sept
Quatrième jour;
mensonges sur mensonges
Già dal primo sguardo gettato sul volto perfetto di Amna, Aaron aveva capito che quella sarebbe stata una delle sue "giornate no".
Forse lo intuì dalla freddezza con cui aveva ricambiato il sorriso, oppure dal buio all'interno di quelle iridi scure.
- Che si fa oggi? - chiese Shawn, leggermente annoiato dal fatto che Geo non sarebbe venuta con loro.
- Quello che vi pare. - alzò le spalle la parigina, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni blu e abbassando lo sguardo sugli stivaletti in pelle nera.
- Beh, Am, - sbuffò impazientemente il canadese - se abbiamo chiesto il tuo aiuto significa che da soli non sappiamo orientarci. -
- Ed è forse colpa mia? - sbottò di risposta, puntando gli occhi, ora colmi di rabbia, sull'amico - Potevate comprarvi una dannatissima guida turistica, o che so io. Non sono obbligata a stare al vostro servizio. -
Mani sui fianchi, capelli scompigliati dal vento e sguardi saettanti d'ira: una divinità greca, ecco come la vedeva Aaron in quel momento.
E, Dio, per quanto gli facesse paura, non riusciva a non volerla prendere per i fianchi, attaccare i loro corpi e baciarla come se non ci fosse un domani.
- Perché hai di meglio da fare, vero? Oh, si, giusto: guardare il mondo davanti a te che va avanti mentre tu aspetti Antoine e sprechi la tua vita? Mentre aspetti che accada qualcosa; ma cosa, Amna? Che cosa stai aspettando? -
Amna sembrava furiosa; anzi, lo era: le si era arrossato il volto in maniera preoccupante ed il respiro era affannato. Aaron poteva addirittura giurare di riuscire a sentire il suo cuore che batteva velocemente, e per quanto avesse voluto fare qualcosa per fermare quel litigio - quella guerra di parole non veramente pensate - si rendeva conto che anche se avesse iniziato a gridare, i due non lo avrebbero badato ugualmente.
- Come ti permetti...? -
- No, tu come ti permetti. Dio, pensi che non mi renda conto di come sei ridotta? Pensi che tutti non se ne rendano conto? Sei patetica. -
E, per quanto possibile, Aaron vide quelle due ultime parole uscire dalla bocca di Shawn e colpire Amna come fossero lame affilate; una, due, tre, un milione di volte ed ancora di più. Non smettevano più, continuavano ad infliggerle colpi all'infinito, senza darle tregua e facendola sanguinare in maniera allarmante.
Quasi non riuscì a trattenersi dalla voglia di soccorrerla, e salvarla da tutte quelle ferite; medicarle ed assicurarle che il dolore sarebbe passato.
- Stai mentento, - un sussurro rabbioso - sei solo invidioso. Io ho un futuro, io ho amore ed una famiglia, tu no. -
Shawn sembrava essersi reso conto di quello che aveva appena detto, e - anche se non cercò nemmeno di rimangiarsi le parole - sembrò impietosito dallo stato di Amna.
- Am, smettila di mentire a te stessa. -
E crollò. Quella cocciutissima ragazzina dai capelli lunghi e castani come la cioccolata; gli occhi profondi e severi. Quella dannata ragazza che si impossessava dei cuori della gente come fossero di sua proprietà e che non si curava di far soffrire le altre persone.
Amna crollò davanti agli occhi tristi di Shawn e Aaron.
Crollò.
Forse non fisicamente, ma i due amici videro qualcosa spezzarsi, all'interno di quelle iridi scure. Forse proprio tutti i suoi sogni; quei pensieri irrealizzabili che la tenevano impegnata per ore.
Era triste, addirittura spaventoso vederla in quello stato: non una lacrima, espressione austera, pugni stretti.
Ghiaccio, pietra.
Tanto brava a mentire da non mostrare nemmeno i frammenti della sua anima, sparsi sotto i suoi piedi, pronti a pungerla e ferirla una volta che ci sarebbe inciampata sopra.
Eppure trovò la forza per rispondere; la forza per camuffare il pianto nella voce; la forza per mentire, di nuovo, come se non ne avesse ancora avuto abbastanza.
Masochista, era così masochista.
- La mia vita è perfetta, e tu non sei nessuno per dirmi se va male o no. - e girò i tacchi, lasciandoli soli in mezzo alla folla.
Aaron le diede un ultimo sguardo desolato, mentre la guardava scomparire in lontananza; ancora cercando di riprendersi dallo shock.
Era andata, e questa volta forse per sempre.
*
Era stato a dir poco difficile per Aaron assimilare tutte quelle nuove informazioni.
Antoine, la desolazione della vita di Amna, la tristezza nascosta dietro quell'espressione serena.
E, anche dopo tre ore dall'accaduto, era tanto scioccato da non preoccuparsi nemmeno di chiedere a Shawn chi fosse questo Antoine.
Non gli sembrava opportuno, e nemmeno necessario; non dopo tutto quello che era successo.
- Shawn, amico, dovresti tranquillizzarti. - gli poggiò una mano sulla spalla, mentre sorseggiava il suo caffè.
- Dio, Aa, ma che ho fatto? Era distrutta, l'hai vista pure tu. E ora potrebbe essere ovunque, sola, arrabbiata. Potrebbe fare qualcosa di avventato, e sarebbe tutta colpa mia. - sospirò esasperato, passandosi una mano sul volto colpevole.
- Non è stupida. - cercò di tranquillizzarlo.
- No, ma è arrabbiata, triste e indifesa; e questo è molto peggio. - alzò lo sguardo sull'amico - Aa, dobbiamo andare a cercarl... -
Lo squillo di un cellulare interruppe le parole del canadese, facendo aggrottare le sopracciglia ad entrambi.
- E' Am. - informò Shawn, una volta tirato fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni.
Era evidente il sollievo sul suo volto; come se gli avessero appena rimosso un peso insopportabile dalle spalle.
- Quindi? - lo incitò, impazientemente.
- Dice che ci aspetta domani, al parco qua vicino. - sorrise in un sospiro, sprofondando sulla sedia.
Aaron ricambiò il sorriso.
-
Boh, io l'ho riscritto per dargli più senso ma non mi sembra che sta roba sia meglio del vecchio capitolo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top