12 - Operazione Stella Polare.

R U B Y' S
P O V
ꨄ︎

Ruby: «possiamo vederci? Dobbiamo parlare.»

Sono seduta nel furgone quando lascio ad Hunter quel messaggio. Incrocio le dita e spero che mi risponda. Intanto torno a casa e pranzo in solitudine siccome Summer è a lavoro. Penso alle parole di Luke. Hunter mi ha visto con Will e si è ingelosito. E di cosa poi? Del fatto che abbiamo fatto un paio di balli?

Però... quel paio di balli forse sono stati qualcosa di più. C'è qualcosa in Will che... non so nemmeno spiegarlo! Mi piace la sua compagnia, i suoi aneddoti interessanti che mi fanno sentire quasi stupida, quella dannata acqua di colonia e i modi gentili che ho sempre apprezzato in un ragazzo.

Mi mordo il labbro e mi sento un po' infantile a credere a quelle stupidaggini. Non esistono le favole nel mondo reale, ne sono consapevole, ma mi ostino a crederci lo stesso. Questo mondo mi ha mostrato le sue sfaccettature più grigie e tristi, devo aggrapparmi a quell'idea per riuscire a vedere la vita a colori.

Devo andare in sartoria tra un'ora, quindi decido di studiare. Mentre tento di capire le scienze mi arriva una notifica.

Hunter: «Okay, finisco gli allenamenti alle quattro e mezza. Lavori?»

Ruby: «si, fino alle sette. Passo a casa tua?»

Hunter: «va bene, a più tardi.»

Esalo un sospiro di sollievo. Almeno mi ha detto di sì, mi sento alleggerire un peso all'altezza del petto. Finito di studiare indosso la giacca ed esco di casa per andare a lavoro. Arrivata in sartoria mi concentro sul vestito da sposa di Megan.

«Sta venendo proprio bene» commenta la mia mentore guardandomi soddisfatta. «Hai un bel futuro davanti Ruby»

Le sorrido riconoscente. «Speriamo»

«Sei giovane e talentuosa, vedrai che verrai ripagata per tutti i tuoi sforzi»

«Sarà merito suo se accadrà. Mi ha insegnato molto in questi anni»

Lei scuote la testa. «Tu sei nata per fare questo. L'ho capito subito quando eri venuta a chiedermi lavoro. Ti ricordi? Ti feci restaurare un vestito e ci hai messo meno di quanto ci metterebbe un'allieva che ha studiato»

E come dimenticarlo?

Prende tra le mani i bozzetti sfuggiti dalla cartellina e comincia a sfogliarli uno alla volta. «Mani di fata, come direbbe qualcuno»

Osservare le mie mani e l'ago che stringo tra le dita.

Io sono nata per fare questo, è questa la mia unica via, ne sono certa. Non esiste un piano B.

Alle sette spaccate raccolgo le mie cose, spengo tutte le luci ed esco insieme alla signora Wallace. Ci salutiamo e prendiamo direzioni opposte.

Mi stringo nella giacca, bastano pochi secondi affinché non senta più la punta del naso. Compro un caffè macchiato lungo la strada per andare a casa di Hunter e mentalmente mi preparo il discorso da dover affrontare. Cosa gli dovrei dire?
Summer mi ha consigliato di andare dritta al punto. "Prima va via il cerotto e prima va via il dolore", parole sue.

Svolto l'angolo e spingo il cancelletto della staccionata per entrare nel vialetto di casa Hill-Bennett. Come c'è d'aspettarsi mi apre la signora di casa nonché il sindaco. «Oh, Ruby, ciao cara. Come mai qui? Prego, entra pure»

«Mille grazie, dovrei parlare con Hunter». Varco la soglia di casa e trovo Tyler e Dylan sul divano, presi a giocare alla nintendo. Dylan ha ereditato i capelli neri della madre e gli occhi blu di Tyler e di suo padre. Quest'ultimo, Edward, è ai fornelli. Non appena metto piede dentro mi salutano tutti quanti.

«Ruby» mi chiama la voce di Hunter. Mi volto e lo trovo poggiato all'angolo del corridoio, le braccia incrociate e uno sguardo non troppo entusiasta. Indossa una semplice tuta e una canottiera che mette in mostra i bicipiti ben delineati da tutti gli esercizi fisici che fa. Mi fa cenno con la testa verso il corridoio, dove c'è la sua camera.

«Vogliate scusarmi», mi congedo prima di seguirlo.
Per l'ansia stringo forte la bretella della borsa. Entro nella sua stanza, messa a soqquadro come sempre. Non so il perché ma quella cosa mi fa sorridere. «Disordinato come sempre, eh?»

Hunter chiude la porta, mi oltrepassa e si siede sul letto. «Non girarci intorno, Ruby...»

Lascio cadere la borsa a terra e lentamente mi avvicino e lo affianco. «Non fare così...»

«Così come? Come se tu mi stessi dicendo che preferisci il riccone?» ridacchia dicendo ciò, ma io non lo faccio.

«Non chiamarlo così». Sospiro. «Hunter, siamo amici da quanti anni oramai?»

«Quasi otto»

«Ti voglio un gran bene e lo sai, ma purtroppo io non ti vedo come...» spezzo la frase per trovare il termine giusto.

«...come Will» conclude lui.

«Non mettere lui in mezzo. Non c'entra nulla»

«È da quando è arrivato che-»

«Cosa? Dimmi» lo incito, incrociando le braccia.

«Che ti sta addosso, Ruby. Si è preso una sbandata per te, te lo dico io», dice infastidito e si alza con slancio dal letto.

«Hunter...» lo richiamo. «Will non c'entra nulla. Era da un po' che avevo notato questa cosa che avevi con me. Io ti voglio bene, ti adoro e ti supporterò sempre, ma non voglio che il nostro rapporto sia più di una semplice amicizia» chiarisco.
Spero di non averlo colpito nel profondo, altrimenti avrei i sensi di colpa. «Di' qualcosa», gli chiedo dopo attimi infiniti di silenzio.

Sospira. «Anche io tengo a te, Ruby. Non voglio perderti per una stupidaggine del genere. Ho fatto il bambino offeso. Scusami se ti ho messa in imbarazzo, non era mia intenzione» dice. Gli leggo la sincerità nello sguardo, quando fa il pentito abbassa gli occhi.

Allungo le braccia nella sua direzione e lo avvolgo in un'abbraccio. «Sei bello e talentuoso. Troverai qualcuna alla tua altezza. Fidati, io non sono quella giusta»

Lo sento ridacchiare con testa poggiata sulla mia. «Lo avevo cominciato a capire questo. Grazie di essere sempre così, Ruby, davvero»

«Così come?»

«Sei una persona genuina» confessa, poi mi alza il mento. «E se quella sardina di Baker non ti tratta bene ci penso io»

Mi fa ridere. «Smettetela di nominare sempre Will!»

«Ruby, è inutile che neghi. È chiaro anche alle formiche che c'è qualcosa tra di voi». Tutto è tornato normale in un attimo. Ora Hunter è di nuovo uno dei miei migliori amici con cui parlare liberamente.

Arrossisco alla sua affermazione e noto che sorride a trentadue denti. «Okay, forse avete ragione», ammetto. Non so con quale coraggio, ma lo faccio. Do uno sguardo alla sua sveglia elettronica. Le sette e quarantasette. «Si è fatto tardi. Summer mi starà aspettando a casa. Allora siamo apposto?»

Lui annuisce. «Siamo apposto così». Gli schiaccio il cinque e lo saluto.

È stato più semplice del previsto. Siamo ancora quei due bambini che facevano squadra contro Summer e Tyler al gioco delle imitazioni. Le piccole crepe sono state risanate, ma ne è sorta una più grande: ho ammesso che tra me e Will ci possa essere qualcosa.

☆.*☾︎

«Dico davvero, il mio primo appuntamento dev'essere Blake Baker!?»

Summer continua a sfinirmi con questa cantilena dallo scorso pomeriggio. È seduta su una sedia con le gambe accavallate e lo sguardo perso nel vuoto a lamentarsi. Io, del canto mio, sto tirando fuori gli scatoloni in cui ricordo di aver messo via i maglioni e le coperte pesanti.

«Per la diciassettesima volta, si, Summy»

«Che ingiustizia» blatera.

«Ingiustizia è il fatto che io stia scaricando questa roba da sola. Vieni ad aiutarmi!»

Summer fa come richiesto e per poco non cade all'indietro. «Mamma mia, e questi sono vestiti?»

«Ce ne dev'essere un altro ancora, l'ho visto prima. È abbastanza piccolo»

La vedo trascinare una sedia nello stanzino e uscirne poco dopo con un pacco di dimensioni più ridotte. Lo scuote, producendo un rumore. «Sicura che ci siano cose da indossare qui dentro?»

Si siede a terra, al mio fianco, e cominciamo ad estrarre le cose dai contenitori. Trovo i maglioni di lana che ho cucito io per lo scorso inverno, delle felpe e, in fondo, c'è un altro involucro. Lo estraggo, domandandomi cosa sia, e i miei occhi si illuminano quando apro la zip: è uno smoking nero, di quelli per i matrimoni.

Tasto la stoffa, è di ottima qualità. Lo tolgo dalla scatola e ispeziono la giacca: è un completo da uomo, date le misure larghe. «Sum, guarda che bello» le dico indossando il capo.
Lei è presa a curiosare nel pacchetto più piccolo che tiene sulle ginocchia. Ha un libretto fra le mani e lo sta sfogliando molto attentamente. «Che cosa sono?» domando avvicinandomi.

Lei sorride. «Sono i nostri genitori da piccoli, guarda». Tre bambini sono raffigurati in una fotografia un po' sbiadita, un ricordo lontano che ha resistito al tempo. «Questa è mia madre...» addita una bambina dalle lunghe trecce bionde. «...e questi sono zio Chris e zio Bart» prosegue, indicando rispettivamente mio padre e nostro zio. I fratelli Collins.

Cambia pagina: è il matrimonio di un uomo e una donna. «È la nonna!» esclamo io.

«E questo dev'essere il nonno» ipotizza la bionda passandoci un dito sopra, quasi come a volerne sentire la vicinanza. Non abbiamo avuto la fortuna di conoscere il nonno, sappiamo solo che si era arruolato in guerra e che non ha fatto più ritorno.
«Somiglia molto a tuo padre»

Cerco le somiglianze: la linea sottile delle labbra, la mascella squadrata, le sopracciglia folte. «Si, ci somiglia». Frugo nella scatola e arrivo a trovare una catenella argentea, appesa vi è una piccola perlina. «Chissà se era della nonna»

«Credo proprio di sì, è la stessa della foto» commenta Summer, convinta. «Guarda qua...»
In mano ha una pila di lettere dall'aspetto molto antiquato. Emette un fischio osservando il retro di una. «Questa è stata spedita dall'Etiopia!»

Gliele sfilo dalle mani e le analizzo una alla volta. «Risalgono al 1987...». Il fronte è aperto, segno che sono state lette per poi essere messe da parte. «Secondo te possiamo leggere...?»

«Ho paura ci siano scritte cose vomitevoli o smancerie tipo quelle dei film»

«Se erano indirizzate alla nonna è meglio che le abbia lette solo lei...» ci penso su e poi le metto via.
Il blazer dello smoking mi sta un po' troppo largo, ma con qualche taglio e cucitura lo posso adattare. «Credo che questa possa diventare un qualcosa di bellissimo»
Tolgo la giacca e comincio a sistemare i vestiti.
«Dovresti prendere tu quella collana» le dico quando torno in salotto.

Summer inarca un sopracciglio. «Cosa? E perché io? È più una cosa per te questa»

Alzo le spalle. «È un cimelio di famiglia, dovresti prenderlo tu...»

Lei mi rifila uno sguardo tagliente. «Ruby, ancora con queste stronzate? Tu sei parte della famiglia tanto quanto me, mamma e gli altri che portano il nostro cognome. Sei stata adottata, certo, ma ti ricordo che non è solo il sangue a fare la famiglia» mi rimbecca. Mi prende il polso e lascia ricadere lentamente la catenella nel palmo, poi me lo chiude. «Mettila tu. Sei una Collins, che ti piaccia o no». Le parole sfumano in una risata da parte sua e un grande abbraccio da parte mia.

«Indossala quando Will si deciderà a chiederti di uscire» scherza lei. Sciogliamo l'abbraccio e osservo la collanina. Summer va a prendere il suo frullato proteico dal frigorifero.

«Si, beh, chissà quando lo farà...» borbotto.

La bionda sgrana gli occhi. «Rubinia Alyssa Collins, hai appena ammesso che ti piacerebbe essere invitata ad uscire da William?!»

Annuisco piano e lei salta su una sedia urlando a ripetizione "lo sapevo!"

«Lo sapevi okay, ma non romperti la testa!»

Scende agilmente, attenta a non far cadere il frullato che le traballa in mano. «Fallo tu»

La guardo confusa. «Eh? Fare cosa?»

«Chiedergli di uscire sciocca» dice ovvia.

«Certo, poi vado a comprare una borsa di Chanel»

Summer alza gli occhi al cielo. «Non fare così! Che ti importa? Fai tu il primo passo» propone, cominciando a seguirmi come un cane. «Gli chiedi di andare a prendere un caffè o quello che vuoi tu, non è così difficile. Ci è riuscito perfino Tyler con Juliet!»

Esalo un sospiro e lei sorride. «Spiegami come riesci a convincermi sempre in due secondi?»

«Ti mostro che non ci sono aspetti maligni nel fare determinate cose, cugina» replica, portandosi la cannuccia alle labbra. «Allora? Che aspetti?»

«Cosa? Devo chiamarlo ora?»

«Si, ora. Quando altrimenti, nella prossima vita?»

«Lo sai che non mi piace fare le cose per telefono»

«Allora cambiati e vai a casa sua»

Ha la risposta pronta per tutto, vedo.

Mi conduce in camera mia e mi fa sedere sul bordo del letto. Apre i cassetti e comincia a rovistarci dentro. «Con delicatezza, eh»

Ha scelto una gonna beige che presenta una serie di bottoni sul davanti; la maglia invece è semplice, di un bianco panna. Lego i capelli in una coda e torno da Summer, stravaccata sul mio letto a bere il suo frappè.

«Mhmh...» mugugna, venendo nella mia direzione. Toglie l'elastico, facendo ricadere tutti i capelli sulle spalle. «Stai meglio così. Sei bella anche senza trucco.». Mi allaccia la catenella al collo.

Sono leggermente in ansia. «E se dice di no?»

«Gli stai chiedendo di uscire, non è una dichiarazione»

Beh, non ha tutti i torti. Faccio un respiro profondo, calzo i miei soliti stivaletti e indosso il cappotto. Mi specchio, reclino il capo di lato.

«Bellezza, vedrai che andrà tutto bene» mi assicura Summer da dietro, la vedo attraverso il riflesso.

«Grazie dell'aiuto». Le scocco un occhiolino mentre attraverso il salotto per uscire di casa. «E ora tocca a te lavare i piatti!»

✩.*☾︎

Mano a mano che avanzo ogni passo sento una strana sensazione si subbuglio nello stomaco, unita alle basse temperature autunnali. Chissà perché Will non è venuto a scuola negli ultimi giorni. Me lo domando, mentre osservo con circospezione il mondo attorno a me. La vita scorre sotto i miei occhi nella sua quotidianità: persone che parlano, bambini che tengono la mano ai genitori, ragazzi innamorati sotto ai bar e sulle panchine.

«Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout contre les portes de la nuit, et les passants qui passent les désignent du doigt; mais les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne et c'est seulement leur ombre qui tremble dans la nuit», canticchio a voce bassa.

È una poesia di Jaques Prevet, ma mia zia me la cantava per farmi addormentare la notte. Se abbasso le palpebre ancora sento la sua voce riecheggiare nelle orecchie. Quei momenti mi mancano da morire, ma purtroppo il tempo non torna indietro e tutto quello che posso fare è custodirli nel cuore come pezzi di felicità di un grande puzzle.

Accantono tutti quei pensieri quando mi rendo conto di essere arrivata sotto il portico di casa Baker. Prendo un sospiro, pigio il campanello e faccio scivolare le mani nelle tasche del cappotto. Sembra passata un'eternità prima che Will mi apra. Sta ridendo, ma si blocca e rimane sorpreso nel vedermi. Gli sorrido e lo saluto con voce flebile. «Ehi»

«Ruby...». I suoi occhi analizzano tutto il mio corpo e questo mi fa sentire apprezzata. Sembra sul punto di invitarmi ad entrare quando una voce squillante e allegra attira la sua - ma soprattutto la mia - attenzione.

«Will, ti muovi, altrimenti rimetto in azione il film? Chi è?». Viene affiancato da una ragazza bellissima, dagli occhi blu alle punte dei capelli neri e lunghi, ha un fisico mozzafiato. Percepisco un senso di inadeguatezza improvviso.

«Maddy, lei è Ruby. Ruby, ti presento Maddy, la mia migliore amica» ci presenta Will, poggiandosi allo stipite della porta.

«Piacere» fingo un sorriso e le stringo la mano, poi mi allaccio il cappotto. Incredibilmente il freddo mi ha colpito in pieno petto.

Che gli dico ora? Di sicuro non è prevista anche la sua migliore amica nel piano "un caffè per appuntamento".

«Come mai sei qui?»

Bella domanda.

«Ehm... beh, vedi...»

«Mi spiace illudere le tue speranze fratello, ma l'ho chiamata io». Il tono sarcastico e superiore di Jake ci induce a spostare lo sguardo su di lui che scende le scale. Mi sento un momento confusa. Che mi stia aiutando?
«William, si lasciano gli ospiti alla porta?»

Il fratello si fa subito da parte e io lo oltrepasso a testa bassa senza nemmeno sapere perché lo stia facendo.

«Che dovreste fare voi due insieme?», ci chiede Will con un sopracciglio aggrottato.

«I fatti nostri. Maddy riprenditelo, Ruby vieni su con me». Accenno un saluto agli altri due prima di seguire il fratello Jake in camera sua. È identica a quella di Luke, con l'unica differenza che manca la puzza di erba. Poster e album musicali esposti ovunque, il computer è aperto su qualche gioco e sul letto sono gettati alla rinfusa alcuni vestiti. Chiudo la porta come mi viene detto e mi accomodo sulla sedia girevole.

«Sai che non sono venuta qui per te, vero?»

«Certo che lo so», risponde ovvio tuffandosi con la testa nell'armadio. «Eri venuta per mio fratello. Gli volevi chiedere di uscire ma hai trovato un piccolo imprevisto». E prima ancora che glielo chieda continua a parlare. «Ho solo dedotto.»

«D'accordo, hai colto in pieno. Ma giura che non proferirai parola con nessuno di questo», lo addito accavallando le gambe. «E ora spiegami, perché sono qui e perché il pavimento è coperto di vestiti?»

«Punto uno, perché ti ho parato il culo per non farti fare una figura di merda con mio fratello... e poi ho deciso di sfruttare la situazione a mio vantaggio; punto numero due-»

«Spiega la seconda cosa del punto uno»

Incrocia le braccia e finge di tossire. «Ho pensato che avresti potuto darmi un aiuto per una cosa»

«Spunta il rospo»

«Vedi, stasera ci sarebbe una festa alla quale è presente una ragazza...» spiega lentamente. «E magari, se portassi una ragazza potrei... farla ingelosire?» chiede più a se stesso che a me.

«Ci sto, spera solo che ci sia una intera bottiglia di Coca che io possa scolarmi»

«Te ne comprerò due solo perché hai accettato»

Mi alzo e prelevo dal pavimento i vestiti uno alla volta. «Posa questo... e anche questo... questo pure» comincio così a scartare cose non adatte. Lascio una maglietta nera con il logo dei Pink Floyd, un pantalone e una giacca di jeans dello stesso colore. «Dovresti fare pulizia, hai troppa roba lì» commento, lisciandogli il tessuto del giubbotto. Abbasso il colletto e gli scompiglio i capelli. Da vicino noto le lentiggini che gli decorano il naso, un po' come quelle di Austin. «Eccoti pronto alla conquista. Anzi, all'operazione stella polare!»

Mi riserva un'occhiata torva, capisco che non è un buon nome. «Non ti azzardare più a dare il nome ad una missione, Ruby. Dico sul serio»
Il tono serio con cui parla mi strappa una risata. Si controlla l'orologio al polso. «Dai 007, andiamo. Io cerco una ragazza, tu un... modo di dimenticare la tua grande fortuna»

«Evviva la vita!» esclamo sarcastica. La mia filosofia "ridiamo per non piangere" dev'essere accompagnata da un litro di bevanda gassata.

«Will, dì alla mamma che torno più tardi» urla Jake a suo fratello, che per la cronaca sta spiattellato sul divano a mangiare pop corn con la sua migliore amica. Il bisogno di allontanarmi da quì si fa sentire, e senza aspettare la classica domanda del "dove stai andando?" dico: «Lo riporto sano e salvo tra qualche ora, buona serata!», e spingo il corvino fuori di casa.

✩.*☾︎

«Sembra un ritrovo per adolescenti in piena pubertà» commento sottovoce quando entriamo in casa dell'amico di Jake. Non c'è musica o qualche luce colorata, solo le lampadine accecanti del lampadario e il chiacchiericcio prodotto dalla fusione di tutte le voci dei ragazzini.

«È un ritrovo per adolescenti in piena pubertà» mi corregge Jake. Adocchio il tavolino del buffet quando dice: «Eccola lì, sta parlando con le sue amiche»

«Allora... ci avviciniamo? Qual è la seconda fase dell'operazione Stella polare?»

«Ti avevo detto di non chiamarla così»

«Ma mi piace la faccia che fai quando lo dico» rido io. «Dai, portami da questa fantomatica ragazza, anche se non so perché dovrei farla ingelosire...»

Mi fa strada in mezzo alle persone, fortunatamente la sua alta figura spicca tra gli altri. «Fidati, le più grandi fanno sempre colpo. E comunque lei si chiama Ellen»

Nell'esatto momento in cui pronuncia il suo nome la riconosco anche se mi dà le spalle: è la sorellina di Abbey!

«Ciao ragazzi» saluta Jake il gruppetto di ragazzi e ragazze, poi si fa da parte per mostrare me. «Lei è Ruby, una mia amica»

«Salve gente!»
Tutti, Ellen compresa, voltano la testa verso di me. Ha gli stessi tratti del viso della sorella maggiore, i capelli corti e ondulati, alta quanto me e con delle forme già prosperose.

«Ruby...?!» esclama lei sgranando gli occhi. Mi accoglie con un abbraccio come se non ci vedessimo da tempo, quando in realtà abbiamo fatto colazione insieme qualche mattina fa, dopo il pigiama party a casa sua e di Abbey.

«Ciao Elly, come sei carina. Ma è il vestito che ti ho cucito io!».

«Voi due vi conoscete?» ci chiede Jake, sprofonda le mani nella giacca di jeans.

Annuisco ed Elly risponde. «È una delle migliori amiche di mia sorella. Tu piuttosto, come la conosci? Le sue classi non sono nella nostra ala della scuola» domanda, incrociando le braccia. Non sono sicura a quel punto di poter essere la persona indicata per il piano di Jake, dato che per Ellen sono una sorta di seconda sorella, come mi ripete lei ogni tanto.

Per esonerarlo dal rispondere e fingere una messa in scena dico: «Semplicemente mi ha chiesto di uscire». Quanto è credibile che una diciassettenne, quasi diciottenne, accetti di uscire con un quindicenne?

Uno degli amici di Jake tutto brufoli e capelli ricci sgrana gli occhi. «Una come te avrebbe davvero detto sì a Baker?»

Noto Jake rimanere serio. Inarco un sopracciglio. «Si, è una persona davvero interessante. A dispetto di chi passa ore a guardare le foto delle modelle mezze nude su Internet, Jake ha un grande gusto musicale e un repertorio di argomenti molto vasto di cui parlare»

Le sue guance si incendiano, Elly e le sue amiche trattengono le risate. Il poveretto dice di dover andare in bagno e sparisce nella folla. Ci spostiamo sul divano a parlare, avverto il corpo teso di Jake alla mia sinistra. Forse non è abituato agli eventi così... attivi. Vedo chiaramente la scritta "disagio" stampata a caratteri cubitali sulla sua fronte.

«Baker, se la tua amica dice che hai argomenti di cui parlare, facci sentire» proclama un altro ragazzo, che si protende in avanti e issa i gomiti sulle ginocchia.

Jake raddrizza la schiena, si passa la lingua sulle labbra secche e bianche e blatera qualcosa. «Beh...»

Capisco che devo intervenire. «È uno molto, ma molto sarcastico» rivelo io. «La scorsa settimana sono andata a casa sua e sono rimasta a cenare. Letteralmente, ricordo che avesse detto "Non so se esiste un disturbo specifico per chi tiene la testa nel frigorifero molto a lungo" solo perché stavo prendendo l'acqua dal frigo» i ragazzi sembrano divertiti. «E poi è venuto a piovere, stavamo per mangiare e qualcuno ha bussato alla porta. "Chi è il soggetto sprovvisto di neuroni che vaga per strada quando sta per cascare il cielo?", cito testuali parole» imito la sua voce. Anche Jake sembra esserne divertito.

«La forza dell'abitudine quando vivi con quattro fratelli. L'unico modo per dissipare i litigi fra mio padre e mio fratello è l'uso del sarcasmo» si giustifica.

«Quattro fratelli?!» esclama Ellen, alla mia destra.

«Ho detto esattamente la stessa cosa quando l'ho saputo» commento. Se non posso farla ingelosire, posso almeno mostrare loro quanto Jake sia interessante. La sua camera mi ha parlato di lui, non la sua voce perché è uno introverso. Ha un mondo tutto suo e serve che qualcuno ci entri.

«In realtà sono cinque, ma mia sorella studia fuori. Ricordo una volta in cui andammo in Europa, in Italia precisamente, per le vacanze natalizie a sciare. Mio padre si era ridotto all'ultimo per prenotare la baita e per nostra sfortuna era rimasta l'ultima con solo due letti matrimoniali. La fortuna non dona mai, presta solamente e a me, quelli della reception, avevano avuto la decenza di prestarmi un vecchio materasso dalle molle rotte da poggiare a terra»

«Poverino!» ride Elly.

«Sei stato in Europa?» domanda poi qualcun altro.

Jake annuisce. «Mio padre fa l'architetto, ho avuto la possibilità di andare con lui in qualche suo viaggio. Quello a Singapore è stato il mio preferito»

Bomba innescata.

Sorrido vedendolo felice di raccontare le sue avventure. Mi alzo, così da eliminare la distanza tra Ellen e Jake, e poi vado al tavolo del buffet. Con mio disappunto trovo solo la bottiglia di coca cola vuota e qualche briciola nelle ciotole delle patatine. Esalo un sospiro di delusione, lascio scivolare le mani nelle tasche e metto piede fuori in giardino.

✩.*☾︎

Mi sono rifugiata sotto il gazebo, stesa sul divanetto a guardare fisso il vuoto. Lì il freddo pizzica leggermente le mie gambe nude, lasciate scoperte dalla gonna. E pensare che mi sono fatta carina per uscire con un ragazzo, e alla fine mi sono ritrovata ad una festicciola di ragazzini. Mi viene da ridere, mi rigiro la catenella tra le dita.

Sei una Collins, che ti piaccia o no.

Non posso negare però che non mi sia mai interrogata sul perché mi abbiano abbandonato così. Quando papà mi ha raccontato la storia, la prima volta, non credo avessi ben chiaro il quadro generale. Solo crescendo ho cominciato a comprendere veramente.

«Credevo mi avessi lasciato alla confraternita dei quindicenni in piena pubertà»

«Sarei anche potuta venire in uno strip club, non ne sarei uscita senza te»

«Perché sarei dovuto andare in uno strip club?», chiede Jake accomodandosi sul bordo del divanetto.

«Hai capito il senso» replico subito. «come mai hai abbandonato l'allegra compagnia?»

«Per venirti a cercare, eri sparita. Will mi avrebbe ucciso»

Una risata soffocata lascia le mie labbra. «Se lo dici tu»

«Ti è bastato vedere mio fratello con un'altra ragazza per far mettere in moto il criceto nel tuo cervello e pensare che non sia interessato a te?» esclama, rivolgendomi uno sguardo divertito. «Praticamente ti descrive come una supereroina, ma queste risposte confermano che a stento ti reputi alla pari delle donne delle pulizie!»

«Touché»

«Perché?»

Volto il capo verso la luna, non dico nulla. Non conosco la risposta.

«Quando Will ci ha raccontato di te, all'inizio» ricomincia, fissa l'erba del prato. «e ha detto che sei stata adottata, ogni parola che seguiva ho cominciato a vederla sotto un altro punto di vista»

«Che intendi?» quasi sibilo.

«Io non sono una persona che si apre al primo passante, ma con te ci riesco perché ci somigliamo molto, Ruby». Lo lascio proseguire. Si passa la lingua sul labbro inferiore, il chiarore della luna marca la spigolosità del viso. «Amo la mia famiglia, ma ci sono dei momenti in cui mi sento davvero un pesce fuor d'acqua... un estraneo» si definisce, e un brivido mi percorre la schiena. «Claire è una studentessa modello, Blake è un caso impegnativo di suo, Will è elogiato perché è il figlio perfetto, Austin e Charlie sono i piccoli di casa e poi ci sono io... come posso reggere il paragone?»

Ogni singola parola mi è estremamente familiare.

Dopo attimi di silenzio sono io a parlare. Mi siedo per bene, lisciando il tessuto del cappotto sulle gambe. «Quella perseverante sensazione di non valere quanto gli altri» chiudo le palpebre quasi come per percepirla sulla pelle. «Do sempre il cento, anzi il duemila percento di me... e lo stesso mi sento zero». Serro la mascella con rabbia.

«Precisamente...» commenta Jake. Quando riapro gli occhi lo vedo sfregarsi le mani. Lo osservo, per una volta mi sento capita.

«Se il criceto nella mia testa ha subito pensato che Will non potesse essere interessato a me è perché so che c'è gente infinitamente migliore di me là fuori»

Lui scuote il capo. «Fidati, non è così, e Will lo ha capito a spese dei suoi errori»

Corrugo le sopracciglia e provo a collegare i pezzi. «Parli del brutto periodo da cui sta uscendo?»

Jake annuisce. Non vado oltre, non voglio settare il tema del discorso su suo fratello. «Sei una persone interessante Jake, non lasciare che questo senso di inadeguatezza di trascini»

Lui sembra divertito, soffoca una risata. «Parla anche per te Ru'. Sei meglio di quanto immagini»

Sorrido. «Ru'? Mi sono guadagnata anche un soprannome? Wow, Jake Baker mi stupisci». Gli do una leggera spintarella.

«Si, e non succederà più» 

«Fallo, mi piace»

«E tu piaci a Will, fidati. Dagli solo tempo. È... trattenuto»

Sospiro, stavolta un po' più leggera. «Allora ci crederò» mi alzo in piedi e Jake fa lo stesso. «Ti va di continuare a parlare di drammi morali o vuoi tornare alla confraternita dei quindicenni in piena pubertà?»

«Portami via da qui per favore, non puoi capire che hanno subito le mie orecchie»

«Che hanno detto di tanto terribile?»

«Hanno detto che Smells like Teen Spirit è stato cantato da Eminem» dice disgustato.

«Ma è un brano dei Nirvana...»

Si ferma e mi guarda. «Conosci i Nirvana?»

Annuisco lentamente. «Nirvana, Metallica, Queen, Pink Floyd... sono le mie band preferite.»

«Ti sei appena aggiudicata il titolo di mia migliore amica»

Angolo Autrice🪐

Capitolo 12 ✓
Il duo Ruby-Jake è uno dei miei preferiti, inutile negarlo. Aspettate a insultare Will e Maddy, poi capirete.

Ig: rosemiller_777

Grazie infinite di leggere💙
Un kiss,
Rose🦋

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