Capitolo quarantaquattro
Domattina parto con mio marito per Napoli, festeggiamo il suo compleanno in famiglia. Pubblico tre capitoli ora perché poi ci rivedremo direttamente mercoledì. La settimana scorsa ho scritto tre capitoli davvero molto tosti, mi chiedo cosa penserete quando arriveremo a quella parte della storia. Ps, a qualcuno manca Baggio?Sono tentata di iniziare a pubblicare anche l'altro libro, dove Resia conosce Francesco, ma allo stesso tempo sento il bisogno di rivelare tutto il passato prima di proseguire. Insomma, sono combattuta. Chi la spunterà? Voi cosa vorreste? Buona notte e grazie a chi risponderà.
MATTIA
«Si può sapere perché corri? Dove stiamo andando?» domanda, isterica e curiosa al tempo stesso.
Ignoro la sua vocina stridula e continuo a trascinarla al mio seguito, un po' come facevo all'inizio quando mi definiva un cavernicolo. Insomma, il lupo perde il pelo, ma non il vizio e io non faccio eccezione alla regola. Stavolta però sono giustificato: il mio unico intento è quello di aiutarla. Mi guardo intorno con frenesia, cercando in mezzo al caos di Roma, un posto che faccia al caso nostro.
Scruto ogni maledetta vetrina e quasi sbatto contro i passanti per l'urgenza. Mi dispiace dover fare le cose di fretta, ma non voglio rallentare visto che non so quanto tempo ho ancora prima che il gruppo riparta per la prossima escursione.
Afferro il cellulare per togliermi ogni dubbio e mando un messaggio a Federico, chiedendogli di avvisarmi non appena si sposteranno dalla zona della fontana, in modo da sapere quando dovremo ricongiungerci alla scolaresca senza il rischio di beccarci un rapporto dai professori.
Nel frattempo continuo a zigzagare concitato tra la folla, a passo svelto, quasi avessi il diavolo alle calcagna e non potessi farmi raggiungere. Resia però non sembra entusiasta della mia iniziativa perché punta i piedi a terra e per poco non mi fa sbattere contro un ragazzino e la madre che avevamo appena sorpassato con foga.
Ti pareva! Per una volta non poteva limitarsi a seguirmi? Sbuffo irritato, ma non muovo un muscolo, decidendomi ad affrontarla a muso duro. Ho le mie ragioni, sebbene lei neanche le immagini e non intendo retrocedere dal mio piano.
«Che c'è?» sbotto altero, levando alto un sopracciglio.
Resia mi fissa di rimando indispettita.
«Si può sapere che ti prende? Sei impazzito? Sembriamo due pesci fuor d'acqua e tu corri come un dannato cretino in mezzo alla gente. Perché?» mi interroga, e devo ammettere che il suo ragionamento non fa una piega.
Sbuffo spazientito, ma come per miracolo, noto alle sue spalle un negozio che prima era sfuggito al mio sguardo e che potrebbe soddisfare tutte le mie pretese. Dio per una volta ha ascoltato le mie preghiere: è perfetto.
Mi lascio scappare un sorriso, probabilmente apparendo ai suoi occhi ancora più folle, però non mi importa.
«Fidati di me» dico, sperando che per una volta si limiti ad accordare la mia richiesta senza fare domande, anche se conoscendola è inverosimile quindi faccio spallucce e attendo il suo prossimo rimprovero.
«E va bene» capitola invece con poca grazia, sbruffando.
Mi sfugge un risolino. Strano che non mi ha subissato di chiacchiere inutili, negando categorica la mia richiesta, ma tanto meglio così.
La guido all'interno del negozio di abbigliamento, il commesso all'interno ci fissa malevolo non appena varchiamo la soglia, ma adesso che sono qui, non mi lascerò di certo scoraggiare da lui. Proseguo con passo deciso, mentre Resia al suo passaggio lascia una scia di orme bagnate sul pavimento. Batte i denti, forse con l'aria condizionata a palla, che io stesso avverto con prepotenza, comincia a sentire davvero freddo.
Maledizione! Passo in rassegna velocemente ogni stender con i capi femminili, fino a quando non adocchio un vestito adatto a lei. Non è come il suo abito a fiori giallo, ormai sgualcito, ma la fantasia è molto simile ed è di un arancio tenue, sono certo che le starebbe d'incanto. Cerco una esse, la mia Resia ha una vita così sottile che se indossasse una taglia più grossa scomparirebbe. Le porgo la stampella col capo che ho scelto, indirizzandole un sorriso dolce.
«Lo indosseresti per me?»
Guarda con aria stralunata sia me che il vestito, poi il suo volto si allarga in una smorfia felice e io non posso che adorare incantato quel vezzo appena apparso. È così bella, anche con i capelli bagnati che le gocciolano sul vestito. Ormai quel capo le aderisce addosso come una seconda pelle evidenziandone ogni forma. Non nasconde quanto sia perfetta. Non capisco perché sia così insicura di sé e voglia apparire migliore in mia presenza. Vorrei che si guardasse coi miei occhi. Capirebbe che non ha bisogno di tanti fronzoli.
Stavolta è lei che mi prende per mano e senza neppure darmi una risposta, mi conduce fino allo stanzino di prova. Mi fa un cenno con la mano, intimandomi di aspettarla fuori, poi scompare dietro le tende verde smeraldo. Sento dei rumori concitati all'interno, e il pensiero che si stia spogliando mi esalta non poco, quindi curioso un po' in giro, nella speranza di distrarmi dal pensiero di Resia che ora immagino nuda dietro quel dannato telo.
Mi concentro nella ricerca di un capo per me. Noto che nel reparto maschile ci sono delle polo a mezze maniche davvero carine. Ne devo acquistare una. Sono ancora zuppo nella parte superiore, quindi mi toccherà cambiarmi se non voglio bagnare la mia bambina e rovinare anche il nuovo vestito che le regalerò.
Mi accorgo che su una fila poco distante, dal lato destro, sono esposti anche degli elastici con un pompon, e nonostante siano più adatti a un bambino che a una ragazza sono sicuro che le piacerebbero. Ne prendo uno arancione e lo nascondo dietro la schiena, un gemito sommesso attira presto la mia attenzione quindi mi volto verso la mia Resia.
Quando la scorgo, trattengo il fiato, rimanendo completamente basito. Non avrei potuto scegliere un capo migliore, le sta d'incanto: sfiora armonioso le sue dolci curve e sul davanti è perfino troppo provocante. Non avevo notato che avesse uno scollo così profondo, altrimenti non l'avrei scelto perché do di matto al pensiero che tutti possano guardare il seno che si intravede sotto quel tessuto. Sospiro ammaliato e sconvolto al tempo stesso, incapace di contenermi e Resia a sua volta arrossisce, accorgendosi dove punta il mio sguardo.
Si sistema meglio l'abitino morbido che accarezza il suo corpo fino al ginocchio, poi esibisce un candido sorriso rivolto soltanto a me. È felice e questa è l'unica cosa che conta per me. In fondo ora è mia. Nessun altro può toccarla, quindi voglio evitare inutili scenate di gelosia che rovinerebbero solo il suo umore, e poi... potrei approfittarne a mia volta per accarezzare con un dito quello scorcio di pelle candida che intravedo.
«Ti piace?» Domando, sebbene immagini già la risposta, ormai chiara dagli occhi ridenti di lei, voglio comunque sentirlo dalle sue labbra.
A me in realtà non importa come si veste, desidero solo che si senta a suo agio e a quanto pare oggi ci teneva a farsi bella per me quindi voglio si senta tale nonostante ciò che è accaduto. Nessuno, nè tantomeno Katiuscia potrà rovinare il nostro primo giorno da fidanzati.
«Potrebbe diventare il mio nuovo vestito preferito» confessa imbarazzata, abbassando lo sguardo e mordendosi le labbra con fare innocente.
Mi avvicino a lei e la faccio piroettare come una ballerina. Una coppia poco distante ci fissa stranita. In effetti sembriamo due sciocchi, ma non mi importa. Da quando devo dar conto a qualcuno di un mio gesto?
A nessuno è mai fregato nulla di me, non vedo perché dovrebbe far gola adesso la mia misera felicità.
«Allora lo prendiamo. Consideralo un regalo» dico fiero.
Azzero le distanze fra noi e allungo le mani verso il suo viso. Lo accarezzo, passando l'indice su quei contorni delicati. Lei mi lascia fare, non muovendo alcun muscolo e trattenendo il fiato mentre la sfioro. Afferro i suoi capelli e li mantengo chiusi in un pugno, formandole una coda alta sul capo. Non mi arrischio a legarli perché sono una frana e combinerei un disastro, annodandoli tutti, ma con la mano libera le passo il codino, facendole intuire cosa vorrei facesse.
«Grazie» dice, stampandomi un bacio delicato sulla guancia quando si accorge dell'elastico in tinta.
Si lega i capelli in quella coda che io stesso ho azzardato a creare poc'anzi.
Faccio spallucce. Ancora non sono bravo ad accettare i ringraziamenti, mi imbarazza non poco sapere che ho suscitato la gratitudine di qualcuno visto che prima d'ora non ho mai combinato nulla di buono. Non ci sono abituato.
«Adesso, andiamo» la liquido, forse un po' troppo brusco, distogliendo lo sguardo da lei. Vorrei baciarla, è ormai una tentazione troppo forte.
«Vieni un attimo con me. Prenderemo dopo le tue cose.»
Prima di dirigermi alla cassa, scelgo una polo azzurra intonata al colore dei miei occhi. Mi allontano dal centro del negozio, in fondo non voglio dar spettacolo, quindi ci posizioniamo in un angolo, più in disparte. Non ho bisogno di un camerino per un banale cambio d'abito.
Mi piazzo dinanzi a Resia e lontano da occhi indiscreti mi sfilo la maglietta bagnata, rimanendo completamente a torso nudo. Mi accorgo subito che è affascinata perché porta le dita sulle labbra alla vista del mio addome scolpito ed emette un leggero mormorio. Nonostante il disagio però spalanca ancora di più quelle iridi lucenti che divengono più scure quando il suo sguardo curioso si inoltra nel ciuffo di peli che scompare nei miei pantaloni.
Persa nella contemplazione, si lascia ricadere le braccia lungo il corpo poi si inumidisce le labbra, passandoci sopra la lingua.
«Non sbavare» la punzecchio divertito da quella dolce resa. Io stesso rimango stregato da lei ogni volta che la vedo quindi sono felice che per una volta le parti si siano invertite.
Resia cerca invano di assumere un'espressione seria. Apre la bocca, ma la richiude senza emettere alcun suono e quando mi infilo la polo con gesti lenti, contraendo i muscoli per provocarla un po' la vedo stringere i pugni e serrare le gambe. È adorabile.
«Sei proprio duro» dice ingenua, mentre io scoppio a ridere, le sue parole unite al suo sguardo malizioso mi hanno eccitato non poco, ma mi diverte la sua semplice spontaneità dettata dall'inesperienza.
«Lo so» mi limito a ribattere, gongolando orgoglioso.
«Sì, ma smettila di compiacerti» sibila, forse accorgendosi di aver aumentato in maniera smisurata il mio ego e cercando in qualche modo di rimediare il danno.
«Quando la smetterai di guardarmi adorante, ne riparleremo.»
Scoppio in una fragorosa risata vedendo il broncio che mette su, mentre cerca di distogliere gli occhi dal mio corpo.
«Su, recupera le tue cose dal camerino e andiamo» aggiungo, cercando di toglierla dall'impaccio.
Le concedo un minuto per riprendere il suo vestito sgualcito e lo zainetto fradicio che portava in spalla. Non appena la rivedo spuntare al mio fianco, le tolgo quell'ingombro dalle mani e mi limito a incastrare le mie dita nelle sue. Ci ho preso gusto a prendermi queste piccole licenze con lei e non intendo rinunciarci.
Quando arriviamo alla cassa, fa cenno verso il suo zaino, quasi volesse prendere il portafoglio e pagare, ma dopo il mio sguardo carico di ammonimento, intuisce che è un gesto inutile.
«D'accordo. Questa volta ti lascio fare» dichiara, e dal suo tono comprendo che nella prossima occasione non sarà così magnanima.
Se offro io o se le faccio un regalo, non è perché penso che non se lo può permettere o perché pretendo qualcosa in cambio. Desidero semplicemente essere galante e chi biasimerebbe un ragazzo solo perché è attento alla sua bambina?
Pago il conto, Resia si scusa per il fastidio e per il fatto che già indossiamo i capi che stiamo acquistando e domanda alla cassiera una busta vuota per ficcare lì tutta la roba bagnata che sta gocciolando sul pavimento del negozio.
Avevo dimenticato quanto è precisa. Mi meraviglio che non abbia sbraitato tutto il tempo e mi abbia seguito, assecondando la mia follia nonostante si sentisse a disagio per la cosa. Significa che tiene molto a me, più di quanto mi abbia rivelato, e questo mi rende ancor più fiero.
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