Capitolo quaranta

RESIA

Sono proprio una cretina.

Avevo tre sveglie, porca zappa, TRE... perché diamine le ho disattivate tutte senza alzarmi?

Sbuffo nervosa, temendo di arrivare troppo tardi all'appuntamento, eppure sono già in auto con mia madre e quasi nel cortile della scuola. I professori sono pazzi, non c'è altra spiegazione; come si può chiedere agli studenti di trovarsi pronti per le cinque e mezza? È ancora buio fuori e non sono abituata a saltare giù dal letto prima dell'alba, quindi è normale che sembri uno zombie ambulante.

Quando, poco dopo, arriviamo nel vialetto dove sosta il pullman, noto ancora prima di scendere dall'auto, l'espressione accigliata della professoressa di diritto. Esco amareggiata, mia madre ha fatto la parcheggiata del secolo, per poco non si schiantava in un palo che costeggia la stradina, quindi mi sento ancora più a disagio.

La saluto frettolosa, stampandole un bacio sulla guancia che ricambia con un'occhiata fin troppo sdolcinata. Cavolo, me ne vado due giorni e non sto partendo per una guerra!

Tiro un lungo sospiro e cerco di rilassarmi: dovrò arrabattare una fila interminabile di scuse per il mio ritardo quindi mi tocca mantenere alta la concentrazione per risultare convincente.

Noto che il bagagliaio dell'autobus è sollevato e all'interno ci sono una pila di borsoni catapultati alla rinfusa, ci ficco dentro anche la mia valigia e sistemo in spalla lo zainetto che porterò invece con me. La mia docente intanto continua a osservarmi con furia omicida. Mi avvicino all'ingresso e comincio con una sfilza interminabile di giustificazioni, tiro in ballo perfino la morte di uno dei criceti di Diana, avvenuta ben due anni fa e un incidente inesistente che ha creato un brutto ingorgo. Non sembra molto soddisfatta delle frottole, ma almeno non sbraita come un'ossessa mentre mi sprona a raggiungere i miei compagni sul mezzo di trasporto.

Faccio capolino all'interno, salendo quei piccoli gradini e facendo attenzione a non cadere. Non ci tengo a fare un ingresso ancora più trionfale, preferirei non dar troppo nell'occhio, se possibile. Spero che Diana e Giulio mi abbiano conservato un posto sul retro, detesto sedermi avanti accanto ai professori; fanno sempre l'appello, la preghiera e le solite spiegazioni del caso, e io, che a quest'ora ho già tollerato mia madre, inscenato un discorso con la professoressa e evitato una caduta, preferirei di gran lunga eclissarmi su un sedile in solitudine e ascoltare un po' di musica.

Tutt'al più potrei cedere per informarmi sugli ultimi pettegolezzi del momento, interrogando Giulio o bisticciare con Mattia per qualcosa di banale, giusto per provocarlo un po'. Adoro punzecchiarlo e devo ammettere che la sua compagnia diventa ogni giorno più vitale per me. Bramo trascorrere del tempo con lui, infatti sono al settimo cielo perché so che le nostre classi sono state abbinate assieme, quindi starò con lui per ben due giorni. Purtroppo però c'è anche una terza classe: quella della bagascia.

L'hanno aggiunta solo ieri e sono convinta che si tratti di un espediente di quella stronza. Di sicuro sta tramando qualcosa alle mie spalle! Dopo lo scherzo dello sgabuzzino e l'ultima scaramuccia tra noi, toccherebbe a me agire, ma ho il vago sospetto che non sarà così.

Mi guardo intorno, soffermandomi soprattutto sulle ultime file, alcuni ragazzi nel mezzo sono in piedi e mi fissano con facce non proprio amichevoli. Qualcuno sbuffa pure. Okay, ho fatto tardi e quindi?

Per fortuna scorgo subito Diana che solleva la mano in segno di saluto, beh in realtà urla a tutta forza il mio nome, ma cerco di farla smettere con un'occhiataccia. Se qualcuno non sapeva chi fosse la ritardataria di turno, l'ha appena scoperto. Grazie, genio!

Alzo gli occhi al cielo e la raggiungo. Lei e gli altri si sono posizionati in fondo, e noto con dispiacere che non mi hanno conservato alcun posto; hanno occupato una riga da quattro, sono separati solo dalla fila centrale: Diana è accanto a Federico, Giulio vicino a un tipo che non avevo mai notato prima che però mi sembra molto carino. Faccio per sbraitare, come hanno potuto scordarsi di me?

Richiudo la bocca quando sento la sua voce e scorgo l'ultimo componente del gruppo. Come ho fatto a non vederlo prima? È così bello. Pronuncia il mio nome e mi sorride, facendo un cenno con la mano per indicarmi il posto vuoto accanto a sé.

Il mio cuore inizia a galoppare ad alta velocità.

È inutile, sono proprio cotta. Non posso continuare a negarlo. Mattia mi piace troppo!

«Ciao a tutti» esordisco imbarazzata.

Mi sento al centro dell'attenzione, non tanto per i miei amici quanto perché gli altri studenti mi guardano stralunati o imbestialiti. «Non ho sentito la sveglia» mi giustifico, visto che nessuno apre bocca per togliermi dall'impiccio, poi mi infilo rapidamente nel posto accanto a Mattia.

Diana mi saetta con un'occhiataccia, non so se sia per il mio aspetto trasandato o per il ritardo. Ieri si era raccomandata infinite volte su come fare una linea impeccabile con l'eye-liner, ha perso mezz'ora per spiegarsi, ma stamattina di certo non potevo esaudirla; a stento riuscivo a tenere un occhio aperto mentre lavavo i denti figurati come potevo affrontare quest'ardua impresa rimanendo del tutto indenne.

Ho preferito evitare, nella migliore delle ipotesi con l'utilizzo di quella matita malefica sarei diventata cieca, nella peggiore un pagliaccio assassino. Per fortuna non appena faccio spallucce per scusarmi, ricambia il saluto con un mezzo sorriso, perdendo la sua precedente animosità.

Giulio invece si comporta in maniera bizzarra, con gesti vari e ben nascosto alle spalle di quel ragazzo, cerca di mandarmi improbabili segnali, mimando parole in un gergo a me sconosciuto. Si morde le labbra, alza gli occhi al cielo, si soffia addirittura l'aria al volto con le mani a mo' di ventaglio.

È impazzito?

Sembra che non stia più nelle pelle e a giudicare dal suo sguardo amorevole rivolto alla schiena di quel tipo, credo che tutte quelle moine siano per lui.

Santa misericordia divina... gli piace!

Mi auguro che non sia il solito etero di turno che finisce per trattarlo male altrimenti dovrà vedersela con me. Odio quando prendono in giro il mio compagno. È una vita che spero incontri qualcuno che lo ricambi, invece puntualmente lo feriscono, dandogli l'ennesima batosta.

La new entry della combriccola si presenta in maniera cordiale con tono rauco ma gioviale, subito però abbassa lo sguardo verso le gambe, faticando a reggere il peso dei miei occhi. Forse ha letto le mie velate minacce o più semplicemente è un tipo timido. Spero sia come Giulio: un pesce fuor d'acqua in pubblico che però diventa uno squalo nel privato.
Oh Dio, in realtà preferirei che il mio amico fosse sempre disinvolto, ma mi rendo conto che sia difficile, il suo è solo un meccanismo di difesa contro le malelingue.

Comunque il ragazzo si chiama Francesco Bonagura. È biondo, dagli occhi verdi, a palla, le labbra piene e il viso allegro e pulito. Se non fosse che preferisco il mio Lucifero, scuro e diabolico come il peccato, potrei trovarlo interessante anche io. Federico dal suo canto si limita a un semplice saluto mentre sbadiglia rumoroso senza coprirsi la bocca, provocando il riso generale. Poggia il capo sul cuscinetto del sedile, si sgranchisce le gambe e sbuffa, probabilmente sentendosi un po' costretto in quella posa. Ha tutta l'aria di uno che preferirebbe continuare a dormire e io ho una stima profonda verso di lui. Tornerei volentieri anche io sotto le lenzuola!

Mattia invece, non appena sono balzata al suo fianco, si è tirato su, mettendosi ben dritto, ma è rimasto immobile non azzardando alcuna mossa. Quando finalmente gli concedo la mia attenzione, mi ricambia un po' accigliato. Si è svegliato con la luna storta? Prima pareva molto più allegro, perché ora sembra un cane bastonato che ringhia al suo padrone?

In ogni caso non ho proprio voglia di litigare, a quest'ora non reggerei uno scontro, preferisco ben altro. Gli getto le braccia al collo, stampandogli un lento bacio sulla guancia. Il sorriso che ricevo in risposta mi conferma che desiderava solo un po' di attenzione quindi me ne compiaccio.

«Grazie per il posto» azzardo spontanea, ora di un perfetto buon umore, adoro approfittare dei saluti, per stringerlo forte.

Mi avvolge con la mano il fianco destro. «Ti aspettavo già da un po'» risponde, abbassando la voce di qualche tacca, prima di darmi a sua volta un bacio e scompigliarmi i capelli. È una cosa che solitamente mi da fastidio e che concedo solo a lui.

«Hai un buon profumo» aggiunge persuasivo.

Avverto il suo fiato caldo sul collo mentre mi sfiora col naso. Un rapido rossore mi colora le gote e un brivido mi percorre l'intera spina dorsale. Quando sono così vicina a lui mi sento sempre troppo accaldata. Mi è passato del tutto il sonno.

«Anche tu» ammetto sincera, avvertendo l'insana nausea che inizialmente collegavo al suo odore.

Inalo un po' d'aria, non mi piace sentirmi così fragile e vogliosa fra le sue braccia, mi sembra di perdere il controllo di me e questo mi spaventa. Mi sfugge un sospiro sommesso che tento di nascondergli. Se continuo così, la nostra strana amicizia non durerà ancora per molto, rovinerò tutto.

Ci districhiamo a malincuore. Mattia emette un rabbuffo silenzioso, segno che forse anche io non gli sono affatto indifferente. Ci mettiamo seduti e cominciamo a chiacchierare del più e del meno, ignorando le scariche elettriche che poco fa hanno attraversato i nostri corpi.

Attorno a noi, si solleva un rumoroso vocio, ognuno ha ripreso le vecchie conversazioni, dimenticando il mio arrivo, eppure non sento il solito ronzare di sottofondo dei professori.

«Come mai ancora non siamo partiti» domando, più a me stessa, che al mio interlocutore.

In fondo è strano. Pensavo fossi l'ultima a giudicare dall'atmosfera per nulla accogliente che ha accompagnato il mio ingresso.

«Quando hanno fatto l'appello, un quarto d'ora prima che arrivassi, mancavano ancora tre persone. Le gemelle La Marca sono più lente di te a quanto pare» mi prende in giro, risolvendo l'enigma.

«Detesto avere qualcosa in comune con quelle serpi» mi lamento, accigliata. Se avessi saputo di dover attendere il mio nemico, avrei tardato di proposito. Conoscendo Katiuscia, quando si accorgerà che la stiamo aspettando, gongolerà non poco.

«Tranquilla, scommetto che saranno truccate a regola d'arte a differenza tua» scherza ancora, facendomi dispiacere.

Ci tenevo a sembrare più carina invece non solo non lo sono, ma si beffeggia pure di me. Sono proprio una sciocca.

«Stronzo, sai che la odio» grugnisco, indossando un broncio indispettito.

La sua mano si intreccia con la mia. Nonostante il risentimento non riesco a respingerlo, anzi vorrei non lasciarlo mai andare.

«Dai, scherzavo piccola strega. E poi sei molto più bella tu al naturale che lei con quei kili di cosmetici. Fidati di me. Non hai bisogno di impasticciarti il volto» ribadisce, serio, puntando i suoi zaffiri sul mio volto.

Così... anche se fuori posto, spettinata e mal truccata, col mio vestito giallo a fiori, per la prima volta in vita mia mi sento bella come una principessa e il merito è tutto di Lucifero.

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