trois
Premier jour;
Un dîner qui a mal tourné
Dopo aver letteralmente gridato addosso a Shawn qualsiasi insulto possibile per aver anche solo pensato di poter indossare il suo piumino verde militare sopra il completo, Amna aveva deciso che era ora di uscire, se non volevano fare tardi.
Lasciarono l'hotel chiacchierando tra loro, con il Canadese che continuava a borbottare lamentele.
"Oh, no Shawn, non puoi mettere il piumino, non si abbina con la giacca! No Shawn, non mi interessa se fuori ci sono cinquanta gradi sotto zero, non puoi insultare il mondo della moda in questa maniera!" sbottò, alzando gli occhi al cielo mentre incrociava le braccia al petto nell'intento di riscaldarsi un po'.
"Guarda che ti sento." gli fece il verso, dandogli un pizzicotto sul braccio "E poi, smettila di fare la principessina permalosa. Non è così freddo." lo sminuì con un gesto della mano, in una maniera tanto teatrale da far quasi ridere Aaron.
"Oh, si, questo lo dici tu che pur di apparire bella e curata agli altri saresti pure disposta a scuoiarti viva e mangiarti le budella."
Il volto di Amna mutò da tranquillo a completamente serio e, in fondo, anche un po' ferito.
La ragazza incrociò le braccia al petto, iniziando a fare passi più grandi, nell'intento di distanziarsi dei due, rimanendo il silenzio.
Shawn si rese conto di quello che aveva detto, ed immediatamente iniziò a scusarsi, realmente dispiaciuto per le parole infondate che gli avevano lasciato le labbra.
"Io...Mi dispiace così tanto Am, non volevo offenderti." balbettò.
Lei non rispose, continuando a camminare a passo felpato, ignorando i due.
"Complimenti." gli sussurrò Aaron, fulminandolo con lo sguardo.
I tre rimasero in silenzio per una buona decina di minuti, fino a che la castana non interruppe quella strana atmosfera carica di tensione creatasi nell'aria.
"Siamo arrivati." disse, la voce atona e piatta.
Non fece contatto visivo con nessuno dei due, mentre fissava distrattamente il palazzo di fronte a lei.
Era evidente che le parole di Shawn l'avessero turbata in maniera estrema. Non sembrava più nemmeno la stessa ragazza di quel pomeriggio: era seria, arrabbiata e si, forse anche un po' triste.
Soltanto che Aaron davvero non capiva perché se la fosse presa così tanto: il canadese poteva esagerare, a volte, ma quello era soltanto uno scherzo, e nemmeno uno tanto pesante.
Fatto sta, però, che non le era piaciuto, e ciò avrebbe potuto rovinare la serata a tutti e quattro, Gheorghina inclusa.
"Qual'é il numero dell'appartamento?" chiese Shawn, quasi spaventato di rivolgere la parola ad Am quando si trovava in quello stato.
"Quindici. Datti una mossa." disse gelidamente, le braccia ancora incrociate al petto e lo sguardo scuro fisso di fronte a se.
Lui annuì, dirigendosi verso la porta del palazzo e suonando al campanello corrispondente.
Intanto, Aaron ne approfittò per avvicinarsi ad Amna, non troppo però, spaventato da una possibile reazione negativa da parte sua.
Sembrava quasi uno di quelle tigri selvatiche, che ringhiavano contro chiunque gli si avvicinasse.
Anzi, ora che ci pensava, gli ricordava una pantera: elegante, aggraziata e letale. Si, era proprio la personificazione di una pantera, e la cosa, per quanto avrebbe dovuto almeno un po' allarmarlo, non faceva altro che attrarlo ancora di più a lei.
"Tutto bene?" sussurrò, al suo fianco.
La Parigina non rispose, continuando a mantenere la sua posizione; come una statua.
"Quello che ha detto Shawn era solo uno sch..."
"Non ho bisogno che tu mi spieghi quello che ha detto Shawn." sbottò, voltandosi di scatto verso di lui "L'ho sentito bene."
I suoi occhi lo stavano letteralmente fulminando; l'americano si sentiva come se una spada gli stesse trafiggendo la testa. Era doloroso, diamine se lo era. Gli faceva male stare sotto gli occhi pieni di collera e risentimento di Amna quanto gli avrebbe fatto male gettarsi dentro un vulcano attivo.
Essi erano, infatti, scuri come due pozzi senza fine. Non ci si vedevano più le pagliuzze dorate, ma solamente nero. Erano spaventosi da vedere; ti facevano sentire come perso, come se fossi solo e disperso in un mondo non tuo.
"Va bene." si limitò a sussurrare lui, abbassando lo sguardo ed infilandosi le mani in tasca.
"Eccoci." sorrise Shawn, raggiungendoli affiancato dalla ragazza del bar, Gheorghina.
Portava i capelli biondi legati dietro la testa, ma in maniera diversa da Amna. I suoi erano più liberi, e qualche ciuffo più scuri rispetto agli altri le cadeva sul viso dolce e chiaro, a differenza dell'altra, che sembrava aver studiato ogni suo singolo capello e fatto si che non si muovesse dal suo posto.
Il volto era sorridente e libero di trucco; gli occhi castano chiaro avevano, al loro interno, qualche pagliuzza verdastra, che ricordava il colore della parte superiore del suo vestito.
Le sopracciglia spesse e scure sovrastavano le sopracciglia arcuate, ma non tanto quanto quelle di Amna.
Il vestito, come introdotto precedentemente, aveva la parte che copriva il busto costituita da ricami verdi che partiva dalle spalle ed arrivava alla vita. Qui c'era un nastro rosso, anch'esso in pizzo, sovrastato da tre strisce verticali dello stesso materiale. Quella centrale era viola, e le altre due verde chiaro.
Sul collo c'era un nastro sottile, dello stesso colore della cravatta di Shawn solo che, a differenza di quest'ultima, aveva delle piccole piante disegnate su di esso: fiorellini sul rosa o azzurro chiaro, con le foglie verdognole.
I piedi erano contenuti in un paio di decolté marroni.
Nel contesto era davvero adorabile, se non stupenda; ma in un modo diverso da Am, nemmeno paragonabile alla castana.
Quest'ultima non permise nemmeno alla nuova arrivata di salutarla, voltandosi di scatto.
"Datevi una mossa, o faremo tardi." disse semplicemente, facendo sbuffare Shawn.
*
I quattro si trovavano seduti a tavola da un tempo abbastanza lungo da aver permesso loro di ordinare la cena.
C'era un silenzio imbarazzante, ed era evidente che l'aria fosse carica di tensione.
Tutto a causa di Amna.
Shawn era quello che ne stava risentendo di più, siccome come prima uscita con la bionda accanto a se, non era un gran che.
Fu per quel motivo che si alzò da tavola, scusandosi con Gheorghina.
"Am, non è che potresti accompagnarmi? Mi sono dimenticato di dire al cameriere di non mettere formaggio nei miei piatti, siccome sono allergico."
"Sai fare anche da solo." sbottò semplicemente lei, mentre leggeva con scarso interesse una rivista che Dio solo sa dove diamine avesse preso.
"Non riesco a trovare la cucina." insistette lui, a denti stretti.
La castana alzò lo sguardo scuro, iniziando una specie di gara a quale fosse l'occhiata più brutale con il Canadese.
I loro occhi sembravano sprizzare elettricità, tanto erano intensamente puntati gli uni sugli altri.
"Bien." sbottò, poggiando rumorosamente la rivista - rivelatasi una copia di Vanity Fair - sul tavolo ed alzandosi altrettanto sgarbatamente, facendo strisciare le gambe della sedia sul pavimento.
Sembrava una bambina capricciosa che non riceveva la bambola che voleva dai genitori.
I suoi tacchi ticchettarono fastidiosamente per terra, quasi lo stesse facendo apposta, mentre raggiungeva il ragazzo, sorpassandolo senza nemmeno degnarlo di un'occhiata, con aria di superiorità.
"Che diamine ti prende?" sbottò Shawn, in francese, incrociando le braccia al petto, dopo aver chiuso la porta dietro di se.
"Niente che ti possa interessare, pourquoi?" rispose, con lo stesso tono scontroso, piegando le labbra piene in un sorriso cattivo.
Si trovavano all'aperto, nel retro del ristorante.
Era piuttosto freddo, ma la rabbia nei loro corpi li riscaldava abbastanza da far si che non si rendessero conto della temperatura.
"Oh, si che mi interessa, invece. Stai rovinando la cena a tutti!" quasi gridò, questa volta.
"Quindi è colpa mia se non sei nemmeno capace di parlare con una ragazza?"
"Sei solo un'egoista. Non ti importa di nessun'altro che non sia te stessa." sibilò tra i denti, le sopracciglia corrugate, mentre le puntava l'indice contro.
Lei rimase in silenzio, incrociando a sua volta le braccia al petto.
Non sembrava offesa o triste, ma soltanto arrabbiata; tanto arrabbiata.
Gli occhi scuri davano l'impressione di star per riversare una scarica di saette sul corpo di Shawn, senza avere pietà; eliminando pure le sue ceneri.
"D'accordo, allora. Torniamo dentro." disse semplicemente, voltandosi dall'altra parte, mentre il suono dei suoi tacchi contro il pavimento riempiva le orecchie del Canadese.
"Certo, tanto dobbiamo fare sempre quello che vuoi tu." mormorò, dando un calcio energico ad un vaso vicino a lui, prima di seguirla all'interno del ristorante.
*
"Penso che dovremmo ordinare il dolce, che ne dici Geo?" le chiese Amna, mentre sorseggiava un po' del sidro di mele all'interno del suo bicchiere.
"Oh, uhm, si, certo." sorrise dolcemente la bionda, poggiando la forchetta all'interno del suo piatto.
La cena, in fin dei conti, non si era rivelata così terribile come aveva dato l'impressione di dover essere.
Am aveva rincominciato a parlare e ridere e, nonostante il sorriso che indossasse anche in quel momento fosse falso, a Shawn non interessava un granché.
Nemmeno ad Aaron, siccome, se doveva essere sincero, non riusciva a distinguerlo dal suo vero sorriso, quello che aveva portato per tutto il pomeriggio.
Però, anche se la ragazza era parsa solare e chiacchierona per tutto il tempo, non aveva perso l'occasione di vendicarsi sul Canadese, ordinando i piatti più costosi anche se le pietanze non le piacevano tanto.
"Questa torta è buonissima." ammise Aaron, mentre masticava un'altra forchettata del suo dolce. "Di cosa è fatta?"
"E' un segreto. Questo ristorante è l'unico ad avere la ricetta." spiegò Amna, mentre aspirava un po' del suo sorbetto al limone dalla cannuccia.
"E allora come faccio a sapere se c'è qualche ingrediente a cui sono allergico?" chiese Shawn, mentre si puliva la bocca con il tovagliolo chiaro.
"La mangi ugualmente e vedi che effetto ti fa." gli fece una smorfia.
Lui la ricambiò, alzando gli occhi al cielo "E se muoio?"
"Allora possiamo direttamente consegnare il Nobel al cuoco per aver liberato il mondo da un parassita come te."
Aaron quasi non si soffocò con la torta e, anche se non voleva darlo a vedere, anche Gheorghina stava trattenendo le risate.
Shawn, invece, si limitò a sbuffare, sapendo benissimo che quella di Amna era una provocazione per farlo arrabbiare e sembrare maleducato agli occhi della bionda.
"Divertente." mormorò, tornando al suo gelato alla vaniglia.
*
Dopo aver accompagnato "l'appuntamento" di Shawn a casa, i tre si erano diretti verso casa in silenzio, con Amna che aveva riacquisito il suo broncio infantile e camminava con le braccia incrociate al petto.
"Hai bisogno che ti chiamiamo un taxi, Am?" le chiese Aaron, che era tutta la sera che faceva in modo di farla sorridere, o almeno essere cortese con lui.
"Oh, si, paghiamoglielo anche! Perché tanto quello che ci ha fatto sborsare stasera non era abbastanza, giusto?"
"Sta zitto, Shawn." lo riprese, mollandogli una sberla dietro la testa.
"No," si intromise lei "non ce n'è bisogno." disse semplicemente.
"Sei sic..." iniziò l'Americano.
"Oui, oui Aaron je suis sûre." sospirò, tirando fuori il cellulare dalla borsetta. "Tanto mio padre doveva passare da qui ugualmente." aggiunse, mentre si fermava.
"Beh, uhm, allora buona notte e a domani." la salutò timidamente lui, siccome erano giunti all'hotel.
"Au revoir." si limitò a dire lei, non guardandoli negli occhi.
Nemmeno Shawn la salutò e, mentre salivano le scale - dopo aver chiesto le chiavi alla reception - qualcosa fece intuire ad Aaron che il giorno dopo non si sarebbero visti.
E, se il destino si sentiva in vena di rovinargli la vita, non l'avrebbe rivista mai più.
E' sicuramente pieno di errori, non l'ho nemmeno riletto.
Scusate,
Meg.
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