Non come pensavo

Maria mi aspettava sulla panchina davanti al portone, anche se con non poca riluttanza mi feci avanti e aprii quel portone che nascondeva al di là della sua ruggine e sporcizia tutto il mio passato. Aperto il portone ho fiondato immediatamente gli occhi sulla panchina immaginando una figura femminile ad aspettarmi, ma pulita l'immaginazione la panchina fu solitaria. Possibile che è andata via? Non aveva alcun senso come pensiero. Così uscì fuori e sentì subito gli schiocchi di un accendino, voltai lo sguardo a destra, verso il suono, e vidi questa mano pregevole, come se fosse stata creata dal migliore artigiano utilizzando il più antico tronco d'ebano e incollata al polso come una bambola dai movimenti rigidi ma per nulla rumorosi, che copriva parte dell'accendino, mentre con l'altra mano d'ebano tirava con una certa intermittenza e ritmo la rondella che generava una lieve scintilla che illuminava i palmi delle sue mani. Poco più su, sopra la mascherina che copriva il mento, pendeva una sigaretta con su scritto "Coraggio" in nero. La sigaretta era mantenuta quasi svogliatamente dalle labbra che quasi la lasciavano cadere per abbandonarla per quanto si vedeva il mozzicone. Ancora più, oltre il naso, si vedeva quegli occhi così attenti e allo stesso tempo spenti osservare il meccanismo della rondella girare e rigirare continuatamente come se fosse stata catturata dalle scintille che ne uscivano.
"Ciao Maria"
Voltò la testa con una certa calma senza staccare subito gli occhi dall'accendino. Appena gli occhi puntarono il mio viso due ciocche sottili di capelli le scivolarono sul viso e rimasero a penzoloni a coprirle l'occhio destro, con un delicato gesto si scostò le ciocche e le nascose dietro l'orecchio. Mi sorrise, si vedeva appena perché la sigaretta non le permetteva un movimento naturale, ma era di gioia, così il mio sguardo sulle sue labbra passò la soglia di tolleranza e una pugnalata mi trafisse l'occhio destro, quello buono, ricordandomi che dovevo tenere le spalle dritte a combattere questa prima battaglia. Così sentì una certa incandescenza crescermi dentro e seccato le dico "Ho quella foto" cioè... "Cioè, non ho mai cancellato nulla e ho passato tutta la roba dal cellulare vecchio a quello nuovo, quindi dovrei averla, in teoria"
"Davvero hai la foto?" Qualcosa nella sua voce flebile sembrava sottolineare la volontà di una risposta negativa, ma non ne fui sicuro. Si tolse la sigaretta dalla bocca e la rimise nel pacchetto completamente distrutto, ma che all'interno c'erano ancora tutte le sigarette.
"Non ho avuto il tempo di cercarla perché ho visto solamente sulle scale il tuo messaggio, se vuoi la cerco un atti-"
"NO!" Maria mi fermò quasi urlando "Va bene così, l'importante è che tu abbia la foto" Per un attimo alzò gli occhi al cielo scrutando il sole, lo capì dal fatto che qualcosa le pizzicò gli occhi, pensando chissà a che cosa per poi subito voltarsi verso di me.
"Sei cambiato Tommaso, mi ricordo di te più cicciottoso" scoppiò in un risolino quasi isterico per quella parola. Ero seccato, non per la parola, perché sembrava così normale, come se fossimo amici da una vita, ma per me non era così, soprattutto conoscendola. Così mi feci coraggio.
"Se volevi solo la foto, dopo te la mando"
Ero davvero troppo seccato, si comportava così normalmente, come se nulla fosse successo, come se questi sette anni non fossero mai esistiti.
"Non farci caso, avevo bisogno di dire qualche stupidaggine per ridere. Sono stranamente felice dentro, stavo pensando a tantissime cose, non sapevo se dovevo scriverti io o aspettare che mi scrivessi tu, a un certo punto ho ideato anche un piano stupidissimo dove per questi due giorni ho pensato di non scriverti nemmeno uno "ciao" o cose così, così da farti sentirire il desiderio di contattarmi e farti fare la prima mossa." Maria cercò di trattenere le risate.
Rimasi spiazzato, era il mio stesso piano!
"Ma poi ci ho pensato su e mi sono detta che è inutile complicare le vite delle persone con queste stupidaggini, farle fare altri mille voli di pensieri inutili per un nostro capriccio o per farci desiderare. "magari chissà a che pensa ultimamente", "magari chissà se starà passando una buona settimana", "perché complicargli le cose in questa quotidianità sempre meno spensierata" mi sono chiesta e allora ho deciso di essere una persona normale e fare le cose come forse andrebbero fatte, forse."
Effettivamente, che senso avrebbe avuto tutto questo? Non eravamo due uccelli del Madagascar che si corteggiavano a vicenda facendo un inutile rito o danza che suggellasse il loro accoppiamento, per di più questa non era nemmeno una danza, ma solamente il nostro capriccio di farci desiderare dal prossimo. Forse mi sbagliavo su Maria? Che sia davvero cambiata in questi anni?
"Tu invece perché non mi hai contattato?"
Sentii un masso crollarmi sulle spalle. Così come un maniaco che cerca velocemente un arma nel vuoto replicai con una classica
"Ho avuto da fare" ridacchiai.
"Capisco" replicò lei. Salvo, pensai io. Non volevo abbassare la guardia, ma preso dalla curiosità glielo domandai
"Perché non vuoi vedere la foto?"
Maria sembrò piuttosto riluttante a dirmelo, ma io non avevo quel livello di tatto che mi permetteva di ritirare la domanda per farla sentire a suo agio, ma nemmeno quella testardaggine assoluta da richiederglielo.
"Tu ti ricordi di Maria?"
Scartabellai velocemente nei miei ricordi, come d'istinto, ma in realtà non volevo rivivere nessun immagine, non volevo, per nessun motivo in particolare. Semplicemente non volevo, non volevo ricordare Maria. Maria era qui davanti a me, non nei miei ricordi.
"Ho dimenticato il suo viso" non so perché ma mi venne in mente l'immagine di un albero in mezzo al nulla dove a un certo punto crescevano altri alberi davanti, di lato e dietro a quello fino a coprirlo del tutto, fino a farlo scomparire e a diventare uno dei tanti. Maria mi guardò con una certa compassione.
"Anche io credo di star dimenticando il suo viso, ormai non ricordo più che forma aveva e ogni volta che ci penso muta sempre e diventa sempre qualcosa di nuovo e sconosciuto. Non riesco nemmeno a ricordarne la voce, il suono, sembra che io dia una voce e un volto a un personaggio Immaginario. Strano eh? Sento di star creando un personaggio con i suoi connotati." Maria si fece all'improvviso più cupa, era meglio fare quattro passi a questo punto piuttosto che restare imbambolati sotto il palazzo.
"Facciamo un giro?"
"Camminiamo?"
Stesso istante, stesso desiderio, due formule diverse.
"Hai preso la mascherina?"
Mi chiese lei
"Sì, c'è l'ho in tasca"
"Non è il più bel ricordo da rivivere dopo tutto questo tempo, ma non volevo trascinarti per giorni con fantasie su fantasie per trovare il momento migliore per parlarne, volevo fare una cosa normale, più o meno"
"Non ci sono bei ricordi da rivivere della scuola, solamente ricordi meno tristi di altri, almeno per me"
"Anche tu hai ragione"
Ero davvero seccato, e dato che sembrava la giornata della sincerità anche io non volevo essere da meno e dirle in faccia tutto ciò che avevo passato a causa sua a quel tempo.
"Ti ricordi di quella volta che entrò un ape in classe e tutti urlavano spaventati, tranne tu che gridavi come un ossesso per fare più casino fino a quando hai fatto entrare di corsa il professore in classe preoccupato perché le urla si sentivano fin giù al corridoio?" Rise tantissimo di buon gusto
"Ogni tanto mi viene in mente questa storia e rido da sola per ore"
Questa storia divertì anche me, ma all'epoca lei non rise, anzi non fece nulla, perché tra un urlo e l'altro io la osservano mentre stava seduta dietro quel banco a rileggere le pagine di storia per l'interrogazione. Ma ora stava ridendo per questa scemità, forse non era tutto come pensavo, Maria sembrava così diversa da com'era e per questo non aveva più senso rivangare sul passato, ormai dopo questi sette anni chissà se ricordare quei giorni ha ancora senso.
"Una nuova vita?"
Pensai ad alta voce attirando l'attenzione di Maria che replicò.
"Magari, almeno, una vita degna"
Che significava?
"Che intendi?"
"Non lo so, tu cosa intendevi?" Mi sorrise fulminea e colto impreparato mi feci sopraffare dalla stessa sensazione di prima, ma prima che me ne accorsi lei iniziò a parlare senza fermarsi di qualcosa. Non capì cosa stava dicendo, il discorso andava avanti da solo e ad ogni parola il volume della sua voce scendeva sempre di più e le orecchie mi fischiavano, come se stesse pronunciando una preghiera, ma intontito com'ero sono sicuro di aver letto sulle sue labbra e ascoltato con queste orecchie "Avevo bisogno di un posto a cui appartenere"

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