3. Ore 9.05
Un passo dopo l'altro, fuori fa freddo.
Il cielo è grigio, nuvole congelate nel cielo e nel tempo.
Cammino da solo, mi proteggo dal clima, mi proteggo dalle persone.
Le persone che sfilano accanto a me mi osservano. Passano nel silenzio.
Mi giudicano.
Non dico nulla, non le guardo.
Non guardo nessuno.
Provo fastidio.
Il vento gelido sulla pelle, oltre la sciarpa, il giubbotto, i guanti. Non sopporto nulla di tutto questo.
Se solo ci fosse un raggio di sole.
Saluto la guardia all'ingresso, i colleghi in ufficio.
La luce è spenta, l'atmosfera lugubre e silenziosa. Sembra che stia per succedere qualcosa.
Ma non succede nulla.
Non succede nulla.
Non succede mai nulla.
E la gente continua a parlare, una cadenza di insensata inutilità mi scorre addosso senza freni, senza filtro. Le solite frasi di rito, ormai dico quelle e solo quelle, sempre le stesse, a tutti i clienti, sempre.
Mi sembra un'eternità che sono qui.
Guardo l'ora.
Sono solo le 9.05
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