14° CAPITOLO
Sento delle voci di ragazze e bambine seguite da delle risate che mi disturbano. Apro gli occhi, pronta a farle tacere, ma appena li apro non vedo nessuno. Nel frattempo tutte quelle voci fastidiose si sono dissipate nel nulla. Mi guardo intorno e non ho la minima idea di dove io sia. Sono in una stanza enorme piena di letti. Ce ne sono tanti, troppi. Una ventina o una trentina, forse. L'ambiente è abbastanza cupo, come se i mobili e le pareti non avessero mai visto la luce del sole. Scosto le coperte e mi alzo dal letto. Dove mi trovo? Fisso i miei piedi e le mie mani troppo piccole per essere le mie. Chiudo gli occhi sentendomi girare leggermente la testa e in quei pochi secondi sento ancora quelle voci. Apro di scatto gli occhi, guardandomi di nuovo intorno, ma non c'è anima viva. I letti sono tutti fatti in modo impeccabile, come se non li avesse mai toccati anima viva, a parte il mio ovviamente. Alzo lo sguardo e fisso la muffa che si sta allargando sempre di più sul soffitto. Mi avvicino alla finestra, cercandola di aprire senza successo. Ho bisogno di respirare aria fresca. Mentre cerco di forzarla, mi soffermo a fissare un'altalena piena di ruggine nel cortile che scricchiola al soffio incessante del vento. Rivolgo lo sguardo al cancello e mi viene quasi un colpo quando leggo la scritta all'incontrario di orfanotrofio con scritto piccolo Downsville e mi agito ancora di più quando mi rendo conto che il nome mi è familiare. Sento uno strano calore dietro la nuca ma lo ignoro, finché una mano mi prende la spalla e mi fa girare, facendomi quasi cadere per terra. Rivolgo lo sguardo alla parete opposta, fissando uno specchio di vecchio stile che non avevo notato prima. Mi avvicino facendo piccoli passi e mettendo sempre più a fuoco la mia figura e inorridendomi sempre di più. Arrivata a neanche tre passi dallo specchio fisso il mio viso. Non ci posso credere... non ci voglio credere. Mi tocco i miei capelli neri come la pece e lunghi fino quasi al sedere, per accertarmi che siano miei e che io sia veramente la ragazza nello specchio. Sì. Sono io. Sono quella ragazzina. Chiudo gli occhi sempre più forte, per convincermi che non sono la ragazza allo specchio, che è tutto uno stupido sogno. Risento le voci concitate e le risate sempre più forti, più vicine, più fastidiose.
<< BASTA!>>, grido, riaprendo di scatto gli occhi e rimanendo paralizzata dalla seconda figura nello specchio. Lei è qui. Vicino a me. Dietro di me. Mi giro con il cuore a mille, tirando subito un sospiro di sollievo quando non la vedo. Mi giro di nuovo verso lo specchio, credendo che sia una stupida allucinazione, ma è proprio difronte a me. Grido quando sento i suoi occhi penetrarmi sempre più a fondo, facendomi impazzire. Lei è dappertutto.
Mi sveglio gridando e cadendo dal letto. Era solo uno stupido sogno! Dalla luce ipotizzo sia mattina, ma quando vedo l'orologio mi meraviglio che abbia dormito così tanto. Sono quasi le 16:00. Esco dalla camera senza accorgermi di indossare ancora il pigiama e sbadigliando rumorosamente, vado in cucina. << Grey?>>, lo chiamo stropicciandomi gli occhi. Dove diavolo sarà finito, chiedo tra me e me. << Grey?>>, ripeto a voce più alta, sperando di vederlo fuori in giardino per rimproverarlo di non avermi svegliata. Non vedendolo, vado prima nella sua stanza e poi in bagno, per poi ritornare nella mia camera ed in cucina. Ma nulla da fare, Grey non c'è da nessuna parte... è come se si fosse smaterializzato. Sbuffo irritata, chiamandolo un'ultima volta a bassa voce ed accorgendomi di un bigliettino sul frigorifero in cui c'è scritto a lettere cubitali: "Rientro verso sera. Buon risveglio". << Grazie>>, rispondo ad alta voce, accartocciando il bigliettino e buttandolo nel cestino. Perfetto! Devo passare un pomeriggio immerso nella noia e nella solitudine. Hey, ci sono sempre io! << Wow, questo sì che mi consola>>, dico alla vocina, sprizzando entusiasmo da tutti i pori. Portami un attimo di rispetto brutta stron... << BLA BLA BLA>>, canticchio, tappandomi le orecchie ed uscendo nel giardino. Dopo un paio di secondi si interrompe, facendomi emettere un sospiro di sollievo. Mi avvio verso il piccolo molo, rabbrividendo quando una ventata di aria fredda mi investe. Fisso il legno ormai rovinato, sentendomi invadere dalla tristezza quando mi ritornano in mente le fantastiche estati passate con i miei genitori e la barchetta che mio papà mi aveva regalato al mio ottavo compleanno per andare insieme a lui in mezzo al lago e mi sorprendo quando non la vedo da nessuna parte. Dove diavolo sarà finita? O meglio, chi è quel deficiente che l'avrà rubata? Mi siedo sulla fine del molo, rilassandomi con il cullare delle ondine del lago. Mi concentro per ricordare la prima volta quando io e mio padre abbiamo usato la barchetta, ma più mi sforzo e più non riesco a ricordare. Ad un certo punto il vento gelido mi investe di nuovo facendo ondeggiare spaventosamente il molo. Un ricordo mi assale. Sono sulla barchetta, ma non con mio padre e nemmeno da sola, ma con qualcun altro. Sono ancora una bambina visto il mio vestitino azzurro... avrò all'incirca nove anni. C'è tanto vento. I capelli neri e lunghi mi vanno continuamente sul viso, facendomi infastidire. La barchetta ondeggia troppo ed io non vedo lora di ritornare sulla terra ferma. Il cielo si sta facendo sempre più nuvoloso, sono sicura che da un momento all'altro potrebbe venire giù il diluvio. Guardo di fronte a me e c'è una bambina. Anche lei ha i capelli neri e lunghi, ma leggermente più corti dei miei, e ha un vestitino simile al mio, solo nero. Una mia copia. Ha una mano nell'acqua e con l'altra si toglie i capelli dal viso. Sta canticchiando una melodia ripetitiva e quasi fastidiosa. La vorrei spingere giù dalla barchetta, ma mi pento appena formulo il pensiero nella mia testa. << Guarda Hannah, c'è un pesce!>>, dice la bambina animandosi e rivolgendomi uno sguardo per incitarmi ad avvicinarmi. Ma io la continuo a fissare, senza muovermi e dicendo: << Voglio ritornare, sono stanca>>. Lei non mi guarda più e forse neanche mi sente. È troppo concentrata su quello stupido pesce. Sbuffo, dando uno sguardo alla casa in lontananza. Neanche il tempo di ritornare a fissare quella bambina, che sento un suono secco e la barchetta che ondeggia pericolosamente.
<< Aiuto!>>, grida la bambina in acqua, cercando di afferrare la barca. Io la fisso spaventata, sentendo un altro sentimento crescere in me... il sollievo.
<< Aiutami Hannah!>>, mi implora la bambina, bevendo acqua e tossendo. Non mi riesco a muovere ed in un certo senso non mi voglio muovere. Sono come paralizzata. La bambina continua a implorarmi ed a gridare, finché non scompare, risucchiata dall'acqua. A quel punto grido. Grido con tutta l'aria che ho dentro ai polmoni... e piango, rendendomi conto che se avrei voluto la potevo benissimo salvare. Sento poi una voce maschile che grida il mio nome. L'ultima cosa che vedo prima di svenire è mio padre che si catapulta in acqua per raggiungere la barca.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top