabile che conosca, mi lusinga, mi fa sentire speciale.
Quando sposta le sue labbra per dirigersi lungo il collo fino ad arrivare al lobo dell'orecchio mi sorprendo, ma l'ondata di calore che mi scuote, mi fa subito gioire.
«Resia... sei così bella e arrendevole. Tu mi fai impazzire» sussurra roco.
Brividi mi attraversano tutto il corpo, tremo e mi abbandono al piacere che quelle parole provocano, mentre quella lingua, insaziabile, continua a torturarmi.
Mattia mi devasta, rendendomi ubriaca d'ossigeno, mi fa arrestare il cuore e un attimo dopo lo fa galoppare veloce. Mi sento vulnerabile e allo stesso tempo compiaciuta. Sono anche impacciata, non so come ricambiare quel piacere che lui scatena senza alcuna difficoltà. Inizio a vagare incerta lungo la sua schiena e mi azzardo a stringergli i glutei.
Si lascia scappare un gemito, così intuisco che sono sulla buona strada e mi avvinghio contro di lui, con irruenza solo che avverto una strana pressione sull'inguine, è dura, bollente, pressante!
Spalanco gli occhi, intuendo subito di cosa si tratta. Un po' imbarazzata, mi divincolo, urtando una dannata scopa, la cui mazza mi si abbatte dietro la schiena. La botta mi fa recuperare un minimo di buon senso.
Lo guardo sconvolta, lui invece sembra stranito per quella brusca interruzione, si morde il labbro e fissa con intensità la mia bocca, amareggiato per quell'inattesa conclusione.
Distolgo lo sguardo da lui, confusa, quella sola occhiata sensuale innesca una voglia matta di baciarlo ancora, ma è sbagliato, io non posso comportarmi così.
Appoggio la scopa al muro e osservo il lavandino al mio fianco, lo scaffale è ricolmo di cianfrusaglie, poi do un'occhiata furtiva al water alle spalle di Mattia.
Non mi ero nemmeno accorta di essere finita nel bagno dei bidelli.
«Tu... tu... non avresti dovuto» dichiaro, passandomi un dito sulle labbra un po' gonfie e ancora calde. Ci passo la lingua sopra, sento ancora il suo sapore, è così buono.
Ma cosa diamine mi è saltato in testa?
L'ho baciato e mi è anche piaciuto. Ho smarrito di sicuro qualche rotella, non posso credere di essermi spinta tanto oltre nonostante non volessi espormi con lui. Non è la persona adatta a me, ci prova con tutte, io non sono nulla di speciale per lui.
Per dare il mio primo bacio a Roberto, esattamente un anno fa, l'ho fatto attendere mesi ed eravamo anche fidanzati. Roberto era un completo disastro, l'ho lasciato dopo rovinosi tentativi di baci, riusciti tutti in modo mediocre; si sono rivelati scambi pieni di indesiderate nasate. Credo di essermi fidanzata con lui solo perché mi portava ogni giorno una busta di patatine San Carlo.
Ho peccato di gola, ma per fortuna sono rinsavita in tempo.
Torno al presente e punto i miei occhi sul suo volto.
È stato davvero bravo, no... superlativo!
Mi rimprovero per la piega sconcia dei miei pensieri e gli assesto una spinta, che però non lo smuove. È un dannato armadio! Sono arrabbiata perché mi sono concessa a lui velocemente, senza nemmeno pretendere un legame. Sono una stupida.
«Perché mi hai baciato?»
Prende fiato, sembra esausto, il mio cambio repentino di atteggiamento, lo rende nervoso, ma che pretendeva? Che continuassi a baciarlo senza preoccuparmi del fatto che ci conosciamo a stento?
«Le persone normali quando provano desiderio, si baciano.»
È vero. E lui è così dannatamente diretto. Solo che le persone che si desiderano stanno anche insieme. Vorrei urlargli contro che ho paura, che le emozioni che sento mi fanno sentire su un'altalena, ma rimango muta.
«Tu sei strana, Resia, io non ti capisco. Mi confessi che ti do la nausea poi scappi, non mi respingi quando ti sfiori, ma poi mi chiedi di stare alla larga da te. Io ero stanco di aspettare. Ti volevo e ti voglio ancora adesso... Dammi un valido motivo per frenarmi!»
Avanza verso di me, ma si arresta a una spanna dal mio volto, è arrabbiato per l'interruzione, eppure mi scosta con delicatezza una ciocca di capelli dal volto. La sua dolcezza unita all'evidente disappunto è un controsenso. Un controsenso che però mi piace da impazzire!
«Io ti conosco a stento» riesco a ribattere. Lo vuole capire che sono terrorizzata? Non mi sono mai lasciata andare con qualcuno.
Sospira, alzando le spalle. «È vero, ma la smetti di comportarti da bambina? Dovresti avere sedici anni, o sbaglio? Desiderare qualcuno non è un peccato. Pensi che ti abbia baciato per passatempo? Sei fuori strada. Io ti voglio davvero, Resia.»
Indietreggio di un passo, scossa dalla rivelazione e sbatto contro la porta.
Non sono pronta, non mi sento affatto nelle condizioni di fronteggiarlo, è una cosa troppo grande per me, ingestibile. C'è ancora troppa elettricità nell'aria e questo maledetto stanzino mi sembra alquanto ristretto.
«Stai dicendo che vorresti avere una storia con me?» domando riluttante, forse nel suo discorso era implicito che volesse impegnarsi e io non l'ho capito.
Dovrei forse fidanzarmi con un ragazzo con cui litigo in continuazione? Beh, se non riesco a resistergli forse dovrei farlo davvero. Ma che sto pensando? Io lo detesto! Mi stizza e vorrei torcergli il collo spesso e volentieri, ma è anche innegabile che mi piace.
Dio solo sa quello che ho provato ora con quelle labbra addosso e quel che sento ogni volta che mi tocca.
«Per fare certe cose non c'è bisogno di fidanzarsi» replica allusivo, sfiorandomi la guancia.
Bastardo. Figlio di puttana. Stronzo!
Gli do una sberla in pieno volto, sento gli occhi che si inumidiscono, ma non gli darò la soddisfazione di piangere come una poppante davanti a lui.
«Non diventerò la tua puttana» lo attacco incollerita, volevo concedergli il beneficio del dubbio, ma a quanto pare ho sbagliato.
Sono soltanto una stupida, che pretendevo? Non gli importa un accidente di me.
Abbassa le spalle, perdendo un po' della sua solita spavalderia, si passa una mano sulla fronte, sembra che solo adesso si sia accorto di aver detto una cazzata, tuttavia non accampa neppure delle misere scuse per risollevare le sue sorti.
Che delusione! Non posso fidarmi di una persona così!
«Non mi importa se mi vuoi, te lo dico un'ultima volta, sta' alla larga da me!» Mi giro su me stessa e scappo via da quello stanzino, via da lui e dalle sensazioni che mi provoca, lasciando libero sfogo alle lacrime che non riesco più a trattenere.
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