Capitolo 5

Francesca's POV
Era mattina, stava entrando poca luce dalla finestra. Appena mi svegliai mi venne subito in mente la sera precedente: era stato pazzesco come una persona così grande mi avesse fatta stare così bene. Lessi un suo messaggio: <Ci si vede oggi? Che ti suono qualcosa?> Io risposi di sì con gioia. La giornata non poteva iniziare meglio. Andai a fare colazione e decisi di andare a fare una passeggiata. Mentre esploravo quella nuova città intravidi uno spettacolo orribile: delle ragazze provocavano Violet. Lei non era mia amica però la vidi molto spaventata, così decisi di intervenire.
"Ancora non l'hai capito che questo quartiere è il nostro?" Stava dicendo il capo a Violet.
"Di che state parlando? Questo posto è di tutti!" La difesi io prontamente. La vidi ancora più imbarazzata, senza capirne il motivo.
"Non di certo di una come lei! Violet, ti fai proteggere adesso?" Lei non riuscì a rispondere, ma per fortuna c'ero io pronta ad aiutarla nuovamente.
"Hai problemi con lei? Forza, dillo!" Esclamai, non mi faceva paura.
"Oh sì, eccome! Viene qui come fosse chissà chi e ci disturba!" Questa ragazza, il capo della banda, aveva dei seri problemi.
"Non posso più nemmeno uscire...?" Cercava debolmente di rispondere Violet.
"Ma siete pazzi, ora uno non può più neppure uscire di casa..." Avevo preso la questione sul personale, come sempre d'altronde. Non avevano scampo!
"Andiamo, ragazze! Ha chiamato i rinforzi, la bambina..." Non potevano andarsene così, avevo appena iniziato.
"Voi non mi conoscete, se vi vedo un'altra volta insultarla, vi faccio passare la voglia di venire qui a fare le oche!" Mi avvicinai a loro con aria minacciosa e poi continuai. "Forza, ci sono dei ragazzi, andate a fare quello che sapete fare meglio, oche, scommetto che dovete pure ripetere l'anno." Appena finii di parlare, se ne andarono via a gambe levate. Fui molto soddisfatta di me stessa.
"Chi sono quelle? Perché ti fai trattare così?" Parlavo in maniera nervosa, quasi volessi aggredirla. Non riuscivo a calmarmi! Come poteva essere così stupida da farsi aggredire da quelle?
"Io... Loro sono delle mie compagne e... e... ecco loro hanno fatto sempre così con me... C-calma, però..." Mi rispose Violet con la voce rotta. Ma quella risposta mi fece arrabbiare ancora di più!
"Come, hanno fatto sempre così...? Ti devi saper difendere, non devi farti trattar in questo modo." Questo era quello che avevo imparato dalla vita, non farsi mettere mai i piedi in testa da nessuno, ragiona con la tua testa e lotta per ciò che desideri.
"È facile dirlo..." Mi disse. Non riuscivo a capire perché questa ragazza fosse così insicura; credeva davvero quello che le diceva quella vipera?
"Devi fare come ho fatto io!" Poi aggiunsi. "I tuoi lo sanno?" Ma sapevo già la risposta.
"N-no... Non dire nulla però!" In quell'istante Violet urlò e trovai subito un suo punto debole.
"Perché? Hanno il diritto di saperlo." Constatai. Stavo cominciando a divertirmi.
"So cavarmela da sola, ma non dire nulla, ti prego..." Mi stava supplicando e mi faceva sentire potente ed importante.
"Si vede come sai cavartela!" Dissi in tono ironico, per divertirmi un po'.
"Ti prego, ti prometto che sarò più buona con te, ma ti prego non dire nulla..." Le sue parole furono un miraggio, immaginavo come si sarebbe comportata con me se non avessi detto niente e decisi di tenerla sulle spine.
"Ci penserò..." Detto questo, me ne andai. Ma Violet mi fermò e mi sussurrò che dovevamo andare al supermercato per comprare qualcosa per il pranzo, annuii e andammo. Andare al supermercato non mi era mai piaciuto, tanto meno con Violet. Passai le ore più noiose della mia vita con Violet che mi stava sempre addosso. Appena arrivammo a casa pronunciai: "Perché mi stai così appiccicata, ho bisogno del mio spazio." Ma venni interrotta dai continui "Shhhh non fiatare!" di Violet. Mi faceva venire il mal di testa ed era paranoica.
"Perché? Non siamo mica delle ladre!" Urlai solo per irritarla.
"Lo so, ma..." Non finì la frase, ma sapevo benissimo quali fossero i suoi timori.
"Smettila, tanto se decido di parlare con i tuoi genitori lo faccio lo stesso." Sussurrai e incrociai le braccia per creare più enfasi. Vidi la preoccupazione nei suoi occhi, ma poi disse solo: "Va bene, ma non farlo..." Stavo per controbattere quando bussarono alla porta. Lasciai che andasse lei a rispondere. Mi misi comoda sul divano, quando sentii il mio nome. Corsi a vedere chi fosse gridando. "Ho sentito il mio nome!" Ma poi, vedendo chi era, rimasi sconvolta e con un filo di voce dissi: "Mamma, papà, che ci fate qui...?"

Violet's POV
Mi svegliai di buon umore, quel giorno. La luce di metà mattina illuminava la mia camera. Aprii la finestra che dava sul giardinetto di casa nostra ed una lieve folata di vento mi scompigliò tutti i capelli, già spettinati dalla notte.
"Aria fresca..." Mormorai tra me e me. Feci colazione e mi preparai per andare a fare una passeggiata.
"Mamma, papà, sto uscendo..."
"Al ritorno compri qualcosa per il pranzo?" Chiese mia mamma.
"Sì, va bene." Uscii. L'aria fresca era così bella. La sua lieve ed aggraziata brezza, mi finiva sul volto con tutta la sua eleganza. Mi sedetti su una delle panchine del parco, nonostante l'accaduto del giorno prima. Non c'era ancora nessuno, fatto che seppur molto strano, era da me molto gradito. Ma ecco che all'improvviso comparvero delle figure a me note, anche fin troppo.
"Dopo la figura di ieri sera, non ti vergogni ad uscire?" Io non dissi nulla. "Ancora non l'hai capito che questo quartiere è il nostro?"
"M-ma..." Farfugliai confusa ed impaurita allo stesso tempo.
"Di che state parlando? Questo posto è di tutti!" Era arrivata Francesca. Un'enorme paura mi fece trasalire: e se aveva sentito la frase di prima? Mi avrebbe fatto mille domande e di certo non avrei voluto raccontarle tutto! Ma nel frattempo Isabelle aveva risposto.
"Non di certo di una come lei! Violet, ti fai proteggere adesso?" Io ero ancora in crisi, dentro di me avrei voluto piangere.
"Hai problemi con lei? Forza, dillo!" La rimproverò Francesca con fermezza.
"Oh, sì, eccome! Viene qui come se fosse chissà chi e ci disturba!" Urlò Isabelle con i suoi soliti modi molto raffinati.
"Non posso più nemmeno uscire...?" Cercai di ribattere, facendomi piccola piccola.
"Ma siete pazzi, ora uno non può neppure uscire di casa..." Francesca era talmente arrabbiata. Come mai mi stava proteggendo? Lei, la ragazza che tanto mi odiava...
"Andiamo, ragazze. Ha chiamato i rinforzi, la bambina..." Mi lanciò un'occhiataccia tagliente e stava per andarsene.
"Voi non mi conoscete, se vi vedo un'altra volta insultarla, vi faccio passare la voglia di venire qui a fare le oche!" Francesca sembrava così forte e sicura di sé, completamente l'opposto di me: piccola, fragile, debole... insicura. "Forza, ci sono dei ragazzi, andate a fare quello che sapete fare meglio, oche, scommetto che dovete pure ripetere l'anno." Nonostante fossi moralmente distrutta, non potei fare a meno di fare un risolino. Poi si avvicinò a me. Avevo il cuore che mi batteva a mille, non ero nelle condizioni di dare spiegazioni.
"Chi sono quelle? Perché ti fai trattare così?" Francesca era furiosa. Sentivo che da un momento all'altro stessi per cedere. Dopo quello che avevo sopportato, ci mancava solo lei, ad urlarmi contro come se fosse mia madre.
"Io... Loro sono delle mie compagne e... e... ecco, loro hanno sempre fatto così con me... C-calma, però..." Balbettai.
"Come, hanno fatto sempre così...? Ti devi saper difendere, non devi farti trattare in questo modo." Anche se stava continuando con quel suo tono di rimprovero, almeno non urlava più furiosamente come prima.
"È facile dirlo..." Mi sentivo tremendamente triste. Non solo mi ero lasciata prendere in giro, ma in più mi ero sottomessa a lei, mi ero lasciata dire che ero indifesa, praticamente.
"Devi fare come ho fatto io!" Poi continuò. "I tuoi lo sanno?" A quelle parole mi si gelò il sangue nelle vene.
"N-no... non dire nulla, però!"
"Perché? Hanno il diritto di saperlo." Non sapeva cosa stava dicendo. Sembrava che si stesse divertendo mentre io ero impaurita.
"So cavarmela da sola, ma non dire nulla, ti prego..." Mi ero abbassata fino a tanto, la stavo supplicando.
"Si vede come sai cavartela!" Disse in tono ironico. Ma perché doveva sempre essere così sadica?
"Ti prego, ti prometto che sarò più buona con te, ma ti prego non dire nulla..." Non potevo reggere più quella situazione.
"Ci penserò..." Dicendo ciò, se ne andò. Non poteva lasciarmi così, in sospeso! "Dobbiamo andare al supermercato." Le dissi. Cercavo di starle sempre vicina per paura che parlasse. Quando ritornammo a casa mi rimproverò: "Perché mi stai così appiccicata, ho bisogno del mio spazio." Ma io la zittivo continuamente. "Perché? Non siamo mica delle ladre!" Mi provocò in tono sarcastico. Ed io ci cascai in pieno.
"Lo so, ma..." Non finii la frase, pensando che avesse inteso.
"Smettila, tanto se decido di parlare con i tuoi genitori lo faccio lo stesso!" Sussurrò e incrociò le braccia, probabilmente per dare più enfasi. A quella frase non ci vidi più dalla rabbia, ma cercai comunque di dare l'impressione opposta.
"Va bene... ma non farlo..." Stava per dire qualcosa, si vedeva, ma proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta.
Si sedette sul divano per fare andare me. Non si scomodava per nulla. I signori alla porta, però, mi chiesero proprio per lei.
"Ho sentito il mio nome..." Corse come un elefante verso la porta, ma quando vide di chi si trattava rimase senza parole. "Mamma, papà, che ci fate qui...?"

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