Capitolo cinquantanove
Oggi è martedì. Martedì. Martedì. Martedì. Martedì. Ecc. ecc.
Si pubblica.
Buona lettura!
MATTIA
«Ti ho preparato uno schema con gli argomenti principali.»
Stamattina ho dato un'occhiata al suo programma e ho scelto un paio di esercizi per argomento. Una breve ripetizione è sempre utile e poi non sapevo bene come organizzarmi, visto che non ho capito cosa vuole approfondire. Quando le ho chiesto di elencarmi le trattazioni poco chiare, Resia è rimasta molto vaga, dandomi campo libero.
Inizia a sfogliare il quaderno, osservando tesa i vari esercizi. Non riesco a capire cosa le passi per la testa, è così silenziosa.
«Dimmi... qualcuno ti sembra poco chiaro?» azzardo dopo un po', vedendo che non si esprime.
So che odia la matematica, ma la settimana prossima ha un compito in classe e la madre l'ha minacciata di non farla uscire per un mese se prende un altro voto basso. Ultimamente la sua media è calata ed è anche colpa mia se studia poco. Viene ad ogni mio allenamento e ormai usciamo insieme due volte a settimana. Ecco perché vorrei rendermi utile e darle una mano.
«Quale? Mi sembrano tutti uguali. Non ci capisco niente» confessa, scoraggiata.
Non ci credo. È impossibile. Alcuni sono proprio elementari, tant'è che non volevo neppure inserirli. L'ho fatto per mero scrupolo.
«Dai, sii ragionevole.»
«Facile per te che sai fare pure i sudoku» si lamenta.
«Ma no, quelli sono una cazzata. Ci dev'essere qualcosa che sai fare. Questa è un'equazione, per esempio» indico sul foglio il banale esercizio.
Lei, per tutta risposta punta il suo sguardo nel mio, arrabbiata. «E perché dovrei sapere di cosa stai parlando?»
Alzo gli occhi verso il soffitto immacolato della mia stanza. Non può essere così impreparata. Come ci è arrivata al quarto anno, se non riconosce neppure un'equazione?
«Dai non puoi non sapere cosa sono. Lo dici solo perché vuoi prendermi in giro.»
«Oh, no. Ti assicuro che sono seria.»
E purtroppo il modo in cui lo dice, unito all'espressione colpevole, è inequivocabile. Si prende la testa fra le mani e appoggia la fronte sulla scrivania di legno.
«Non ci credo che non le hai mai studiate. Ma com'è possibile?» sbotto, sorpreso.
Non ce la faremo mai a rimediare un buon voto se sta combinata così male.
«Che ci posso fare. Non mi entrano in testa» si lamenta, sempre più abbattuta, senza sollevare la testa.
«Sei un disastro, Resia. Sei messa peggio di quanto pensassi» replico onesto.
Posso aiutarla solo questo fine settimana perché poi sarò molto impegnato. Ho tre feste con Veve, una partita per il torneo, le due lezioni pomeridiane di recitazione ed è pure il compleanno di mia sorella, che vuole organizzare una festa in pompa magna.
Maledizione! Le mancano proprio le basi. Non pensavo di dover partire da zero.
Solleva il volto fiera. «Non dovermi darmi una mano? Finora non hai fatto altro che offendermi.»
La guardo in modo più comprensivo e le sfioro un braccio con dolcezza. Se si innervosisce, conoscendola, darà di matto e non concluderemo nulla di buono.
«Okay, okay. Hai ragione» dico più tranquillo.
Ce la possiamo fare. In fondo abbiamo due giorni interi per farle quadrare i conti e cosa molto importante, nessuno tra i piedi: mio padre e la moglie saranno fuori tutto il weekend e Dafne rientra in serata da una gita scolastica e domani si è già organizzata per dormire a casa di un'amica.
«Io ho sempre ragione» puntualizza fiera.
«Non sulle equazioni però» non riesco a fare a meno di punzecchiarla.
«Vero, ma ho scelto un buon maestro per rimediare» replica decisa.
«Allora iniziamo... temo che sarà una lunga giornata.»
Sospiro. Speravo di approfondire ben altri argomenti quando l'ho invitata a casa mia per studiare, pensavo ci saremmo liberati presto, ma credo che passeremo tutto il fine settimana col culo sulla sedia a ripetere ogni stramaledetto punto del programma.
«A lei l'onore, capo» scherza divertita, sorridendo.
È messa così male che neppure si rende conto del lavoro che dobbiamo fare.
«Sei pratica con le operazioni sugli insiemi?»
Indico il primo esercizio.
La sua faccia risponde per lei.
«Come non detto» mi do uno schiaffo sulla testa.
Dovrò essere molto paziente.
Inizio a darle una serie di nozioni teoriche, affiancando vari esempi pratici. Sulle prime sembra stralunata, ma a poco a poco inizia a concentrarsi e ad afferrare qualche concetto. Eseguiamo insieme gli esercizi, fa fatica a starmi dietro, non riesce a seguire i miei ragionamenti ma è tenace e so che sta facendo del suo meglio. Forse sono un po' troppo severo, la bacchetto in continuazione, ma è davvero una frana.
Quando sbaglia un esercizio si innervosisce e scarabocchia il foglio come una bambina dispettosa. Sulle operazioni con frazioni ha iniziato a sparare risultati a caso, sperando di beccare quello giusto, poi si è rassegnata all'idea di doversi concentrare, solo che continua a spazientirsi per un nonnulla.
Insomma non è un'allieva modello. Quando le propongo qualche operazione con monomi e polinomi, mi guarda come se avessi bestemmiato. Le spiego la regola di Ruffini e le insegno come scomporre un polinomio. La sua espressione, man mano che andiamo avanti, diventa sempre più comica. Si è legata i capelli in una crocchia disordinata, un'aureola crespa le circonda il viso imbronciato. Più il tempo passa, più si indispettisce. Si ostina a fare i calcoli sulle dita, come una bambina delle elementari. È così buffa, mi fa sorridere, solo che i conti non tornano mai e dopo qualche ora, è completamente esaurita.
Vorrei baciarla e cancellare quel cipiglio stanco che le corruga la fronte, ma voglio pure che impari a risolvere un sistema di equazioni senza maledire il mondo intero.
«Ti prego facciamo una pausa, mi sta venendo un mal di testa assurdo» dichiara più tardi, dopo una sessione intensa di trigonometria.
«No, sei una frana. Andiamo avanti.»
Non voglio essere brusco. In realtà sta migliorando. Cominciamo a raccogliere i frutti di questo pomeriggio assurdo, ma non può mollare proprio adesso. Abbiamo ancora una marea di cose da fare.
«E dai, amore, non ce la faccio più» mi prega, poggiando la penna sul foglio.
«Non abbiamo finito.»
Mi guarda speranzosa e non demorde. Sfiora il petto, con malizia. Iniziando a giocherellare col bordino della camicia, insinuando le dita all'interno.
So do vuole andare a parare, ma se mi distraggo è la fine. Non recupererà mai il programma da sola.
«Resia non mi provocare» ribadisco, severo.
Lo faccio per il suo bene anche se ho una voglia matta di mandare tutto all'aria e abbracciarla.
«Mmmh in che senso.»
Con un dito fa su e giù lungo lo sterno. Si spinge in avanti sulla sedia, sedendosi sul bordo, il suo braccio collide contro il mio.
Mi costringo a guardare il libro, provando a non pensare a quella mano, troppo vicina all'elastico dei jeans.
«L'ipotenusa è il lato opposto all'angolo retto, o, equivalentemente, il lato più lungo di un triangolo rettangolo» continuo, non so nemmeno io cosa sto dicendo. Sto partendo per la tangente.
«Mmmmh» sospira, infilando il dito sul bordo, accarezzando delicata da un lato all'altro.
Proseguo con fatica, ho perso il filo del discorso, ma dubito se ne sia accorta. Non ci capisce niente.
Basta! Sento solo quella mano che sconfina, non riesco a rimanere concentrato.
«Sei scorretta» provo a farla ragionare.
Se continua così non rispondo di me. Non sono un santo, finora mi sono limitato a toccarla e non ho mai preteso nulla da lei, ma la desidero più di ogni altra cosa e vorrei che mi accarezzasse, lenendo un po' la smania che ho di lei, e che cresce giorno dopo giorno.
Libera il bottone dall'asola e allenta leggermente la cerniera. Sfiora la peluria che scompare più in basso, guardandomi con un'intensità tale da mandarmi in confusione. Mi bacia con passione e quando sento le sue labbra sulle mie, capisco che non riuscirò mai a respingerla. Non ho mai provato per nessuno una voglia così dirompente.
Lascia le mie labbra e solleva il volto, guardandomi con decisione. «Insegnami anche questo» dichiara, abbassando la cerniera.
Chiudo gli occhi, sentire la sua mano sul mio sesso è troppo. Non credo di poterlo sopportare.
«Resia, stai giocando con il fuoco» sospiro sulle sue labbra.
Sono troppo eccitato e non è solo per oggi. Ultimamente i nostri incontri sono diventati troppo intimi e ogni volta che la sfioro diventa sempre più difficile non andare oltre. Adoro vederla godere. È così genuina, spontanea. È tutto nuovo per lei e in un certo senso, lo è anche per me. Sto riscoprendo un approccio del tutto diverso, più cauto, intenso, sconvolgente.
«Tu dici?»
Si morde il labbro e spinge la mano più giù, afferrandolo da sotto.
Basta! Non ragiono. Con una manovra veloce la prendo in braccio e la depongo sul letto, piazzandomi sopra di lei. La bacio intensamente, spingendo la lingua con irruenza, cominciando a toccarla ovunque. Lei non è da meno, non è decisa a mollare la presa, perché continua a spingere la mano nel pantalone.
«Oddio, Resia mi stai facendo impazzire» dico senza fiato.
Non risponde, si limita a tirare più giù il pantalone.
«Sei sicura? Non devi se non vuoi. Io...»
Vorrei dirle che ce la faccio, che posso resistere, che posso aspettarla, ma non è così. Nelle ultime settimane, ho cominciato a sentire un dolore assurdo ai testicoli. Sto scoppiando, ma aspettavo che fosse lei a prendere l'iniziativa e non volevo forzarla. A poco a poco, sta imparando a fidarsi di me e non voglio che si senta obbligata a toccarmi, solo perché io non riesco più a smettere di sfiorarla.
«Voglio farlo...»
Speravo proprio che dicesse qualcosa del genere. Sollevo un po' il bacino, per facilitarle il compito. Quando si ritrova il mio sesso davanti, si bagna le labbra con la lingua, mandando in poltiglia il mio sistema nervoso.
Sorride, curiosa e audace al tempo stesso.
«Insegnami a darti piacere» prosegue incalzante.
Prendo la sua mano e la conduco con lentezza estenuante sull'asta dritta e dura. Non mi sono mai sentito così emozionato in vita mia. Non è per l'atto in sé, sono stato con una marea di ragazze. È lei a rendere questo momento esaltante. Il suo sguardo, la sua dolcezza, la cupidigia che leggo nelle sue movenze.
Quando lo stringe fra le dita bollenti, assecondando i movimenti che la sprono a compiere, trattengo il fiato. Non mi sono mai sentito così travolto. La osservo incantato, ha un'espressione esterrefatta mentre guarda le nostre mani congiunte sul mio sesso. È come se stesse prendendo consapevolezza che anche lei può appagarmi, che ha un potere immenso su di me, sulle mie emozioni e la cosa la rende maledettamente orgogliosa. Si sta rendendo conto che può trascinarmi tra le fiamme dell'inferno, per condurmi in paradiso, proprio come ho fatto io con lei. E questa nuova consapevolezza la fa sentire donna e rende me il suo schiavo.
La lascio proseguire da sola, abbandonandomi alle sensazioni che sento. La sua mano è sempre più decisa, ha già capito che ritmo tenere e lo sta incalzando con foga. Ha il respiro affannato, gli occhi colmi di passione, la frenesia dei suoi gesti mi sta conducendo su vette di piacere mai esplorate prima.
Sono fottuto. Perdutamente fottuto.
«Resia» mugugno il suo nome, incapace di esprimere un discorso di senso compiuto. La bacio, spingendo con impeto la lingua, assecondando la marcia incalzante di cui le stessa ha dettato i tempi e scoppio, incapace di contenermi, liberando il liquido seminale e sperimentando l'orgasmo più intenso di tutta la mia vita.
«Sei eccezionale» riesco a dire, quando padroneggio di nuovo il battito del mio cuore.
Il sorriso che mi regala in risposta mi rende ancora più appagato. Cazzo. Sono fregato. Non so come, ma alla fine mi sono innamorato di lei.
***
«È stato interessante» dice maliziosa, poco più tardi, dopo che ho osannato ogni centimetro della sua pelle.
«Stai diventando troppo sfacciata ragazzina» rispondo divertito.
Resia è magnifica. Si sta aprendo sempre di più con me e non mi riferisco all'aspetto sessuale, perché credo ci vorrà ancora del tempo prima che si conceda totalmente, ma al nostro rapporto. È spontanea, mi dice tutto quello che le passa per la testa, senza filtri, stiamo imparando a conoscerci e devo ammettere che stiamo proprio bene insieme.
A volte non ho bisogno neanche di parlare che lei intuisce quello che avrei voluto dire e, non so come ci riesca, ma fa sempre la cosa giusta. Fare l'amore con lei sta diventando secondario. Tutte le emozioni che provo sovrastano ogni cosa e mi bastano.
«Non mi sembravi tanto dispiaciuto poco fa.»
«Non lo ero affatto» confesso sincero.
Ed è così. Sono felice e per la prima volta nella mia vita non mi sento fuori posto.
«Dovremo studiare più spesso insieme.»
«Ecco brava, studiare... Ricominciamo!»
Riprendiamo a rilento. All'inizio stentiamo entrambi a concentrarci, ma devo dire che dopo un po' Resia diventa molto più reattiva. Questa pausa le ha fatto bene, coglie i miei suggerimenti e riesce addirittura a risolvere qualche esercizio sulle equazioni senza il mio aiuto. Ogni tanto la guardo di sottecchi. Ha un'espressione seria e attenta e quando prova a capire i passaggi più complicati degli esercizi, le sue labbra carnose si arricciano in una smorfia.
La guardo incantato, come se fossi in trance, mentre si porta la matita sulla bocca: le braccia esili che prima mi hanno sfiorato poggiate alla mia scrivania, le clavicole scoperte dallo scollo della maglia, le sopracciglia castane arcuate e il suo viso così piacevole da ammirare. Sento lo stomaco rimescolarsi ogni volta che quella maledetta matita gli sfiora quelle labbra così invitanti.
«Quando avevi intenzione di dirmelo?»
La porta si spalanca con irruenza, sbattendo fragorosa contro il muro.
Dafne si avvicina esaltata, piazzandosi davanti a noi. Fissando alternativamente me e la mia ragazza.
Non l'avevo sentita arrivare. Come fa a sapere che eravamo qui?
«Ti aspettavo più tardi. Che ci fai già a casa?» la interrogo.
Mi ignora bellamente.
«Ciao, tu devi essere Resia, giusto? Piacere, Dafne. Sono la sorella di Mattia.» Si presenta, vista la mia scarsa collaborazione.
«Sì, piacere mio» ribatte Resia, sorpresa, come me, dal suo arrivo.
Non si aspettava il suo ingresso trionfale. Neanche io, se è per questo, se fosse arrivata un'ora fa ci avrebbe colti sul fatto.
«Sono arrivata da poco, ma ho sentito le vostre voci e sono corsa subito qui. Come lo sopporti?» domanda allegra.
«Oh, ti assicuro che non ci riesco sempre» le da man forte Resia.
Grugnisco, giusto per attirare la loro attenzione, ricordandogli che ci sono anche io.
«Hai tutta la mia stima» ribatte mia sorella, complice.
Bene! Neanche si conoscono e già si alleano contro di me.
«Almeno gli hai offerto qualcosa?»
Storco il muso in una smorfia. In effetti ho un certo languorino.
«Oddio, sei un pessimo padrone di casa.»
Non faccio in tempo a giustificarmi che si rivolge di nuovo alla mia fidanzata.
«Scusalo, è un cafone. Preferisci una tisana con i biscotti, tè freddo o magari un crodino con patatine e taralli?»
Oddio. Sembra un treno in corsa. È proprio esaltata. In effetti, ora che ci penso, anche Resia è sempre su di giri. Ecco perché mi sembrano così in sintonia.
«Vada per il salato. Ho una fame da lupi» ammette, per nulla imbarazzata dalla presenza invadente di mia sorella.
Dafne mi guarda con aria di rimprovero.
Lo so, non sono un gran cavaliere. Non bado a certi convenevoli.
«Corro» si giustifica, prima di scomparire con la stessa velocità e fracasso con cui è arrivata.
«È adorabile» sostiene Resia.
Non posso che essere d'accordo. Mia sorella è un uragano di positività.
«Lo so» ribatto orgoglioso e, ad esser sincero sono proprio contento che sia rientrata prima. L'idea che mia sorella e lei possano fare amicizia, mi piace.
Sorrido allegro. «Ora possiamo riprendere da dove ci eravamo interrotti?»
«Sì, sì. Le mie adorate disequazioni» replica ironica.
La interrompo, tirando la sedia verso di me con un sorrisetto furbo.
«Oh no, quelle possono aspettare. Ora mi riferivo a questo» sussurro a un soffio dalle sue labbra e prima che torni quella rompiscatole di Dafne, riprendo a baciarla facendola trasalire ancora... ancora e ancora!
Eccoci ancora, com'è iniziata la settimana? La mia malaccio. A lavoro ho una marea di cose da fare. Solo ieri ho messo in firma al capo quattro note, una più ostica dell'altra e oggi sarà peggio. Voi che età avete? Scuola? Lavoro? Casalinghe? Ci vediamo venerdì con la prossima puntata di questa storia tragicomica :*
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