LA DONNA CERVO
In fondo alla via, vide un'insolita figura danzare in mezzo alla strada...
Nate sapeva che avrebbe dovuto tornare indietro. Sua nonna lo metteva in guardia da notti come quelle. Notti in cui la luna aveva il colore rossastro del sangue. In notti come quelle la Donna Cervo amava ballare. E cercare vittime.
Una musica simile allo strisciare di artigli lo aggredì. Come rovi appuntiti che gli circondavano il cuore. Lo scricchiolio delle ossa. Il morbido rumore della carne. Il gocciolio del sangue.
Generava ricordi vischiosi come lacrime. Nate ricordò la sua prima cotta. Quella ragazzina esile che lo aveva rifiutato davanti a tutta la classe. E poi ci fu un turbinio di donne, profumi, emozioni. Delusioni. Inspirò, l'aria intrisa di primavera e di malinconia.
La figura gli si avvicinò. Aveva lunghi capelli neri che si attorcigliavano simili a serpi. L'abito rosso le frusciava intorno. E danzava, il viso imperlato di sudore. Una danza delicata che diventava sempre più inquieta. E passionale. La donna aveva gli occhi socchiusi, le labbra in attesa di un bacio, i fianchi che si muovevano.
Lunghe corna si allungavano sulla sua testa. Come ornamenti. Creavano uno squarcio rosso nella notte nera. Gocce vermiglie piovevano, illuminate dalla tenue luce dei lampioni.
E lei ballava nella luce spettrale. Una principessa di tenebre. Un essere che doveva essere stato forgiato negli incubi. Nate immaginò un prato cosparso di cenere. Alte fiamme. Fiori infranti come cuori. Pezzi di vetro che gli penetrano nella carne. Contrasse la mascella.
-Vieni con me, amore mio- la donna allungò le mani verso di lui. Le unghie rosse. Artigli.
Era un richiamo. Un sussurro che gli entrava nella testa, un chiodo che affondava. Sanguinava. Non desiderava che toccarla. Le mani volevano seguire le sue curve. Volevano affondare nella sua carne. Doveva essere liquida come acqua. Un turbinio di ghiaccio e fuoco gli bruciava le vene. Una febbre a cui non sapeva dare un nome.
La donna si spinse avanti, labbra rosse sulla pelle bianca. Un taglio sanguinante.
Un soffio di vento. L'abito si sollevò. Non c'erano gambe affusolate. No, c'erano delle zampe ricoperte di pelo marrone.
La donna ringhiò. Nate ricordò le raccomandazioni della nonna. -Guardati dalla Donna Cervo, lei ti calpesterà-
Quella creatura che amava il ballo e odiava gli uomini.
Nate sapeva cosa fare. Glielo aveva insegnato sua nonna. In un certo senso lui era nato per estirpare simili creature. Fece scivolare il coltello fuori dalla tasca. La Donna Cervo gli sorrideva. E ballava. Sotto quella luce argentea. Muoveva i fianchi sinuosi. Bella come una dea pagana. Pericolosa come un morbo incurabile.
Nate strinse con forza il manico del pugnale. Lei gli sorrise. Denti aguzzi. Zanne che gli avrebbero dilaniato la carne. La Donna Cervo seduceva e uccideva.
Colpì. La lama lacerò la stoffa, entrò nella carne bianca, simile al burro. I muscoli fecero resistenza. La Donna Cervo sgranò gli occhi castani. Si accasciò tra le sue braccia, i capelli scuri le ricadevano sul viso. La gonna le si aprì. Pelle bianca, liscia, morbida. Aveva delle gambe normali. Non zampe, ma banali gambe di donna. Nate sbatté le palpebre. Era successo di nuovo quindi. Vedeva le zampe dove non c'erano. Sua nonna gli diceva di prendere le medicine. Gli errori capitavano. Adagiò la donna sull'asfalto. Una macchia rossa sul nero. Le posò un bacio sulla fronte.
Ora doveva andare. La Donna Cervo era là fuori, in cerca di vittime. Nate era l'unico che poteva fermarla. S'incamminò sotto i lampioni. La luce rossa su di lui. Una pioggia di sangue e tenebre.
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