II
"Pose le labbra Estate sul nudo seno della terra,
e lasciò in un papavero la sua impronta infuocata:
esso sorse dall'erba come alito di fuoco,
e il vento lo gonfiò come fiamma danzante. "
Muovendosi a carponi si fece di nuovo vicina alla bionda, questa si portò istintivamente le mani al proprio viso dai tratti delicati. Le prese quella sinistra e gliela scostò rudemente, prendendole la mandibola in una mossa ferrea le fece voltare il viso verso il proprio in modo da poterla vedere in faccia, mentre fissava intensamente quegli occhi cristalli che andavano riempendosi di lacrime. Codarda. Le bloccò il mento circondando la mascella ben delineata nel palmo della propria mano libera, mentre con un movimento lento e calcolato le incise una guancia pallida con un profondo taglio che partiva da poco sotto l'occhio sinistro fino a scendere dritta lungo il mento. Non aveva più fretta, voleva giocare questa volta.
La ferita non fece nemmeno in tempo a sgorgare sangue che un'altra, parallela alla prima fu segnata sotto l'occhio destro. La donna emise un verso strozzato mentre alzava le braccia sul viso per difendersi riuscendo a raggiungere però, solo scarsi risultati.
-Questo era il percorso che hanno fatto le mie lacrime quando camminavo- mormorò con voce roca.
Seguì poi un taglio che iniziava dall'angolo dell'occhio e proseguiva verso l'orecchio, -E questa, è la direzione che seguivano la notte, quando ero distesa da sola nel nostro letto.- Continuò sul lato opposto.
La bionda cercò di alzarsi da terra emettendo urla di dolore e frustrazione, mentre cercava di sfuggire dalla sua presa con gli occhi che si ritrovavano inondati di lacrime e gocce di sangue.
La ragazza armata la spintonò con violenza a terra, facendole sbattere la testa contro un piccolo masso di terra arida e le salì sul ventre a cavalcioni, portando le sue braccia sotto le proprie ginocchia in modo da bloccarle qualunque movimento con queste. Poteva agire senza distrazioni adesso, un sorriso dopo moltissimo tempo sembrò affacciarsi sulle sue labbra un tempo carnose ma in quel momento, seccate dall'afa e dallo sforzo. I capelli scuri le erano caduti come una cascata scura sulle spalle, sciogliendosi. Non se ne era curata affatto.
La figura serrata a terra cominciò ad emettere grida stridule e addolorate. La ragazza le prese il colletto del vestito e lo tirò con forza lacerandolo in una pezza, lo appallottolò e dopo averle preso ancora una volta il mento nella propria mano quasi ficcando l'unghia del pollice nella ferita sulla guancia, glielo fece aprire con forza mentre le ficcava lo straccio in bocca, impossibilitandole qualunque emissione di rumore. Le urla si fecero ovattate e poco distinte, bloccate dalla stoffa. Le passò poi una mano sulla gota dalla quale fuoriusciva sangue in modo copioso. Si imbrattò le dita del liquido denso poi gliele strofinò sull'intera faccia, tingendolo di rosso intenso. Un viso macabro. Gli occhi di lei rimanevano sbarrati dal terrore e dal dolore.
Avvicinò il proprio viso al suo, soffiandole piano sulla bocca. -Ho venerato ogni singolo centimetro del tuo corpo. Prima che mi tradissi.-
Le contornò con decisione le labbra un tempo morbide e voluttuose con la punta del proprio coltellino, senza andare molto a fondo, giusto con la punta. Piccole gocce scarlatte si affacciarono sul bordo della cute, impazienti di uscire. -Queste, labbra che hanno baciato labbra che non era mie.-
La donna a terra cercò di lottare divincolando le spalle dalla sua morsa ferrea, provando ancora una volta di liberare le mani bloccate lungo i propri fianchi. Quella sopra di lei intanto, cominciò a disegnare intricati ghirigori con la lama affilata del coltellino, incidendo la pelle del mento e scendendo verso la base del collo, per passare su un seno rimasto scoperto dallo strappo del vestito. Più scendeva e più la lama intagliava lembi di pelle andando a conficcarsi sempre con una maggiore profondità.
Urla smozzate e attutite non furono ascoltate da anima viva in quel caldo pomeriggio estivo.
-Questo collo, petto, guance. Erano miei prima che li offrissi a qualcun altro.-
Il busto della giovane donna ormai imbrattato di sangue, continuava ancora a dimenarsi tra le ginocchia della ragazza che in quel momento cominciava a cantare una dolce cantilena ma che rimaneva intrappolata nella bocca senza fuoriuscirne, forse una ninna nanna.
La punta in metallo rifece il percorso a ritroso e si fermò sulle spalle di lei, la cantilena si interruppe e con un deciso colpo lacerò la carne poco sopra il bicipite andando verso il gomito. Lacrime e sangue che colava in un unico miscuglio permeato di terrore. Ormai il sangue perso le aveva fatto abbandonare quasi tutte le forze. -Braccia che hanno stretto altre braccia.-
Un nuovo profondo taglio cominciava ad aprirsi partendo dal petto fino a scendere verso le costole, lacerando la pelle. Le fece ritornare un'improvvisa forza in unico dolore: mosse le ginocchia cercando di colpire la schiena della donna sopra di lei per scostarla, ma questa spostò il peso sul suo bacino impedendole in questo modo, anche di muovere le cosce.
Con il respiro affannoso, le prese un lembo del vestito lacerato e lo spaccò completamente sul davanti. I raggi del sole si posarono dolcemente su tutta quella nudità violata, del petto ferito, dei fianchi stanchi e del ventre schiacciato sotto il peso di una creatura che era uguale a lei. Ansimò in lamenti addolorati, incapace di versare altre lacrime. La giovane donna armata però non era ancora stanca di quello spettacolo angosciante.
Cominciò a reciderle il ventre. Macchie di rosso porpora si ingrandirono a vista d'occhio come piccoli fiori pronti a bocciare, si allargarono andando a tingere la pelle circostante per poi colare lungo i fianchi sinuosi. La ragazza bionda cominciò a desiderare la morte, non avendo più le forze di ribellarsi, tutto quel soffrire stava diventando insopportabile. Voleva semplicemente chiudere gli occhi e abbandonare quel corpo ormai martoriato.
Ma quelle ferite non erano abbastanza per portarla ad esalare il suo ultimo respiro. Erano inflitte appositamente per farle patire le pene dell'inferno senza una via di scampo, quando lei desiderava solo accogliere la morte morte morte morte morte morte.
Accarezzò con le proprie unghie il bordo delle sue ferite, dapprima gentilmente poi con una rabbia sempre più crescente finché non arrivò ad affondare direttamente le dita nella carne lacerata. La ragazza si accasciò completamente al suolo dopo un grido acuto, priva di sensi. L'altra le diede delle sberle, colpendola sul viso e sulla testa per riportarla ad aprire gli occhi, funzionò. Riaprì gli occhi per richiuderli all'istante, accecata dal sole, loro unico spettatore. Mugugnò qualcosa con la bocca ancora ovattata da quel pezzo di stoffa sgualcito. Poi incrociò ancora una volta quello sguardo scuro, quasi senza fondo e vide le sue mani tinte di sangue, il suo sangue. E tutto il male, la prese in pieno come una grande ondata di dolore. Affondandola e facendola annegare in una volta sola. E ancora, respirava. Resistere non sarebbe servito a niente.
Voleva smettere di respirare.
Poi d'un tratto la ragazza si alzò, e il peso di un mondo sembrò sollevarsi dal su corpo. Le agguantò una caviglia, a cui erano legati i laccetti dei sandali in pelle che indossava in quel momento. Cominciò a trascinarla in mezzo al campo, fino a quando improvvisamente non si fermò. Le tolse il sandalo scoprendo la pelle del piede, piccolo e delicato nonostante fosse sporco di terriccio e polvere. Le incise le dita dei piedi, quasi tagliandoli di netto finché non rimasero che dei piccoli moncherini sghembi mentre la bionda urlando, divincolava la gamba per sfuggire alla sua presa. Era troppo debole. Le lasciò andare la gamba solo dopo aver conficcato il taglierino nella palma del piede creando un taglio che la percorreva in tutta la sua lunghezza -questi piedi che ti hanno portato da lui-, glielo lasciò cadere a terra con un finto sbuffo annoiato.
Ritornò verso il suo capo.
Le si accovacciò di fronte e infilandole una mano per i capelli biondi impasticciati di sangue la rinchiuse a pugno, mentre cominciava a trascinarla fuori dal campo, con la schiena e le gambe che strascicavano sulla terra e in mezzo alle spighe ruvide. Il corpo lasciava una scia di sangue fresco dietro di se, macchiando in modo indelebile. Quasi sfidando quei papaveri e il loro essere così dannatamente rossi. Il biondo del grano era macchiato dai papaveri.
Era ancora viva. Testarda.
Si diresse verso il bordo del campo, vicino al piccolo canale essiccato. Un tanfo pesante cominciò a scorticarle le narici. Erano esattamente nel punto giusto.
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