Capitolo diciannove
MATTIA
«Bevi questo e smettila di indossare quel musone, così mi farai scappare tutte le pollastrelle» urla Federico, per sovrastare il volume alto della musica, mentre mi passa un enorme boccale.
Trangugio il drink tutto d'un fiato senza neanche chiedere cosa sia e abbozzo un sorriso tirato. Federico solleva le sopracciglia in risposta e sbuffa. Se non lo conoscessi, giurerei che è corrucciato, invece so che ci vuole ben altro per impensierirlo.
«Puoi fare di meglio!» mi provoca, strizzandomi l'occhio.
Faccio spallucce e lo ignoro, ma lui, non contento, insiste. «Quanto spreco di selvaggina» sospira, ammiccando alle mie spalle.
«Fe', non è serata!» taglio corto accigliato, seppur contradetto però mi guardo intorno, in fondo sono qui da una buona mezz'ora e non ho fatto altro che rimuginare su quella piccola strega.
È ora di divertirmi un po' e smetterla di dedicarle il mio tempo. È soltanto una bambina!
Il locale è pieno di gente, un paio di coppie danno spettacolo appartate, ma pur sempre in bella vista, c'è il solito gruppo di sfigati che fissa con bava alla bocca le ragazzine mezze svestite che esibiscono impudiche la loro merce. Certo, l'abito non fa il monaco, potrebbero essere tutte brave ragazze, ma la verità è che ormai associo tutte le ragazzine vestite in modo appariscente a mia madre e alla mia ex e tendo ad essere molto prevenuto, magari sbagliando.
Ovviamente non sono così cretino da perdermi l'occasione di portarmele a letto, quando esco con Federico non mi limito a osservare, almeno finora, visto che da quando ho baciato Resia in realtà non ho più sfiorato una ragazza.
Sto diventando patetico!
«Non è mai serata da un po' di tempo a questa parte, ma sforzati di apparire socievole, a differenza tua voglio sollevare qualche gonna stanotte» sghignazza, sorseggiando quel liquido verdastro dal suo bicchiere.
Nonostante i buoni propositi e la voglia di lasciarmi andare per non pensarla, non riesco ugualmente a rilassarmi e ad approcciarmi con qualche ragazzina. Non mi va di andare a letto con loro, io voglio Resia e anche se sono livido dalla rabbia, non riesco proprio a levarmela dalla testa.
Sono fregato, mi stai facendo impazzire, perché devi essere così dannatamente complicata?
«Allora vai e non rompere i coglioni!» rispondo intanto alterato, prendendomela per l'ennesima volta con il mio compagno.
Non si sposta di un passo, anzi sorride addirittura compiaciuto. In fondo sopporta con classe i miei sbalzi di umore, solo di tanto in tanto mi riserva qualche occhiataccia.
So che non è lui il responsabile del mio nervosismo, ma non posso proprio mostrarmi di buon umore. Speravo che uscendo mi sarei distratto, per questo ho accettato il suo invito, invece la serata si sta rivelando un fiasco totale.
Sbuffo e lo lascio in pista, dirigendomi al bancone, purtroppo nel tragitto una ragazza inciampa e mi cade letteralmente addosso. «Uh, sc-usa» balbetta, ridendo, mentre si aggrappa disinibita al mio collo.
È brilla o finge di esserlo per godersi la serata in piena libertà, peccato che io non ne abbia la minima voglia. Mi divincolo dalla sua stretta, ma non riesco a fare neanche due passi che me la ritrovo di nuovo incollata.
Una dannata piovra!
Comincia a strusciarsi senza ritegno sul mio corpo e mio malgrado devo ammettere che non è niente male.
Inevitabilmente sento vita nelle parti basse, ma a parte quello non avverto alcun trasporto verso la tizia che tanto si prodiga a stuzzicarmi, così mi appello al buon senso e rinuncio alla facile preda. Me la scrollo a malincuore di dosso e mi dirigo a passo di marcia verso l'uscita, non mi va più di restare qui. Non saluto neanche Federico, tanto sarà di sicuro occupato a cercarsi una donna con cui passare qualche piacevole ora e non me ne vorrà a male se l'ho abbandonato.
Raggiungo casa in breve e senza neanche darmi la pena di bussare entro in camera di mia sorella.
«Dafne, svegliati» esordisco, con poco tatto, pigiando l'interruttore e inondando la camera dapprima buia. Ha l'abitudine di dormire senza neanche un po' di luce, non so come diamine faccia, io adoro la luna e a differenza sua lascio la persiana completamente alzata.
Mi pento della mia irruenza quando la vedo sedersi con fretta, mentre si guarda intorno spaesata. Ha gli occhi arrossati dal sonno e le labbra spalancate per lo stupore. La fisso imbronciato senza parlare.
«Che succede?» si allarma subito, non appena si riprende dallo stupore.
«Scusa» rispondo, per la seconda volta nella stessa giornata.
Diciannove anni senza buone maniere e in un giorno mando tutto a puttane, fantastico. Ti odio, Resia!
«Ne deduco che le tue scuse non siano state apprezzate, ma fai bene a perseverare in questa buona consuetudine» replica perspicace.
«No.»
Sbuffa. «Siediti, per favore. Se continui a girare così per la stanza mi viene il mal di testa.»
Non mi ero accorto di camminare a vuoto fin quando Dafne non me l'ha fatto notare, così mi fermo, ovviamente non mi accomodo, sono troppo agitato per starmene tranquillo a letto.
Dafne sospira, scostandosi una ciocca di capelli dal volto, eppure il suo tono è calmo quando mi interroga. «Ti va di raccontarmi di lei?»
«No.»
Indica per la seconda volta il letto, poggiando il palmo accanto a lei, invitandomi, eppure io mi ostino a rimanere al centro della stanza, muto. Non capisco come faccia a sopportarmi con tanto garbo.
«Hai provato a parlarci?» domanda, tollerando il mio atteggiamento burbero con la stessa grazia di sempre.
Mi sforzo di ribattere. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno. «Sì, ma lei non capisce. Non è un capriccio, io la voglio per davvero» ammetto, più che a mia sorella, a me stesso, prendendo coscienza che l'interesse che provo per Resia non è affatto banale.
Non so come ci sia riuscita, ma, a poco a poco, mi sta entrando dentro.
«Allora prova a spiegarglielo ancora, se tieni a lei, insisti! Parla chiaro. A volte ci comportiamo da cretine, ma solo perché abbiamo paura. Per le ragazze è più difficile lasciarsi andare con qualcuno, soprattutto quando si ha poca esperienza. Magari ha bisogno di sicurezza, e tu non ispiri molta fiducia, sai? Sei sicuro di averle dimostrato il tuo interesse?»
Che abbia davvero ragione? Non capisco, le ho detto pure che sarei disposto a impegnarmi con lei. Che pretende da me?
La guardo e anche stavolta non rispondo. Mi avvicino lentamente, sedendomi a fianco a lei. «Io non le piaccio» piagnucolo come un ridicolo poppante.
Sono insicuro, mi sento un emerito deficiente. Per la prima volta nella vita sento di aver perduto il mio fascino. Ho paura di essere respinto, Resia non fa altro che sfidarmi e rispondermi a tono.
Mi insulta, non mi ha mai rivolto una parola che non fosse di scherno. Sembra quasi che mi odi, nonostante la forte attrazione che mi ha confessato grazie alla divertente storia della nausea. Quello però non basta. Non voglio che il tutto si riduca a un po' di attrazione fisica ed è questo quello che mi spaventa di più.
«E tu rischia lo stesso. A Napoli si dice: chi nu téne curaggio nun se còcc che' femmene belle!» aggiunge solenne, poi si alza per spegnere la luce e si distende di nuovo a letto, facendomi spazio, visto che non mi sono scomodato. «Adesso lasciami dormire che domani ho un compito di latino alla prima ora.»
So che vorrebbe una risposta, ma si accontenta del mio silenzio perché mi conosce ed è consapevole che non caverà altro dalla mia bocca, così mi sta offrendo una scappatoia per scappare.
Stavolta però mi sdraio, sorprendendola, sorride con tenerezza e si rifugia tra le mie braccia mentre le accarezzo la nuca.
«Grazie, sorellina» mi limito ad aggiungere, prima di scoccarle un affettuoso bacio sulla fronte.
***
«Devo parlarti!» esordisco senza tanti preamboli.
La vedo tossicchiare, probabilmente le è andata di traverso una patatina, non si aspettava di vedermi. Sono piombato alle sue spalle e non le ho neanche dato il tempo di accorgersi della mia presenza, tantomeno mi sono annunciato prima di formulare la mia richiesta.
Ho notato che durante l'intervallo sosta sempre in quest'angolo a sgranocchiare una busta di patatine con i suoi due amici e le ho teso un'imboscata. Ora mi stanno fissando a bocca spalancata, non si aspettavano che piombassi qui a disturbare il loro quotidiano incontro. Formano uno strano trio, ma sono molto affiatati.
«Allora?» aggiungo un po' più irritato, detesto le attese e voglio risolvere questa questione quanto prima o perderò il senno, sempre che non l'abbia già perso.
Se si tratta di te, agisco sempre in modo sconsiderato!
Sposto il peso del corpo su una gamba e mi passo una mano fra i capelli, Resia invece si mordicchia il labbro e si gratta il polso della mano con fare distratto. Oggi è in tenuta sportiva. Adoro il fatto che non utilizzi quel coso che mettono tutte le donne agli occhi, la liner, o come cavolo lo chiama mia sorella; non presto mai attenzione a quelle sciocchezze delle femmine. Le ragazze appaiono finte con quelle linee nere perfette a contornargli lo sguardo, preferisco di gran lunga la mia bambina: semplice e bella da mozzare il fiato.
Povero me, quando si tratta di te, divento un cretino!
Mi sento agitato, stringo i pugni nascondendo le mani dietro al corpo per mascherare il mio turbamento. Non voglio che mi consideri un moccioso, però non capisco perché ci metta tanto a rispondermi.
Devi sempre farmi dannare, inutile!
Perfino i suoi amici adesso hanno smesso di guardarmi e fissano lei, sconcertati, almeno fino a quando il ragazzo, quel Giulio, non le assesta una gomitata sul fianco che pare riscuoterla dallo stato di trance.
Resia lo incenerisce inalberata, prima di voltarsi verso di me e concedermi finalmente la sua attenzione.
«No» ribatte, ferma e risoluta.
Diana alza gli occhi al cielo e Giulio sospira, io invece faccio un profondo respiro e mi appello a ogni Santo che conosco per mantenere la calma. Conto fino a tre e quando parlo, riesco anche a mantenere un tono neutro, tranquillo.
«Ho bisogno di scambiare due parole con te» insisto pacato, ma il mio, più che un invito, pare in realtà un ordine.
Non puoi negarmi un confronto, non ti lascerò scappare questa volta.
«E io non ho niente da dirti» si ostina invece con sufficienza.
Azzero la distanza che ci divide, non ci vedo più dalla rabbia e non ci penso su neanche un istante prima di caricarla in spalla. Nella manovra le cade il sacchetto dalle mani e le San Carlo si rovesciano sul pavimento del corridoio.
«Con permesso» dico ironico, non celando un sorriso dinanzi alla faccia strabiliata che mostrano i due compagni, che però non osano intromettersi fra noi.
Tanto sono così determinato che non mi fermerei dinanzi a nulla.
«Mettimi giù, cafone!» sbraita subito la mia ribelle prigioniera, sebbene a voce bassa.
Se un po' la conosco, non le piace dare spettacolo e sebbene io adori avere il suo culo a portata di volto, mi costringo a mostrarmi accondiscendente, in fondo non voglio apparire maleducato, desidero solo fare chiarezza fra noi. Ad ogni costo.
«Solo se mi seguirai di tua spontanea volontà» concedo con tono grave.
«Mai» risponde cocciuta, però quando serrò la stretta e aumento il passo, cambia idea. «D'accordo, dannazione! Mettimi giù e ti seguirò sulle mie gambe» cede, sbuffando con poca grazia.
Non riesco a trattenere una risata e mentre la libero, lascio che il suo corpo scivoli lento sul mio e non solo, mi permetto anche una leggera palpata ai suoi glutei.
Dio, quanto ti voglio, ragazzina!
«Idiota» mi attacca, non appena tocca terra, mascherando la confusione che fino a un istante prima contornava quegli occhi da cerbiatta. Ho avvertito la tensione che aleggiava fra noi quando la tenevo fra le braccia e, soprattutto, come è vibrato il suo corpo quando l'ho sfiorata.
Non puoi continuare a negare l'evidenza. Tu mi desideri!
Raggiungo l'estremità opposta del corridoio e mi fermo accanto all'unica finestra libera, lei si posiziona di fronte a me, con le mani sui fianchi e la sua solita espressione battagliera.
Quando la smetterai di farmi la guerra?
«Allora, che vuoi?» mi affronta, cominciando a battere ritmicamente il piede sul pavimento.
«Mi sono comportato come un perfetto zotico e da quando ti ho visto la prima volta ho detto e fatto una marea di stronzate, però adesso vorrei rimediare» ammetto sincero.
Apre la bocca per ribattere, ma la richiude immediatamente, le braccia adesso le ricadono lungo i fianchi e non ha più quell'espressione da combattente, pare sorpresa, e io sono fin troppo compiaciuto per aggiungere altro. Non pensavo fosse così facile convincerla.
«Come?» domanda, quando si accorge di essere rimasta in silenzio fin troppo a lungo.
«Saresti disposta a concedermi una chance?» la interrogo, felice che per una volta non lotti contro di me, ma si mostri bendisposta.
«Dipende...» Si prende una pausa e si morde il labbro, come fa sempre quando è scossa per qualcosa. L'ho notato al corso di recitazione, lì posso osservarla un pochetto di più e mi sono accorto che quando si agita se la prende sempre con quella bella bocca. «Cosa c'è tra te e Katiuscia?» chiede, d'un fiato, abbassando lo sguardo.
La fisso scettico, non capisco che senso abbia il suo interrogativo.
Chi è questa adesso?
«Non capisco.»
«Non prendermi in giro» comincia a irritarsi. «Vi ho visto l'altro giorno!» aggiunge, puntandomi un dito contro.
Questa è matta. Cosa diamine sta blatera...
«Ah...» dico, colto da un improvviso lampo di genio. Forse parla di Katy, quella con cui recitavo la scena del Titanic, l'oca isterica. «Eravamo su un palco e stavo recitando» spiego l'ovvio, sbuffando.
Ha ancora il dito poggiato sul mio petto e io ho una voglia matta di abbracciarla, ma dobbiamo prima chiarire questa situazione o finiremo per litigare ancora e io ho ben altro in mente.
«Non mi riferisco a quello» aggiunge ambigua.
Mio malgrado, devo ammettere che pare turbata e vorrei comprenderne le ragioni, però per quanto mi sforzi di capire, non intuisco il motivo del suo scompiglio. Mi accosto a lei e le poggio una mano sul braccio, stringendolo. «Potresti essere più chiara?»
Mi scaccia con freddezza, frapponendo una distanza maggiore e io incrocio le braccia al petto, sentendomi un completo deficiente.
«Non negare, non ero io quella abbracciata a lei l'altro giorno.»
Strabuzzo gli occhi e finalmente si palesa dinanzi a me l'immagine a cui si riferisce.
«Dai non sarai seria, spero? Non ricordavo neanche il suo nome. Quella cretina era svenuta, stavo solo tentando di farla rinsavire» spiego l'evidenza, calmandomi all'istante.
Come può preoccuparsi di quell'oca?
«Quindi è per quello che sei arrabbiata con me?»
Non me ne capacito.
«Per quello e perché penso che tu sia un cavernicolo» dice, il suo tono però è scherzoso adesso.
«E tu un'intollerabile ragazzina, ma non per questo mi piaci meno» la punzecchio, ora più disteso.
«Anche tu...» risponde, arrossendo. E, non immagina neanche lontanamente quanto le doni quel tocco di colore sulle gote.
«Io, cosa?»
«Hai capito, scemo!» dice impacciata.
Tuttavia voglio sentirlo, stavolta non mi accontento di una mezza frase.
«Insomma... ecco... mmh... mi piaci!» rivela imbarazzata e io, per tutta risposta, scoppio in una fragorosa risata.
A volte sembra davvero una bambina, l'adoro. Faccio per avvicinarmi, quando noto che il suo sguardo comincia ad accigliarsi, probabile che sia risentita, ma non ho potuto fare a meno di ridere a crepapelle, è così tenera.
Tuttavia, qualcosa mi impedisce di muovermi, delle braccia mi circondano da dietro e un nauseabondo profumo mi invade subito le narici, prima che lo schiocco di un sonoro bacio sulla guancia mi perfori i timpani.
Mi giro su me stesso, indispettito per quella sgradita interruzione e quando vedo di chi si tratta, sbianco.
«Ciao, mio adorato Jack» debutta allegra, gettandomi le braccia attorno al collo.
«Ti ha dato di volta il cervello?» ribatto alterato, scrollandomela di dosso, ma quando mi volto per tranquillizzare Resia, mi accorgo che si è già dileguata.
«Maledizione, Katiuscia. Sta' lontana da me» intimo a quella stupida, che nel frattempo se la ride.
Stavolta penso che non dimenticherò più il suo nome. Me ne vado, lasciandola sola, certo che adesso mi aspetterà un nuovo scontro con la mia guerriera.
***
Domani ho delle pratiche urgenti da sbrigare al lavoro e un controllo dal dottore nel pomeriggio, temevo di non riuscire ad aggiornare e allora ho postato il capitolo adesso. Buona notte!
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