1° capitolo: un ottimo piano!
DOMENICO:
«Buongiorno signorino, ha dormito bene?» Mi sveglia Giacomo, il mio maggiordomo.
Scosta le tende dalla finestra, lasciando che la luce del mattino si propaghi per tutta la mia stanza.
Infastidito dai raggi del sole, mi stringo al cuscino e rotolo a pancia in giù per sfuggirgli.
Decidendo che non è abbastanza, tiro su il lenzuolo fino ai capelli e rido sotto i baffi quando sento Giacomo sbuffare per il mio gesto.
«Signorino, si deve alzare o farà tardi a scuola.» Sentendo quelle parole, nella mia mente fa capolino l'immagine di una buffa testolina bionda con un sorrisetto malefico stampato sul volto che pianifica qualche piano per rovinarmi la giornata, ma soprattutto la mia reputazione di "re degli scherzi".
«Non avverrà mai, nessuno può battermi, devo arrivare prima di lei a tutti i costi!» Farfuglio ad alta voce e il mio sottoposto mi guarda divertito. E già, ha colpito il mio punto debole.
Così carico ed elettrizzato, salto fuori dal letto e mi dirigo in bagno, incurante del fatto che addosso ho solo le mutande o che Giacomo si lasci scappare un lamento.
Mi lascia un pigiama pulito e piegato sulla sedia ogni sera, solo che io preferisco dormire così. Prima o poi si arrenderà.
Apro il rubinetto della doccia, i miei muscoli si sciolgono e inizio a essere più ricettivo e sveglio. Starei ore sotto il getto d'acqua, mi dà una pace indescrivibile.
Mi vesto in fretta e una volta pronto, scendo al piano di sotto per fare colazione.
Non appena arrivo nel gran salone della villa, vedo mio padre leggere un giornale seduto a tavola che sorseggia il suo buon tè inglese versato da Maria, la nostra cuoca e governante.
«Buongiorno Dominc.» mi saluta mio padre pronunciando il mio nome in inglese.
Ho sempre odiato le mie origini britanniche ma è proprio da queste che dipende la ricchezza della mia famiglia.
«Buongiorno padre.» ricambio il suo saluto e vado a sedermi all'altro capo del tavolo, per mettere più distanza possibile tra noi. Mio padre mi guarda di sottecchi scostando di poco il giornale e io posso osservare il suo viso coperto da qualche piccola ruga all'estremità degli occhi. In questo momento non porta gli occhiali, forse li ha tolti per farseli pulire dalla cuoca. È un uomo curato, alto e di bell'aspetto. I capelli sistemati e brizzolati
ai lati, lo rendono più uomo e soprattutto più maturo.
«Ieri ho avuto un'altra comunicazione dal preside. Quando finirai di fare quegli stupidi scherzi da bambino? Sei quasi un uomo ormai, dovresti concentrarti sull'obiettivo e finire gli studi per poter entrare a lavorare nell'azienda di famiglia.» il suo tono di rimprovero mi infastidisce.
Lui è convinto che la mia massima aspirazione dovrebbe essere questa, ma io ho altri progetti per il mio futuro.
«Per quale motivo non ti metti la testa a posto come ha fatto tuo fratello Vincent?» Continua imperterrito. Sentendo quel nome rabbrividisco. Mio fratello maggiore e io non ci sopportiamo e non ci vediamo da molto tempo ormai. Lui è sempre stato il preferito di tutta la famiglia. Il figlio perfetto che non dà mai problemi e che è sempre obbediente. Invece io sotto questo punto di vista sono il figlio ribelle, la pecora nera.
«Io non sono come lui, padre!» Ringhio stringendo i denti il più possibile, quasi a farmi male e mi alzo trascinando e facendo un enorme rumore con la sedia dorata e costosa del salone.
«Basta caro, ancora è troppo presto per decidere cosa il nostro bambino farà da grande.» ci interrompe mia madre salvandomi da un attacco d'ira e mio padre con il naso rotto.
«Non è più un bambino Teresa, questo dovresti saperlo.» l'ammonisce serio, ma mia madre non si fa intimidire da lui e continua a guardarlo senza battere ciglio.
«Va bene ho capito, sbrigati a finire la tua colazione e vai a scuola.» sospira capendo che con mia madre non vincerà questa guerra. Io annuisco e in fretta e furia ingoio la mia colazione, bacio mia madre su una guancia dimostrando quanto le sono grato e scappo via. Chiudo la porta dietro di me e sospiro, la mattinata è già iniziata con il piede sbagliato, spero almeno che il resto della giornata sia migliore. Prendo uno scatolone dal garage, salgo in macchina e Fernando, il mio autista, mi accompagna a scuola.
" Vedrai testolina buffa, ti farò bagnare." rido pensando allo scherzo che ho in mente per la mia rivale numero uno.
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