Capitolo quarantacinque

MATTIA

La trascino fuori dal negozio, lei però stavolta non mi insegue come ha fatto in precedenza, ma pretende di  decidere la direzione e io la lascio fare. Mi conduce in un viottolo poco distante, dove a quanto pare serpeggia un po' d'ombra e non c'è quel viavai caotico che caratterizza Roma.

Poggia il piede al muro, mantenendosi in equilibrio sull'altro. Sembra più un maschiaccio che una principessa ma va bene uguale. Lei mi piace proprio perché è così.

«Sembri un maschiaccio» dico, poco romantico.

Lei però non si offende, sorride e infila la mano libera in tasca. Ha proprio una facia da schiaffi. La adoro!

Azzero con un movimento fulmineo la distanza che ci separa e accolgo il suo sospiro sorpreso direttamente tra le mie labbra. Le passo una mano intorno al corpo e lascio che aderisca al mio senza alcuna barriera. Sento il tonfo delle buste che ricadono al suolo, probabilmente, colta alla sprovvista ha indebolito la sua presa, ma non mi importa un accidente della roba sparsa a terra.

Non posso più frenarmi. Io la desidero troppo. Così le mie labbra coprono con brama le sue, perdendosi in sensazioni che da tempo desideravano riassaporare. Il suo dolce sapore mi manda in visibilio. Traccio con la lingua un sentiero umido sui contorni di quella splendida bocca, invitandola a schiudere per me quella rosea bontà.

Trattengo a stento un gemito quando si arrende, schiudendo le labbra. Si aggrappa al mio corpo e lascia che le nostre lingue duellino battagliere, permettendole all'inizio di dettare il ritmo, di fare ciò che vuole di me. Quando capisco che è pronta al mio assalto, mi spingo più a fondo, senza concedere tregua ai nostri respiri e inseguendo il battito caotico del mio cuore che sento galoppare selvaggio in petto contro il suo per viaggiare insieme verso un'unica meta.

Le sfioro con la mano la schiena, tracciando un sentiero rovente sulla sua colonna vertebrale, con l'altra mano le avvolgo con delicatezza la nuca, così da sospingere un po' il suo capo verso di me. Voglio approfondire ulteriormente i nostri contatti e prendermi ogni cosa di lei. Stavolta non riesco ad accontentarmi delle briciole, desidero catturare ogni suo respiro fino a giungere nei recessi della sua stessa anima.

Voglio tutto.

Voglio lei.

Ho un caldo infernale, il suo corpo a contatto col mio brucia e mi fa sentire accaldato e perduto. Ho appena avuto prova del fatto che il paradiso può essere più bollente dell'inferno e ne sono estasiato. Rimarrei tra le sue braccia per un tempo indefinito, perdendo la concezione della realtà e abbandonandomi completamente alle emozioni che solo lei riesce a scatenare.

Resia sembra un vulcano in piena eruzione, è calda dappertutto, ogni parte che tocco sembra cocente.

Non oso spingere le mani in sentieri più peccaminosi, nonostante vorrei sfiorare la pelle diafana del seno o stringerle le natiche per sbattere il mio inguine contro di lei con vigore, ma ho il terrore che possa ribellarsi e che così facendo si spenga la magia del momento. Prenderò ogni cosa con calma e ogni volta mi spingerò verso zone meno lecite.

In fondo non ho perso del tutto la ragione, siamo pur sempre in mezzo a una strada e non posso di certo dare spettacolo assieme a lei. Resia merita rispetto e la prima volta intendo fare l'amore con lei su un letto, assaporando lentamente ogni centimetro del suo corpo e iniziandola al peccato con onore e passione infinita.

Nonostante ciò non riesco a interrompere la mia esplorazione. Continuo ad assaporarla e raccogliere i suoi gemiti tra le mie labbra, beandomi delle sensazioni che i nostri corpi a contatto scatenano con furia dentro me.

Sospettavo che baciarla di nuovo sarebbe stato bello, ma mai avrei mai immaginato di provare emozioni così piene. Continuo a stringerla con foga, come se da quel contatto dipendesse l'intera mia esistenza, almeno fino a quando il suono del mio cellulare non interrompe quel momento.

Entrambi affannati e un po' a fatica ci stacchiamo l'uno dall'altra. Mi sento stordito e stento a credere che un semplice bacio mi abbia ridotto in un tale stato d'agitazione. Mi sento uno sciocco. E solo lei mi rende tale.

Rispondo Federico con voce impastata, infuriandomi con lui per l'interruzione. Resia timidamente si cala a terra per raccogliere le sue cose sperse qua e là, non osando guardarmi. Si rimette in piedi e si sistema prima il vestito poi la coda, che si è allentata e pende un po' sul lato destro, facendola apparire di nuovo fuori posto, ma meravigliosa.

Le sue labbra così arrossate e gonfie sono ancora più invitanti.

Quando poso il telefono in tasca mi fissa interrogativa, aspettandosi che io dica qualcosa, ma sinceramente mi sento scombussolato e temo di dire qualche stronzata o rovinare tutto con la mia sfacciataggine come ho già fatto una volta con lei, quindi preferisco tacere.

«È stato...» si interrompe, forse alla ricerca di un termine adatto, ma non credo ce ne siano.

Io avrei detto superlativo, ma non voglio apparire ancora più cretino di quanto già non sia.

«Sconvolgente.»

Scoppio a ridere, poi temendo che lei possa prenderla a male, mi arresto, meglio non tentare la sorte in modo sprovveduto.

«Suppongo di non doverti chiedere il permesso per riprovarci allora» dico, sfiorandole una guancia.

«No, buon Dio... puoi sempre, se vuoi, ecco... tanto ora stiamo insieme, no?» tergiversa, prima schietta poi imbarazzata per quell'ammissione.

Non sa più che dire.

Le accarezzo il volto. È così tenera. Quanto mi piace!

«Dobbiamo raggiungere gli altri adesso» mi limito a informarla, sorridendo divertito.

Sto così bene, non lo credevo possibile e forse neanche lo merito. Ma desidero aggrapparmi con le unghie e con i denti a queste emozioni e non lasciarle scappare via.

«Okay» risponde stralunata e insieme ci dirigiamo di nuovo verso il gruppo, non sapendo esattamente cosa altro dire.

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