Capitolo 3
Francesca's POV
Mi trovavo nella mia nuova camera: una semplicissima stanza con il letto, l'armadio ed ogni cosa al suo posto. Tutto questo mi risultava strano: avevo conosciuto i genitori di Violet e suo fratello, gente a modo ed ospitale, sembravano un po' come la figlia, perfetti in tutto, ma non così irritanti come lei. Daniele, appena mi aveva presentato i genitori di Violet, era andato via, ma io prontamente gli avevo chiesto il numero di telefono. Così decisi di chiamarlo.
"Pronto?" Rispose con voce titubante.
"Sono io, Francesca!" Esclamai per farmi riconoscere.
"Certo, Francesca... Sono contento di sentirti! Ho una sorpresa per te... dei biglietti per un concerto! Ci vieni con me?" Ero al settimo cielo. Quei biglietti li avevo cercati in mille luoghi senza successo.
"Veramente hai i biglietti?!" Risi. "Troppo forte!" Continuai a ridere. "Certo che vengo!" E chiusi la telefonata.
"Francesca, che cos'hai?" Chiese Violet entrando nella stanza.
"In che senso?" Sbottai infuriata.
"Ridevi tipo una fuori di testa. Non so... tutto bene?" Disse con voce acida. Aveva proprio un talento particolare: riusciva a far innervosire una persona con una minima frase!
"Certo! Daniele mi ha invitata ad un concerto!" La guardai "Ma tu non puoi capire!" Continuai io.
"Ti ricordo che sei a casa mia! Devi portarmi rispetto!" Lo sapevo: la perfettina giocava in casa.
"Ecco, lo sapevo che prima o poi avresti tirato fuori l'argomento!" Urlai io.
"Mi sembra anche ovvio!" Constatò mettendosi le mani sui fianchi.
"Sei nella mia stanza, qui decido io!" Esclamai per farle capire chi comandasse.
"Senti, sei un caso perso. Io chiamo i miei..."
"Fa come ti pare." Era vero: per me poteva fare tutto quello che voleva, doveva solamente sparire dalla mia vista. In quell'istante entrò in camera suo fratello, un bel ragazzo alto, moro e molto sportivo.
"Violet? Francesca? Che succede?" Chiese appena entrato.
"Niente, tua sorella dà fastidio... come sempre." Le rivolsi un sorrisetto acido.
"Come sempre?" Disse Violet voltando la testa.
"Che vuoi dire?" Chiese James. Mi schiarii la gola per iniziare a parlare.
"Viene qui e si interessa della mia vita." Dopo, rivolgendomi a James, esclamai: "Visto che fai tante domande... Come ti sentiresti se ti facessero la stessa cosa?" Lui ci pensò un attimo su e poi disse: "Li manderei affettuosamente a quel paese!" Frase alla quale non riuscii a trattenere un sorrisino.
"Visto? Ed è proprio quello che faccio io!"
"L'ho notato!" Urlò Violet.
"Sei tu che sei una bambina... volevi mandarmi via di casa!" Dissi urlando il più forte possibile.
"Io non volevo mandarti via di casa, ho detto che questa è casa mia e devi portarmi rispetto!" Fece con aria da maestrina. Mi veniva voglia di farle il verso, ma cercai di trattenermi.
"Dai, Violet, smettila!" Si intromise James.
"Ti metti dalla sua parte? Ma vai a quel paese anche tu!" Dicendo questo, lasciò la stanza. Una volta uscita, risi di gusto.
"È stato troppo forte! Ma che problemi ha?" Chiesi continuando a ridere.
"È un po' fuori ultimamente, lasciala perdere." Sussurrò.
"Infatti... immaginavo... Ma come fai a vivere con una così?" Chiesi per scoprire se la pensasse come me.
"Beh, non lo so nemmeno io..." Annuii.
"Quanti anni hai?" In effetti non lo sapevo... e volevo scoprirlo!
"Ho 17 anni, tu?"
"Ne ho 18, sei un po' piccolino..." A me piacevano gli uomini grandi, maturi... Lui non era nemmeno maggiorenne!
"Mmmh..." Pronunciò scuotendo il capo.
"Cosa?" Dissi notando che continuava a fare strani versi.
"Non sono piccolino!" Esclamò evidentemente irritato.
"Come vuoi." Notando che non gli stavo più prestando attenzione, uscì dalla stanza anche lui. Rimasta sola, mi preparai per l'uscita con Daniele. Aprii la valigia e scelsi un top scollato abbinandolo ad una gonna stretta. Poi mi dedicai ai capelli, spazzandoli con cura lasciando come delle onde alle punte. Successivamente passai al trucco, rendendolo molto marcato. In breve tempo si fece l'ora di cena, così presi la borsa e mi precipitai al piano di sotto.
"Mah... Ancora questa non viene..." Insinuava Violet.
"Calmati. Sempre a parlare di me!" Constatai appena varcato il ciglio della porta. In cucina c'era un tavolo dove si trovavano tutti i componenti della famiglia.
"Non mi interessa che tu sia qui: sei troppo antipatica, Francesca!" Urlò mettendo a tacere i mormorii della sua famiglia.
"Comunque puoi stare tranquilla perché non ceno qui oggi. Vado fuori con Daniele." Sorrisi. Vidi tutti i volti trasformarsi in un sorriso, tranne quello di Violet.
"Con tuo padre, vorrai dire!" Disse con voce impacciata. Non si faceva mai i fatti suoi.
"Daniele non è mio padre, è una persona che ho conosciuto da poco." Balbettai.
"Ah... Ehm... Okay..." Riuscì a pronunciare alla fine.
"Che ti interessa? Sempre a fare domande sulla vita degli altri..." Sbottai. Avevo ragione, continuava ad intromettersi nella mia vita.
"Sentite, io non mangio. Ci vediamo dopo." Uscì sbattendo la porta. Era la seconda volta che andava via senza motivo, aveva dei problemi seri.
"Che ho detto?!" Chiesi alla sua famiglia.
"Lasciala stare, è un po' nervosa ultimamente." Ammise sua madre.
"Io vado! Divertitevi!"
"Ciao Francesca!" Mi salutò suo padre mentre uscivo. Appena esco, noto Violet seduta su un muretto. Stava piangendo? Si stava asciugando le lacrime!
"Puoi rientrare." Dissi.
"So quello che devo fare o meno, okay? Lasciami stare in pace! Mi hai rovinata ancora di più di quanto lo fossi prima!" Sbraitò. Non capivo.
"Che vuoi dire?" Chiesi. Ma prima che lei potesse rispondere, squillò il mio telefono.
"Devo rispondere: è mia madre." Lei annuì. Portai il telefono all'orecchio.
"Pronto?" Chiesi.
"Tesoro io e tuo padre siamo tanto preoccupati: sei a casa di Caterina?" Sentii un sussurro.
"Non sono a casa di Caterina, sono in California. Hai capito bene... Non intendo tornare... Semmai vieni tu!" Chiusi allora la telefonata. In quell'istante notai che Violet stava andando via.
"Perché te ne vai? Torna indietro!" La strattonai per farla voltare.
"Hai detto che mi impiccio degli affari degli altri, no?" Mi guardò fissa negli occhi.
"Sì e allora?" Era proprio una bambina: aveva bisogno della mamma.
"Non mi va di chiederti che problemi hai con tua mamma o chi sia questa Caterina, quindi me ne vado perché nemmeno io voglio che tu mi chieda i miei, di problemi." Non avevo voglia di raccontarle i fatti miei, eppure volevo sapere così tanto i suoi.
"Caterina è una mia amica. E non ho alcun problema con mia mamma!" Dissi per cercare di scoprire la sua reazione.
"Va bene, ma non m'importa. Io me ne vado." Stava diventando divertente scoprire le sue reazioni, ma questa non mi aveva soddisfatto.
"Tu non hai nessun problema, te li crei da sola!" La provocai, riuscendoci.
"Senti, tu non sai un cavolo della mia vita! Tu non sai che significhi sopportarsi Isabelle per tutto questo tempo! Ora esci dalla mia vita!" La situazione si faceva interessante.
"Chi è Isabelle?" Ma proprio in quel momento arrivò Daniele con una splendida auto.
"Francesca, andiamo!" Mi chiamò Daniele.
"Ciao Francesca..." Non potevo lasciarmi sfuggire quell'occasione. Mi voltai verso Violet e le chiesi di nuovo: "Dimmi chi è Isabelle!"
"No!" Urlò.
"Va bene, tanto non mi interessa." E salii sull'auto di Daniele, lasciandola lì, con le lacrime agli occhi.
Violet's POV
Ero seduta tranquillamente alla scrivania della mia camera, cercando alcune località da sogno su internet. Se ne avessi avuto la possibilità, sarei scappata senza crearmi alcun problema. Ero lì, il mio sguardo fisso al computer che ora mostrava Los Angeles, quando sentii il mio telefono vibrare. Sussultai: ormai sapevo cosa mi aspettava ad ogni vibrazione. Insulti su insulti. Accesi con la mano che mi tremava lo schermo del telefono e vidi che era Isabelle che scriveva sul gruppo della nostra ex classe. Spensi lo schermo ma subito dopo un'altra vibrazione. Era Olga, questa volta. Raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo e lessi i messaggi. Il primo era di Isabelle, aveva inviato il video che mi avevano fatto di nascosto quando sono uscita incontrandole. Olga invece commentava con una fragorosa risata inviata tramite registrazione vocale. Una volta spento lo schermo nuovamente, sentii Francesca ridere di gusto. La cosa mi irritò, e non poco, così decisi di andare a vedere che motivo avesse di ridere così sguaiatamente.
"Francesca, che cos'hai?" Chiesi leggermente turbata.
"In che senso?" Urlò lei. Non volevo reagisse così, non ero per niente pronta ad un nuovo litigio con lei in quel momento.
"Ridevi tipo una fuori di testa. Non so... tutto bene?" Non riuscii però a trattenermi. Mi fissò per un paio di secondi. Mi sembrava di ritornare in classe. Abbassai lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime. Poi si decise a parlare.
"Certo! Daniele mi ha invitato ad un concerto!" Mi fissò di nuovo con quel suo sguardo inquisitorio e continuò. "Ma tu non puoi capire!" Mi fece arrabbiare tantissimo così, nonostante non avessi nemmeno le forze, tentai almeno di difendermi.
"Ti ricordo che sei a casa mia! Devi portarmi rispetto!" Era la peggiore frase che avessi potuto dire, ma era stata la prima cosa che mi uscì di bocca.
"Ecco, lo sapevo che prima o poi avresti tirato fuori l'argomento!" Urlò con tutto il fiato che aveva.
"Mi sembra anche ovvio!" Cercai di sostenere ancora ciò che avevo detto poco prima e per rafforzare ciò, misi le mani sui fianchi.
"Sei nella mia stanza, qui decido io!" Esclamò entrando nella difensiva.
"Senti, sei un caso perso. Io chiamo i miei..." Lei sapeva bene che non lo avrei fatto perché erano troppo buoni per fare storie.
"Fa come ti pare." Disse infatti. Sentii allora la porta aprirsi dietro le mie spalle. Era mio fratello. Francesca lo guardò con aria sognante. Come poteva trovare affascinante quel tizio che era tutto tranne che bello?
"Violet? Francesca? Che succede?" Chiese appena mise piede nella stanza.
"Niente, tua sorella dà fastidio... come sempre." Mi rivolse un sorrisetto acido che mi ricordò quello di Isabelle mentre provava piacere nel vedermi soffrire. Non potei trattenere un'espressione estremamente addolorata, così abbassai lo sguardo per un secondo. Una volta ripresa, sbottai.
"Come sempre?" Chiesi con un filo di voce girandomi verso Francesca.
"Che vuoi dire?" Chiese James come un imbecille. Lei si schiarì la gola ed iniziò a spiegare con aria solenne.
"Viene qui e si interessa della mia vita." Si rivolse a James e gli chiese: "Visto che fai tante domande... Come ti sentiresti se ti facessero la stessa cosa?" Fece la faccia da ebete e poi rispose. "Li manderei affettuosamente a quel paese!" Aveva copiato la mia frase! Ma la cosa che più mi fece arrabbiare fu il sorrisetto da stupida che comparve sulla faccia, già da imbecille, di Francesca. Poi continuò lei.
"Visto? Ed è proprio quello che faccio io!" Che antipatica!
"L'ho notato!" Risposi prontamente io.
"Sei tu che sei una bambina... volevi mandarmi via di casa!" Urlò trapanandomi i timpani. Quanto potevo odiarla?
"Io non volevo mandarti via di casa, ho detto che questa è casa mia e devi portarmi rispetto!" La corressi curandomi di far notare la differenza. Non capii cosa stesse per dire, però dalla smorfia che fece, capii che si stava trattenendo dal dirmi qualcosa di risposta.
"Dai, Violet, smettila!" Lanciai un'occhiata fulminea ma tagliente a James.
"Ti metti dalla sua parte? Ma vai a quel paese anche tu!" Voltai le spalle ad entrambi e chiusi la porta della sua stanza con tutta la poca forza che mi restava in corpo. Mi chiusi in camera a scrivere sul mio fidato diario. Prima, però, feci attenzione a spegnere il telefono per evitare ulteriori distrazioni. Alcune lacrime caddero sul foglio, facendo sbavare l'inchiostro che lo macchiò. Scrissi per circa mezz'ora. Poi però dovetti scendere per cenare, ma ormai le mie lacrime si erano asciugate e mi ero rilassata sfogandomi. Mi sedetti al solito posto.
"Mah... Ancora questa non viene..." Mormorai disturbata. Lo stomaco mi brontolava e non mi andava di aspettare ancora che scendesse.
"Calmati. Sempre a parlare di me!" 'E tu sempre a pensare di essere al centro delle attenzioni...' Pensai.
"Non mi interessa che tu sia qui: sei troppo antipatica, Francesca!" Capii di aver urlato troppo quando tutti i mormorii della mia famiglia cessarono di colpo.
"Comunque puoi stare tranquilla perché non ceno qui oggi. Vado fuori con Daniele." Sorrise. Tutti sorrisero. Ma io pensavo.
"Con tuo padre, vorrai dire!" Esclamai pensando fosse una cosa ovvia.
"Daniele non è mio padre, è una persona che ho conosciuto da poco." Balbettò probabilmente leggermente imbarazzata.
"Ah... Ehm... Okay..." Mormorai più imbarazzata di lei.
"Che ti interessa? Sempre a fare domande sulla vita degli altri..." Si riprese da quel momento di imbarazzo. Ma io non ne potevo proprio più. Avrei voluto solamente mollare tutto, ma in questo modo l'avrei resa felice. Allora mi limitai ad uscire. Mi sedetti su un muretto lì vicino. Sentii la porta di casa chiudersi. Probabilmente era ancora lei, così cercai di coprirmi, ma ormai mi aveva vista piangere.
"Puoi rientrare." Probabilmente cercava di rassicurarmi, ma nello stato in cui mi trovavo andai subito alla controffensiva.
"So quello che devo fare o meno, okay? Lasciami stare in pace! Mi hai rovinata ancora di più di quanto lo fossi prima!" Sfogai tutta la mia rabbia contro di lei. Lei fece un'espressione confusa. Ora non capiva, eh?
"Che vuoi dire?" Non avevo per niente intenzione di parlare e per fortuna le squillò il telefono.
"Devo rispondere: è mia madre." Annuii lievemente.
"Pronto?" Non sentii cosa disse la signora dall'altra parte del telefono.
"Non sono a casa di Caterina, sono in California. Hai capito bene... Non intendo tornare... Semmai vieni tu!" Le staccò la chiamata in faccia. Io sfuggii quatta quatta dalla sua morsa letale di domande.
"Perché te ne vai? Torna indietro!" Mi strattonò come se avesse un cane al guinzaglio.
"Hai detto che mi impiccio degli affari degli altri, no?" La fissai negli occhi.
"Sì e allora?" Davvero non capiva?
"Non mi va di chiederti che problemi hai con tua mamma o chi sia questa Caterina, quindi me ne vado perché nemmeno io voglio che tu mi chieda i miei, di problemi." Arsa dalla voglia di sapere i fatti miei, spiegò chi fosse Caterina.
"Caterina è una mia amica. E non ho alcun problema con mia mamma!" Capii le sue intenzioni, ma feci saltare in aria il suo piano.
"Va bene, ma non m'importa. Io me ne vado." Non era soddisfatta della mia risposta.
"Tu non hai nessun problema, te li crei da sola!" Stavolta riuscì a provocarmi perché ebbi un flashback di ogni volta che Isabelle mi disse questa frase.
"Senti, tu non sai un cavolo della mia vita! Tu non sai che significhi sopportarsi Isabelle per tutto questo tempo! Ora esci dalla mia vita!" Fece uno sguardo malizioso.
"Chi è Isabelle?" Ma proprio in quel momento arrivò Daniele, così ebbi un'altra occasione per non rispondere al suo interrogatorio senza senso.
"Francesca, andiamo!" La chiamò lui.
"Ciao, Francesca..." La salutai asciugando qualche lacrima.
"Dimmi chi è Isabelle!" Urlò ancora una volta.
"No!" Urlai di risposta io.
"Va bene tanto non m'interessa." Dicendo ciò, salì in macchina e mi lasciò in lacrime in quel buio viottolo seduta su un muretto.
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