Il respiro della danza

Un respiro, tanto leggero quanto una farfalla eppure lì sembrava prendere un altro significato. Potenza, quella di ogni minima vibrazione in questo luogo. Ansia, perché qui tutto è storia, ogni mio passo su questo legno resterà per sempre inciso,inchiostro indelebile. E paura, paura perché non sono nulla, come questo respiro, eppure oggi, per una volta nella mia vana esistenza sarò spettacolo.

Scosto il sipario e li osservo. Gli spettatori con il loro vociferare, confuso e pretenzioso, mi gela il sangue nelle vene. Taceranno, lo faranno solo per essere deliziati dalle mi movenze che si mostrano già nelle loro più rosee aspettative. Se li deluderò non ci saranno altro che errori a susseguirsi sulla strada del mio avvenire. Labbra chiuse in giudizioso pensiero, di chi è tanto lontano da essere intoccabile. Stelle dagli innumerevoli segreti che affollano la sala, tutto ciò per cui ho speso ogni mia fatica, ogni mio giorno. Li devo soddisfare. Devo.

Quando passi la vita a ballare diventi graziosa in ogni tua movenze, diventi tu stessa grazia. Ogni movimento si tramuta in un piccolo spettacolo di precisione e maestria, ogni stretta per quanto forte rimane alla vista aggraziata quanto una goccia che solca il petalo di un fiore.

Forse non subito, decisamente non subito, i miei occhi avevano visto ballerine che parevano più simili a obesi elefanti che a ragazze umane. Ma quando la musica e i celesti passi che l'accompagnano diventano l'unica cosa che ti tiene in vita ti lasci andare, come una corrente impetuosa alla quale non poni alcuna resistenza. Anzi, io ho tanto sudato per diventare uno dei suoi capolavori, uno strumento per trasmetterla al mondo che mi sento ad un passo dal mio obbiettivo. Forse è letteralmente così, un passo e sarò preda della folla, preda dei miei demoni e delle mie paure, preda delle note. 

La mia vita è così, un susseguirsi di giorni e notti passati in compagnia della musica. Il resto è un grigio contorno di monotonia, di tempo passato come ogni altra mia coetanea.
La cartella scolastica rosa confetto sempre troppo pensante mi opprime ogni giorno le spalle almeno quanto l'ansia scaturita dalle interrogazioni; mentre i sogni si innalzano fin sopra le nuvole, più maestosi e irrealizzabili di chiunque altro. Siamo adolescenti, giovani e tenuti in vita da quella vena di follia e ribellione che presto sfumerà fino a scomparire, ma che ci aiuta a sopravvivere in questo mondo, affamati di avventura.

Ma oggi, oggi posso stringere tra le mani il mio obbiettivo. Sarò la protagonista del balletto d'apertura dell'opera annuale messa in atto dalla mia scuola di danza. La "Ballet Golden", una delle migliori del mio territorio. Ho sudato tanto per arrivare fin qui, ho sputato sangue su questo legno maledetto fino a piangere. Ho urlato, come un uragano, nel silenzio della notte quando non avevo che le mie ombre interiori ad ascoltarmi. 

Ho sempre ballato, fin dalla più giovane età, quando ancora andavo all'asilo e la mamma mi stringeva tra le braccia e mi lasciava in custodia alla mia prima maestra. Lei era dolce, mi ha insegnato l'importanza della grazia quando ancora non riuscivo a stringere saldamente un pennarello tra le dita; mi ha insegnato la bellezza dell'arte quando ancora battevo le mani per un confusionario insieme di linee colorate su un vetro. Erano in tante, le bambine con me, se ne sono andate tutte. Un po' per la pallavolo, un po' per il nuoto. Certo, le figlie di papà dalle madri con i tacchi alti e le pellicce rosa erano rimaste più di altre.

Un giorno piansi, avevo circa sette anni, perchè nessuno poteva vedere quel mio piccolo grande obbiettivo. Avrei fatto pochi passi, sarei stata solo una delle tante sullo sfondo, ma già i genitori di quella alla mia destra e alla mia sinistra applaudivano. L'insegnante venne da me e mi abbracciò. Poggiò il suo mento tra i miei capelli, con estrema delicatezza, senza sciupare la complicata pettinatura sul mio capo. Sussurrò belle parole, gentili, che ormai non ricordo più. Ma mi rimane ancora impresso il suo sentimento: amore. Amore per la danza e non per l'ego. 

Decisi che non avrei danzato per nessuno se non per me, non ero lì per la gloria o la fama, solo per il più profondo tra i nodi che univa la mia anima alla terra. Ho sempre amato farlo in solitudine, limitandomi a osservare la mia immagine distorta volteggiare tra gli specchi. Il mio campo di battaglia, la mia prova finale, questi graffi sulle braccia, questi seni troppo odiosi da mettere in equilibrio. Questo è il mio mondo, il mio cuore e il mio universo.

Le punte sono già strette nelle ballerine, due diamanti rosa ai piedi, rigide come il marmo eppure capaci di plasmare ogni figura in perfezione. Intorno alla vita levigata da diete e ginnastica una cascata di tulle confetto. Il busto fasciato dalla stoffa leggera, quasi invisibile nella stupefacente semplicità della stoffa che mi ha sempre ricordato l'ala di una farfalla.

Qualcuno mi poggia una mano sula spalla e mi volto, osservando il suo sorriso chiaro e raggiante su questo viso che ho visto giovane un tempo, ora incorniciato da rughe. La mia insegnate non dice nulla, non è necessario, lo sappiamo, ci siamo già dette tutto e questo silenzio vale mille volte di più.

Il pesante tessuto rosso è ancora calato tra me e loro, tra il mio passato e quello che sarò destinata ad essere.
Le luci in sala vengono spente, lasciando un fascio a illuminare l'insieme di archi, fiati e legni che compongono l'orchestra. Sento le prime note mentre lentamente il sipario si alza, permettendo ai miei spettatori di vedere la mia ombra e il mio corpo, ancora dai colori igonti.
Rimango immobile, trattenendo il fiato. È il momento.
Eccolo qui, questo presente, l'attimo migliore di tutti, quando ancora puoi fare tutto, quando ancora hai il mondo e l'avvenire stretto tra le mani.
Prima che tutto accada.
Espiro.

"Sii arte"

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