Il bacio nero del sangue

 Urlano. Urlano con voci acute e strazianti che si susseguono incessanti sovrastando ogni altro suono. Urlano impetuose tutt'intorno a me, tanto da far rimbombare le loro voci nella mia testa, spegnendo ogni altro pensiero, soffocando ogni ricordo. Come fiamme nere che riducono in cenere la mia razionalità. Io corro, veloce, anche se le gambe sono cera e i polmoni sembrano colmi di rovi. Corro e loro mi seguono, sempre di più, fino a colmare ogni vuoto, fino a soffocare ogni luce. Solo io posso udirle, unica tra i tanti a non essere sorda a questo implacabile dolore. Lo sono spettri, le grida che scuotono le fronde dei salici la notte, ancora la voce dell'attimo eterno in cui i loro corpi di carne pulsante si sono tramutati in cadaveri. Erano essi stessi quell'istante maledetto in cui la carne si lacera, spinta dalla lama, in cui le membra si lacerano fino ad essere abbandonate della vita.

Lui vede solo me. Vede solo una ragazzina senza nome, avvolta da tanti misteri quanti le ombre che mi seguono. Loro sono invisibili ad ogni occhio guizzante, incorporei per oggi mano che afferra e graffia. Lui ha occhi solo per la sua preda, questa giovane nei più splendenti tra i suoi anni, i seni ancora morbidi e perfetti, le braccia troppo deboli per difendersi. E questa giovane sono io. 

Loro lo sanno, che sono in pericolo, o non sarebbero venuti. Accorrono sempre, come se il mio sangue fosse per loro il richiamo del corno di battaglia. Sentono i miei passi avvicinarsi al loro mondo, osservano compiaciuti il mio capolinea, il giorno in cui verrà il mio tramonto. Allora non mi rimarrà altro che unirmi a questa tempesta di resti e restare impotente, mentre questo corpo tanto bramato si decompone, fino a tramutarsi in cenere.

Non urlare bambina, non urlare. Non farlo mai. Né per paura né per dolore. Le urla chiamano le ombre, chiamano gli spettri. Chiamano le anime che abbiamo strappato a questa vita. E i morti hanno un solo desiderio: la vendetta. 

Le parole che mia sorella mi ha confidato, l'unica che sapeva, l'unica che poteva comprendermi, prima che la follia la rapisse per sempre.

Il pavimento è liscio, una lastra di ghiaccio scuro sotto il live strato di polvere, come ogni cosa qui. Il castello è grande e vuoto, i miei passi sembrano tempesta che crepa l'opprimente silenzio che per tanto ha regnato qui. Avrebbe dovuto portarmi a vedere il mare, avrebbe dovuto lasciarmi baciare dalle onde e scottare dal sole. Invece mi ha portata qui, dove ogni cosa gli è concessa, dove nessuno può fermarlo. So che vuole approfittare di me, strapparmi i vestiti e poi la dignità, derubarmi della mia purezza per il suo piacere. 

Afferro l'ennesima maniglia dell'ennesima porta chiusa a chiave, la spingo, forte, come mai ho fatto prima.Sono in trappola. In trappola. Apriti. Apriti. Apriti! Inutile.

Lui è più vicino, mi ha raggiunta, afferra il mio vestito e lo strappa. Una lunga striscia di tessuto blu notte da stringere tra le mani. Lo farà qui, ora. Accasciati sul corridoio di nessuno, no necessita di letti o permessi, vuole solo infrangere ogni cosa, vuole farlo ora, che non posso più scappare. Lo vedo dai suoi occhi, le pupille dilatate, come una bestia a digiuno, dai suoi muscoli tesi, dalla voce rabbiosa. Urlo, mi unisco al questo coro di lacrime, ma nessuno verrà per darmi pace. Mi chiude la bocca, la mano grande e ruvida, invasiva. Cerco disperatamente di parlare, di rialzarmi ma riesco solo ad annaspare. 

Mi stringe più forte con la mano sul volto, graffiandomi le guance sino a farle sanguinare. Sbatto la testa sul pavimento, le gote bagnate da lacrime fredde e sangue ardente. 

Gioca con il pizzo del mio abito, si insinua con l'altra mano sotto la gonna. Non si trattiene, tocca ogni cosa, ferma i miei calci con le gambe mentre l'altra mano prosegue lungo il profilo della coscia. Strappa le calze. Ormai è arrivato al suo obbiettivo.

Chiudo gli occhi. Un incubo. Un incubo. Un incubo. Ma la testa mi gira, e i lividi bruciano. 

Mi sfiora. Sussulta. Lascia la presa. Riapro gli occhi e non vedo altro che un corpo immobile sopra di me, grava con il suo peso sul mio esile corpo, i suo capelli scuri poggiati sul mio torace. la mano ha allentato la presa. Poi la vedo: la macchia rossa che esce dal suo stomaco e bagna il mio vestito, i suoi occhi ora vitrei. La giacca aperta lascia vedere chiaramente il pacchetto di sigarette nella tasca destra ormai rosso e la maglia strappata e sporca un tempo verde foresta.

Sollevo lo sguardo, mentre trattengo il respiro, sull'artefice dell'omicidio del mio assalitore. Una figura grande e scura di un uomo incappucciato di cui non riesco a scorgere il viso, solo un ciuffo corvino di capelli scuri ne esce.Una falce nera come l'ossidiana stretta in pugno. 
Il vento invade il corridoio, senza giungere da nessun luogo.

Non sembra uno spettro, è troppo imponente, loro non hanno mai interagito con la vita. Pare ricoperto dall'oscurità ed emana l'odore cadaverico che imprime l'aria nei cimiteri.
La sua sola presenza mi fa tremare, forse quasi più della paura o della rabbia per colui che mi ha portata qui. Una nuova e terrificante emozione mai provata prima.

Quando la figura mi si avvicina le ombre dei morti mi lasciano per accollarsi ai piedi di lui. Arrivate cominciano a inginocchiarsi, come avevo visto fare agli schiavi davanti ai propri padroni.
Per un secondo tutto tace, tutto rimane immobile.
I respiri dei fantasmi cessano.
Il mio salvatore fa un passo nella mia direzione calpestando il cadavere dalla cui pressione sono riuscita a scampare. Appena il suo piede scuro si posa sulla carcassa questa si tramuta in fumo. Io cerco di indietreggiare ulteriormente, ma senza riuscirci. L'uomo avvicina la lama fino a posizionarla sotto il mio mento. Un brivido gelido mi attraversa la spina dorsale, una crepa lancinante mi si apre sul cuore.

Tutto sembra immobile. Tutto sembra morto, come se un folle avesse fatto una fotografia perenne a questa scena di disperazione e pazzia.

Eppure quell'uomo mi pare così familiare, come se per tutta la vita mi fosse stato vicino, come se mi avesse sussurrato nell'orecchio con la voce del vento senza dire nulla ma condizionando ogni cosa.

《Come sei diventata bella. Sei cresciuta tanto》Mi sussurra portando le labbra scarne e chiare a contatto con il mio orecchio. La sua voce è profonda, come se provenisse dalle viscere della terra, forte come un uragano e tanto inquietante da farmi tremare le ossa.
Io cerco di parlare, ma sono paralizzata.

《Non fingere di non conoscermi. Infondo mi hai appena chiamato tu stessa. Sai chi sono... forse hai bisogno di un promemoria? Vediamo.... io sono Thanatos, l'incappucciato, il terrore, la falce oscura. Mille nomi mi hanno dato gli uomini. Io sono la morte.
Ti seguo da sempre mia piccola principessa, mia protetta.
Quando in giovane età parlavi alle ombre ed esse ti sussurravano di rimando, erano le mie parole. Ricordi la prima volta che hai deciso di seguirle? Erano le mie mani a guidarti.... Non temere per lui, meritava ciò che gli ho fatto, non ne sei responsabile. È la fine che meritano gli esseri che si mettono sulla strada della mia bambina, sulla strada da me protetta.》

Mentre parla avvicina i nostri visi, dandomi la possibilità di guardalo negli occhi. Appena i nostri sguardi si incrociarono capisco che non sta mentendo: sono vitrei come i cadaveri. 《Ti volevo ammirare, ammirare ogni dettaglio di quel fiore che ho coltivato con tanto amore in questo modo quasi ossessivo. Questo viso che tanto ho amato, sempre più vicino alla perfezione , ogni anno della tua permanenza su questa terra. Eppure ti trovo ancora più magnifica quest'oggi, ora che il tuo corpo si sta avvicinando tanto a me, abbandoni lentamente la vita e porti la tua essenza, mia rosa, così vicina a me da poter essere toccata, sfiorata. Vista senza usare gli occhi dei miei servi. Questa sporca feccia ti avrebbe uccisa, avrebbe nascosto qui il tuo cadavere dopo averti uccisa nell'animo. Non potevo permetterlo.》

 Parla con un tono delicato, come se stesse assaporando ogni parola che gli esce dalle labbra. Ma si interrompe, emettendo un profondo ringhio gutturale di rabbia che mi fa sobbalzare.

《 Ma non è questo il destino che ti avevo predestinato》 sembra davvero profondamente irritato 《 Sei stata così gloriosa che anche un umano si è innamorata della tua carne, doveva rimanere pura. Tu sei mia. Mia. Lo sei sempre stata. Non potevo permettere che ti prendesse lui. Dovevo agire subito. Io non l'avrei voluto, davvero. Io volevo lasciarti il tuo tempo da mortale ma capisci che non posso? Devo lasciarti incontaminata, non posso condividerti con nessun altro. Mia. Mia.

Sei sempre stata di mia proprietà. Guardati, sono molti anni ormai che non appartieni più alla vita. Ti sei circondata più cadaveri che di vivi, mi hai chiamato ogni giorno. Hai già il tuo esercito di anime sconfitte. E io ti ho sempre amata.

Guardati, saresti stata deturpata per sempre. Non voglio prendere semplicemente la tua anima, trasformarti in uno spettro senza nome, uno schiavo ai miei piedi.

Diventerai la più bella delle mie rose nere tesoro. Sei nata per questo e morirai per questo. 》

Non poteva fare nulla: non sento più il mio corpo ed sono completamente in balia di Thanatos.

Osserva i miei seni nudi e le orbite morte brillarono per qualche secondo di desiderio, lo stesso che mi ha condotta qui. Mi tocca, e la crepa nel cuore esplode, lo riduce in mille pezzi, mi riduce in schegge di vetro e stelle fasciati da quello che è stato il mio vestito preferito.

Dopo qualche secondo una grande sensazione di leggerezza mi invade, facendomi sentire quasi incorporea. Le immagini tornano e faccio l'errore di guardare ai miei piedi rimanendo inorridita: il mio corpo è steso a terra, lasciato senza vita in una pozzanghera di sangue indistintamente il mio e il suo, i capelli un tempo lucenti sono intrecciati malamente tra loro.

《Sta tranquilla, seppelliremo il tuo corpo in una tomba degna della regina che sei nel mio regno.》

-Fine

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: #concorso